domenica 31 gennaio 2010

IL SILENZIO E' SPARITO

Dalla Terra è sparito il silenzio. Molti animali terrestri, e non solo i mammiferi marini, sono in difficoltà a causa dell’inquinamento acustico prodotto dalle attività umane. Il rumore arriva perfino nei parchi nazionali, perfino in Amazzonia: interferisce con le attività degli animali e può essere una concausa del declino della biodiversità. Un articolo dedicato all’ormai ubiquitaria diffusione del rumore e al suo effetto sul comportamento degli animali è uscito sulla rivista scientifica Trends in Ecology and Evolution. Solo il riassunto è di libero accesso, ma il tema è stato ripreso dalle Bbc News. E’ soprattutto il traffico a farsi sentire anche nelle zone più selvagge del pianeta. Traffico navale e aereo; traffico su strade e ferrovie che circondano le aree protette. Molti animali hanno un udito ben più raffinato del nostro: e sono abituati al silenzio. Secondo la ricerca, il rumore prodotto dalle attività umane è udibile per oltre un quarto della giornata nella metà di 55 siti presi in esame all’interno dei parchi nazionali statunitensi. In 12 di questi siti c’è rumore per mezza giornata. Il rumore può interferire con la caccia dei gufi e dei pipistrelli. Sovrasta i richiami nuziali delle raganelle. Spinge gli uccelli che abitano nelle aree urbane a cantare in modo diverso dai loro consimili residenti in campagna: è diventato famoso un merlo che canta come la sirena di un’ambulanza. In Amazzonia, poi, gli insettivori terrestri – che localizzano le prede con l’udito – evitano ormai di cacciare nelle aree in cui sono state costruite strade. Per questo lo studio pubblicato su Trends in Ecology and Evolution suggerisce la necessità di gestire le aree protette in modo tale da tenerle al riparo anche dal rumore.

sabato 30 gennaio 2010

SPEGNI QUEL MURO CHE VOGLIO DORMIRE

Se avete una casa esposta male al sole e le future bollette non promettono niente di buono, basta un po' di pazienza! Nel giro di due anni tutto questo sarà solo un brutto ricordo. Il governo della Gran Bretagna ha deciso di finanziare con 450mila euro la Lomox, un'azienda gallese che con i suoi brevetti prevede nel giro di due anni di creare carte da parati e vernici in grado di illuminare gli ambienti con luce naturale e diffusa. Una tecnologia che permetterebbe di consumare molto meno delle attuali lampadine a basso consumo energetico. Niente più lampade e neon quindi nel prossimo futuro: le pareti luminose sfrutteranno la già nota tecnologia dei diodi a emissione luminosa, ma abbassando notevolmente i costi di produzione e aumentando contemporaneamente il tempo di durata del materiale. I nuovi "led", infatti, grazie a uno speciale mix di agenti chimici, non subiscono il processo di ossidazione, la ragione principale di deterioramento. Perché si tratta di un sistema ecologico? La sostanza chimica messa a punto dalla Lomox, basata sulla tecnologia Oled, una nuova generazione di led, potrà essere usata per rivestire le pareti semplicemente come pittura o persino in modo stilizzato, e avrà bisogno di soli 3/5 volt, un potenza facilmente raggiungibile con il fotovoltaico da tetto o con semplice batterie. Il risultato ottenuto sarà una luce con tutta la gamma di colori, al pari di quella della nostra stella madre. Un interruttore regolabile potrà poi permettere di scegliere l'intensità della luce così come avviene per le lampade già in commercio. Il sistema è molto promettente e potrebbe essere impiegato anche per la retroilluminazione di televisori, display di computer e persino dei più piccoli cellulari. Se questa tecnologia si dimostrasse vincente la Gran Bretagna avrebbe a disposizione un significativo contributo al raggiungimento del taglio di emissioni del 34% entro il 2020. E, perché no, qualcun altro ne potrebbe approfittare. Ken Lacey, l'amministratore delegato della Lomox, in un'intervista al Times ha annunciato che i primi prodotti saranno messi in commercio già nel 2012, e riguarderanno principalmente segnali e barriere stradali. "La luce è molto naturale e ha tutto il potenziale per le migliori soluzioni di arredamento - ha spiegato Lacey ".
Se tutto questo sarà possibile, presto potremmo sentire: "Ehi spegni quel muro sto cercando di dormire"

venerdì 29 gennaio 2010

CRAZY HORSE

La mattina del 29 dicembre di 119 anni fa si compiva uno dei più orrendi e infami massacri della sanguinosa storia americana: i soldati del maggiore Whitside aprivano il fuoco con le loro micidiali mitragliatrici Hotchkiss sui membri della tribù Miniconjou di Piede Grosso, la maggior parte dei quali donne, bambini e anziani, impossibilitati a difendersi poiché la sera prima erano stati privati delle armi e dei cavalli. Il bilancio non ufficiale parla di circa 300 morti, in quella che ancora oggi viene considerata una battaglia, nonostante si sia trattato solo e soltanto di un tiro al bersaglio e i pochi soldati americani morti siano caduti sotto il fuoco amico. Quel tragico avvenimento segna la fine del trentennio della “soluzione finale” – come la chiama Dee Brown nel suo celeberrimo libro intitolato proprio Seppellite il mio cuore a Wounded Knee –, ovvero quelle tre decadi in cui la pratica del colonialismo interno tanto cara alla dottrina Monroe venne applicata con più abnegazione e intransigenza, nel nome di quel destino manifesto che ancora oggi gli Stati Uniti utilizzano, seppur con diverse forme di propaganda, come scusa per espandere i loro interessi nel mondo. Se i coloni del diciannovesimo secolo erano animati da una sorta di arrogante senso di superiorità – derivante un po’ dal retroterra rigidamente puritano da cui provenivano, un po’ da un presunto primato culturale e spirituale rispetto ai nativi –, oggi l’eccezionalismo americano è un mero pretesto che cela mire economiche e geopolitiche. Tralasciando in questa sede le implicazioni più recenti, vorrei concentrarmi brevemente su quel funesto trentennio durante il quale non solo due popoli si contesero con le armi una grande terra, ma si scontrarono e confrontarono due civiltà dalle anime totalmente antitetiche. Una delle differenze che maggiormente demarcano questa opposizione è proprio il radicamento verso la Terra e il rapporto con essa. I coloni americani, già deterritorializzati in quanto calati in un contesto che non apparteneva a loro e animati da una ferma volontà di rottura con il proprio paese d’origine, avevano un approccio decisamente materialista verso il suolo che hanno mangiato ai nativi nei corso dei quattro secoli di colonizzazione: per loro l’unica cosa che contava erano gli acri di campi, le miglia di piste e il numero e le dimensioni delle città che venivano costruite. Nulla era la considerazione per chi abitava quel luogo prima di loro, esseri senzienti o meno. La battaglia di Little Big Horn, vinta dai Lakota, si svolse nell’ambito della guerra della Black Hills. Per i nativi invece il valore della loro Terra non era quantificabile né tanto meno monetizzabile e un tale pensiero era addirittura illogico, non contemplato dalla loro cultura. A questo proposito sono emblematiche le parole di Capo Giuseppe dei Nez Perces, rivolte al governatore americano che gli proponeva un trattato con cui negoziare la proprietà della loro Terra: «La Terra e io siamo dello stesso parere, le dimensioni della Terra e le dimensioni dei nostri copri sono le stesse». Neanche il più convinto degli ecologisti profondi saprebbe forse trovare un modo così efficace e al tempo stesso semplice per spiegare il rapporto simbiotico che legava queste genti al suolo che calpestavano e che, come loro stessi rimarcavano – «Io non ho mai detto che la Terra è mia per farne ciò che mi pare, l’unico che ha il diritto di disporne è chi l’ha creata», continuava Capo Giuseppe –, non era una loro proprietà ma un dono del Grande Spirito di cui usufruire secondo le proprie esigenze. Il concetto di limite, collegato a quello di necessità, era fondamentale per i nativi. Non si abusava mai di quello che la Terra offriva e veniva consumato solo ciò che era strettamente necessario alla sopravvivenza. I bisonti abbattuti venivano sfruttati in ogni loro parte – la carne per l’alimentazione, la pelle per riscaldarsi, le corna e le ossa per costruire utensili – e all’uccisione seguiva una particolare cerimonia animata dai sentimenti di rammarico per la morte dell’animale e di gratitudine per il sostentamento che esso offriva. La caccia in generale era caratterizzata da una forte ritualizzazione e anche dal punto di vista biologico si inseriva in un ciclo naturale perfettamente equilibrato. Il concetto di preservazione, opposto allo spreco, era applicato anche agli uomini: i conflitti fra le diverse tribù avvenivano spesso ma non erano quasi mai cruenti e mortali; durante la lotta si usava “contare i colpi” – ovvero avvicinarsi il più possibile e colpire – anziché abbattere l’avversario, sia per dimostrare valore in battaglia – l’avvicinamento e la messa a segno del colpo ravvicinato erano molto più difficili dell’assestamento di un colpo, pur mortale, da grande distanza – sia per fare sì che scaramucce dovute a questioni in fin dei conti secondarie non causassero morti inutili, gravando sulle forze della tribù. Questa ritualità fu ovviamente abbandonata nel corso delle guerre combattute con i bianchi, i quali non conoscevano affatto il valore e l’etica guerriera che era invece fondamentale per i nativi. Ciononostante, furono diverse le battaglie che gli indiani vinsero, grazie a un’abilità in combattimento e a una conoscenza del territorio che sopperivano all’inferiorità dal punto di vista delle armi e degli equipaggiamenti. La più celebre è certamente la battaglia di Little Big Horn, in occasione della quale i Lakota inflissero una storica sconfitta all’esercito americano guidato dal tenente colonnello Custer, che seguì di pochi giorni un’altra grave disfatta riportata dalle truppe del generale Crook sul fiume Rosebud. La sconfitta di Little Big Horn ebbe diverse conseguenze, che riflettono abbastanza bene l’indole e l’approccio dei due popoli. Prima di tutto, dopo anni di angherie ed eccidi (il massacro del Sand Creek risale a 12 anni prima, la strage del Washita a 8 anni prima), il governo americano parlò di brutalità e crudeltà dei Lakota, i quali dopo la battaglia compirono le uccisioni e le mutilazioni rituali, considerate inaccettabili dal punto di vista militare e culturale dagli occidentali. La reazione più istintiva degli americani fu poi ancora peggiore: non poterono accettare di essere stati sconfitti da “selvaggi”, da una piccola minoranza che da decenni cercavano di spazzare via con la loro colonizzazione interna. La guerra della Black Hills – nell’ambito della quale si svolse la battaglia di Little Big Horn – fu comunque vinta e gli Stati Uniti riuscirono a sfruttare i giacimenti auriferi situati nel territorio sacro delle Paha Sapa, ma il valore storico e culturale di quell’episodio è vivo ancora oggi. Cavallo Pazzo, fu un grande condottiero dei Lakota Oglala e ultimo capo, insieme a Toro Seduto, a preferire la libertà e rifiutare incondizionatamente il confino nelle riserve. La sconfitta di Little Big Horn ebbe diverse conseguenze, che riflettono abbastanza bene l’indole e l’approccio dei due popoli. L’artefice di quella grande vittoria fu Cavallo Pazzo (nella foto) , grande condottiero dei Lakota Oglala e ultimo capo, insieme a Toro Seduto, a preferire la libertà e rifiutare incondizionatamente il confino nelle riserve. Qualche giorno fa è stata inaugurata in South Dakota la statua più grande del mondo. La sua realizzazione – ancora incompiuta – è curata dallo scultore Korczak Ziolkowski (deceduto alcuni anni fa) e dalla sua famiglia e raffigura proprio Crazy Horse. Ruth, moglie di Korczak, ha rifiutato diverse volte un contributo statale di circa 10 milioni di dollari per il compimento dell’opera, nonostante per il suo completamento ci sia bisogno di oltre 16 milioni. Non ha potuto accettare soldi da chi, poco più di un secolo fa, ha compiuto uno dei più grandi genocidi della storia nel bel mezzo della “terra delle opportunità”, che ha comprato nel corso degli anni con sangue e oro. Nonostante rifiutando quel contributo Ruth Ziolkowski abbia probabilmente rinunciato alla sola possibilità di portare a termine il lavoro del marito, probabilmente ha fatto la scelta giusta. D’altra parte, come disse proprio Cavallo Pazzo, «non si vende la Terra sulla quale la gente cammina».

