venerdì 31 dicembre 2010

GRAZIE & CIAO

NONSTANTE IL SUCCESSO OTTENUTO CON OGGI IL BLOG CHIUDE, VOGLIO RINGRAZIARE CHI MI HA SEGUITO.
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giovedì 30 dicembre 2010

Shark Feeding: favorevole o contrario?

La questione dello shark feeding è ancora aperta. Alcuni subacquei sono favorevoli, perché permette loro di apprezzare la visione da vicino di questi affascinanti predatori. Altri sono contrari, perché l’alimentazione innaturale modifica il comportamento di questi elasmobranchi. Nel frattempo, molte nazioni hanno vietato la pratica dello shark feeding (per esempio, l’Egitto, la Polinesia, alcune isole dei Caraibi). Generalmente questa proibizione ha fatto seguito ad alcuni incidenti o a forti spinte delle associazioni ambientaliste. Ora anche alle Hawaii è stato proibito lo shark feeding, non permettendo nel contempo nemmeno l’osservazione dalle gabbie con il lancio di esche, ritenendola un’attività lesiva del benessere degli squali. Stupisce che, mentre in tutto il mondo ci sono lunghe discussioni “scientifiche” sulle conseguenze dello shark feeding, le ricerche scientifiche in merito sono quasi assenti. Chi conosce l’inglese troverà quindi interessante il lavoro della studentessa Alissa Scharfer, svolto con il coordinamento del professor George Burgess (Program Director and Coordinator of Museum Operations del Florida Program for Shark Research). La ricerca, visibile su internet all’indirizzo
http://www.clas.ufl.edu/jur/200312/papers/paper_scharfer.html,
esamina scientificamente alcuni dati discernendo persino fra i diversi metodi utilizzati per lo shark feeding (con asta lunga, corta, a mano libera, sotto le rocce ecc.). Fra molte sorprese (l’uso dell’asta lunga rende gli squali più aggressivi), si scopre che comunque lo shark feeding modifica le abitudini degli squali e ne peggiora lo stato di salute (aumento dei parassiti). Per l’uomo, l’evento più pericoloso è la frequentazione di un sito di shark feeding (anche illegale) quando la pratica non ha luogo, come ha anche dimostrato il recente incidente a una turista francese in Mar Rosso.

mercoledì 29 dicembre 2010

FRAGOLE CONTRO L'ALZHEIMER

Fra due anni potrebbe essere commercializzato un nuovo frullato alla fragola capace di combattere l'Alzheimer. Il frullato, contenente ingredienti naturali che si trovano nel latte materno, e' infatti capace di migliorare significativamente la memoria a breve termine nelle prime fasi della malattia di Alzheimer, come risulta da un nuovo studio pubblicato sulla rivista Alzheimer's & Dementia. "Il frullato, chiamato 'Souvenaid', contiene un cocktail di ingredienti utili per il cervello, tra cui antiossidanti e vitamina B", ha spiegato Richard Wurtman del Massachusetts Institute of Technology di Boston, Stati Uniti, primo autore dello studio. "Si tratta di ingredienti non tossici - ha continuato - che forniscono una miglioramento per la memoria in sole 12 settimane di utilizzo. Da i primi studi sembra funzionare: si tratta di risultati promettenti". Il nuovo prodotto e' stato testato su persone anziani nelle prime fasi dell'Alzheimer, che lo hanno bevuto a colazione per tre mesi. In seguito i ricercatori hanno verificato, grazie a dei test appositi, i miglioramenti della memoria dei partecipanti. Ebbene, chi ha bevuto 'Souvenaid' aveva il doppio delle probabilita' di avere punteggi migliori nei test di memoria. In particolare, il 40 per cento di chi l'ha bevuto ha mostrato miglioramenti. Ora sono in corso altri trial clinici su scala piu' larga. Se il prodotto dovesse rivelarsi efficace, sara' commercializzato dal colosso alimentare Danone, che programma di venderlo nelle farmacie previa autorizzazione del medico curante.

martedì 28 dicembre 2010

BACI DA ALASSIO

Quando ancora la cittadina di Alassio era un piccolo porto di pescatori lungo la riviera ligure, nobilitato dalla presenza di una nutrita colonia di cittadini britannici, nasceva il Caffè Pasticceria Balzola. Ben presto il locale, che univa alla squisita qualità dei propri prodotti dolciari una non comune capacità del suo creatore di iniziative innovative ed originali, divenne un importante centro internazionale di diletto e di svago.



