mercoledì 30 giugno 2010

ACQUAVIVA PER GLI HUNZA

Il paese degli Hunza e' una valle ad alta quota nel nord del Pakistan. La valle si trova 2700 metri di altitudine ed è circondata da alcune tra le più alte montagne del mondo nonché di ghiacciai vecchi di milioni d’anni. Il Dr Coanda aveva precedentemente visitato cinque regioni simili al paese degli Hunza. In queste cinque regioni le popolazioni locali bevevano l’acqua dei ghiacciai e seguivano delle diete alimentari diverse. La maggior parte attribuiva il loro stato di salute alla sola alimentazione, ma il Dr Coanda disse : -“Ho scoperto che la loro salute è dovuta all’acqua che bevono”. Quest’acqua ha delle proprietà anomale che non trovano alcun riscontro in altre parti del mondo. Poi disse –« Patrick, certe persone credono che siamo quello che mangiamo, ma invece siamo quello che beviamo”. Disse che l’acqua del paese degli Hunza presenta quelle che vengono chiamate delle proprietà anomale. A scuola ci vengono generalmente insegnate le proprietà specifiche dell’acqua. Vale a dire che questa congela a 0°C e che bolle a 100°C quando si trova al livello del mare, che possiede una viscosità specifica ed una tensione superficiale ed un indice di rifrazione ed altre proprietà ancora, ma non ci infoemano sulle importanti proprieta' salutari dell'acqua. E' l’acqua viva, che dona salute e vitalità al longevo popolo dei Hunza nel Himalaya e ad altre popolazioni note per la loro longevità, venne scoperta dal dott. Hemy Coanda, padre dell' idrodinamica” e di più di 600 brevetti. Per più di 60 anni egli tentò di crearla artificialmente, ma malgrado le sue eccezionali capacità, non vi riuscì. All’età di 78 anni , passò il compito ad uno scienziato geniale, il diciottenne Patrick Flanagan . A soli 17 anni fu nominato dalla rivista Life come uno degli scienziati più promettenti d’America grazie alle sue scoperte (oggi ne ha a suo carico più di 200) che lo resero famoso già a soli 11 anni. Il dott. Coanda pensò che se ci fosse stato qualcuno in grado di affrontare un compito così impegnativo, questi non avrebbe potuto essere altri che uno scienziato cosi promettente come il giovane Flanagan. Fu così che egli lo scelse come suo erede di ricerca. Nei vent’anni che seguirono, il dott. Flanagan cercò inutilmente di assolvere al compito ricevuto. Vi riuscì finalmente un anno dopo (1984) assieme alla sua nuova collaboratrice e moglie, la dott. Gael Flanagan. Furono però necessari ancora 10 anni di sforzi comuni per creare un prodotto come la Microidrina, un’acqua dalle eccezionali capacità curative. I lunghi anni di sforzi avevano finalmente dato i loro frutti. Questa sembra la storia di un successo, ma che continua per decenni con ricerche infruttuose, che non portano certamente finanziamenti, ne gratifiche, ne prestigio scientifico e ancor meno un avanzamento sociale, deve avere una fede eccezionale... Perciò la strada della creazione dell’acqua viva è in primo luogo la storia dell’entusiasmo e della dedizione di due grandi uomini: il dott. Hemy Coanda e il dott. Patrick Flanagan
ACQUA IONIZZATA
La cura dell'acqua ionizzata (basica od acida) ormai e' utilizzata anche in certi ospedali nel mondo con risultati eclatanti, sconosciuti ai medici allopati che non conoscono la Medicina Naturale. Essa puo' essere utilizzata a seconda dei casi, sia per via orale, da bere, sia per l'esterno del corpo per le malattie della pelle (anche per ferite da trauma o da operazioni chirurgiche).
Nel sito qui riportato si possono vedere dei video che illustrano le varie applicazioni dell'acqua ionizzata.
vedi: http://glowing-health.com/alkaline-water/videos-aw.html
Vedere qualche applicazione di quest'acqua: ACIDA e/o BASICA + CISTE (eliminata con l'acqua basica)

martedì 29 giugno 2010

VITTORIO FOREVER

Sono passati 10 anni dalla morte di Vittorio Gassman, il 29 giugno 2000, "ma a me sembrano molti di meno", racconta in esclusiva all'ANSA Alessandro Gassman. Terzogenito, dopo Paola e Vittoria e prima di Jacopo che ora fa il regista, con il passare del tempo sente di "assomigliargli sempre di più, in tante cose del lavoro e del privato. Mi fa piacere anche quando mi dicono che sembro lui fisicamente". - L'Italia, 10 anni dopo, ha la memoria corta su Vittorio Gassman? "In genere questo paese ce l'ha su questi anniversari ma mio padre in tanti se lo ricordano, e questo è toccante e come figlio mi inorgoglisce, mi dà la sensazione di quanto lui, come altri della sua generazione, abbiano costruito con il cinema e il teatro il tessuto culturale italiano del dopoguerra, quello stesso oggi così degradato. Mi arrivano lettere dall'estero, intitolano a lui strade, teatri, premi. La Mostra di Venezia, il 1 settembre che era anche il giorno del suo compleanno, aprirà con evViva Gassman, un documentario cui si sta dedicando Giancarlo Scarchilli, e di cui io sono una sorta di cicerone: si andrà alla scoperta di mio padre e ci saranno 40 persone da Jean Louis Trintignant a Mario Monicelli, da Paolo Virzì a Carlo Verdone a ricordarlo. Sempre a Venezia a Campo san Polo proietteranno Profumo di donna restaurato e al Festival di Roma ci sarà una gigantografia per lui". - Come Sordi o altri grandi personaggi è stato vittima di luoghi comuni, la sua classicità ad esempio era così vera? "Falso, a teatro fu un grande innovatore. Con il teatro popolare puntò al decentramento nelle periferie e fece il primo teatro tenda in Italia, rimettendoci di suo pure un sacco di soldi". - Cosa avrebbe pensato di tutti questi omaggi? "Un po' mi fanno sorridere: specie negli ultimi tempi scherzando mi diceva, non ricordatevi di me in maniera funebre, ma evViva Gassman farà commuovere ma anche molto ridere". - Ad Alessandro Gassman, che aveva 35 anni alla morte del padre, capita di pensarci? "Spesso. Sono uguale a lui sul lavoro, uno stakanovista. Vittorio oltre che padre è stato anche il mio maestro, mi viene naturale rivolgermi a lui, pensare a come si sarebbe comportato". - Avrebbe manifestato contro i tagli alla cultura nella manovra finanziaria? "Non era nelle sue corde, ma certo si sarebbe indignato e come sempre, anzi a maggior ragione oggi che avrebbe avuto 88 anni, avrebbe detto quello che pensava senza peli sulla lingua, esattamente come fa Mario Monicelli. Anzi a pensarci sono contento che non debba assistere oltre che ai tagli alla situazione di degrado culturale, alla distruzione della lingua italiana, alla confusione di un mestiere in cui basta un reality tv per farti andare avanti. Oggi si sarebbe rintanato in teatro, non come rifugio, ma come passione fortissima e come libertà totale come ha sempre fatto. Oggi sono convinto che potendo, quello sarebbe stato il mio posto e mi fa piacere avere ereditato da lui questa grande passione per il teatro - dice Alessandro che è anche direttore del teatro stabile del Veneto - oltre ad un grande senso della disciplina e un enorme rispetto per il lavoro". - Il figlio di Vittorio Gassman che padre è a sua volta? "Maturo. Leo ha oggi 11 anni e mi rendo conto che anche qui l'impronta di mio padre si fa sentire. Io sono cresciuto nell'amore sì ma anche nel rigore, dico spesso più addestrato che allevato. Ho avuto un padre ferreo, classico, all'antica e in fondo mi sento un po' così anche io e penso pure che questo paese avrebbe necessità di più padri così perché di maleducazione in giro ce ne è troppa e a me indigna".

lunedì 28 giugno 2010

NUOVE SPERANZE PER LA CURA DELLA SCLEROSI MULTIPLA

Saranno le cellule staminali del midollo, le cosiddette mesenchimali, ad essere protagoniste di una nuova terapia sperimentale per la cura della sclerosi multipla e sarà proprio l’Italia il paese da cui partirà la sperimentazione, unica nel suo genere, con il coinvolgimento di circa 150 pazienti da oltre venti nazioni diverse. Se ne è parlato nell’ambito della II giornata mondiale della Sclerosi Multipla, tenutasi il 26 maggio in oltre 50 città di tutto il mondo, in occasione della quale si sono organizzati centinaia di eventi legati al tema. Per l’Italia, le manifestazioni e gli incontri si sono svolti a Roma e sono stati promossi dal FISM, Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, e dall’AISM, Associazione Italiana Sclerosi Multipla. Saranno circa 20-30 i pazienti italiani che parteciperanno alla sperimentazione. Requisito fondamentale: la malattia dovrà essere ancora attiva, ma non in stato avanzato, e la mancanza di risultati con le cure tradizionali. A condurre la sperimentazione, per l’Europa, sarà il professor Antonio Uccelli del dipartimento di Neurologia dell’Università di Genova, specialista in Neurologia, già ricercatore nel campo della sclerosi multipla e docente di Neuropatologia e Neuroimmunologia presso l’Università degli Studi di Genova. Nel 2001 è stato insignito del prestigioso premio “Rita Levi Montalcini” proprio per le sue ricerche sulla sclerosi multipla. Mark Friedman, dell’Università di Ottawa, invece, sarà il referente per il continente nord-americano. Secondo quanto presentato dai ricercatori le cellule staminali del midollo potrebbero essere in grado di rilasciare sostanze che proteggerebbero le cellule nervose migliorandone la capacità di sopravvivenza. La sclerosi multipla è una malattia che interrompe o che rende più difficile il transito del segnale nervoso lungo i nervi. Generalmente, ad essere compromessa definitivamente è la mielina, la guaina che ricopre le fibre nervose, la principale responsabile della trasmissione degli impulsi elettrici, e quindi, spiegato in modo molto semplice, degli impulsi nervosi. Ancora sconosciute sono le origini del suo insorgere. La sperimentazione dovrà ora passare al vaglio dal Ministero della Salute per l’approvazione. Se tutto andrà bene, i primi test potrebbero essere effettuati entro la fine dell’anno in corso.