giovedì 28 gennaio 2010

I VERI NOMI

Per divenatre famosi occore spesso anche cambiare il proprio nome, lo sanno artisti e i loro agenti. Sapete dirmi chi si cela dietro al nome Camille Javal? Non lo sapete? Ve lo dico io: Brigitte Bardot.
Eccovi qui' di seguito una piccola lista di alcuni dei piu' famosi artisti di ogni tempo:
IN ARTE - NOME VERO
Billy Idol - William Michael Albert Broad
Bono Vox (U2) - Paul Hewson
Elton John - Reginald Kenneth Dwight
Maria Callas - Maria Sofia Kalogeropoulos
Bobby Solo - Roberto Satti
Patty Pravo - Nicoletta Strambelli
Demi Moore - Demetria Guynes
Cary Grant - Archibald Leach
Dean Martin - Dino Paul Crocetti
Whoopi Goldberg - Caryn Johnson
Bo Derek - Mary Cathleen Collins
Mel Brooks - Mel Kaminsky
Omar Sharif - Michael Shalhouz
Jodie Foster - Alicia Christian Foster
Greta Garbo - Greta Gustaffson
Rita Hayworth - Margarita Cansino
Audrey Hepburn - Edda Van Heemstra Hepburn
Jerry Lewis - Joseph Levitch
John Wayne - Marion Michael Morrison
Anthony Quinn - Antonio Rudolfo Oaxaca Quinn
Gary Cooper - Frank James Cooper
Romy Schneider - Rosemarie Magdalena Albach-Retty
Walter Matthau - Walter Matuschanskayasky
Martin Sheen - Martino Estevez
I divi di Hollywood hanno spesso dei nomi esotici e affascinanti; a volte però si scopre che i loro bei nomi hanno un significato tutt'altro che piacevole: è il caso ad esempio dell'attrice americana Cameron Diaz il cui nome (Cameron) deriva da un antico soprannome gallese che significa "naso storto"!
Ecco alcuni dei nomi più curiosi dei personaggi famosi:
Keanu Reeves (attore) : il nome Keanu deriva da una lingua parlata sulle isole Hawaii e il suo significato è "fresca brezza sopra i monti".
Megan Gale (attrice spot) : il nome Megan è una versione gallese di Margaret (ovvero Margherita), nome che deriva dal greco e significa "perla".
Julia Roberts (attrice) : il nome Julia deriva dal greco e il suo significato è "pelosa".
Winona Ryder (attrice) : il nome Winona è tipico della tribù indiana dei Sioux: il suo significato è "primogenita" e quindi è spesso dato alla prima figlia femmina.
Ben Affleck (attore) : Ben è il diminutivo di Benjamin che significa "figlio del sud" oppure "figlio della mano destra"; nell'Antico Testamento era il nome del dodicesimo figlio di Giacobbe.
Gwyneth Palthrow (attrice) : il nome Gwyneth è gallese e significa "felicità".
Shaquille O'Neal (cestista NBA) : Shaquille è un nome arabo e significa "bello, prestante".
Kylie Minogue (cantante) : la parola Kylie è usata in una lingua degli aborigeni australiani per indicare il "boomerang".
Penelope Cruz (attrice) : il nome Penelope deriva dal greco pene e significa "tessitrice" : era infatti il nome della moglie di Ulisse nell'Odissea che tesseva la tela di giorno e la disfaceva di notte.
Björk (cantante) : il nome della cantante islandese (è il suo vero nome di battesimo) è tipico dei paesi nordici e significa "betulla".
Jennifer Lopez (cantante e attrice) : il nome Jennifer è originario della Cornovaglia: è la variante del nome gallese Gwenhwyfar (ovvero Ginevra) e significa "elfo luminoso".
Lara Croft (eroina virtuale) : il nome Lara è il diminutivo di Larissa che deriva dal latino hilaris e significa "allegra, ilare".
Homer Simpson (personaggio dei cartoni) : Homer (ovvero Omero) è un nome greco che significa "promessa".
Se invece stai cercando un nome originale da dare al prossimo nasciturno allora puoi scegliere tra i nomi dei bebe' dei VIP, eccovi qualche esempio:
Antonio Banderas & Melanie Griffit - STELLA DEL CARMEN(24/09/1996)
Angelina Jolie & Brad Pitt - MADDOX CHIVAN (05/08/2001) ZAHARA MARLEY (08/01/2005) & SHILOH NOUVEL (27/05/2006)
Bob Gedolf & Paula Yates - FIFI TRIXIEBELLE (31/03/1983) PEACHES HONEYBLOSSOM (13/03/1989) & PIXIE (17/09/1990)
Jon Bon Jovi - STEPHANIE ROSE (31/05/1993) JESSE JAMES (12/02/1995) JACOB HURLEY (07/05/2002) & ROMEO (29/03/2004)
Ecco infine i cinque nomi piu' diffusi in Italia:
MASCHILI
1 Giuseppe
2 Giovanni
3 Antonio
4 Mario
5 Luigi
FEMMINILI
1 Maria
2 Anna
3 Giuseppina
4 Rosa
5 Angela
Volete saperne di piu'? Cliccate sul link qui' sotto e buon divertimento.
Guarda le classifiche di www.nomix.it

mercoledì 27 gennaio 2010

GIORNATA DELLA MEMORIA

L’Italia intera celebra oggi con preghiere, mostre, spettacoli, le vittime dell’Olocausto nel Giorno della Memoria. «Ciò che è stato non abbia mai più a ripetersi», ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della posa della prima pietra del memoriale della Shoah alla stazione Centrale di Milano. Oggi è l’anniversario della liberazione di Auschwitz, che risale esattamente a 65 anni fa. In tutta Europa un programma variegato che ruota attorno a un unico grande obiettivo: non dimenticare gli orrori del nazismo, le deportazioni nei campi di concentramento e lo sterminio di massa compiuto nei lager con sistematica ferocia. Tutta il Vecchio Continente celebra il Giorno della Memoria. Lo fa nei luoghi simbolo della tragedia, le baracche di Auschwitz e degli altri campi dove furono concentrati gli uomini e le donne destinati alla morte o a una lunga prigionia fatta di stenti e sofferenze. Lo fa nel giorno in cui avvenne, 65 anni fa, la liberazione proprio del campo di Auschwitz Birkenau, che della tragedia è diventato il tragico e più noto emblema. A Roma incontro in mattinata fra Napolitano ed Eli Wiesel, ex internato ad Auschwitz e premio Nobel 1986. Con il capo dello Stato ci saranno anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, e il premier Silvio Berlusconi. Insieme parteciperanno alla cerimonia protocollare per la giornata della Memoria che avrà come corollario la mostra su Auschwitz Birkenau al Vittoriano, inaugurata martedì. Wiesel terrà un discorso attorno alle 12 nell’aula di Montecitorio. Il presidente del Senato, Renato Schifani, parteciperà invece alla commemorazione alla Risiera di San Sabba, il campo di concentramento italiano.

TILT DA FUMO

Ecco un altro buon motivo per dire addio alle sigarette quando si aspetta un bambino: fumare in gravidanza manda in tilt il meccanismo di controllo della pressione sanguigna del nascituro e questo problema potrebbe essere legato a casi di morte improvvisa in culla. Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Hypertension e condotto su circa 40 neonati di cui 17 figli di donne fumatrici. Secondo i ricercatori dell'istituto Karolinksa di Stoccolma diretto da Gary Cohen i neonati delle mamme fumatrici presentano degli anomali sbalzi di pressione e delle anomalie del battito cardiaco. Gli sbalzi di pressione si fanno più anomali via via che il bebé cresce, peggiorando entro il primo anno di vita. Per esempio quando il neonato viene preso in braccio dalla sua culla, si verifica un aumento anomalo di pressione, segno che il meccanismo di controllo della pressione del sangue è stato 'manomesso' dal fumo materno. Secondo i ricercatori questi problemi circolatori legati al fumo della madre potrebbero essere alla base di alcuni casi di morte improvvisa del neonato in culla, evento che di fatto si verifica con maggiore probabilità tra i neonati figli di fumatrici. Due milioni di fumatori in più, nel 2009 in Italia, rispetto al 2008. Lo afferma Armando Santoro, responsabile del Dipartimento di Oncologia dell' Istituto Clinico Humanitas, citando i dati aggiornati dell' indagine Ossfad Doxa, e annunciando una nuova campagna antifumo fra i giovani, attuata in collaborazione con il Centro Sportivo Italiano (CSI). Dai dati Doxa - secondo l'oncologo - emerge che la ripresa del trend del tabagismo, dopo lo stop impresso dalla legge Sirchia, è continuato per tutto l'anno scorso. "Alla fine del 2009 i fumatori - dice Santoro - sono ancora 13 milioni, il 25,4% della popolazione, di cui 7,1 milioni sono uomini e 5,9 donne". Ma il dato più preoccupante, per Santoro, è quello che indica come il 4% di coloro che avevano smesso negli anni scorsi abbia ripreso a fumare, mentre è in aumento il fumo tra i giovani:"Oggi - precisa - il 57% di italiani con età compresa fra 15 e 24 anni è infatti fumatore". E proprio ai giovani si rivolge una campagna che partirà dal mese di febbraio e che vede attori l'Istituto Humanitas, il CSI, il Comune di Rozzano e AstraZeneca. Questa campagna, ideata e realizzata da Echo Comunicazione d'Impresa, consiste in una serie di quattro diversi manifesti che verranno affissi per le strade di Milano e provincia, nei centri del circuito sportivo CSI e all' interno di Humanitas. E' basata su grandi foto a fronte, una a colori l'altra in bianco e nero, per sottolineare la positività di chi non fuma, in netto contrasto con chi invece è schiavo della sigaretta. Abitudine che ha influenza negativa nel rapporto con i coetanei, nelle relazioni affettive, sulle prestazioni sportive e sull'aspetto fisico. Così i manifesti hanno titoli e soggetti significativi: 'Chi non fuma e' a colorì, 'Il fumo separa', 'Chi smette di fumare e' liberò, 'Chi fuma sta in panchina'. In basso l'indicazione del Centro Antifumo di Humanitas, cui si può accedere nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, col semplice pagamento del ticket.