L'”America” non faceva per lui. Pasquale Balzola, come tanti connazionali alla fine del secolo XIX, era partito dalla Liguria soltanto qualche mese avanti e già si era stufato del “nuovo mondo”. Troppa frenesia, troppe ingiustizie, troppo cinismo. E poi le opportunità di lavoro non erano così numerose. Si faticava, e parecchio. Per cui decise di tornare in patria con un progetto ben chiaro in mente. Era il 1902 e Pasquale apriva ad Alassio un caffè pasticceria cui diede il proprio nome: Balzola. Ai tempi Alassio stava passando da modesto borgo di mare (la popolazione superava di poco le 5.000 anime) cui la principale risorsa economica consisteva nella pesca, ad importante centro turistico. Le bellezze paesaggistiche, il piccolo golfo naturale e la splendida spiaggia, unite al clima particolarmente mite, anche durante i mesi invernali, avevano spinto un numero considerevole di inglesi a scegliere la località come luogo privilegiato di residenza. Agli inizi del Novecento sfioravano le 2.000 unità le presenze di sudditi di sua Maestà la Regina d’Inghilterra. La nutrita comunità incise sia nel determinare la vocazione turistica della cittadina che nel suo sviluppo urbanistico costruendo diverse ville nel centro e nei dintorni, edificando una chiesa anglicana e aprendo un circolo tennis intitolato alla famiglia Handbury. Il capostipite Thomas era stato un commerciante di grande successo negli anni 40 e 50 dell’Ottocento in quel di Shangai dove si era arricchito ed aveva sviluppato un forte interesse per le piante esotiche. Ritiratosi in Italia nel 1867 scelse la riviera ligure come luogo in cui vivere. Facendo la spola tra Ventimiglia e Alassio compì numerose opere a sostegno della comunità, guadagnandosi la fama di filantropo, e creò dei meravigliosi giardini botanici a Mortola di Ventimiglia. Gli abitanti di Alassio compresero le enormi potenzialità economiche che si presentavano loro nell’affermare la località come importante centro turistico della riviera. Il Caffè Pasticceria Balzola fu fra le prime strutture a cogliere le nuove opportunità che si offrivano alla cittadina. Si organizzò cogliendo nel dèco, che si stava affermando proprio in quegli anni, lo stile caratterizzante i locali, puntò sulla genuinità e sulla creatività dei prodotti di pasticceria, sulla qualità del servizio e invase con i tavolini la piazzetta antistante l’ingresso creandovi una gradevole area all’aperto. Nel frattempo Rinaldo, figlio di Pasquale, si faceva onore nel campo dell’arte di famiglia diventando pasticcere della Real Casa Savoia. Non è un caso se proprio dai Balzola vennero inventati, intorno al 1919, i famosi Baci di Alassio, un cioccolatino composto da nocciole piemontesi, albume, miele e zucchero con l’aggiunta di crema di cioccolata e panna bollita. Una vera specialità, citata in tribunale negli anni 30 del Novecento dalla Perugina, industria dolciaria umbra, che rivendicava l’esclusività della dizione “Baci” per i propri prodotti al cioccolato. Il giudice dette ragione alla famiglia ligure che aveva diligentemente brevettato il marchio al momento della creazione. La fama del locale cresceva di pari passo con quella della località turistica. Maksim Gorki vi si recava spesso, durante i lunghi soggiorni in Italia, per incontrare e discutere con i rappresentanti intellettuali della comunità inglese, mentre Gabriele D’Annunzio vi faceva frequenti sortite in compagnia di Eleonora Duse. All’inizio degli anni 20, sempre del secolo scorso, grazie ad un palco eretto all’estremità opposta della piazzetta rispetto all’entrata del caffè, venne aperto il primo “caffè concerto” italiano. Su quel palco si esibirono nel corso degli anni cantanti di fama internazionale quali Beniamino Gigli e Tito Schipa. Pasquale jr seguì il cammino intrapreso dal nonno e portato avanti dal padre, tanto che negli anni sessanta venivano spesso da Milano i signori Motta e Alemagna a trascorrervi momenti di relax. Ancora oggi con oltre un secolo di vita e tre generazioni di proprietari il Caffè Pasticceria Balzola rimane uno dei luoghi magici della splendida Alassio.
La ricetta dei Baci di Alassio
(ricetta brevettata Balzola, anno 1913)
750 g nocciole
600 g zucchero
5 albumi
75 g cacao amaro
75 g miele
200 g panna liquida
200 g cioccolato fondente
Tostare le nocciole e macinarle insieme allo zucchero. Montare a neve gli albumi e unirvi con delicatezza le nocciole, il cacao ed infine il miele.
Riempire un sacco a poche con punta rigata. Formare sulla teglia delle roselline di impasto di circa 4 cm di diametro, infornare e cuocere a 200° per circa 10 minuti. Far raffreddare prima di staccare dalla teglia.
Bollire la panna ed aggiungere il cioccolato fondente già sciolto a bagnomaria amalgamando bene con una frusta. Con una discreta quantità di crema di cioccolato unire a due a due le roselline di biscotto.
Incartare i biscotti in stagnola. In un contenitore di latta hanno una buona conservazione.