domenica 27 giugno 2010

GAMBERO ROSSO A VENEZIA

Il gambero rosso della Louisiana, ritenuto estremamente distruttivo, è stato avvistato nella fontana di Via Garibaldi, a Venezia. Il timore è che il gambero si riproduca in fretta infestando le acque della laguna. A sottolineare il pericolo di un'infestazione di questa specie è il capogruppo Pdl alla Municipalità di Venezia Pietro Bortoluzzi. La fontana viene spesso «utilizzata in modo irresponsabile da alcuni cittadini privi di sensibilità per liberare animali acquatici od anfibi di qualsiasi tipo - precisa Bortoluzzi - risulta ora essere stato recentemente introdotto, non si sa se volontariamente o meno, il temuto gambero rosso, ad altissima potenzialità riproduttiva». Da qui «il concreto rischio di una sua facile diffusione nella zona di Castello e dei Giardini, vista la sua capacità di sopravvivere per molto tempo anche in luoghi lontani da specchi o corsi d'acqua, inclusi i giardini circostanti». Bortoluzzi sottolinea che un intervento tardivo renderebbe «molto più complesso e quindi costoso un successivo intervento per la sua eradicazione, da ritenersi pertanto indispensabile per garantire la biodiversità dell'ecosistema».

sabato 26 giugno 2010

MORIRE DI FREDDO

Sembra un paradosso, perché i pinguini ce li immaginiamo tra i freddi ghiacci dell’Antartico, ma è vero: cinquecento pulcini di pinguino africano sono morti in seguito all’ondata di freddo che ha colpito il Sudafrica la scorsa settimana. Ben la metà della colonia presente nella baia di Algoa, vicino a Pretoria: una vera e propria tragedia visto che il pinguino sudafricano, il Spheniscus demersus, è in via di estinzione. “I volatili marini deceduti avevano un’età compresa tra le poche settimane e i due mesi, solo poche piume addosso che non sono state sufficienti a proteggerli dal tempo freddo e umido che ha raggiunto l’isola di Bird”, ha detto la portavoce di San Parks Megan Taplin. Altri pinguini sono morti sull’isola di St Croix, vicino Port Elizabeth, dove vivevano in allevamento 300 coppie della specie. La sopravvivenza di queste colonie di pinguini è ora a rischio, dato che il numero della popolazione era già in diminuzione. La morte di un certo numero di piccoli in questa stagione è normale, ma si calcola che il freddo abbia ridotto i pulcini alla metà. Una “sfida” che si aggiunge al fatto che il pinguino sudafricano è stato appena inserito nella lista degli animali in via di estinzione: secondo l’ente dei parchi nazionali, gli esemplari sono già diminuiti in modo consistente e nella zona restano ormai solo 700 coppie in grado di riprodursi.

venerdì 25 giugno 2010

SEMPRE LUI IL COLPEVOLE

Rischio disastro ambientale nell’ Amazzonia peruviana, in un tratto del fiume Maranon: è la denuncia fatta dagli indigeni dell’area e dal governo di Lima, a causa dell’incidente di una nave con petrolio gestita da una società argentina. Dallo scorso sabato, quando è avvenuto l’incidente, dalla nave sono fuoriusciti nelle acque del Maranon circa 400 barili di greggio, secondo dati diffusi dal governo, che ha fatto sapere di aver chiesto un rapporto ufficiale alla società di Buenos Aires. Daniel Guerra, uno dei responsabili dell’impresa Pluspetrol, ha reso noto che la stessa società sta già estraendo il greggio dal luogo, operazione nella quale stanno lavorando un centinaia di persone. Secondo l’emittente ‘La voce della Selva’, della località di Iquitos, i villaggi colpiti dai danni ambientali provocati dal petrolio sono otto, mentre alcuni esperti non escludono serie conseguenze per gli abitanti della zona, che in gran parte consumano acqua proveniente proprio dal Maranon. Le autorità della regione stanno portando nell’area grandi quantità di acqua potabile, “proprio per evitare che la gente disperata utilizzi l’acqua del fiume”, ha sottolineato Robert Falcon, capo della protezione civile della regione di Loreto. Secondo dati di Lima, circa il 70% del territorio dell’ Amazzonia peruviana è stata data in concessione a diversi gruppi per l’esplorazione o lo sfruttamento del petrolio e del gas naturale.

giovedì 24 giugno 2010

ARSENICO E CHAMPAGNE

L’esposizione prolungata all’arsenico presente nell’acqua potabile, anche in quantità piccolissime, può provocare diverse forme di tumore e in generale aumenta il rischio di morte. E’ quanto risulta dal più vasto studio di questo tipo, condotto su oltre 11.700 persone in Bangladesh e pubblicato nell’edizione online della rivista The Lancet.Le possibili implicazioni per la salute pubblica, secondo i ricercatori, sono importanti, soprattutto considerando che il problema della contaminazione con arsenico delle acque potabili è presente in almeno 70 Paesi. Si stima che soltanto in Bangladesh a partire dagli anni ‘70 almeno 35 milioni di persone abbiano bevuto acqua contaminata con arsenico, in quello che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) considera “il più grande avvelenamento di massa nella storia di una popolazione”. Lo studio, coordinato da Habibul Ahsan dell’università di Chicago, si chiama Heals (Health Effects of Arsenic Longitudinal Study) e la popolazione del Bangladesh sulla quale è stato condotto era esposta a dosi pari a 10 microgrammi per litro. Questo, secondo la ricerca, è stato sufficiente a provocare il 21% delle morti per tutte le cause e il 24% di quelle attribuite alle malattie croniche. I tumori più frequenti associati al consumo di arsenico sono quelli che >colpiscono fegato, cistifellea e pelle. Tra le malattie, le più comuni sono quelle cardiovascolari.

mercoledì 23 giugno 2010

SALUTE E BENESSERE

BIMBI OBESI, IL PUNTO CRITICO E' A DUE ANNI
Chi vuole evitare ai figli una vita di battaglie con la bilancia deve allertarsi gia' quando sono piccolissimi: secondo un gruppo di ricercatori statunitensi, il 'punto critico' a partire dal quale un bimbo si avvia sulla strada dell'obesita' e' spesso ancora prima dei due anni. Uno studio, che ha preso in esame oltre 100 bambini e adolescenti obesi, ha rivelato che piu' della meta' erano sovrappeso gia' a 24 mesi; il 90 per cento a cinque anni; un quarto di loro, addirittura prima dei cinque mesi; e tutti erano sovrappeso o obesi all'eta' di 10. Lo studio, pubblicato in Clinical Pediatrics, sottolinea che, per quanto ancora non siano ben chiare le cause dell'obesita' in eta' infantile, fattori come la pessima alimentazione, l'introduzione precoce di cibi solidi e lo scarsa attivita' fisica sono fattori scatenanti. Non solo: i gusti alimentari si definiscono intorno ai due anni, per cui cambiare le abitudine in eta' piu' avanzata puo' risultare complicato. Secondo John Harrington, professore all'Eastern Virginia Medical School che ha guidato la ricerca, lo studio dovrebbe suonare "un campanello d'allarme per i medici". "Troppo spesso i medici attendono fino quando non sono nate complicazioni: convincere genitori e bambini a cambiare abitudini gia' radicate costituisce una sfida monumentale densa di ostacoli e delusioni. Lo studio dimostra che dobbiamo discutere dei comportamenti appropriati molto precocemente nella vita di un bambino per ottenere cambiamenti significativi nel trend attuale verso l'obesita'".


IL POTERE ANTITUMORE DEL RABARBARO
Il rabarbaro contiene sostanze chimiche che uccidono il cancro. Se viene cotto per 20 minuti, la sua concentrazione di anti-cangerogeni aumenta significativamente. Almeno questo e' quanto ha scoperto un gruppo di ricercatori britannici della Sheffield Hallam University in uno studio pubblicato sulla rivista Food Chemistry. Il rabarbaro sarebbe ricco di sostanze chimiche, chiamate 'polifenoli', capaci di uccidere o impedire la crescita delle cellule tumorali. Secondo i ricercatori, i polifenoli potrebbero essere usati per sviluppare nuovi farmaci anti-tumorali meno tossici e piu' efficaci. E' possibile pensare di estrarre queste potenti sostanze chimiche direttamente dal rabarbaro e utilizzarle soprattutto per quei tipi di tumore resistenti ad altri trattamenti. "La nostra ricerca", ha detto Nikki Jordan-Mah, che ha coordinato lo studio, "ha dimostrato che il rabarbaro britannico e' una potenziale fonte di sostanze chimiche che possono essere utilizzate per sviluppare nuovi farmaci anti-tumorali". Il rabarbaro, ha continuato l'esperto, "ha dimostrato di avere polifenoli molto interessanti che hanno proprieta' anti-tumorali. Se saremo in grado di estrarre i polifenoli -ha concluso- possiamo pensare di usarli per aiutare a combattere il cancro con la chemioterapia. I trattamenti attuali non sono efficaci in tutti i tumori e la resistenza e la tossicita' e' un problema comune'".

UN CATTIVO USO DEGLI ANTIBIOTICI CREA 'SUPER-GERMI'
Se non si finiscono correttamente le cure a base di antibiotici si creano dei 'super-germi' resistenti anche agli altri farmaci. Lo ha scoperto una ricerca dell'universita' di Boston, pubblicata dalla rivista 'Molecular cell', che per la prima volta ha mostrato il meccanismo biomolecolare che produce i batteri resistenti. In dosi letali, spiegano gli esperti, l'antibiotico sbriciola il Dna del battere e lo uccide. Se pero' si prende meno farmaco del necessario, la stessa reazione causa mutazioni genetiche che non solo non uccidono il microrganismo, ma lo rendono resistente anche a molte altre sostanze. "In effetti cio' che non li uccide li rende piu' forti", ha spiegato il coordinatore dello studio James Collins, "questa scoperta rende necessaria una maggiore regolazione dell'uso degli antibiotici, soprattutto in agricoltura, ma anche una maggiore disciplina nelle prescrizioni da parte dei medici. Infine i pazienti devono essere piu' disciplinati nel seguire le prescrizioni". Due anni fa Collins dimostro' che il meccanismo di azione dell'antibiotico implica la formazione di radicali liberi, molecole altamente reattive che danneggiano il Dna. Da questo studio, invece, e' emerso che se la quantita' di antibiotico e' scarsa i radicali liberi che si formano non sono sufficienti a uccidere la cellula, ma accelerano le mutazioni del Dna che la rendono resistente.