L'UOMO BIANCO E' BUFFO PERCHE' SI STA' SUICIDANDO E, SEPLICEMENTE, NON LO SA

Spentesi da poco le luci sul Summit di Copenhagen, quello che resta è uno spesso velo di delusione. Purtroppo, quando in gioco ci sono gli interessi economici dei potenti della terra e quando costoro si ritrovano intorno ad un tavolo, la storia ci insegna a farci poche, pochissime illusioni. Dicevamo la storia, in essa, si dice tra gli addetti ai lavori, si dovrebbe studiare il passato, per capire il presente e paventare il futuro. Studiare gli errori dovrebbe aiutare a non commetterli ulteriormente. Studiare la storia dovrebbe aiutarci, come una palestra, ad una certa dinamicità mentale. Studiare la storia, poi, ci aiuta a capire che molto probabilmente le strade che il progresso pavimenta verso il futuro da un lato sono drammaticamente destinate al disastro, dall’altro non portano mai a qualcosa di veramente nuovo. Spesso, in quelle tradizioni ancestrali, millenarie e sepolte dal tempo e, ahinoi, dal progresso, c’è la spiegazione palese e quasi disarmante del nostro presente. Nella mitologia dei Baniwas, degli Yanomami e dei Desana, popolazioni indigene che vivono nel nordest dello Stato brasiliano di Amazonas, al confine con la Colombia ed il Venezuela, si possono rintracciare spiegazioni ed avvertimenti sul cambiamento climatico. Si tratta di un fenomeno per nulla inedito nella storia dell’umanità ed ha avuto inizio quando si è creata quella frattura insanabile tra gli esseri umani, la natura e gli animali. Il mito della creazione, che per gli Yanomami si riferisce anche alla fine del mondo, fa proprio riferimento alla “caduta del cielo”, un fenomeno speculare al biblico diluvio universale in cui gli esseri umani, sommersi dall’acqua, si trovano a guerreggiare con esseri magici. Un evento che potrebbe verificarsi, sempre secondo gli Yanomami ed i Baniwa, se l’umanità non inverte l’attuale processo di distruzione. In quella che Juan Carlos Ochoa Abaurre (Uned Navarra) chiama la “cataclismologia del mito della creazione e della distruzione del mondo” che caratterizza la mitologia delle popolazioni indigene si estrinseca un sentimento uniforme di annichilimento della terra in tempi remoti e la sua futura ripetizione. La rappresentazione è la più varia e va dalla già citata inondazione, all’incendio (popola Nandevas), all’attacco mosso da mostri (popolo Kayová), oppure all’improvvisa caduta della terra nel buio Apápokuva). ’uomo bianco è buffo perché si sta suicidando e, semplicemente, non lo saSecondo José Maria Lana, un abitante dell’Alto Rio Negro, rappresentante del popolo Desana ed esponente dell’attuale direzione della Federación de las Organizaciones Indígenas del Río Negro (Foirn), gli avvertimenti del mito (o dei miti) sono già percepibili. Ad esempio, nell’intensità del calore solare, nel cambiamento del periodo di infiorescenza, nello spostamento dei periodi delle piogge. Non si tratta, per la verità, di episodi fini a se stessi, poiché la loro alterazione influisce fortemente sulla riproduzione degli animali, sulla maturazione dei vegetali e di conseguenza anche sui cicli alimentari delle popolazioni della foresta e sui loro riti tradizionali. David Yanomami, sciamano più volte premiato per il suo impegno a fianco delle popolazioni indigene, ritiene l’uomo bianco e le sue azioni i fattori principali del declino. La contaminazione dell’aria e dei terreni provocata dalle industrie, dalle bombe, dalla combustione del petrolio e anche dal veleno invisibile che sale dal profondo della terra a causa delle attività estrattive, lastricano la strada verso l’irreparabile e generano malattie sconosciute che gli stessi sciamani non sono in grado di curare (se l’uomo bianco non porrà fine alla perversa distruzione della nostra Madre Terra, esso è destinato all’estinzione, come la foresta pluviale e gli Yanomami). Si tratta di un colpo molto duro inferto all’identità tradizionale delle popolazioni indigene. Lo sciamano non è solo una sorta di mago; è di più, un punto di riferimento, un medico, la persona cui rivolgersi in caso di difficoltà. E quando anche questa figura diventa impotente davanti ai nuovi morbi impossibili da sconfiggere ricorrendo alla medicina tradizionale, è lì che inizia ad erodersi la solidità di popolazioni che hanno fatto del loro stretto ed intrinseco legame con la natura la radice su cui innestare la loro intera esistenza. La mitologia indigena, tramite le sue figure, racconta la distruzione del mondo per colpa di quella cosa che si chiama progresso, ma si legge autodistruzioneSe da un lato questa fenomenologia ha molto del pessimismo endogeno delle credenze indigene, dall’altro è abbastanza evidente come, tutto sommato, ed estrapolando il significato fattivo dalla metafora, lo spezzarsi dell’armonia tra gli esseri umani e la natura abbia condotto ad un sistema-mondo irrimediabilmente danneggiato. La schizofrenia dei cicli climatici altera i ritmi dell’agricoltura, il surriscaldamento globale scioglie i ghiacciai e rimescola la fauna marina, i prodotti di sintesi e la chimica alterano i sapori, gli odori, i colori e intanto l’uomo bianco di David Yanomami è fiero di ingurgitare cibo plastificato, possedere più di quando gli sia effettivamente necessario, accumulare montagne di cose che presto si trasformano in montagne di rifiuti. È contento del progresso, l’uomo bianco, perché glielo spacciano per futuro senza interrogarsi che cosa sia quella strana schiuma che lo circonda mentre fa un bagno a mare; quel fumo compatto che gli entra nei polmoni e lo ammazza a sua insaputa; quella pioggia così putrida che gli insozza la macchina appena lavata. L’uomo bianco è buffo, se la prende con la marea che ha distrutto la casa e non con il costruttore abusivo che l’ha eretta sulla costa; se la prende con la frana e non con quelli che disboscano selvaggiamente; se la prende con gli elefanti, con gli orsi, con le volpi che si aggirano in cerca di cibo nei centri abitati e nei villaggi e non con quelli che pezzo a pezzo hanno invaso il loro habitat naturale, privandoli delle loro fonti di sostentamento. L’uomo bianco è buffo perché si sta suicidando e, semplicemente, non lo sa

lunedì 25 gennaio 2010

AUSTRALIA (MAY) DAY

Oggi si celebra il giorno in cui, oltre due secoli fa, l’allora governo di sua maestà britannica prese possesso di questa terra adibendola a colonia penale. Fu l’inizio di un progetto folle e cioè quello di fare di un’isola-continente un immane campo di concentramento. Non solo: quel giorno segna anche una data sciagurata per la popolazione autoctona. Nei decenni che seguirono un numero imprecisato, ma sicuramente ingente di aborigeni, fu eliminato, talora con vere e proprie “battute di caccia”. Bella data da celebrare! Certo era un’epoca diversa dalla nostra. Allora non c’era lo statuto internazionale dei diritti umani e nazioni potenti dell’Occidente, come l’Inghilterra, la Francia e la Spagna, continuavano a guardare ai territori non ancora esplorati del mondo come “terrae nullius”, ovvero terre di nessuno e quindi da occupare e all’occorrenza, come fu il caso del continente australe, come discarica umana. È pur vero, altresì, che se gli inglesi, in quel giorno tanto squallido nella loro storia quanto infausto per gli aborigeni, non fossero sbarcati nella baia di Sydney con il loro primo carico di circa 800 galeotti, l’Australia di oggi non esisterebbe. Sappiamo inoltre che è inimmaginabile che questa terra potesse restare per sempre indisturbata e che agli aborigeni australiani fosse dato di vivere in eterno il loro “tempo del sogno”. Prima o poi, qualcuno avrebbe rotto l’incantesimo e la sorte volle che a romperlo fossero gli inglesi. Ci mancò pochissimo, in effetti, che gli inglesi arrivassero tardi. Due vascelli francesi, al comando di La Perouse (alla cui memoria è intitolato un noto quartiere di Sydney) arrivarono solo sei giorni dopo l’arrivo della prima flotta britannica. È difficile immaginare cosa sarebbe successo se i francesi avessero preceduto gli inglesi, ma non c’è dubbio che la storia di questo continente avrebbe preso un altro corso. Non necessariamente migliore, a giudicare dagli effetti del colonialismo francese in altre aree del mondo. In ogni caso, ci ritroviamo puntualmente ogni anno a festeggiare un giorno che, per quanto abbia poi dato vita ad una nazione civile, ospitale e tranquilla, non è una data da ricordare con orgoglio. Non si può sicuramente svalutarne l’importanza da un punto di vista storico ma non è una data idonea come festa della nazione. Che senso ha aver espresso pubblicamente rammarico alla popolazione aborigena, se poi si continua a celebrare la festa nazionale nel giorno che gli aborigeni giustamente commemorano come il “giorno del lutto”? Un lutto che non è affatto accompagnato da sentimenti di odio e di vendetta, ma esprime l’umanissimo bisogno di ricollegarsi alla storia della propria gente, tanto più che gli aborigeni continuano ancor oggi a soffrire le conseguenze di quel 26 gennaio 1788. Occorre decisamente trovare un altro giorno per la festa nazionale dell’Australia. Non è necessario che sia un giorno legato a vere o presunte glorie del passato. Basta uno qualsiasi dei restanti 364 giorni dell’anno, senza alcun riferimento storico e, in quanto tale, incontaminato dalle scorie che la storia si porta sempre dietro. L’Australia Day deve essere un giorno che unisce e non divide, un giorno d’armonia, solidarietà e fratellanza fra tutta la gente - di ogni estrazione etnica, culturale, linguistica e religiosa - che popola questa nazione. Fintantoché non sarà scelto un altro giorno, io, come il cappellaio matto di “Alice nel Paese delle Meraviglie” che festeggia il giorno del non-compleanno, festeggerò l’Australia Day ogni giorno dell’anno, tranne che il 26 gennaio.
Fonte IVANO ERCOLE da La Fiamma/Il Globo

MA I CITTADINI ITALIANI SOFFRONO DI AMNESIA?

