Un trofeo nel nome di Arpad Weisz. Che non è una birra e nulla ha a che vedere con i diritti televisivi, il merchandising e il marketing. Per una volta, e senza volerla demonizzare, la pubblicità non c'entra nulla. L'idea é di Gianni Mura, che ne ha scritto domenica nella sua rubrica settimanale "I cattivi pensieri". Repubblica Bologna l'ha subito rilanciata con un articolo di Paolo Soglia. Perché Bologna e Inter non organizzano una partita in memoria di Weisz? Vedremo adesso se il calcio troverà la forza di guardare avanti voltandosi indietro. Roberto Zanzi, dg del Bologna, ha preso posizione. I primi segnali sono incoraggianti. "Appena possibile ne parleremo con l'Inter, per trovare una data che si presti a questo tipo di iniziativa".Nell'imminenza del 27 gennaio, il giorno della memoria dedicato alle vittime della Shoah, si torna dunque a parlare di questo tecnico ebreo ungherese che potremmo tranquillamente definire uno dei padri nobili del calcio moderno. Un padre, però, che per tanti anni è stato letteralmente dimenticato. Eppure fu l'uomo che inventò i ritiri estivi, che scoprì nientemeno che Giuseppe Meazza (lanciandolo in prima squadra a 17 anni) e che contribuì a fare grande, grandissimo, il Bologna. Con una metodologia di lavoro decisamente all'avanguardia. Erano gli anni '30 e ancora oggi quella rossoblù è ricordata OAS_RICH('Middle');come la squadra che faceva tremare il mondo. Il gruppo Weisz non si limitò a vincere in patria, ma diede lezione persino ai maestri inglesi che sin lì avevano snobbato il calco d'oltreconfine e che invece nel '37, nella finale del Trofeo dell'Esposizione (una sorta di Champions League di quegli anni), subirono l'onta di una sconfitta che fece epoca, ridimensionò il Chelsea battuto 4-1 e issò il Bologna sulla ribalta continentale. Era il Bologna dell'ultimo Schiavio, l'eroe che nel '34 aveva permesso all'Italia di vincere il suo primo mondiale, di Biavati, l'inventore del passo doppio che sarebbe stato fondamentale nella replica azzurra del '38 , degli uruguagi Andreolo, Sansone, Fedullo e Puricelli, di tanti altri e di sicuro in panchina di Weisz che in quegli anni di autarchia era obbligatorio scrivere con la V iniziale, all'italiana.A Bologna aveva aperto un ciclo, vincendo gli scudetti del '36 e del '37 dopo averne centrato uno anche con l'Inter, che allora si chiamava Ambrosiana, nel 29-30, in quello che fu il primo campionato a girone unico. Se Weisz é stato riscoperto, seppur tardivamente, il merito è di un giornalista bolognese, Matteo Marani, che oggi dirige Il Guerin Sportivo e che nel 2007 gli ha dedicato un libro ( "Dallo scudetto ad Auschwitz" ) ripercorrendone le vicende col passo del cronista autentico e con la passione per la ricerca storica. Quella di Weisz è senza dubbia un'avventura esaltante dal punto di vista sportivo, drammatica da quello umano perché l'intera famiglia dell'allenatore ungherese pagò con la vita nei campi di concentramento la barbarie delle leggi razziali. Weisz, la moglie Elena (nata Ilona Rechnitzer, anche lei ebrea ungherese) e i figli Roberto e Clara, furono costretti a fuggire prima a Parigi poi in un piccolo centro nei Paesi Bassi. E anche lì, alla guida del Fc Dordrecht, Weisz in panchina fece miracoli, illudendosi di riprendere una vita quasi normale. Ma quando i tedeschi occuparono anche quelle terre, i Weisz finirono per essere deportati ad Auschwitz. E da lì non ne uscirono più. "Mi sembra si chiamasse Weisz, era molto bravo ma anche ebreo e chissa come è finito", scrisse tanti anni fa Enzo Biagi.A seguito del libro di Marani nel gennaio del 2009, su iniziativa del Comune di Bologna nell'anno del centenario del club rossoblù fu posta una targa allo stadio Dall'Ara per rendere omaggio a Weisz e ora anche Milano ricorderà, all'interno dell'impianto di San Siro intitolato proprio a Meazza, l'allenatore che per primo ne intuì il talento. Venerdì 27 si terrà la cerimonia alla presenza del presidente Moratti, del tecnico Ranieri e del capitano Zanetti. Che possa presto svolgersi un trofeo fra Bologna e Inter, le squadre che segnarono in maniera indelebile la carriera di tecnico di Weisz (che allenò anche il Bari e il Novara) per adesso è una possibilità.
Fonte: Repubblica/Sport
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