martedì 22 giugno 2010

STARGATE NEL TRIANGOLO DELLE BERMUDA


Gli scienziati ipotizzano che le difformità siano causate da microscopici “wormholes”: la base navale americana AUTEC potrebbe essere una sorta di Area 51 dei Caraibi. Ma in quelle acque si nasconderebbero anche le vestigia di Atlantide. Oceani di inchiostro sono stati versati sull'argomento Triangolo delle Bermuda, quella sorta di “pozzo di S.Patrizio paranormale” dove sono scomparse centinaia di navi e una ventina di aerei e dove hanno luogo deviazioni dei campi magnetici, improvvise formazioni di fitta nebbia, una quantità di avvistamenti UFO decisamente superiore alla media e molto altro ancora. Svariate ipotesi hanno accompagnato questi rapporti, tra di esse, la più controversa è la teoria secondo cui l'arcipelago delle Bahamas sia formato dalle cime dei monti del perduto continente di Atlantide, affondato in questi mari millenni orsono. Io sono uno storico, con alle spalle un dottorato in storia e sociologia all'Università di Colonia - quindi ben allenato ad evitare le congetture e ad attenermi ai fatti - e non mi aspettavo certo di contribuire un giorno a questa controversia. Ma il caso ha disposto diversamente. In qualità di istruttore sub professionista, nel 1995 venni mandato, dalla compagnia per la quale lavoravo, a Nassau, nelle Bahamas, per un periodo di sei mesi. Durante il mio lavoro, i proprietari delle imbarcazioni del luogo mi riferirono spesso che la lettura delle loro bussole aveva presentato delle improvvise deviazioni, portandoli completamente fuori rotta. La mia curiosità ebbe il sopravvento e decisi di rintracciare eventuali irregolarità dei campi magnetici nelle zone in cui erano state notate le deviazioni, cercando di registrare misurazioni dettagliate.
A caccia di prove
Basandomi sui resoconti che avevo udito, scelsi di immergermi in sette diverse località: Fish Hotel, Lyford Cay e White Hole, vicino a Nassau; Lost Blue Hole, a circa un'ora di navigazione da Nassau; Dogleg Reef, ad un'ora da Marathon, nelle Florida Keys; il cosiddetto “Atlantis Wall”, vicino Bimini; e Sunken Train, presso Eluthera. Due colleghi sommozzatori - lo statunitense Al Miller ed il giamaicano Joel Green - mi accompagnarono in queste spedizioni. Nell'arco di un paio di mesi ci immergemmo da una a sette volte a settimana, tuffandoci più volte in ogni località, solitamente scendendo ad una profondità di poche decine di metri. Ogni immersione durava in media 60 o 75 minuti. Trovammo prove evidenti di deviazioni magnetiche in quattro di quelle zone: Fish Hotel, Lyford Cay e White Hole nelle Bahamas e Dogleg Reef nel sud della Florida. Durante le nostre immersioni raccogliemmo elementi molto precisi sulle differenze riscontrate tra i valori normali e quelli effettivamente registrati dalle nostre bussole. Nei mesi seguenti trasmisi questi dati a diversi fisici in tutto il mondo. Tutti furono concordi nell'affermare che tali anomalie dei campi magnetici terrestri potevano essere causate da microscopici “wormholes” che apparivano e scomparivano in brevissimo tempo. Non riuscivano ad immaginare altre possibili spiegazioni. Il Prof. John Wheeler, dell'Università di Princeton, descrive i wormholes come dei “tunnel di transito” tra diverse dimensioni della realtà. Secondo Wheeler i wormholes misurerebbero solo una giga-frazione di un centimetro quadrato ovvero, in cifre, il numero 1 preceduto da 33 zeri, preceduti da una virgola decimale. Si suppone che questi mini-buchi neri, che appaiono e scompaiono continuamente dalla geometria dello spazio, siano delle minuscole particelle di “materia virtuale” ovvero che essi possano esistere solo per un limitato periodo di tempo. I cosiddetti mini-buchi bianchi, loro controparte, sarebbero invece composti di anti-materia virtuale. Nella base navale AUTEC, nelle Bahamas, secondo alcune fonti accreditate, verrebbero condotte ricerche segrete sugli UFO Ogni volta che questi due tipi di materia virtuale si formano, a qualunque livello, si auto-distruggono immediatamente. Il Prof. Wheeler, tuttavia, non sa spiegare il motivo del continuo apparire, scomparire e riapparire di tali mini-buchi.
Opinioni scientifiche
Riguardo le mie registrazioni di anomalie nei campi magnetici, ecco i pareri espressi da alcuni degli scienziati - in genere fisici quantistici - con i quali ho parlato. Secondo il fisico Dott. Werner Muller, di Karlruhe: “Basandomi sulle cifre che mi ha fornito e sul fatto che non sono state trovate fonti naturali sul fondo del mare, non restano altro che le teorie della fisica quantistica per spiegare questo fenomeno”. Per il Prof. Tsung-Min Gung, fisico di Tokyo: “Se le teorie sulle connessioni interdimensionali non sono totalmente errate e se esse possono venire sviluppate come mi aspetto, la stretta interdipendenza esistente tra la gravità ed il campo magnetico terrestre potrebbe essere uno dei modi per individuare queste aperture fra diverse dimensioni”. Dal canto suo, il fisico Dott. Grazyna Fosar, di Berlino, afferma: “Dal punto di vista della fisica, l'unica spiegazione ragionevole per queste misteriose deviazioni nei campi magnetici è l'esistenza di 'porte' verso l'iperspazio”. Sorprendenti risultati, che mi portarono a studiare, con sempre crescente interesse, gli altri fenomeni caratteristici del “Triangolo delle Bermuda”, associati alla zona delle Bahamas.L'isola di Andros, sede dei laboratori dell'AUTEC L'ipotesi che le deviazioni magnetiche siano causate dalla presenza di “stargates” era già stata avanzata qualche tempo fa (sebbene, per quanto ne so, sono stato il primo a raccogliere dati effettivi a riguardo) e alcuni ricercatori hanno associato proprio alla presenza di questi “stargates” l'incidenza estremamente alta di avvistamenti UFO registrata in quell'arcipelago.
Una base navale top-secret
Molti di tali avvistamenti avvennero presso l'Atlantic Undersea Test and Evaluation Center (Centro Subacqueo Atlantico di Test e Valutazione) o AUTEC, base navale americana nelle Bahamas. Pertanto, alcuni ricercatori credono che l'AUTEC potrebbe essere una sorta di “Area 51” sottomarina: un luogo dove il governo americano effettuerebbe delle ricerche segrete sugli UFO e che, di tanto in tanto, verrebbe persino visitato dagli alieni. Decisi di indagare fino in fondo queste incredibili congetture. L'AUTEC possiede delle risorse davvero uniche, incluso un poligono subacqueo per sperimentare e studiare armamenti acustici. Si trova sull'isola di Andros, 285 chilometri a sud est di West Palm Beach, Florida. Le installazioni ed i laboratori di Andros - per visitare i quali bisogna procurarsi uno speciale permesso - coprono meno di due chilometri quadrati di territorio ma, in realtà, l'AUTEC comprende ben 2.688 chilometri quadrati del circostante Mar dei Caraibi. Questa zona dell'oceano consiste in una baia dalle acque abissali e dai fondali scoscesi, lunga 160 chilometri e larga 32, profonda dai 700 fathom (misura di profondità: 1 fathom = 1,829 m.) dei bordi ai 1.100 fathom del suo lato nord. A conti fatti, si tratta di un'enorme quantità di spazio acquatico. Inoltre, ho saputo da più fonti che la base di Andros è sottoposta a misure di sicurezza severissime e top-secret.
UFO e “blue holes”