Dall’esperienza giovanile di “animatore” sulle navi da crociera al Presidente del Consiglio è rimasto il vezzo di fare delle promesse che sa di non poter mantenere. Se il cittadino italico non fosse troppo distratto da Juve, Milan, Inter e Grande Fratello, si accorgerebbe che le promesse di Silvio Berlusconi sono sempre le stesse. Siamo tornati nuovamente al “meno tasse per tutti”. Il Silvio nazionale, dopo essere stato colpito dalla guglie del duomo di Milano è rientrato sulla scena politica nazionale con il viso liscio come il culetto di un bambino, e torna subito in attacco, “il 2010 sarà l’anno delle riforme”. Fissa l’agenda del Governo, si parte dalla giustizia, tema sempre a cuore del Presidente Berlusconi che naviga sempre a vista tra le insidie delle “toghe rosse”. Poi il secondo passo sarà la riforma della scuola, dove si annidano docenti comunisti che deviano le personalità in formazione dei futuri cittadini. Per finire, come dessert (dulcis in fundo) la riforma fiscale che ridurrà le tasse per tutti gli italiani. “Il partito dell'amore”, non quello di Moana Pozzi, bonanima, ma il Berlusconiano Partito del Polopo delle Libertà, però, affronterà queste riforme solo dopo le elezioni regionali, quindi queste iniziative rientrano a pieno titolo nelle “promesse” da campagna elettorale e come tali si devono intendere. Il “sogno” del Cavaliere è un’imposizione fiscale basata su due aliquote, al 23 e 33 %, con un’ampia “detax-area”, che peraltro è un sogno annunciato più volte. Nel 1994, prima delle elezioni politiche, il Cavaliere proponeva addirittura un’aliquota unica al 33% per tutti i contribuenti e l’esenzione per “i poveri”. Poi nel 1999 le aliquote divennero due, esattamente quelle del “sogno” attuale, 23 e 33%, aliquote confermate nel famoso “contratto con gli italiani” sottoscritto davanti a Bruno Vespa nel 2001. Contratto che non fu rispettato, tanto che a a Bari alcuni cittadini decisero di intentare una causa civile contro Berlusconi per non aver onorato il contratto con gli italiani con la quale pretendevano un risarcimento sulla differenza delle tasse pagate e quelle che avrebbero invece pagato se fossero state rispettate le promesse. Per le elezioni del 2006 le promesse programmatiche del Cavaliere si concentrarono sul “quoziente familiare”, ma le elezioni le vinse Prodi. Tornato nuovamente a Palazzo Chigi il Silvio nazionale annuncia: “Basta con i condoni” e fa cassa con uno “scudo fiscale” che praticamente legalizza il riciclaggio di capitali provenienti da redditi illeciti. Dichiara anche di voler abolire l’IRAP, che invece gode sempre di ottima salute. Ora con l’avvicinarsi delle elezioni regionale che dovrebbe comunque vicnere a mani basse (i sondaggi danno al centro sinistra la maggioranza solo in tre regioni), non perde il suo vezzo antico e ritorna all’attacco con il suo “meno tasse per tutti”. Ma come si fanno ad abbassare le imposte in un Paese come l’Italia che ha il secondo debito pubblico più elevato del pianeta? Come mai le imposte si vogliono ridurre sempre in prossimità delle tornate elettorali senza mai trovare riscontro successivamente nella realtà dei fatti? Ma i cittadini italiani soffrono davvero di amnesia? Quanto mi piacerebbe essere smentito dai fatti.

domenica 24 gennaio 2010

CHI SUONA L'HAARP?

Come è noto agli addtti ai lavori, con HAARP si intende un gigantesco sistema di antenne ubicate a Gakona (Alaska), il cui scopo ufficiale è lo studio della ionosfera, ma che in realtà è una potente arma per manipolazioni climatiche e tettoniche. Occorre ricordare che impianti simili, altrettanto potenti, sorgono anche altrove, in Svezia, Russia, Francia, Italia… Lo studio di Alessio Di Benedetto è un contributo fondamentale, poiché dovuto ad un esperto nel campo delle frequenze: l’autore, infatti, è docente di Storia ed estetica musicale presso il conservatorio di Foggia. Ha scritto numerosi libri di argomento musicale, in cui spazia dalla storia antica alla fisica, dalla simbologia alle scienze di frontiera. Le sue numerose pubblicazioni hanno riscosso grande successo di critica e di pubblico. Chi meglio di Di Benedetto dunque, abituato a disquisire di armoniche, frequenze, vibrazioni… può comprendere i veri fini di HAARP? Il testo illumina, con mirabile chiarezza e sulla base di investigazioni scientifiche, la relazione tra risonanza Schumann, la pulsazione naturale della Terra, e l’inquinamento elettromagnetico. L’uomo materialistico, assetato di potere e di odio per il mondo ed il creato, ha messo a punto un sistema di distruzione del Canto della Terra, la cui voce risuona alla frequenza di 7,83 htz. Ci riferiamo al Progetto HAARP, un vero e proprio piano di manipolazione mentale, per controllare il nostro modo di pensare. Esso è stato realizzato dai poteri forti statunitensi attraverso l’emissione nell’atmosfera di segnali sonori molto bassi (infrasuoni) che interferiscono con il flusso di onde analoghe irradiate dal cervello umano. Non dimentichiamo che, dal punto di vista della Fisica vibrazionale, tutti i processi biologici dipendono dalle interazioni dei campi elettromagnetici e gravitazionali. Qualsiasi attività umana organica e vitale pulsa in risonanza con la frequenza Schumann. La nostra stessa salute dipende dall’accordo con siffatto suono. L’alterazione artificiale di cui è fatta oggetto questa frequenza della Terra ci impedisce di sognare, di fantasticare, d’inventare, di stare in pace con noi stessi e con gli altri. [...] Il cervello emette onde che, nello stato di veglia, funzionano all’incirca tra 13 e 33 hertz (onde Beta) o che durante lo stato di meditazione profonda variano tra 3 e 7 hertz. Le onde Alfa (7-12 hertz) si sprigionano nel dormiveglia o in una condizione meditativa leggera. Infine vi sono le onde Gamma (34-60 hertz) che sono preposte a collegare tempo e spazio a livello neuronale e ad interrelare la realtà in quanto interpretazione complessiva (memoria e coscienza). L’uomo è il prodotto di un’interferenza d’onda generata tra il suo campo elettrodinamico e la risonanza di cavità Schumann. Il cervello umano è un complicatissimo congegno ricetrasmittente. Ne consegue che le turbolenze geomagnetiche causate da HAARP e dall’innalzamento della temperatura terrestre ( provocato anche dalle scie chimiche, cliccami per approfondimenti ndr), provocano disturbi mentali e del comportamento. L’elettrosmog potrebbe oggi causare cambiamenti evolutivi incontrollabili e distruggere alcune specie viventi nonché scatenare attacchi cardiaci, tentativi di suicidio, crimini efferati… La cassa di risonanza Terra-Ionosfera subisce delle modulazioni naturali derivanti dalle macchie solari, dal ciclo lunare, dalle maree che variano lo spessore risonante della biosfera. Progetti come HAARP, che riscaldano o eliminano la ionosfera, costituiscono potenzialmente una minaccia di proporzioni catastrofiche per gli equilibri armonici degli esseri viventi e del pianeta.L’innalzamento della risonanza Schumann deriva da immissioni di reti elettromagnetiche artificiali e di cluorofluorocarburi che stanno distruggendo l’ecosistema vibrazionale terrestre. Nulla a che vedere dunque con la ventilata elevazione della coscienza planetaria.
[...] Già nel 1915 Nikola Tesla (cliccami per approfondimenti sul grande scienziato ceco) rilasciò un’intervista al New York Times in cui affermò che era possibile alterare la ionosfera. Variando le frequenze in gioco ed i tempi di esposizione, si possono ottenere i seguenti risultati:
- influire in maniera drastica sul tempo atmosferico;
- provocare terremoti;
- interferire con le onde cerebrali di uomini ed animali;
- generare esplosioni nucleari senza ricaduta radioattiva;
- eseguire la tomografia della Terra;
- irradiare calore persino in bunker situati a grandi profondità;
- eliminare le comunicazioni su aree specifiche vaste, mantenendo quelle militari.
La ionosfera è simile ad una sottile pelle protettiva contro le particelle ad alta energia che viaggiano verso la Terra dal Sole. Dan Eden ricorda che persino un buco temporaneo o uno strappo in questo campo ionizzato potrebbe produrre delle mutazioni genetiche e persino la morte. Alcuni scienziati temono pure che la ionosfera potrebbe collassare per uno squilibrio elettrico. [...] Siamo perciò di fronte ad una delle armi geofisiche il cui potere devastante non ha confini e che è in grado di produrre alluvioni o siccità, esplosioni radianti a qualsiasi altitudine e sotto la crosta terrestre, provocando terremoti di qualsiasi entità. A tal proposito Osservate la risonanza HAARP nei giorni precedenti, durante il sisma (12 gennaio 2010) e dopo il terremoto (artificiale) nello stato di Haiti. Abbiamo unito i sei grafici significativi (dal 9 al 14 gennaio 2010), così da rendere meglio l’idea di che cos’è HAARP e quanto sia reale il suo potere distruttivo. Consigliamo di salvare questo filmato, così da mostrarlo, di volta in volta, allo scettico di turno.