domenica 26 dicembre 2010

2050 ALLARME RIFUGIATI CLIMTICI

Che dipenda dagli uragani, da tempeste, alluvioni o siccità, oppure che sia la conseguenza di guerre per il controllo dei depositi d'acqua, o ancora che si tratti più in genere di cambiamento climatico, nel 2050 (se ci arriviamo n.d.r.) la Terra potrebbe dover affrontare il trauma rappresentato da 200 milioni di "rifugiati climatici". A riferirlo, in un recente rapporto, l'Organizzazione per le migrazioni (Iom, International organization for migration), un'agenzia internazionale secondo la quale ad oggi le migrazioni ambientali sarebbero pari a circa 50 milioni. Già nel 1990 - rivela il rapporto dell'Iom - si contavano 25 milioni dei cosiddetti "profughi ambientali", in sofferenza per la pressione ambientale sulle loro terre, provocata da inquinamento, desertificazione, siccità e disastri naturali. Anche l'Ipcc (Intergovernmental panel on climate change), il gruppo di scienziati che studiano i cambiamenti climatici su mandato Onu, ha osservato che proprio la migrazione umana potrebbe essere uno degli effetti maggiori dell'impatto dei cambiamenti climatici, ritenuti "uno dei fattori più importanti nel processo decisionale che porta allo spostamento della popolazione". Secondo il rapporto dell'Agenzia per le migrazioni, ad oggi sarebbero 192 milioni le persone, pari a circa il 3% della popolazione mondiale, che vivono fuori dal loro luogo di nascita. Quattro sono i punti fondamentali per liberare questi "prigionieri" del clima: riconoscimento da parte della comunità internazionale del problema, politiche contro la vulnerabilità, mantenimento alto del livello della ricerca e aiuto ai Paesi in via di sviluppo.

venerdì 24 dicembre 2010

L'INVASIONE DI CHRISTMAS ISLAND

Tutti gli anni Christmas Island, in Australia, viene attraversata da milioni di granchi rossi che percorrono chilometri per andare a riprodursi in riva al mare. Animali in genere molto pigri, dove trovano le risorse per un'impresa titanica costellata di pericoli? Una nuova ricerca ha trovato la risposta.

Orde di di granchi rossi (Gecarcoidea natalis) in migrazione si riuniscono sulle spiagge di Christmas Island, Australia.

Una nuova ricerca getta luce su un mistero che ha sempre incuriosito gli studiosi: come mai una specie così pigra e sedentaria trova il coraggio e la forza di “sobbarcarsi una delle migrazioni più difficili al mondo?”, come si è chiesta la coautrice della ricerca Lucy Turner. Ogni anno, quando arriva la stagione delle piogge a Christmas Island, milioni di granchi rossi dell'isola intraprendono un viaggio dalle foreste pluviali degli altopiani verso le spiagge dell'Oceano Indiano dove si riproducono dentro tane scavate a riva. “È un'impresa stupefacente: questi animali, che in genere non sono in grado di muoversi per più di 10 minuti, si mettono in marcia per chilometri e chilometri”, dice Turner, biologa della University of Bristol in Gran Bretagna. Conducendo alcune analisi sul fluido circolatorio - l'equivalente del sangue - dei granchi migranti, Turner e colleghi hanno scoperto che un aumento dell'ormone iperglicemico - o glucanone - dei crostacei, combinato con il glucosio, uno zucchero che produce energia, procura la forza necessaria per l'epica traversata dell'isola. Il sistema endrocrino dei granchi accumula una quantità di zuccheri sufficiente per consentire il loro ritorno a casa nella foresta pluviale.
Lo studio è pubblicato su Journal of Experimental Biology.