Nelle acque circostanti l'isola, di tanto in tanto sono stati avvistati strani apparecchi che non solo somigliavano ad UFO, ma ne avevano anche la stessa sbalorditiva rapidità di movimento e che eseguivano le medesime incredibili virate ad angolo acuto. Un uomo d'affari viennese mi riferì che, mentre circumnavigava le coste di Andros con il suo yacht, vide ad una distanza di circa tre chilometri (era una giornata molto limpida), in acque profonde più di due chilometri, un oggetto immobile che scambiò per una balena. Avvicinandosi a meno di 800 metri dall'oggetto - che aveva iniziato ad emettere uno strano bagliore - scoprì che si trattava invece di un qualche genere di apparecchio tecnologico, dal design ultramoderno. Improvvisamente, l'apparecchio partì dirigendosi verso sud, a quella che il testimone definì “una velocità folle”. Scivolò sulla superficie dell'acqua per poi scomparire istantaneamente tra le onde, senza più riapparire. Mi sono state riferite teorie di cospirazione e di insabbiamento di natura molto oscura, fiorite intorno al tema dell'AUTEC quale possibile Area 51 sottomarina, così come voci simili circolano sulla vera Area 51. Eccovene un esempio, riferitomi da un informatore che ho intervistato nel Novembre 1998, nel quartier generale della NASA a Cape Kennedy, Florida. Egli mi raccontò che Rob Palmer - un sommozzatore inglese molto noto ed apprezzato nell'ambiente, che era stato per diversi anni direttore di un centro ricerche sui “blue holes”, nelle Bahamas - nel Luglio del 1997 era scomparso durante un'immersione compiuta nel Mar Rosso, in Israele, e lo si riteneva morto. I “blue holes” (o buchi blu) sono delle piccole caverne sottomarine che si sono apparentemente formate dall'interno e che si trovano soprattutto in quell'arcipelago. Io ritengo che i blue holes potrebbero essersi generati a causa delle continue apparizioni e sparizioni dei microscopici wormholes. A quanto sembra, Rob Palmer aveva una teoria analoga e, inoltre, era convinto che i blue holes potessero essere dei punti di transito per gli UFO in arrivo da altre dimensioni. Le sue indagini lo stavano portando sempre più vicino all'isola di Andros, dove vi è una vera proliferazione di questi blue holes. Il mio informatore mi disse che circolavano alcune voci secondo cui Palmer era stato ucciso da ufficiali dell'AUTEC, probabilmente perché sapeva troppo, tramite una suggestione post ipnotica che lo avrebbe indotto al suicidio mentre si trovava in immersione nel Mar Rosso. In qualità di storico, non è mia intenzione approfondire simili tristi supposizioni, ma il semplice fatto che tali voci esistano suggerisce che potrebbe effettivamente essere in atto un qualche genere di attività clandestina nella base di Andros.
E Atlantide riemerse dalle acque
Poiché molto del materiale che avevo studiato aveva dimostrato di avere una base di verità, per quanto indiretta, decisi di indagare la storia secondo cui l'area delle Bahamas corrispondeva all'antico continente di Atlantide non completamente sommerso. Molti hanno creduto per lungo tempo che le mura sottomarine di Bimini fossero una vestigia di Atlantide. L'idea era stata avanzata in un primo momento dal medium Edgar Cayce, il quale affermava che molte delle persone da lui esaminate avevano vissuto vite precedenti in Atlantide. Alcuni scienziati del British Government's Building Research Establishment (Fondazione per la Ricerca Edilizia del Governo Britannico), usando le più recenti tecnologie, hanno persino scoperto delle minuscole quantità di carbone ed oro all'interno di quelle che sembrano essere pietre lavorate dall'uomo, trovate sul fondale di Bimini. Come storico, mi interessa principalmente lo studio delle fonti primarie d'informazioni, piuttosto che secondarie, pertanto decisi di leggere l'unico testo sul quale sono state basate le migliaia di libri dedicati ad Atlantide: il Crizia, dialogo scritto dal filosofo greco Platone. Soprattutto, decisi di leggerlo non in chiave mitologica o metaforica, come molti fanno, ma come un vero documento storico. Pertanto tralasciai i dettagliati resoconti degli splendori di questo antico regno, concentrandomi invece sulle sue dimensioni, che ci sono state tramandate da Platone: che forma aveva Atlantide? Quali erano la sua lunghezza e larghezza? Appresi qualcosa di affascinante: se potessimo prendere l'attuale arcipelago delle Bahamas e sollevare l'intera massa della terraferma di 90 metri - o, per metterla in altro modo, abbassare il livello dell'acqua che circonda le Bahamas di 90 metri (riportandola al livello che aveva durante l'ultima Era Glaciale) - ci troveremmo di fronte un territorio che corrisponderebbe in maniera impressionante, per forma e misura, all'antica Atlantide descritta da Platone: il filosofo scrisse nel Crizia che tale continente era più grande dell'Egitto (ovvero dell'Egitto allora conosciuto); che il centro dell'isola, non distante dal mare, era formato da una pianura circondata da bassi rilievi ad una distanza di 9 chilometri; e che questi stessi rilievi si trovavano in un'ampia pianura, circondata da alte montagne ad una distanza di 321 chilometri.
La zavorra dei Confederati
Tuttavia, le mie conclusioni riguardo le cosiddette Mura di Bimini, presunte rovine di Atlantide, non sono affatto così “New Age”. Credo, infatti, che le pietre che le formano e che appaiono lavorate dall'uomo, non provengano affatto da Atlantide ma che siano state lasciate là durante la Guerra Civile Americana. A quell'epoca un gran numero di navi forzava il blocco dell'Unione per trasportare merci e rifornimenti nei porti dei Confederati. Braccati dalle navi dell'Unione, questi vascelli spesso si rifugiavano nelle basse acque delle Bahamas, dove le grosse navi da guerra non potevano seguirli. Per riuscire a navigare al di sopra degli scogli che costellavano le acque erano spesso costretti a disfarsi del peso eccessivo, in modo da diminuire il pescaggio delle imbarcazioni. Il modo più semplice di farlo era liberarsi dei massi di granito usati come zavorra nelle stive. Penso che questa abitudine possa spiegare la presenza di gran parte delle pietre scoperte oggi in luoghi come Bimini. Ho proseguito le mie indagini in molti altri campi. Trovando, ad esempio, che le Bahamas hanno le loro personali leggende su misteriose creature simili a scimmie, che non si lasciano vedere quasi mai: i “chickcharnies”. Ho scoperto, inoltre, che esistono molte “storie di fantasmi” collegate alle Bahamas e che gli sciamani della zona hanno fama di possedere dei poteri semi-divini. Insomma, ho lasciato le Bahamas con la netta impressione - una sensazione difficilmente comprovabile scientificamente - che in quell'arcipelago vi sia un elevato grado di energia psichica o persino di energia “interdimensionale”.
Ammaraggio subacqueo
Tuttavia, la mia attenzione torna agli “stargates subacquei dei Caraibi” scoperti insieme agli amici Al Miller e Joel Green. Ho una proposta. Sarebbe interessante cercare davvero di entrare in uno di questi “stargate”, se non per il fatto che essi sono solitamente microscopici e che tendono a fluttuare dentro e fuori dall'esistenza. Pertanto, vorrei suggerire che uno o più fisici si immergano in alcune delle località dove sono state riscontrate le anomalie magnetiche, magari quelle vicino a Nassau, in acque poco profonde, non distanti dalla riva e dalla capitale delle Bahamas, che potrebbe ospitare in maniera eccellente la stampa internazionale eventualmente interessata ad assistere a questo inusuale “Ammaraggio Subacqueo negli Stargates dei Caraibi”. Devono sicuramente esserci molti scienziati giovani, atletici e sportivi che potrebbero venire persuasi ad indossare l'equipaggiamento da sub e ad avventurarsi sul fondo dell'oceano per scoprire quali sensazioni telepatiche e quali messaggi sarebbero in grado di cogliere, filtrati nell'attimo in cui questi microscopici wormholes si aprono per poi richiudersi e riaprirsi. La mia proposta può sembrare bizzarra, ma io ed i miei colleghi sommozzatori saremmo lieti di addestrare i ricercatori disposti a tentare e di scendere poi con loro sul fondo dell'oceano a largo delle Bahamas.