sabato 23 gennaio 2010

STAI TRAVAGLIANDO? ALLORA FACCIAMOCI DUE SPAGHI

Può durare anche moltissime ore, eppure quasi ad aumentarle tensione e sofferenze, la donna durante il travaglio 'tradizionalmente' non viene alimentata; ma adesso i medici fanno dietro front e stilano un nuovo verdetto: durante la fase ultima della gravidanza si può mangiare e bere, a meno che non ci siano complicazioni tali da prevedere un parto in anestesia totale. Il verdetto finale arriva da un maxi studio del gruppo Cochrane condotto da Mandisa Singata, dell'East London Hospital Complex in Sudafrica. Il lavoro, 'Cochrane Systematic Review', si è basato sulla disamina di cinque studi condotti sull'argomento, per un totale di 3.130 donne; ma nessuno degli studi riguardava donne ad alto rischio di anestesia, sottolineano gli esperti, per cui prima di stilare raccomandazioni definitive bisognerà considerare anche questi casi. Per lungo tempo si è protratta l'idea che fosse pericoloso mangiare e bere durante il travaglio; in molti ospedali si applica quindi un 'regime' stretto e la donna non viene alimentata. Il timore da cui nasce questo comportamento medico é che insorgano complicazioni durante il parto e la donna debba andare incontro ad anestesia totale, per cui avere lo stomaco pieno può essere pericoloso. Ma, soprattutto quando il travaglio è particolarmente lungo, l'astinenza da cibo e acqua può essere stressante per la partoriente; in più già un precedente studio pubblicato sul British Medical Journal faceva notare che anche i cesarei sono ormai praticati in anestesia locale, e quindi anche in questo caso il pericolo da 'stomaco pieno' sarebbe remoto. Nel lavoro i ricercatori si sono concentrati però solo sui casi "di routine", ovvero su parti di gestanti senza o con poche complicazioni, e quindi con bassa probabilità di dover essere sottoposte ad anestesia. Per questi casi mangiare e bere é risultata una pratica del tutto indifferente, senza né rischi né benefici, per l'esito del parto. Quindi, concludono gli esperti, in questi casi sarebbe bene far decidere la donna se vuole mangiare o bere, in attesa che il neonato venga alla luce.

venerdì 22 gennaio 2010

AL PIER 39 SONO SPARITI I LEONI

Un mese fa c’erano 1.500 leoni marini sul molo 39 di San Francisco, oggi ce ne sono solo 10 a prendere il sole tra un tuffo e l’altro. Un dispetto per i turisti e un mistero per i biologi marini, a caccia di una spiegazione per il fenomeno. «Probabilmente si sono allontanati per trovare una nuova fonte di cibo - ha detto ad Associated Press Jeff Boehm, che dirige il Centro Mammiferi Marini di Sausalito - e questo è probabilmente il motivo per il quale si riunivano sul molo». Il centro gestisce un chiosco di informazioni sul molo e vende souvenir. Acciughe e sardine, il cibo preferito dei leoni di mare, potrebbero avere spostato il grosso del branco verso il sud della California, lungo il canale di Santa Barbara. Anche se per il momento il molo è deserto i biologi marini scommettono sul ritorno dei begli animali e il chiosco di souvenir per il momento resta dove sta, a coccolarsi le poche decine di esemplari irriducibili rimasti a San Francisco. Per gli altri arrivederci, forse, in primavera. Speriamo!

giovedì 21 gennaio 2010

IL COTONE DELL' UZBEKISTAN

C'è un dittatura nel cuore dell'Asia dove nessuno ha voluto portare la democrazia. A dire il vero ce n'è più d'una, ma questa è la storia dell'Uzbekistan, dove il dittatore Karimov ha appena mandato a raccogliere il cotone i due milioni di uzbeki tra i 6 e i 15 anni che invece dovrebbero essere a scuola. Visto che rimarrebbero a presidiare aule vuote, Karimov manda a raccogliere il cotone anche i docenti, i bidelli e quanti più impiegati pubblici gli è possibile. Il cotone è una delle produzioni più importanti dell'Uzbekistan, realizzata grazie a colture intensive importate ai tempi dell'Unione Sovietica. La furbata di coltivare una pianta che ha bisogno di molta acqua in un paese semi-desertico ha avuto i suoi costi, seccando letteralmente il Lago D'Aral e impoverendo terreni sempre più salati e sempre più inquinati da fertilizzanti e pesticidi. Al dittatore e alla sua famiglia, che detiene il monopolio del cotone, sembra importare poco: il ricorso alla manodopera forzata e gratuita garantisce comunque margini interessanti. Da parecchi anni l'ONU e alcune associazioni anglosassoni protestano per il lavoro minorile, che è poi schiavitù non essendo retribuito; la diplomazia uzbeka risponde che farà e provvederà, ma poi non succede niente. Molti grandi marchi statunitensi hanno deciso di non comprare più cotone uzbeko e a loro si è unita anche qualche azienda italiana. A livello ufficiale la UE mantiene buoni rapporti con l'Uzbekistan, anche se di cotone ne importa pochino. Molto più interessante sembra il gas naturale, di cui il paese è ricco. Anche quello ovviamente è cosa di Karimov, ma le democrazie occidentali non sembrano preoccuparsi. Il dittatore è in buoni rapporti con il vicino russo e anche con gli americani, ai quali ha prima concesso l'uso di una base molto utile alla guerra in Afghanistan , poi li ha cacciati per poi, successivamente, siglare un nuovo accordo concedendo nuovamente la base. Gli americani avevano avuto la cattiva idea di criticare una strage compiuta dal regime nella valle di Fergana. L'astuto Karimov aveva lamentato un attacco di “terroristi islamici”, ma si trattava in realtà di una rivolta di commercianti a seguito di abusi e taglieggiamenti culminati con un'ondata di arresti. Alla protesta, Karimov reagì con tale violenza che parecchie migliaia di uzbeki corsero alla frontiera e scapparono dal paese così com'erano, profughi. Una volta che la dinamica risultò evidente, mezzo mondo protestò e Karimov reagì ancora peggio. Quando nel 1989 crollò il muro di Berlino, nessuno fece caso al fatto che cadde in testa anche agli uzbeki e ai loro vicini degli “Stan” sovietici. Karimov era allora il governatore della repubblica uzbeka e oggi ne è il dittatore. Sono passati vent'anni durante i quali lui e la sua famiglia hanno depredato tutto il depredabile e preso il controllo di tutti gli asset strategici del paese, dall'energia alle telecomunicazioni fino al cotone. Dal 1989 non ci sono più state elezioni, ma solo referendum per prorogare la carica di Karimov; non esistono partiti d'opposizione e il regime perseguita chiunque professi qualsiasi fede religiosa, dagli evangelici agli ebrei, fino ai musulmani e ai cristiani. Chi professa una fede si vede di norma negato il permesso di viaggiare all'estero e subisce altre angherie. Gli uzbeki di origine russa e gli ebrei in particolare hanno da tempo lasciato il paese in massa , colpiti prima dalle necessità economiche che dai morsi del regime. Un vero e proprio regime di terrore, tanto che le proteste sono rarissime da parte di una popolazione impoverita dai furti della dittatura e intimorita dalle crudeli reazioni dell'apparato poliziesco. Innumerevoli sono i rapporti che parlano di torture e persino di una predilezione di Karimov per il bollire vivi avversari e nemici. La libertà di stampa non esiste e c'è anche un giornalista che si sta facendo 10 anni di galera per un articolo troppo “ecologista”; niente di strano, di solito basta molto meno. La spietata dittatura di Karimov e quelle dei suoi colleghi confinanti non suscitano il minimo interesse in Europa, non si ricordano tonanti prese di posizione europee contro le elezioni-farsa in quei paesi, ma nemmeno contro scandali come questo degli scolari schiavizzati per raccogliere il cotone del “presidente”. Probabilmente c'entrano i grandi giacimenti di gas naturale di queste zone dell'Asia Centrale, che fanno gola a molti, ENI in prima fila. Probabilmente, se in Italia interrogassero i parlamentari sull'Uzbekistan, finirebbe come per il Darfur , che venne scambiato con il “fast-food”. All'indifferenza della politica si contrappone invece l'attività delle imprese: é un fatto che l'interscambio commerciale con Karimov e suoi inguardabili colleghi sia in crescita costante da anni.

mercoledì 20 gennaio 2010

STAGLIENO: ERA IL VANTO, ORA E' UNA VERGOGNA

Viaggio nel cimitero di Staglieno dopo il caso della salma scomparsa, che era stata sistemata in un magazzino per mancanza di spazi. Il degrado si è impadronito di vialetti e gallerie. Un incedere lento, che negli anni ha piano piano eroso parte dello splendore originario con tombe sprofondate, alberi caduti, gallerie allagate. Lungo il lato est si succedono cappelle, statue, tombe di famiglia. Un tempo era un vanto averne una, uno status symbol. L’incuria in cui versano molte fa capire come sia cambiato lo spirito dei tempi. Sul lato ovest la situazione è ancora peggiore. Non è raro incontrare bare aperte. Poco distante c’è una cripta. È l’ossario generale, il capolinea dell’oblio. Piove all’interno, il pavimento è zuppo. Più avanti si apre una radura in cui iniziano altre tombe familiari. In alcuni casi, al posto delle lapidi, sono rimasti solo i mattoni a vista. Le responsabilità sono tante. E mentre la città guarda da un’altra parte, a Staglieno l’incuria avanza e ogni giorno si porta via un pezzetto della sua memoria.Il dipendente comunale: «Questione di “palanche”, si rifiata solo quando arrivano» In tanti se la prendono con gli addetti, accusati di non lavorare al meglio e di essere responsabili del degrado. Accuse che i diretti interessati respingono al mittente: «Siamo dimezzati negli ultimi quattro anni. Facciamo un lavoro infame, per pochi soldi e spesso riceviamo pure degli insulti». Il vero problema sono i finanziamenti:«È tutta una questione di palanche - ragiona un dipendente comunale - Per gli interventi necessari ci vorrebbero milioni, ma il Comune non ce l’ha. Ogni tanto arrivano dei fondi europei e si respira un po’». «La verità è che se Staglieno versa in queste condizioni non è solo perché Tursi non ha soldi - continua l’addetto - I privati dove sono? Noi possiamo anche cercare di tenere pulito, ma ognuno dovrebbe curare le proprie tombe».