Autore: Michael Preisinger (Il dott. Preisinger ha pubblicato le sue ricerche ne “Il Triangolo delle Bermude. Una spedizione svela il mistero dell'arcipelago maledetto”. Ediz. Piemme.) / Fonte: http://www.segnidalcielo.it/

lunedì 21 giugno 2010

FIDEL: UNA STORIA STRAORDINARIA

Aveva detto cosi: “Non aspiro né accetterò - ripeto, non aspiro né accetterò - la carica di Presidente del Consiglio di Stato e di Comandante in capo". Due righe, poche parole, per interrompere definitivamente la storia. Fidel Castro Ruz, Presidente di Cuba da quando Cuba merita di avere un Presidente, in una lettera ai suoi “compatrioti”, lasciava i suoi incarichi al vertice del Paese. Si trattava di una decisione che, per quanto di grande valore simbolico, in qualche modo era già nell’aria da qualche tempo. Le condizioni di salute del lider maximo, da molti ritenute la causa principale delle dimissioni di Fidel, hanno rappresentato l’ostacolo maggiore per rimettere al suo posto di comando un leader che ha sempre guidato il suo Paese a tempo totale e con dedizione assoluta. Ma le condizioni fisiche di Fidel non sembrano piu' essere l’unico motivo che ha fatto da sfondo a questa scelta. Da molto tempo, infatti, nei progetti più importanti del Comandante en jefe vi era quello di garantire la sua transizione da vivo, conscio di quanto la sua eventuale mancanza avrebbe sconcertato il Paese, il suo popolo, l’intero gruppo dirigente. E Cuba, com’è ovvio, non può permettersi vuoti di potere: almeno finché il suo acerrimo nemico, che riempie di infamie e minacce, provocazioni e terrorismo, corruzione ed ingerenze il tratto di mare che lo separa dall’isola dell’orgoglio, non accetterà le lezioni della storia e del diritto internazionale. No, davvero: il regalo agli Stati Uniti di un possibile clima di sbandamento sociopolitico nell’isola, Fidel non voleva farlo. Mai del resto, dai giorni sulla Sierra Maestra nei quali combatteva la dittatura e progettava la dignità di Cuba e dei cubani, Fidel aveva mai scambiato trasparenza per ingenuità. E dal 1° gennaio del 1959, quando Cuba insegnò al mondo che liberarsi, oltre che giusto, è possibile, il leader cubano seppe con assoluta precisione quanto grande fosse il pericolo dell’impero alle porte, quanto attenta ai minimi dettagli dovesse essere la resistenza. Il Parlamento eleggera' il fratello Raul a suo sucessore. La sua uscita di scena ha aperto il percorso di rinnovamento dell’intero gruppo dirigente cubano, che dovrà trovare nella sua unità l’unico possibile rimedio all’assenza dell’irrinunciabile. Con le sue dimissioni da ogni incarico ai vertici dell’isola, si chiude però un capitolo, non l’intero libro, della vita di un uomo che ha lanciato il suo mito molto oltre la sua stessa isola. Da giovane sembrava destinato ad una illustre quanto certamente munifica carriera di avvocato. Figlio di famiglia benestante, doti non comuni di comunicatore dimostrate sin da giovanissimo, Fidel Castro Ruz dovette però rapidamente ricredersi circa il suo futuro. La dittatura di Fulgencio Batista, un sanguinolento sergentino di terza fila promosso a capo di un paese molto più intelligente di lui, bruciava le carni dell’isola. Lo aveva messo sul ponte di comando la mafia italo-americana, che di Cuba era signora e padrona e che aveva trasformato la perla delle Antille nel suo postribolo preferito per i week-end, dove scaricava i suoi avanzi di Miami dopo un brevissimo volo a bordo di Piper. Cuba era prostituzione e gioco d’azzardo per gli americani, inferno di repressione e schiavismo per i cubani. Quel giovane, promettente avvocato, dovette assumere su di sé la causa più impegnativa della sua vita: quella della libertà e del riscatto del suo paese e della sua gente. Un cammino lungo, difficile, ma alla fine vittorioso. Il 1 gennaio del 1959, gli ultimi diventavano i primi: il calendario cambiava anno, Cuba cambiava il suo destino. L’America Latina subisce, tra le altre disgrazie, il fastidio di un lessico eurocentrico che nel caso di Cuba, ma più in generale dei paesi che si liberano dal giogo statunitense, è sempre aggressivo e offensivo. In tutti i paesi europei - o comunque occidentali dal punto di vista dello schieramento economico-politico - le figure politiche che per decenni solcano la scena vengono definite “statisti”. Che siano effettivamente tali è tutto da dimostrare, soprattutto se si declina l’aggettivo in coerenza con il loro operare. Ma tant’è: le definizioni variano da “politico di grande esperienza” (se non ha mai governato) o “statista” (se nelle stanze dei bottoni c’è arrivato). Nel caso dell’America Latina, invece, quando una figura politica assume la guida del Paese e la mantiene contro il volere di Washington, lo si definisce un “caudillo”. Proprio nei confronti di Fidel Castro l’aggettivo di “caudillo” è stato spacciato in lungo e largo. Eppure, se proprio si vuole rintracciare una figura da “statista”, nessuno più di lui lo è stato e lo è tutt’ora. Fidel e Cuba sono in qualche modo due facce della stessa medaglia. Difficile leggere Cuba a prescindere dal ruolo di Fidel, impossibile analizzare Fidel a prescindere da Cuba. Fidel ha cambiato Cuba dalle fondamenta. Ne ha disegnato il profilo ideologico e culturale, ha definito il suo assetto politico e sociale, ha costruito e difeso la sua immagine internazionale. E’ stato uno statista a trecentosessanta gradi e ben lo sanno negli Stati Uniti, dove oltre una decina di Presidenti e una ventina di direttori della CIA hanno inutilmente tentato di scalzarlo con le cattive. Non si sono fatti mancare niente: dalla guerra commerciale a quella batteorologica, dall’isolamento diplomatico agli attentati terroristici, dalla campagne denigratorie alle minacce militari. Oltre seicento attentati programmati solo per eliminarlo. Ma Fidel è ancora al suo posto. A difendere la sua vita e il suo ruolo, prima ancora che una intelligence cubana attenta e capace, ha giocato un ruolo decisivo il rispetto e l’affetto che il popolo cubano nutre nei confronti del Comandante en jefe, considerato un padre della Patria prima ancora che dello Stato. Persino coloro che nell’isola si definiscono critici con il sistema non consentono nessuna mancanza di rispetto alla sua figura. Si se entera Fidel - se lo viene a sapere Fidel - è stata ed ancora è una delle frasi di chi si ritiene danneggiato da inefficienza o indifferenza. Una frase che testimonia un’affidamento del popolo verso il suo leader che è tutt’altro che messianica: è concreta, vigile, attiene all’idea profonda di equità e giustizia, di libertà nella responsabilità con le quali diverse generazioni di cubani sono cresciute. Del resto la vita stessa del presidente cubano è stata un esempio di abnegazione totale alla causa del suo paese. A differenza della maggior parte dei suoi colleghi latinoamericani, Fidel ha rappresentato l’immagine del capo di un popolo estraneo ad ogni sorta di corruzione, ad ogni livello, mentre nell’intero corso della sua vita lo si è sempre trovato davanti alla prima fila nella difesa della sua isola. Ha diretto la resistenza a Playa Giron come la lotta agli sprechi ed ha saputo proporre Cuba all’attenzione del mondo con i palmi della mani aperte e trasparenti. Sono sostanzialmente due le grandi opere della Rivoluzione cubana che hanno visto nel suo Presidente l’architetto. La prima è stata quella dell’edificazione della Rivoluzione. Un sistema sociale e politico basato sulla partecipazione popolare, con una sedimentazione profonda del principio socialista nella sua versione latinoamericana. Istruzione, sanità, sport, cultura, servizi sociali garantiti e gratuiti per tutti. Eguaglianza, sì, eguaglianza; parola ormai blasfema nel breviario della omologazione globalizzata sostenuta dal pensiero unico, ma che per Cuba ha significato un destino diverso. E il ruolo di Fidel è stato decisivo anche nella second life di Cuba, quella seguita al crollo del campo socialista nel 1999. Da un giorno all’altro, infatti, l’85% degli scambi commerciali scomparve. Di colpo, il paese era solo. Ma Cuba seppe invertire il destino che i profeti di sventura avevano previsto. Lontana anni luce dalle concezioni monetariste e dalle sue ricette, l’isola seppe puntare tutte le sue risorse sul mantenimento dei livelli di welfare, grazie all’apertura al turismo che lo finanziò. I sacrifici dei cubani furono notevoli, in particolare dal 1993 al 2000, il cosiddetto “periodo especial”. Fidel decise però che le riforme necessarie per la nuova fase fossero discusse ed approvate da tutte le organizzazioni sociali e politiche del paese. Così avvenne ed il consenso popolare alla nuova fase dell’isola fu la base per quella che è stata la seconda vittoria strategica della Rivoluzione. Quando Giovanni Paolo II scese a Cuba, Fidel lo accolse con tutti gli onori, ma ebbe la splendida sfrontatezza di ricordare al Papa dove si trovava. A Woytila, che nei suoi discorsi parlava spesso di bambini uccisi e mendicanti, di traffico di organi e di schiavi, di torturati, di senza tetto, di gente che muore di fame abbandonata a se stessa, Fidel gli ricordò che nessuno di essi è cubano. Anzi, Cuba risulta ai primi posti del mondo per aspettativa di vita ed agli ultimi per mortalità infantile. Gli indici di sviluppo determinati dalle Nazioni Unite vedono la piccola e povera isola ai vertici della virtuosità. Questo forse il più grande regalo che la Rivoluzione ha fatto al suo popolo. Ma Fidel Castro è stato ed è tutt’ora ben più che il leader indiscusso dei circa cinquanta anni della Revoluciòn. La sua personalità, le sue idee e la sua attività politica hanno riguardato - affascinati od ostili – la maggior parte dei governanti del mondo e l’America latina intera ha tributato in diverse occasioni il suo omaggio al Comandante en Jefe. Fidel, d’altro canto, è stato l’asilo ed il rifugio della sinistra latinoamericana che cercava riparo dalle dittature fasciste che l’hanno insanguinata durante gli anni ’60 e ’70. E’ stato un punto di riferimento teorico ed organizzativo, un lottatore instancabile per l’unità latinoamericana, un approdo sicuro per dirimere le controversie politiche, un aiuto decisivo per ripartire e progettare le lotte di liberazione, un sostegno determinante per mantenere in vita le esperienze rivoluzionarie, quella del Nicaragua sandinista prima fra tutte. Del resto, lo spirito internazionalista di Cuba è sempre stato il fiore all’occhiello del Presidente cubano. Angola, Mozambico, Namibia, Zimbawe, Sud Africa ed Etiopia; i paesi che hanno sconfitto il colonialismo prima e le guerre d’aggressione dirette da Washington e dall’Europa poi, devono ringraziare Cuba. Il sostegno dei combattenti cubani, l’alto prezzo che l’isola di Fidel ha scelto di pagare senza chiedere nulla in cambio, ha lasciato una traccia di nobiltà ed altruismo che nessun altro paese può vantare. Un impegno che, dopo la fine delle ostilità, è continuato su altri piani. Cuba oggi esporta medici, infermieri, vaccini e libri di scuola. Mantiene un numero di medici negli angoli più remoti del pianeta superiore a quello che fornisce l’OMS e ospita a L’Avana la più grande scuola di medicina del mondo, riservata a tutti gli studenti del sud del mondo che vengono così sottratti all’impossibilità di una vita degna. Diventano medici e, in osservanza alla clausola che ne permette gli studi, tornano ad operare gratuitamente nei loro paesi. Si diceva che ormai reggeva le sorti dell’isola da quarantacinque anni e che, quarantacinque anni al potere rappresenterebbero la prova di una dinastia, di una impermeabilità al ricambio, insomma di una democrazia incompiuta, come minimo. Chi lo dice dimentica che, per esempio, la famiglia Bush è al governo degli Stati Uniti da venticinque anni, seguiti ad altri cinque, precedenti, ai vertici della Cia. E l’elenco dei paesi che non vedono da decenni un ricambio della loro classe dirigente sarebbe sterminato. Ma nel caso di Fidel, il calendario è in divenire. Quello che è stato ed è, è solo la prima parte. Nella storia di Cuba ed in quella dei latinoamericani, la sua ombra continuerà ad avvolgere, ovunque si trovino, le speranze e le vittorie degli ultimi che provano a diventare i primi.

domenica 20 giugno 2010

UN TRISTE RECORD ITALIANO

Un omicidio-suicidio ogni 10 giorni in Italia. In totale sono 340 i casi di omicidio-suicidio registrati in Italia tra il 2000 e il 2008, che hanno prodotto, compresi gli autori, quasi 1000 vittime. Ogni 10 giorni un padre, un marito (l'autore è nel 93% dei casi un uomo) pianifica il proprio 'suicidio allargato', trascinando con sé la coniuge o la partner (complessivamente 53% dei casi), uno o più figli (19% dei casi) o altri familiari. E' quanto emerge dall'anticipazione del Rapporto Eures-Ansa sull'Omicidio volontario in Italia 2009. E' proprio la famiglia l'ambito principale in cui maturano gli omicidi-suicidi, nel 91,6% dei casi, a fronte dell'8,4% riferibile ad altri contesti (disagio mentale, vicinato, ecc.). Sono invece soprattutto donne le vittime degli omicidi (75% dei casi contro il 25% uomini), mentre la fascia di eta' piu' colpita e' quella compresa tra i 25 e i 54 anni (50,2% dei casi), cui seguono le vittime anziane (20,8% gli over 64) e i minori (13,5%). Nell'analizzare il movente dell'omicidio-suicido, ricordando che questo rappresenta in larga misura un sottoinsieme dell'omicidio familiare, prevale tra i moventi censiti quello passionale o del possesso (25,1% delle vittime), seguito dai conflitti relazionali del quotidiano (20,1%), dalle situazioni di disagio o grave malattia della vittima (9,6% dei casi). Ma è il disturbo psichico e mentale dell'autore a spiegare la maggioranza degli eventi, considerato che nel 15,8% dei casi è stata rilevata una vera e propria patologia e nel 16,5% i casi sono stati archiviati come 'raptus', ovvero eventi difficilmente spiegabili attraverso segnali forti riferiti alle abitudini di vita e ai comportamenti degli autori precedenti all'evento omicidiario. Anche per questa ragione colpisce il fatto che il 66,3% delle stragi familiari sia compiuto con un'arma da fuoco, che l'autore successivamente rivolge contro se stesso. Gli omicidio-suicidi sono aumentati nel 2008: +28% gli eventi (che passano da 25 nel 2007 a 32 nel 2008) e +68% le vittime (da 25 a 42). Un fenomeno che risulta inoltre in forte aumento sia in termini di incidenza sul complesso degli omicidi (passando dal 6,6% dei casi al 9,4%), sia, più in particolare, sugli omicidi in famiglia (dove si concentra la quasi totalità dei casi di omicidio-suicidio); tra questi, infatti, piu' di un omicidio su cinque nel 2008 (il 21,3%) termina con il suicidio dell'autore (rispetto al 15,9% del 2007). L'omicidio-suicidio si concentra prevalentemente nelle regioni del Nord Italia, dove e' avvenuto il 59,4% degli eventi censiti nel 2008 (pari a 19 casi, a fronte del 48% nel 2007); seguono le regioni del Centro (7 eventi pari al 21,9%) e quelle del Sud (6 casi, pari al 18,8%). Sono il Veneto e la Toscana a registrare nel 2008 il numero maggiore di casi (5, pari al 15,6%), seguite dalla Lombardia e dalla Puglia (entrambe con 3 casi).