martedì 19 gennaio 2010

IL SETTIMO CONTINENTE


Ci sono posti, nel mare, dove la spazzatura ce la mette direttamente e volontariamente l’uomo. Ce ne sono altri, invece, dove la spazzatura si raccoglie a causa di venti e correnti naturali. E’ questo il caso del cosiddetto “Great Pacific Garbage Patch“; per gli amici non anglofoni: un’immensa area di spazzatura galleggiante nell’Oceano Pacifico, a due passi dalle isole Hawaii. Fino ad una bella mattina dell’estate del 2000 esisteva una larga parte dell’Oceano Pacifico che quasi nessuno aveva mai visitato o attraversato e che gli esperti chiamano: Pacific central or sub-tropical gyre oppure North Pacific subtropical High. Quest’area si stima sia grande più di 10 milioni di miglia quadrate, circa l’estensione di tutta l’Africa e si estende dal largo delle coste statunitensi sino a quelle asiatiche. Si chiama gyre (giro in italiano) perchè è caratterizzata da venti leggeri e lente correnti oceaniche circolari che formano una spirale al cui interno si crea un’area di alta pressione. Aree con queste particolarità atmosferiche si trovano in tutti gli oceani ma quella del Pacifico è la più vasta. A causa delle correnti circolari, gli oggetti (non troppo pesanti) che fluttuano in questa parte di oceano vengono spinti in superficie. I pescherecci evitano questa zona perchè le sue acque non sono ricche di elementi nutrizionali che attirano i pesci e i navigatori non vi passano attraverso a causa dell’insufficienza di venti forti per spingere le imbarcazioni a vela. Quest’area del Pacifico che è anche la più vasta area di uniformità climatica della terra è anche la più grande zona di accumulazione degli scarti della “civilizzazione” umana. Ogni cosa che galleggia nel Pacifico finisce qui, anche dopo aver fluttuato nei mari per anni o decenni. Charles Moore, con io suo battello per ricerche marine Alguita, è stato il primo ricercatore a navigare letteralmente attraverso il North Pacific Gyre e ha scoperto milioni di tonnellate di plastica navigando per 10 miglia marine letteralemente in mezzo alla spazzatura. Si perchè, al contrario di quello che si può immaginare, la spazzatura che si raccoglie in questa enorme zona dell’Oceano non è sotto forma solida, bensì ha la consistenza di una “zuppa“. Una melma di schifezze, navigabile, nella quale ogni tanto è possibile imbattersi in oggetti ancora quasi intatti: buste di plastica, contenitori di shampoo, palloni da pallavolo o da basket, impermeabili plastificati, tubi catodici di vecchi televisori, reti da pesca, bottiglie di plastica e quant’altro. Tutto il resto è sminuzzato in minuscole parti che rendono l’acqua in questa zona molto più densa, come fosse una zuppa. Questo in base al processo di decomposizione in piccolissime parti. Infatti, dice Moore, per miglia e miglia di oceano quello che si poteva vedere da tutti i lati erano milioni e milioni di piccoli pezzi di plastica molti dei quali non più grandi di pochi millimetri. La comunità scientifica – che ha iniziato ad occuparsi della questione della spazzatura in queste aree particolari degli oceani solo nel finire degli anni ‘90 – ha chiamato questa immensa discarica in pieno oceano: Pacific Garbage Patch (letteralmente: appezzamento di spazzatura del Pacifico). Si stima che l’area coperta da questa zuppa di schifezze (per l’80% costituita da rifiuti plastici) sia di più di 2.500 chilometri di diametro, più o meno il doppio della superficie della Francia, e che ad ogni decade diventa dieci volte più grande. Questa immensa discarica si trova a poche miglia a nord delle isole Hawaii che, proprio per fronteggiare il pericolo che la zuppa di plastiche raggiunga le loro coste, hanno attuato un programma di difesa delle acque rimuovendo enormi quantità (circa 500 tonnellate) di rifiuti mentre si stima che circa 52 tonnellate di rifiuti “freschi” inondino lo specchio di mare al nord delle isole statunitensi ogni anno. Ma in mare, anche in quel tratto invaso dalla spazzatura, non esistono solo particelle di plastica ma anche organismi viventi generalmente chiamati Plankton o Phitoplankton (gli organismi multicellulari che crescono più velocemente nel pianeta). Greenpeace stima che nel Pacific Garbage Patch per ogni kilogrammo di plankton ci siano 6 kilogrammi di plastica. Questi due tipi diversi di “organismi”, naturali ed artificiali, si mischiano creando questa sorta di zuppa di plastica e di plankton anche tramite un vero e proprio inglobamento delle particelle della plastica in questi organismi marini multicellulari naturali. Il problema è che gli organismi naturali sono necessari alla natura per svariati motivi, gli organismi artificiali no. Ciò che è veramente ironico è che i rifiuti, rientrando nell’oceano, tornano da dove sono venuti. Mi spiego. La plastica si produce dalla lavorazione di petrolio e idrocarburi che si sono formati nel corso dei millenni proprio dal plankton antico dei mari primordiali. Insomma, il plankton natulare si sta mischiando a dosi massicce di plankton civilizzato, come lo chiama Charles Moore. Il problema vero è che non si sa in che misura questo processo stia avvenendo perchè neanche gli oceanografi sono in grado di misurare in maniera abbastanza attendibile quanta plastica stia fluttuando nell’oceano. Una cosa e' certa, c'e' sempre l'impronta dell'uomo su quanto di innaturale e sbaglaito accade in questo mondo, questo mondo che forse non si merita di essere trattato cosi' male da un essere che si reputa cosi' intelligente ed edevoluto.

lunedì 18 gennaio 2010

BIOLOGICO ILLEGALE NEGLI USA, PRESTO POTREBBE DIVENTARE REALTA'

A nulla è servito l’orto di Michelle, cioè della First Lady: negli Usa il Governo si appresta a discutere la legge HR 875, meglio conosciuta come Food Safety Modernization Act of 2009 con cui, se approvata, si metterà al bando l’agricoltura biologica, ritenuta insana. A essere banditi anche gli orti privati, quelli destinati all’autoconsumo. La legge è stata ideata dalla deputata democratica Rosa DeLauro, con la presunta finalità di creare una nuova agenzia in seno al Department of Health and Human Services chiamata Food Safety Administration (FSA). Il suo unico scopo sarebbe quello di proteggere i cittadini dalla gestione pericolosa del cibo e di creare uno standard per la sicurezza alimentare fino a coprire la sicurezza dei prodotti alimentari importati (chissà se ne farà le spese il Made in Italy?). In pratica alla FDA, Food and drug administration resterebbero solo i controlli sui farmaci. Sebbene non vi siano indicazioni a sfavore della coltivazione per autoconsumo e mai sia usata la parola “biologico”, non ve ne sono neanche a favore, lasciando così il campo aperto a qualunque interpretazione. La formulazione usata nel disegno di legge riferisce che le disposizioni di sicurezza alimentare che consisterebbero nell’uso evidentemente di agenti chimici, sono a adottare verso un generico “meccanismo di produzione di cibo” e a “qualsiasi azienda agricola ” come “ranch, frutteto, vigneto, impianto di qualsiasi posto usato per coltivare” dunque pesumibilmente annche alle coltivazioni biologiche o a un orto familiare. Ma negli Usa molte leggi sono spinte e in maniera del tutto trasparente da lobby. In questo caso a volere questa regolamentazione la MONSANTO, CARGILL, ADM (Archer, Daniels e Midland) con altre 35 grandi imprese agroalimentari.

domenica 17 gennaio 2010

AUTISMO E ALIMENTAZIONE

La maggior parte di noi ha conosciuto l’autismo attraverso l’interpretazione di un minuto e spaurito Dustin Hoffman che nel film Rain Man del 1988 stupisce e conquista un distratto e superficiale Tom Cruise. "L’uomo della pioggia" alla fine trionfa grazie alle sue doti mnemoniche e alla profonda semplicità d’animo. La realtà dell’autismo, però, è molto più amara per chi si trova a fare i conti con un figlio affetto da questa patologia che implica svariate problematiche, sia metaboliche che incapacità a relazionarsi con il mondo circostante: pesa, soprattutto, doversi confrontare con i pregiudizi dettati dall’ignoranza e dalla superficialità di coloro che confondono l’autismo con una malattia mentale, ignorando che è ben altra cosa. Dal punto di vista scientifico, l’autismo è una «sindrome encefalica acquisita della mielina da mercurialismo insorta per insulto virale tossinico, con colite e autoanticorpi» [Montinari 2002]. Questa definizione tiene conto anche dei recenti studi che dimostrano che l’autismo comporta, oltre ai disturbi comportamentali, anche alterazioni biochimiche, dismetabolismi, infezioni virali, intossicazioni da metalli pesanti che determinano il dissesto di vari sistemi: immunitario, gastroenterico, endocrino, ormonale, neurologico ecc. La presenza di auto-anticorpi dimostra che l’autismo è anche una malattia "immunologica". Ciò spiega perché un paziente autistico, al pari di altri pazienti affetti da malattie autoimmuni (diabete, tiroiditi autoimmuni, artrite reumatoide ecc.), presenta permeabilità intestinale, fulcro delle problematiche autoimmunitarie.
La permeabilità intestinale è responsabile di svariate attivazioni patologiche di tipo neurologiche.

L’intestino permeabile
Quando il sistema immunitario reagisce in modo inappropriato agli insulti antigenici non-self, il tratto gastroenterico diviene il primo bersaglio; l’intestino risulta danneggiato e diventa permeabile: esso perde le normali condizioni biochimiche che permettono di assimilare selettivamente gli alimenti e di eliminare ciò che non serve all’organismo. Per digerire adeguatamente i cibi, assorbirne i nutrienti, e, successivamente, espellere correttamente dal nostro organismo i materiali di scarto è necessario che tutte le funzioni biochimiche, implicate nella digestione, nell’assimilazione e nell’escrezione, avvengano in modo corretto. Tali funzioni si alterano quando il sistema immunitario, che risiede per circa il 70% proprio nel tratto gastroenterico, è impegnato a lottare per "un’alterata attività immune".
Nei bambini affetti da autismo, spesso, questo processo "di lotta" è presente e si complica. «Nell’autismo si osservano, frequentemente, disordini gastrointestinali correlati essenzialmente al malassorbimento, al quale si associa, nel 70% dei casi, una patologia da reflusso gastro-esofageo. Nella nostra esperienza il reflusso gastro-esofageo era correlato soprattutto a gastropatie da intolleranze alimentari (latte vaccino e glutine). […] Appare evidente che ogni alterazione della complessa struttura anatomo-funzionale dell’apparato digerente e dell’intestino tenue in particolare, possa modificare il ruolo fondamentale nell’equilibrio del sistema immunitario» [Montinari, 2002]. In questi bambini, infatti, le macromolecole alimentari, mal digerite, attraversano la barriera intestinale e si versano nel circolo ematico, determinando un’ulteriore stimolazione immunitaria che acuisce la reazione autoimmune e provoca un’intossicazione che contribuisce a un peggioramento sistemico della malattia. Dal punto di vista clinico, in un intestino permeabile si riscontrano sia infiammazione delle mucose, con conseguente malassorbimento, sia importanti deficit e anomalie, quali: deficit enzimatici, dismetabolismi, stipsi, diarrea e anomalie a carico di vari sistemi biologici che determinano un aggravamento della risposta neurologica.