Grazie a Piero C. (Castelvetrano)

sabato 19 giugno 2010

UNO SPORCO MONDIALE

Lo sport rende tutti fratelli, è sano e fa bene al fisico. Ma secondo uno studio recentemente pubblicato dal Ministero per l'Ambiente e per il Turismo norvegese potrebbe non essere tanto salubre per l'ambiente. I ricercatori nordeuropei sostengono infatti che la Coppa del Mondo di Calcio in Sud Africa è responsabile dell'immissione nell'atmosfera di oltre 2,5 milioni di tonnellate di CO2: la stessa quantità prodotta da 280.000 vetture di media cilindrata che percorrono 100.000 km ciascuna, o, se preferite, il triplo di quella prodotta in un anno da tutte le auto che circolano in Islanda. Impressionante. Ma qual è l'origine di tutto questo inquinamento? Secondo lo studio gran parte delle emissioni è imputabile ai trasporti: oltre 1,5 milioni di tonnellate di CO2 sono infatti a carico dei voli a lungo raggio utilizzati da squadre, delegazioni, tifosi e giornalisti che seguono l'evento mentre altre 500.000 sono legate agli altri trasporti locali e internazionali. Tutte queste persone, circa 3,3 milioni, utilizzano inoltre una enorme quantità di energia elettrica: in Sud Africa è prodotta quasi esclusivamente da centrali a carbone che, con il loro funzionamento, appesantiscono si altre 350.000 tonnellate di CO2 il bilancio ambientale dell'evento. E infine c'è la costruzione dei nuovi stadi, che ha causato l'emissione di circa 15.000 tonnellate di andride carbonica. Peggio di così...Secondo la ricerca il mondiale sudafricano sembra insomma essere l'evento sportivo più inquinante di sempre: circa il doppio rispetto alle olimpiadi di Pechino del 2008 e sei volte rispetto il mondiale di Germania del 2006. E il danno ambientale non sarà certo ripagato dai 700.000 alberi che verranno piantati nelle 6 città che ospitano le partite. E mentre in Sudafrica si gioca gli ambientalisti di tutto il mondo guardano con interesse al Brasile, sede del mondiale 2014, che dovrà confrontarsi con gli stessi problemi logistici ed eneregetici ma anche con la deforestazione.

venerdì 18 giugno 2010

NUOVE TECNICHE DI ANGIOPLASTICA

L'angioplastica è quell’intervento che si rende necessario quando le arterie coronariche risultano bloccate dal formarsi di un coagulo di sangue che impedisce il normale afflusso di questo all’interno del cuore, con la conseguenza di causare infarti e blocchi nel funzionamento del muscolo cardiaco. Fino ad oggi l’angioplastica si eseguiva introducendo all’interno delle arterie una sonda che, una volta giunta in vista del grumo di sangue allargava le pareti dell’arteria e frantumava il coagulo permettendo nuovamente l’afflusso di sangue. Una tecnica efficace nella maggior parte dei casi, ma che ha sempre avuto una controindicazione. In un terzo dei casi infatti il grumo di sangue viene si disperso, ma, caso non raro, esso si frantuma in porzioni più piccole che vanno ad insediarsi nei vasi sanguigni più piccoli, dove non solo è irraggiungibile con la stessa tecnica utilizzata per liberare l’arteria, ma dove non viene neanche rilevato da successivi esami di coronografia. Il che, se da un lato apparentemente sembra permettere un efficace flusso sanguigno dall’altra non fa che spostare il problema più in là. La soluzione sembra arrivare, come recentemente sperimentato all’interno di un vasto studio denominato Attempt e che ha previsto il monitoraggio di circa 2500 pazienti, realizzato in diversi paesi europei e in Giappone, dall’introduzione, invece del classico dispositivo utilizzato, un palloncino che allarga la sezione dell’arteria, di una sorta di catetere o siringa, che invece di spingere sul coagulo di sangue, o di frantumarlo, lo risucchia. L’operazione, che si può compiere in maniera manuale, impedisce che frammenti del trombo possano trovare il modo di insediarsi nuovamente in vasi sanguigni più piccoli riducendo o impedendo nuovamente il flusso di sangue alle cellule cardiache. Un sistema efficace soprattutto nei casi in cui l’angioplastica viene eseguita in emergenza su pazienti colpiti da infarto

giovedì 17 giugno 2010

STESSA SPIAGGIA, STESSO MARE

Secondo la nuova direttiva europea, a partire da quest'estate, molte località italiane diventano balneabili "per decreto". In altre parole interi tratti di costa vengono dichiarati balneabili, non perché meno inquinati, ma solo perché è cambiata la legge. Legambiente denuncia la questione come un passo indietro in tema di depurazione, che lascia un deficit imbarazzante ad uno dei Paesi più industrializzati al mondo.

“Per l’ultima volta si denunciano le criticità delle acque di balneazione italiane, perché, a partire da quest’anno, il nostro mare e i laghi, seppur ancora inquinati in alcuni tratti di costa, diverrano completamente puliti 'per decreto'. Con il recepimento della nuova direttiva europea che rende più permissivi i criteri per la balneabilità, molte località, infatti, diverranno balneabili, non perché saranno meno inquinate, ma solo perché è cambiata la legge”. È questa la denuncia di Legambiente in occasione della presentazione del Rapporto sulle acque di balneazione dell'European Environment Agency, che ha analizzato la qualità dell'acqua di tutti i Paesi europei. “Contrariamente a quanto fatto nel 1982, quando l’Italia scelse la strada della severità e del rigore, costruendo una delle reti di monitoraggio migliori in Europa – ha dichiarato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente – stavolta il nostro Paese ha approfittato dell’opportunità concessa dalla direttiva comunitaria per allargare le maglie sulla balneabilità, a partire dall’estate 2010. Un passo indietro normativo che ha fatto classificare come “eccellenti” alcuni tratti di costa che lo scorso anno venivano dichiarati non balneabili, pur essendo tuttora inquinati. Questo fattore va ad aggravare un deficit storico dell’Italia in tema di depurazione, dal momento che, ancora oggi, il 30% degli italiani – pari a ben 18 milioni di persone – scarica in mare, nei laghi e nei fiumi le acque reflue senza alcun trattamento, causando un problema ambientale che sta costando al nostro Paese una procedura d’infrazione europea. Per risolvere definitivamente i problemi di trattamento delle acque reflue, non servono quindi “colpi di spugna” normativi, ma risorse economiche e nuovi cantieri per colmare quel deficit di depurazione, imbarazzante per il settimo Paese più industrializzato al mondo”.

mercoledì 16 giugno 2010

L'OTTAVO CONTINENTE

Se Cristoforo Colombo avesse percorso l’oceano Atlantico oggi, avrebbe trovato un’isola molto prima di scoprire l’America. Stiamo parlando della Great , o in italiano la Grande Chiazza di Rifiuti del Pacifico. Qualcuno ricordera' il mio post sul settimo continente. Così è stata soprannominata una delle peggiori opere dell’umanità: un’isola grande tra 700 mila e 15 milioni di km quadrati (non è possibile stimarla con precisione perché le immagini satellitari non la captano) che fluttua al centro del secondo oceano più grande del mondo. Ma non è fatta di sabbia, rocce e terreno, ma solo di plastica e altra immondizia che, fluttuando nel mare, viene trasportata da quattro diversi tipi di correnti nell’area corrispondente al Mar dei Sargassi. Immaginatevi dunque che spettacolo vedere un’area grande da due a 50 volte l’Italia, maleodorante e fluttuante. La scoperta l’ha fatta Kara Lavender Law, oceanografa di Sea Education Association, la quale ha affermato che siccome la spazzatura è traslucida, non può essere identificata dal satellite, ma per individuarla bisogna andarci direttamente in barca. L’isola dei rifiuti ha cominciato a formarsi negli anni ‘50, quando lo spreco di plastica, ma anche di altri materiali, ha cominciato a diventare eccessivo, e questi, in un modo o nell’altro, finivano nei mari, negli oceani, e poi venivano trasportati dalle quattro correnti che attraversano l’Atlantico, ricongiungendosi in questo punto. «L’isola dei rifiuti si trova in un’area che corrisponde all’incirca al Mar dei Sargassi— ha raccontato la Lavender —, dove sono presenti correnti superficiali con una velocità di meno di due centimetri al secondo. Qui, tra il 1986 e il 2008, abbiamo raccolto circa 64.000 pezzi di plastica, che misurano mediamente meno di un centimetro e pesano meno di 0,15 grammi, nel corso di oltre 6.000 “pescate” con particolari reti a strascico a maglie fini». La scia di spazzatura è traslucida e non è quindi possibile localizzarla dai satelliti. L’unico modo per studiarla è direttamente da un’imbarcazione. «La plastica — sottolinea Roberto Danovaro, docente del Dipartimento Scienze del Mare dell’Università Politecnica delle Marche — oltre a causare danni diretti per ingestione a delfini, tartarughe e altri grandi animali, frammentandosi viene ingerita da moltissimi organismi marini filtratori». Pericolosi composti, come per esempio i policlorobifenili, possono entrare così nella catena alimentare e da qui raggiungere l’uomo. «Nel Mediterraneo — continua Danovaro — la presenza di plastica è decisamente diminuita in questi anni, così come quella di catrame e di piombo negli organismi marini, grazie alle normative che regolano la materia e alla severità dei controlli ambientali». Attualmente vengono prodotti al mondo, ogni anno, circa 250 milioni di tonnellate di plastica e meno del 5% viene riciclata. L’unico modo per diminuire la dimensione delle discariche oceaniche, segnalano gli esperti, è quello di aumentare il riutilizzo di questo materiale.

martedì 15 giugno 2010

KEEPING THE FIRE

E' possibile sviluppare una nuova consapevolezza ambientale e integrarla in materia ambientale alle vigenti leggi mettendo a confronto diversi modelli culturali, alcuni dei quali sono stati strutturati attorno a pratiche sostenibili di steady-state economie per migliaia di anni? E 'possibile farlo promuovendo al contempo un discorso economico che unisce buone pratiche economiche e sostenibili in materia etica? Per rispondere a queste domande, dal 22 al 25 Luglio 2010, la Earth Laws - International Research Network on Earth Jurisprudence and Legal Ontologies organizzerà presso l'Università di Wollongong un simposio dal titolo “Keeping the Fire: Cultural Integrity, Wild Law and Economic Development”. Il simposio è organizzato dalla Earth Laws - International Research Network on Earth Jurisprudence and Legal Ontologies in collaborazione con il Centro Internazionale di Ricerca Legale e la Facoltà di Giurisprudenza presso l'Università di Wollongong, la Aboriginal Tent Sandon Point Ambasciata, il Movimento Mondiale delle Scuole di Etica ed economia, gli organizzatori dell'Australian Prima Conferenza sul Diritto e giurisprudenza Wild Earth (Adelaide, ottobre 2009) e la Scuola di Legge e giustizia al Southern Cross University. Si potra partecipare a tre eventi interconnessi fra loro:
1. il benvenuto ufficiale al Paese e l'avvio del Progetto Point Sandon al Punto Aboriginal Tent Embassy Sandon il 22 luglio 2010
2. il Quinto Forum Nord / Sud del Movimento delle Scuole di Etica ed Economia, dal titolo "Harmonia Mundi: Integrità culturale e sviluppo sostenibile", il 23 luglio 2010 presso l'Università di Wollongong
3. la seconda conferenza sull’ Australia Wild Earth Diritto e Giurisprudenza, dal titolo "Mantenere il fuoco (keeping the Fire): Ecologie, ontologie e" Mito di decisioni, il 24 e 25 Luglio 2010 presso l'Università di Wollongong e al Sandon Point Tenda dell'ambasciata aborigena
L'elemento che collega i tre eventi è l'attenzione data al concetto di integrità culturale e alle interazioni che si verificano tra integrità culturale (e responsabilità), lo sviluppo economico (e della sostenibilità etica), e la consapevolezza ambientale (e di vita sostenibile). Gli studiosi, esperti, operatori professionali, attivisti e uomini d'affari condivideranno e discuteranno le diverse prospettive su questi temi, al fine di discutere e sviluppare strategie e visioni del mondo in grado di combinarle con successo. Il simposio è stato progettato per appello ad una vasta gamma di persone. I partecipanti e relatori sono invitati a partecipare a uno o tutti gli eventi, in base alla propria area di competenza e interesse. Il call for papers è stato ufficialmente chiuso. Tuttavia, sono ancora felice di prendere in considerazione documenti, se particolarmente rilevanti per il simposio. Cliccate quì se desiderate presentare alcune idée.
http://www.keepingthefire.org/Keeping_the_Fire/Call_for_papers.html
Se siete interessati a partecipare a questo emozionante evento, o se si vuole presentare un libro o un poster, o se desiderate semplicemente ricevere maggiori informazioni, contattate l’organizzazione. http://www.keepingthefire.org/Keeping_the_Fire/Contacts.html
Saranno lieti di avere l'opportunità di parlare con voi di questo stimolante ed innovativo appuntamento.