Autismo e alimentazione: quale relazione?
Nuovi studi, fra cui quello di Reichelt (1981), evidenziano, nelle urine dei bambini affetti da autismo, la presenza di alti livelli di peptidi oppioidi di casomorfina e glutomorfina. Ciò dimostra che i bambini autistici assimilano male il glutine e la caseina. La prolungata assunzione di tali alimenti appesantisce l’organismo di tossine e peggiora le condizioni neurologiche, gastrointestinali e immunitarie del bambino autistico. Per questo motivo, spesso, viene loro indicata una dieta priva di tali alimenti. Un periodo di astensione da glutine e caseina, che varia a seconda dei casi, permette di abbassare sensibilmente i livelli dei peptidi oppioidi. I risultati dimostrano l’attenuarsi della permeabilità intestinale e il miglioramento delle condizioni generali dei bambini. La letteratura, a riguardo, è molto chiara, come afferma Montinari (2002): «L’azione di glutine e caseina assume un ruolo importantissimo nella genesi di numerose patologie del sistema nervoso centrale, quali l’autismo, il ritardo neuromotorio e la schizofrenia. […] Già nel 1981, Reichelt osservava l’incremento, nei soggetti autistici e schizofrenici, di peptidi nelle urine; nel 1986 dallo stesso fu osservata l’iperpeptiduria, come incremento della casomorfina bovina. […] Tali osservazioni hanno permesso di stabilire il ruolo svolto dal glutine e dalla caseina, sotto forma di glutomorfina e casomorfina, sul sistema nervoso centrale con l’inibizione della normale maturazione neuronale».
A questi studi si accompagnano anche i relativi esami diagnostici e i test tossicologici che hanno evidenziato la correlazione – assolta da "messaggeri" speciali quali i neurotrasmettitori – tra intestino e cervello (quest’ultimo definito anche "cervello addominale" o "secondo cervello"), che hanno permesso di comprendere il danno che tali alimenti costituiscono per molti bambini autistici.
Il lato positivo della dieta naturale senza glutine e caseina è espresso dal notevole miglioramento ottenuto dai bambini che seguono tale regime alimentare: maggiore attenzione, miglioramento delle capacità interattive, regressione dell’iperattività, delle stereotipie, dei comportamenti violenti, maggiore resistenza alle infezioni e miglioramento della qualità del sonno.

Un nuovo modo di mangiare
Adottare un nuovo tipo di alimentazione non è mai semplice, tanto meno lo è seguire una dieta naturale, macrobiotica, kousminiana senza glutine e senza caseina. Essa prevede l’eliminazione, oltre che del glutine e della caseina, anche di altri alimenti che troviamo quotidianamente sulla nostra tavola.
Per poter evidenziare la "mappa completa delle intolleranze alimentari" è auspicabile praticare i test citotossici alimentari. Altro aiuto importante, per ottenere un positivo orientamento dietetico, è associare le scelte alimentari tenendo conto delle indicazioni relative ai principi espressi in "alimenti e gruppi sanguigni" (1997 - Dr. Peter D'Adamo)

Lista dei cibi da evitare e limitare:

•latte animale di ogni tipo e loro derivati;
•alimenti senza glutine non biologici;
•latte, farine e pasta di soia;
•alimenti senza glutine composti da fecole, additivi, amidi, carragenine;
•latte vegetale non biologico;
•carne suina e insaccati;
•alimenti geneticamente modificati (soia; mais; ecc.);
•zucchero bianco e zuccheri light;
•alimenti che contengono additivi, pesticidi, coloranti, glutammato;
•alcuni tipi di frutta con alto tasso fenolico (uva nera - castagne);
•crostacei, frutti di mare e pesce di taglia grande;
•esaltatori di sapidità;
•ammoniaca per dolci, pasticceria industriale senza glutine;
•farine senza glutine superraffinate;
•farine di cereali senza glutine macinate da oltre 15 giorni ;
•oli e margarine idrogenate;
•limitare la frutta secca (noci messicane, pistacchi, arachidi);
•limitare o eliminare i funghi;
•limitare il consumo di uova;
•eliminazione o limitazione dei lieviti;
•da evitare le solanacee (pomodoro, patata, melanzana, peperone);
•da evitare le spezie e gli alcolici;
•da evitare le acque gasate e le bevande gasate e dolcificate;
•da evitare i succhi di frutta confezionati.

Vengono invece preferiti:

•alimenti senza glutine "puliti", del tipo biologico come il riso integrale, il miglio, la quinoa, l’amaranto, il mais (quest’ultimo non è adatto a tutti), il grano saraceno (solo in particolari occasioni), rigorosamente biologici e non OGM;
•cereali integrali senza glutine stracotti e passati al setaccio;
•paste di riso di tipo biologico;
•pesce di taglia piccola "a carne bianca" pescato in mare;
•carni bianche scelte, biologiche, quando possibile;
•in alcuni casi sono consigliati i legumi quali lenticchie rosa decorticate, azuki hokkaido e ceci, stracotti e passati a setaccio per eliminare la buccia;
•verdura a foglia verde: borraggine, bietola, lattuga, scarola e verza;
•ortaggi: zucca, cavolfiore, carote, sedano rapa, cavolo rapa, radice di bardana, broccoli, cavolo bianco, porro, scalogno, finocchi, radicchio; •consigliati i germogli di alfa-alfa, di lenticchie o di ceci: costituiscono un grande apporto vitaminico, proteico e di Sali minerali;
•frutta consigliata: pere, mele biologiche, meglio se cotta e proposta lontano dai pasti;
•centrifughe di carote, di finocchi, miste a mela o pera possono rappresentare un salubre snack; •i metodi di cottura utilizzati sono estratti dai principi della cucina macrobiotica. Sono da preferirsi la cottura a vapore, bollitura, stufati e cottura alla piastra;
•si utilizzano solo farine "appena macinate" per preparare prodotti da forno, così come è raccomandato dal metodo kousmine.

Per le indisposizioni intestinali ci si può avvalere di:

•"Kuzu", amido ricavato dalla radice di una pianta selvatica (pueraria lobata; pueraria irsuta), viene usato come bevanda.
•Umeboshi, condimento a base di prugne salate – è alcalinizzante ed enzimatico.
•Latte di riso preparato in casa (riso integrale biologico 1 tazza – acqua 12, 14 tazze – sale 1 cucchiaino raso – cottura lenta per 2 ore circa – poi passare a setaccio e filtrare in panno di lino) che rappresenta una buona opportunità per donare pace all’intestino.
•Per combattere i parassiti intestinali è indicato il "mochi all’artemisia". Si ottiene pestando il riso cotto della varietà "dolce", ad esso si aggiunge l’artemisia. Si trova già pronto nei negozi di alimentazione naturale.
•Come supporto e integratore del calcio si può ricorrere al delizioso burro tahin e ai semi di sesamo aggiunti ai pasti dopo averli lavati, tostati e polverizzati (esagerare con i semi può creare infiammazione intestinale).
•Le pietanze vengono arricchite con olio di lino o di oliva biologici e spremuti a freddo, per cucinare è da preferire l’olio di sesamo spremuto a freddo. •Gli zuccheri permessi, in modiche quantità, sono il malto di riso 100% senza glutine, il succo di agave o lo zucchero grezzo integrale di canna "Panela". La lista degli alimenti da evitare può sembrare che complichi il quotidiano: fra casa e lavoro il tempo è sempre poco e dover seguire una ferrea dieta diventa brigoso e impegnativo. Nonostante questo aumentano i genitori di bambini autistici che comprendono i vantaggi della dieta naturale SG. e SC. Essi guardano i numerosi risultati raggiunti e continuano a seguirla senza indugio. Avvalendosi dell’esperienza di medici che operano attraverso il protocollo biomedico, i genitori curano la sindrome autistica dei loro figli associando all’alimentazione naturale l’uso di integratori, vitamine, depuranti, probiotici e medicine omeopatizzate. L’uso degli psicofarmaci è stato da loro bandito. Unita a un’adeguata terapia logopedico – comportamentale, ideata dal dottor Massimo Borghese, i bambini autistici hanno cominciato a cambiare il proprio atteggiamento, acquisendo nuove autonomie, numerose abilità e maggiore consapevolezza di sé e dei propri problemi. I genitori testimoniano un miglioramento visibile nei loro figli: essi diventano più presenti e meno sofferenti.

La testimonianza dei genitori
«Da lungo tempo pratichiamo una dieta naturale del tipo macrobiotico kousminiano, dalla quale sono stati esclusi anche latte di soia, mais, lieviti, conservanti, coloranti e persino zuccheri.
Dopo anni di inutili e dannose terapie farmacologiche, questa dieta ha cambiato M., restituendoci una bambina molto meno sofferente, più presente e controllata nel comportamento».
«Siamo genitori di un bambino autistico di 6 anni. Attraverso i principi macrobiotici e kousmiani e, grazie a Teresa Tranfaglia, abbiamo iniziato un nuovo cammino alimentare che ci sta rendendo un bambino molto più tranquillo, tanto che le stesse terapiste del dottor Borghese riferiscono di riuscire a lavorare meglio e ottengono da nostro figlio maggiori risultati».
«Necessitano 4 - 5 ore a settimana per la preparazione del latte di riso, della crema di riso e per la cottura di altri cereali. Prepariamo il latte di riso per 2 giorni o, al massimo, per 3 giorni. Lo conserviamo in recipienti di vetro in frigorifero, lo stesso facciamo per la crema di riso. E’ un tempo che dedichiamo con amore a nostro figlio e a noi stessi, perché tale procedura culinaria ci ha fatto vedere seri cambiamenti. Per nessun motivo torneremmo alla dieta precedente, quella senza glutine e caseina del tipo farmaceutico e con latte di riso biologico confezionato! Oggi siamo molto più sereni e fiduciosi: abbiamo ricominciato a sperare e siamo decisi a continuare a lottare seguendo la strada del protocollo biomedico, dell’intervento foniatrico integrato e della stupefacente dieta biologica, macrobiotica, kousminiana descritta da Teresa Tranfaglia!».
«…Finalmente un giorno in un negozio di alimentazione naturale vedo un bel librone rosso di ricette senza glutine, latte, zucchero e lievito. Quel giorno è stato l’inizio di una nuova era!
Infatti il libro (Celiachia, intolleranze, allergie alimentari) non era un semplice ricettario ma un autentico capolavoro. Mai mi sarei aspettata che si parlasse così tanto di autismo ed invece la cosa era ovvia dato che il problema è proprio nell’intestino. Grazie ai suggerimenti di Teresa Tranfaglia, finalmente L. ha ripreso la funzionalità intestinale e se potesse parlare chissà quanti grazie le direbbe. Grazie per averlo liberato dall’incubo del clistere. Grazie per avergli riportato il sorriso».
Prof. Massimo Borghese