Per qualsiasi informazione: Alessandro Pelizzon - Earth Laws
c/o Faculty of Law - University of Wollongong - NSW - 2522 Australia
Telefono +61 (0)450 968 930 o
http://www.blogger.com/keepingthefire@earthlaws.org

lunedì 14 giugno 2010

PROFUMO DI DONNA

Il profumo naturale potrebbe non essere il piu' raffinato od originale, ma e' il miglior metodo per sedurre un uomo. E' quanto hanno scoperto i ricercatori della Florida State University negli Stati Uniti: anche il profumo piu' costoso e sensuale non puo' compentere con quello naturale emanato dal corpo, che dovrebbere essere il preferito quando si vuole sedurre qualcuno. "I livelli di testosterone nell'uomo aumentano in risposta all'odore corporeo femminile, in particolare quando le donne sono nel loro periodo fertile", ha detto Saul Miller, autore dello studio pubblicato sulla rivista Psychological Science. "Questo odore - ha continuato - contiene infatti feromoni naturali e segnali chimici che attraggono il senso opposto. Questo e' noto per gli animali, ma finora mancavano le prove nell'essere umano". I ricercatori sono giunti alla scoperta dopo aver sottoposto dei capi di abbigliamento femminili a 68 volontari maschi dai 18 ai 23 anni. "Alcuni di questi capi erano stati indossati per pio' o meno tempo, e alcuni non erano stati indossati affatto", ha detto Miller. "Abbiamo chiesto ai partecipanti di annusare questi capi e abbiamo misurato il loro livello di testosterone", ha aggiunto. Livello risultato piu' elevato proprio quando gli uomini annusavano i capi indossati dalle donne durante la loro ovulazione. "Per concludere possiamo dire con certezza che il testosterone maschile reagisce all'odore femminile, in particolare quello di donna nella sua fase fertile. Questo per promuovere il comportamento riproduttivo nella fase piu' favorevole all'accoppiamento", ha concluso Miller. -

domenica 13 giugno 2010

PERICOLO FAST FOOD

Consumare i pasti nei fast-food con una certa frequenza quasi raddoppia il rischio di diabete: infatti donne habitué del fast food, che vi consumano un pasto una o due volte a settimana, hanno fino al 70% in più di rischio di ammalarsi nell'arco di 10 anni di questa patologia. Lo rivela uno studio di Julie Palmer della Boston University, pubblicato sull'American Journal of Clinical Nutrition. Secondo quanto riportato dall'Agenzia Reuters online, l'esperta ha tenuto sotto osservazione per 10 anni 44.072 donne sottoponendole ogni biennio a questionari sulle loro abitudini alimentari, su attività fisica e stili di vita, e sottoponendole a visite mediche periodiche. E' emerso che le donne che consumano i pasti al fast food almeno una volta a settimana sono spesso in sovrappeso, e il loro rischio di ammalarsi di diabete è quasi il doppio rispetto a quello delle coetanee che non mangiano di frequente nei fast food.

sabato 12 giugno 2010

QUELLA SPORCA DOZZINA

Qualunque cosa ti venga in mente di buttare, ma proprio ogni singola cosa e frazione di cosa, sappi che dal momento in cui la fai diventare immondizia ha un suo codice che determinerà il suo destino e tutte le lavorazioni che può o deve subire da quel momento in poi. Un esempio? Facile! Il 200301 (tanto per dirne uno) corrisponde al rifiuto urbano non differenziato, e da questo numero ne discendono altri per le sue frazioni: carta, vetro, plastica, metallo e via così, fino a voci particolari, come i "rifiuti da mercati". Sono i codici CER, ossia "Catalogo Europeo dei Rifiuti"... Sì, europeo. Più generale di così! Tutto a posto allora? No, purtroppo non è tutto a posto. Come per i francobolli, le monete e i calciatori, abbiamo un catalogo europeo anche per i rifiuti e un indirizzo di politica europea sul recupero, il riutilizzo, il riciclo e il trattamento della spazzatura. Ma sta agli stati membri fare i conti con quello che possono fare della incredibile quantità di rifiuti urbani che produciamo, in media, in tutta Europa: tra i 500 e i 600 chili per abitante all'anno. In pratica, dieci di noi, ogni anno, producono immondizia equivalente al peso di un elefante africano. Siamo più o meno 800 milioni... fate un po' voi i conti. Dove vanno a morire gli elefanti. Sono 400 milioni di tonnellate l'anno che dovrebbero finire in quantità sempre minore in discarica, che è il vero cimitero della spazzatura perché quello che finisce lì non può più essere recuperato né trasformato in qualcos'altro. L'alternativa alla discarica comprende tutto quello che riusciamo a ottenere anche con la raccolta differenziata, che permette di recuperare materie prime come l'alluminio, di riutilizzare la plastica, di ottenere nuova carta, di produrre fertilizzanti e addirittura prodotti molto efficaci nelle operazioni di bonifica di aree inquinate da varie lavorazioni industriali o, alla fine, tolto tutto quello che può essere recuperato e riciclato, permette di avere del materiale da bruciare in un inceneritore che in questo modo produce calore (per il teleriscaldamento) o energia elettrica per le nostre case. Ma dove siamo arrivati? L'Europa ha dato degli obiettivi di massima per la gestione dei rifiuti urbani e la media nazionale dell'Italia (ignorando cioè le differenze tra regione e regione) è oggi abbastanza in linea con le indicazioni del 40% di raccolta differenziata. Per pura curiosità, ci sono Paesi che ancora portano in discarica non il 60%, ma più del 90% del loro pattume (Lituania, Polonia, Repubblica Ceca), ma ce ne sono altri fermamente attestati tra lo 0 e il 5% (Svizzera, Svezia, Olanda, Germania, Danimarca, Belgio). Come migliorare le nostre performance? Da una parte scegliendo il riutilizzo ogni volta che è possibile: per l'acqua, è meglio il vetro della plastica; per la spesa, meglio la borsa in cotone (o almeno il riutilizzo degli stessi sacchetti); per frutta e verdura, meglio quella sfusa di quella confezionata. Comportamenti più attenti, insomma, permetterebbero di ridurre la quantità di spazzatura. Ogni cosa al suo posto. Infine, tutto quello che va buttato, va attentamente separato. Non è facile, perché spesso manca una vera informazione su perché e come trattare e separare i rifiuti di casa. Se ci fosse più informazione, sarebbe facile capire che "un tovagliolo sporco non è più riciclabile?" non è la domanda giusta: il tovagliolo sporco (e la carta usata per avvolgere il pesce, il sacchetto della frutta e via dicendo) non possono più essere recuperati come carta perché sono "contaminati" (il termine è forse un po' forte, ma è quello in uso) da residui alimentari che compromettono il processo di riciclo. Possono però essere bruciati e recuperati come energia...

venerdì 11 giugno 2010

FORSE UNA CURA PER CHI SOFFRE DI EPILESSIA

Un'equipe di ricercatori italiani ha scoperto una molecola all'origine delle crisi epilettiche. La proteina chiamata HMGB1 è responsabile dell'infiammazione associata a traumi o stress biologici. Bloccandone l'azione si potrebbero scoprire nuove classi di farmaci. Lo rivela uno studio pubblicato su Nature. Crisi improvvise e convulsioni. In alcuni casi l’origine dell’epilessia, una malattia neurologica causata da un’alterazione del sistema nervoso, è difficile da diagnosticare, in altri la ‘crisi’ dipende da danni a carico del sistema nervoso (ictus cerebrale, infezioni, tumori, traumi, ecc.) o conseguenza di mutazioni geniche. Oggi una ricerca italiana ha scoperto una molecola che può essere la causa delle crisi epilettiche. Dall'HMGB1, questo il nome della molecola scoperta, dipende un'infiammazione del tessuto cerebrale in grado di scatenare la 'crisi'. In pratica è come se la molecola si liberasse dal tessuto cerebrale in seguoto ad un danno e, in condizioni di stress biologico, 'inneschi' la scintilla che decide dell’eccitabilità delle sistema nervoso. La scoperta di questo meccanismo proinfiammatorio che determina la comparsa e la ricorrenza delle convulsioni apre a nuove possibilità di cura. Bloccando l'azione della molecola infatti si possono stoppare l'azione della malattia. Questa ricerca riunisce due filoni di studio, iniziati nel 1999 nel Laboratorio di neurologia sperimentale guidato dalla dott.ssa Annamaria Vezzani dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e nell’Unità di Dinamica della cromatina guidato dal Prof. Marco Bianchi dell’Università San Raffaele di Milano. Secondo lo studio, pubblicato sull’ultimo numero della rivista scientifica Nature Medicine, i neuroni e le cellule della glia, sottoposti a uno stimolo che causa l’epilessia, rilasciano HMGB1, che a sua volta stimola i recettori Toll-like. Questi recettori di norma rilevano la presenza di batteri o virus: il nuovo studio dimostra un loro importante ruolo nella regolazione dell’eccitabilità delle cellule nervose in risposta all’infiammazione. Il trattamento con farmaci che bloccano gli effetti della molecola HMGB1, oppure dei recettori Toll-like, ha dimostrato potenti effetti anticonvulsivanti su animali con crisi resistenti ai farmaci correntemente utilizzati. Il coinvolgimento di HMGB1 e dei recettori Toll-like è stato evidenziato anche nel tessuto cerebrale ottenuto da pazienti sottoposti a chirurgia perché affetti da crisi epilettiche insensibili ai farmaci. “Questa scoperta – commentano i ricercatori - oltre a mostrare un nuovo meccanismo alla base delle crisi epilettiche, apre la strada al futuro sviluppo di nuove terapie anticonvulsivanti, utilizzando particolari farmaci anti-infiammatori per curare l’epilessia. Speriamo sia possibile usarli anche in altre patologie neurologiche associate a processi infiammatori. HMGB1 è coinvolta nelle patologie in cui vi è uno stress biologico, e quindi in quasi tutte le malattie. Tuttavia, questa è la prima volta in cui farmaci contro HMGB1 hanno dato un risultato così chiaro”.

giovedì 10 giugno 2010

SOLO LA CHIUSURA DEL CAPITOLO "NUCLEARE" CI PUO' SALVARE DA CHI CONTINUA A FARE SOLDI SULLA NOSTRA PELLE

Il villaggio di Akokan, nel Niger, è vittima del suo stesso tesoro: l'uranio. La compagnia nucleare francese AREVA ha ammesso nei giorni scorsi di aver contaminato il villaggio nigeriano. Situato presso due delle miniere di uranio gestite dalle affiliate della compagnia, Akokan vive la contaminazione nelle strade e in diverse zone del circondario. Un disastro evitabile, certamente, e già documentato a partire dal 2003 quando il laboratorio CRIIRAD rilevò i primi indizi di contaminazione. Nel 2007, dopo quattro anni, i livelli di radioattività avevano superato di ben 100 unità i parametri di fondo. Così, l'anno seguente, AREVA si era impegnata a bonificare la zona sotto il controllo delle autorità locali. Autorità che hanno poi confermato l'avvenuta bonifica. In realtà alle parole dei vertici di AREVA non sono seguiti i fatti perché lo scorso novembre 2009 una spedizione di Greenpeace, in collaborazione con il laboratorio francese CRIIRAD e la rete di associazioni locali ROTAB, visitando le miniere, ha riscontrato indici di contaminazione fino a 500 volte superiori al livello di fondo. Strade radioattive costruite con gli scarti riciclati delle miniere di uranio. Sicuramente un modo comodo e poco costoso per smaltire le scorie ma un vero inferno se paragonato al Green RoadWay Project americano. Per capire la reale pericolosità del problema, basti pensare che ai livelli di radioattività rilevati da Greenpeace è sufficiente stare fermi un'ora al giorno in queste strade per assorbire il massimo della dose annua ammessa dalla Commissione Internazionale per la Radioprotezione (International Commission on Radiological Protection, ICRP). Ora, dopo l'impegno disatteso del 2008, AREVA si impegna a decontaminare i siti indicati da Greenpeace. Viene da chiedersi se possiamo fidarci, viste le ultime promesse da marinaio. E questa domanda dovrebbe porsela in special modo la popolazione italiana. La compagnia nucleare francese, infatti, è la designata per l'eventuale avvio del programma nucleare nazionale."Ad Akokan sono stati rilevati livelli di contaminazione fino a cinquecento volte oltre il livello di fondo, anche negli stessi punti che AREVA sosteneva di aver bonificato" denuncia Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace. "Ovviamente, non possiamo fidarci di AREVA, né nel Niger né in Italia: quali garanzie possono dare con questo approccio fantasioso alla sicurezza nucleare?". Il nucleare non ammette gestioni improvvisate e superficiali, la radioattività è una minaccia da non sottovalutare. Il film "Plutonio 239 - Pericolo invisibile" rende molto bene l'idea della fulminea decadenza fisica dovuta alle radiazioni. Che sia uranio o plutonio poco importa, gli effetti in entrambi i casi sono devastanti.

IL DRAGONE CHE SI MORDE LA CODA

L’economia mondiale si sta riprendendo, più rapida e solida rispetto alle attese, ma pur sempre fragile. Negli ultimi tempi, il dibattito sul “dopo-crisi” e quello sull’incognita Cina sembrano fondersi, tanto che persino il Financial Times, qualche giorno fa, si interrogava in prima pagina: “Stiamo assistendo a un definitivo spostamento del centro di gravità dell’economia globale?”. Secondo alcuni, la Cina sarà la vera exit strategy, l’interlocutore privilegiato degli Stati Uniti, mentre l’Europa annasperà ancora fra le sue politiche economiche. Per altri, è soltanto l’ennesima bolla speculativa, di proporzioni inimmaginabili, che potrebbe esplodere in qualsiasi momento. James S. Chanos, il finanziere che aveva previsto il crollo del gigante Enron, ha espresso le sue preoccupazioni: “La Cina è come mille Dubai, o peggio”, ha detto in un’intervista al New York Times. Perché, ha spiegato Chanos, “gli eccessivi stimoli economici stanno imponendo a Pechino un ritmo di crescita insostenibile”. I dati sembrano dare ragione – almeno apparentemente – ai più ottimisti. Nel 2009, nonostante la recessione mondiale, la Cina è cresciuta dell’8,5 per cento. Come? Lo stimolo varato dal governo, per un valore di 464 miliardi di euro, ha permesso la ripresa dell’economia. Diversamente da Stati Uniti e Europa, le banche hanno ampliato i finanziamenti alle imprese per sostenerne la crescita, quasi triplicando i fondi messi a disposizione dal governo. Nell’ultimo anno, la Cina ha superato la Germania, diventando così il primo paese esportatore al mondo: fra gennaio e novembre del 2009, l’export di Pechino ha raggiunto quota 1.070 miliardi di dollari, mentre quello tedesco si è fermato a soli 1.050 miliardi. Oggi, la Cina è il terzo paese al mondo per il pil (dopo Stati Uniti e Giappone) e, quando, lo scorso febbraio, è arrivata in Germania per fare shopping, ha fatto razzia di automobili di lusso e ha firmato 37 contratti per un totale di 11 miliardi di euro. Pechino, già dall’anno scorso, è diventata il primo mercato mondiale dell’auto, superando gli Stati Uniti: se in Cina i veicoli acquistati sono saliti a 13, 6 milioni, in America le vendite sono scese a 10,4 milioni, un livello che non si vedeva dal 1982. Inoltre, fra le prime cinque aziende terminaliste al mondo, quelle che riguardano la movimentazione dei container, tre sono cinesi. Tra queste c’è la Cosco Pacific Ltd, compagnia di navigazione che mira a conquistare i principali porti europei e nordafricani. L’ultimo acquisto, nel 2008, per la modica cifra di 4,3 miliardi di euro, è stato il Pireo di Atene, un “hub” ideale per l’approccio al mercato dell’Unione Europea, di cui Pechino è il maggiore fornitore. Oltre alla Cosco, la Cina continua ad avanzare con la Hutchison Port Holdings di Hong Kong, ad oggi la prima terminalista al mondo, presente, fra l’altro, a Taranto ed Amsterdam, mentre la Psa International di Singapore, si è già piazzata a Genova e Venezia – soltanto per citare l’Italia. Una Cina che sembra sana, quindi, e pure in buona salute. Ma secondo due ricercatori della Chinese Academy of Social Sciences, Yao Zhizhong e He Fan, il futuro non promette solo rose e fiori. Nonostante si preveda una crescita del 16 per cento per il 2010, l’economia cinese potrebbe affrontare un anno molto duro dal punto di vista finanziario. Il rischio, infatti, è che esploda la bolla relativa alle proprietà immobiliari, con la conseguente disoccupazione nel settore, e in secondo luogo, che aumenti in maniera drastica l’inflazione, facendo così decollare il costo della vita. L’allarme lanciato da Zhizhong e Fan nasce dai prestiti bancari concessi da Pechino nei primi giorni di gennaio, per un valore di circa 60 miliardi di euro. Il problema dei prestiti ha riguardato tutto il 2009 e l’unica soluzione oggi è quella di “ridurre gli stimoli, garantendo aiuti ‘moderati”, suggeriscono i due economisti del governo, in un articolo pubblicato sul China Securities Journal. D’altro canto, Pechino dovrà far fronte alla mancanza di un mercato interno che possa rivaleggiare in termini di peso economico con l’export, e a tal fine sarà necessario sostenere la domanda interna. Il rischio, pertanto, è che il “dragone” finisca per mordersi la coda, con in più il fardello della disoccupazione in costante aumento che affligge indistintamente sia i lavoratori delle città che quelli delle campagne. Le previsioni di Chanos sono quindi tutt'altro che irrealistiche e se dovessero avverarsi sarà l'intero sistema economico globale a pagarne amaramente le conseguenze.

mercoledì 9 giugno 2010

TAXI ELETTRICI A TOKYO

I taxi elettrici fanno ufficialmente l’esordio a Tokyo: i primi due mezzi a emissioni zero, basati sulla piccola monovolume i-MiEV della nipponica Mitsubishi, sono stati impiegati principalmente per le strade dei quartieri centrali della capitale. Durante una cerimonia organizzata nel distretto finanziario di Marunouchi, il gestore di taxi Hinomaru Limousine ha dato il benvenuto nella propria flotta alle due vetture ecologiche, che inizialmente presteranno servizio nei quartieri di Marunouchi, Otemachi e Yurakucho, nel cuore di Tokyo. La tariffa prevista, nonostante il prezzo ancora elevato delle vetture elettriche (oltre 35.000 euro a esemplare), sarà identica a quella praticata dai normali taxi, ovvero 710 yen (poco meno di 6 euro) per i primi due chilometri di corsa. Secondo l’operatore, che ha già annunciato l’intenzione di espandere la flotta verde fino a 10 unità nei prossimi anni, le vetture elettriche potranno spingersi fino alla città limitrofa di Yokohama (circa 50 chilometri a sud-ovest del centro di Tokyo), e i conducenti – un vero strappo alla regola nel manuale del perfetto tassista giapponese – avranno il diritto di rifiutare destinazioni più lontane a causa della limitata autonomia energetica. La monovolume Mitsubishi, 3,39 metri di lunghezza, è in grado di ospitare quattro persone: una ricarica completa di energia elettrica – 30 minuti con una speciale presa ad alta velocita’ o sette ore con una normale spina casalinga da 200 volt – permette di percorrere fino a 160 km, mentre la velocita’ massima dichiarata e’ di 130 km/h.
Fonte: http://www.mondoecoblog.com/

martedì 8 giugno 2010

CORONA SAVE THE BEACH

Il loro scopo e' quello di preservare le spiagge d'Europa in pericolo. Il progetto quello di recuperarne almeno una all'anno. La spiaggia da salvare viene scelta con l'aiuto degli utenti che scelgono la spiaggia con l'aiuto di segnalazioni e voti. Corona vuole prendersi cura delle coste e si impegna profondamente a conservare le spiagge. Nel 2009, grazie all' aiuto degli utenti sono riusciti a salvare la spiaggia di Capocotta (Roma, Italia). Ma ci sono molte altre spiagge come questa e sono in attesa di essere salvate. Partecipa a Save the Beach e fai conoscere la tua spiaggia, potrebbe essere salvata nel 2010!
Impariamo ed insegnamo ad essere responsabili e a rispettare le spiagge.

Si ringrazia: Ballo777