"Intervento Foniatrico Integrato"
L’intervento abilitativo-riabilitativo nell’autismo viene a porsi rispetto ai provvedimenti di tipo alimentare, come uno "scrivere su una lavagna che è stata ripulita". Già, perché un bambino che per una serie di motivi come quelli sopra descritti, è rimasto fermo per anni sul piano dello sviluppo percettivo, integrativo, relazionale, comunicativo, linguistico, non ritrova le abilità non sviluppate, solo perché è stato ripulito delle tossine che lo hanno fermato nel suo sviluppo. Occorre quindi avviare a riavviare una serie complessa di abilità che non verrebbero raggiunte spontaneamente, come dimostrano tutti i casi (il 100% del totale) in cui, anche indipendentemente dall’aver adottato altri provvedimenti, nessun soggetto autistico ha mai recuperato senza intervento riabilitativo, le capacità relazionali e comunicative che gli mancavano con l’autismo. Attualmente le proposte terapeutiche in campo abilitativo per questo tipo di patologia (a lungo trascurata quando i casi non erano tanti come sono al giorno d’oggi) sono numerosissime; e questo fenomeno provoca non poca confusione e difficoltà nelle famiglie che devono scegliere quale strada seguire per il recupero del proprio bambino, anche perché il fattore tempo (contrariamente a quanto sostengono ancora molti sanitari) è determinante. Considerato che il problema principale (non unico ma più importante e invalidante) del soggetto autistico è il linguaggio assente o fortemente inadeguato, occorre che una presa in carico clinica, diagnostica e riabilitativa, sia gestita da una figura medica specialista in comunicazione e linguaggio, e che la realizzazione dei protocolli rimediativi avvenga in una sia pure ampia ottica riabilitativa che privilegi però il linguaggio verbale come obiettivo preminente. La foniatria è la disciplina medica che si occupa di fisiopatologia della comunicazione, compresa quella verbale. La logopedia, invece, è la branca che ne cura gli aspetti riabilitativi. Trovo assurdo che in Italia, in molti casi, dobbiamo ancora spiegare perché è logico e naturale che foniatra e logopedista si debbano occupare di autismo, in quanto comunicopatia. Del resto, nelle competenze delle figure professionali di foniatra e logopedista rientrano la linguistica, la fonetica articolatoria, la deglutologia, l’intervento sulle abilità percettive, integrative, cognitive, comportamentali. Fanno tutte parte integrante dei programmi di studi e formazione di foniatra e logopedista. L’altro assurdo è doverlo ancora spiegare a chi crede o vuol far credere, che foniatria e logopedia si occupino solo di voce e articolazione del linguaggio. Da più di venti anni realizziamo in Italia (e da poco anche all’estero) un protocollo riabilitativo che prevede il concorso di diverse figure di operatori, tutti orientati verso un recupero della verbalità del soggetto autistico, sia pure -e ovviamente- nell’ambito di un intervento ormai unanimemente definito “a 360 gradi”. Attualmente operiamo attraverso il cosiddetto “Intervento Foniatrico Integrato”. Intervento, perché non è soltanto un momento diagnostico o un metodo terapeutico, ma si tratta di un insieme di attività di:
•diagnosi
•terapia, anzi, terapie
•gestione delle verifiche longitudinali
Foniatrico, perché la diagnosi è un momento medico; viene effettuata dal foniatra, laureato in medicina e specializzato in fisiopatologia della comunicazione, che inquadra il soggetto comunicopatico da un punto di vista clinico, al fine di definire le possibili cause della sua patologia, e soprattutto il cosiddetto profilo comunicativo, cioè l’insieme delle abilità percettive, cognitive-integrative-decisionali, motorie-prassiche-espressive, emotivo-relazionali-comportamentali.
E’ ancora appannaggio del foniatra, la valutazione nel tempo dell’andamento del percorso terapeutico, attraverso successive verifiche dei diversi livelli di prestazionalità del soggetto in trattamento. E poi, foniatrico, perché l’autistico risulta danneggiato essenzialmente nelle capacità comunicative, e la disciplina che si occupa dei disturbi comunicativi (e in particolare verbali) è, appunto, la foniatria. Integrato, perchè sia a livello valutativo che in ambito terapeutico, interagiscono diverse figure professionali con quelle basilari del foniatra e del logopedista. Operano, infatti, l’educatore, lo psicologo, il neuropsicomotricista, il musicoterapista, l’insegnante di base e l’insegnante di sostegno; tutti sintonizzati in un lavoro rivolto verso una serie di obiettivi, il principale -ma non unico- dei quali, è il raggiungimento del linguaggio verbale. Integrato, nel contempo, con interventi di tipo dietetico e biomedico, finalizzati al ripristino o al miglioramento di un equilibrio metabolico del paziente in terapia abilitativa.
La migliore presentazione e certificazione di validità di questo tipo di intervento si può leggere nei risultati ottenuti nel recupero dei soggetti con autismo, ormai numerosissimi in tutto il territorio nazionale, identificabili in soggetti che hanno estinto la totalità o una parte della sintomatologia autistica, con variazioni di significatività dei traguardi raggiunti, proporzionale alla tempestività, alla qualità e all’intensività di trattamento.
Prof. Massimo Borghese

Massimo Borghese
Laureato in Medicina e Chirurgia, è specialista in otorinolaringoiatria e foniatria. Svolge la propria attività nell'ambito della fisiopatologia della comunicazione, lavorando sulla diagnosi e la terapia delle patologie di interesse foniatrico-logopedico tra le quali anche la sindrome autistica.
http://www.massimoborghese.it/



Teresa Tranfaglia
Vive con la famiglia a Salerno dove ha conseguito la Laurea in Pedagogia e un secondo titolo accademico in Vigilanza Scolastica. È presente quale esperta ed offre il suo aiuto nel portale http://www.blogger.com/www.autismoparliamone.org.
La malattia che colpisce, piccolissima, la sua seconda figlia, determina in lei un decisivo cambiamento esistenziale. Inizia così un percorso di ricerca per trovare la soluzione ai problemi di salute della figlia che la fa approdare nell’89, dopo l’incontro con il maestro giapponese Naburu Muramoto, all’ambito macrobiotico (e più tardi a quello omeopatico e omotossicologico).
Da allora, seguendo questa strada, la figlia migliora rapidamente, per cui l’autrice decide di approfondire le sue conoscenze nel settore della cucina naturale e macrobiotica.

Chiara Ritonnaro
Nata a Salerno nel 1983 è laureata a pieni voti in Medicina e Chirurgia alla Seconda Università di Napoli. Apprezza l’ambito biologico, kusminiano e macrobiotico. Aderisce alla dieta naturale, biologica e integrale senza glutine e caseina.

sabato 16 gennaio 2010

CIBO NELLA SPAZZATURA PRODOTTO CON IL 10% DEI GAS SERRA

Il 10 % delle emissioni di gas serra dei Paesi sviluppati deriva dalla produzione di cibo che viene giornalmente gettato" . Lo ha detto il professor Andrea Segrè, preside della Facolta' di Agraria dell'Universita' di Bologna e ideatore di Last Minute Market, intervenendo oggi a Copenaghen al Klimaforum. "Se il modello Last Minute Market venisse implementato sull'intero territorio italiano secondo i nostri studi sull'impatto ambientale, da tutto il settore distributivo dall'ingrosso al dettaglio, si potrebbero recuperare all'anno ben 244.252 tonnellate di cibo per un valore complessivo di 928.157.600 euro. Sarebbe inoltre possibile fornire tre pasti al giorno a 636.600 persone e risparmiare 291.393 tonnellate di CO2 che sono invece attualmente prodotte a causa dello smaltimento del cibo come rifiuto. Per neutralizzare tutta questa Co2 sarebbero necessari 586.205.532 m2 di area boschiva equivalenti a 58.620 Ha o a 117.200 campi da calcio." Affermazioni pesanti ma perfettamente in linea con i dati raccolti in questo ultimo periodo sull'impatto ambientale dell'industria alimentare e sugli sprechi di cibo dei cosiddetti Paesi industrializzati. La relazione del prof. Segrè ("Change waste for climate. The Last Minute Market experience") è servita per raccontare l'esperienza del Last Minute Market, alla "società civile" raccolta nel forum alternative al summit dell'Onu. Una platea di esperti, ricercatori e rappresentanti delle ong che cerca di fare il capire e mettere a punto strategie "dal basso". La tematica dello spreco, soprattutto in campo agroalimentare può essere affrontata con gli strumenti classici del recupero, una via sostenibile non solo da un punto di vista economico e sociale ma anche e soprattutto ambientale. "I Paesi Europei, ha concluso Segre', hanno cibo a disposizione in quantita' 3 volte maggiore di quello di cui avrebbero bisogno, eppure in Europa - e non in Africa - ancora 43 milioni di persone sono a rischio di sicurezza alimentare. Con il cibo gettato a livello mondiale non solo si potrebbero nutrire 3 miliardi di persone, ma recuperandolo, e dunque prevenendo la formazione dei rifiuti, si potrebbe dare un grande contributo alla lotta contro il riscaldamento globale". " E' da qui che i Grandi del mondo devono partire", ha concluso Segrè.

venerdì 15 gennaio 2010

CRITICHI IL GOVERNO? TI TOGLIAMO LA PENSIONE!

Gli anziani che criticano il governo delle Fiji avranno la pensione revocata. Lo ha annunciato la scorsa settimana il primo ministro Frank Bainimarama a Radio Fiji, spiegando che il nuovo decreto -effettivo da lunedì- è stato introdotto per fermare le critiche e promuovere stabilità nel paese. Il reverendo Akuila Yabaki, a capo del Citizens Constitutional Forum, un movimento per le libertà civili, ha dichiarato a Radio New Zeland International: chiediamo al governo di rispettare i diritti umani e di non mettere in atto leggi discriminatorie. Questo decreto impedisce al paese di progredire. Il segretario per l'Informazione, colonnello Neumi Lewemi, ha dichiarato oggi alla emittente radiofonica neozelandese: Nessuno finora è stato privato della pensione. Se succederà, gli interessati saranno informati e potranno fare ricorso. Non abbiamo una lista di persone, si tratta di una misura generica. Bainimarama è salito al potere nel 2006 con un colpo di stato, sostenendo che sarebbe rimasto al governo finché la situazione fosse divenuta più stabile. Da allora però non si é più parlato di elezioni. In questo ultimo mese tre magistrati sono stati licenziati senza un motivo. Aiyaz Sayed-Khaiyum, ministro della Giustizia, ha detto a Radio New Zealand che i contratti sono stati revocati da Bainimarama senza una precisa ragione.