giovedì 23 dicembre 2010

L'AGOPUNTURA NON HA PIU' SEGRETI

Svelato uno dei meccanismi molecolari che sta dietro gli effetti antidolore dell'agopuntura: gli aghi hanno il potere di indurre il rilascio, a livello del tessuto trattato, di una sostanza, l'adenosina, che agisce come antidolorifico naturale. La scoperta è dell'equipe di Maiken Nedergaard dell'Università di Rochester. Sulla base di essa i ricercatori sono anche riusciti triplicare gli effetti antidolore dell'agopuntura, per ora sui topolini, aumentando localmente la concentrazione di adenosina. Resa nota sulla rivista Nature Neuroscience, la notizia, che arriva proprio in concomitanza con la IX Giornata Nazionale del Sollievo, sembra avere la forza per sfatare alcune 'maldicenze' sul conto dell'agopuntura, la cui reale efficacia non è riconosciuta da tutti. Vecchia 5 mila anni almeno, l'agopuntura, di certo una delle più diffuse tipologie di medicina non convenzionale, viene usata ormai in tutto il mondo per la cura di molte patologie ma soprattutto come trattamento contro il dolore acuto e cronico. Secondo dati riportati online dall'Associazione Italiana Agopuntura sarebbero circa 6 milioni gli italiani che ogni anno ricorrono agli aghi per i motivi più disparati e, secondo i dati emersi da un recente incontro promosso dalla Società italiana di Farmacognosia (Siphar), sarebbero circa 12 mila i medici agopuntori, numero che pone l'Italia al terzo posto dopo Cina e Giappone. Molto si è detto a favore e contro l'agopuntura e negli ultimi anni è stato un susseguirsi di ricerche scientifiche che pretendevano di dimostrare efficacia o, al contrario, inutilità di questa pratica. I ricercatori Usa sono andati a vedere cosa fa l'agopuntura a livello molecolare e studiando le zampine dolenti di topolini hanno scoperto che uno dei modi (é probabile non sia L'unico) con cui l'agopuntura sortisce i suoi effetti antidolore è quello di indurre il tessuto stimolato dagli aghi a rilasciare una sostanza finora nota più che altro per i suoi effetti favorenti il sonno, l'adenosina. Gli esperti hanno dimostrato sui topolini che un trattamento classico di agopuntura induce in poco tempo il rilascio di adenosina nella parte dolente, la cui concentrazione aumenta di ben 24 volte durante l'applicazione degli aghi; a ciò corrisponde la riduzione del dolore avvertito dagli animali. Come controprova dell'attendibilità della loro scoperta gli esperti hanno eliminato nel tessuto trattato con agopuntura i recettori che si attivano in risposta all'adenosina: senza recettori l'adenosina non può più agire e l'effetto degli aghi svanisce. Infine gli esperti hanno dimostrato che si può potenziare l'effetto dell'agopuntura dando ai topi, in concomitanza col trattamento, un farmaco che prolunga l'azione dell'adenosina. In pratica, cioé, questo farmaco non fa altro che impedire la 'digestione' fisiologica dell'adenosina lasciando che la molecola resti in circolo più a lungo e quindi prolungando e intensificando (di un fattore tre) l'effetto degli aghi. Favorevoli o contrari che siate a qusta terapia non convenzionale, in ogni caso questi esperimenti danno una prova certa di un meccanismo d'azione dell'agopuntura, anche se certamente l'adenosina non è l'unico attore in gioco.

mercoledì 22 dicembre 2010

UNA CORSA SOLARE

È stata l’auto giapponese Tokai Challenger la vincitrice del 10/mo Global Green Challenge, il rally per auto a energia solare che attraversa da nord a sud per 3000 km l’intero continente australiano attraverso il centro desertico, da Darwin fino a Adelaide. L’auto dell’università di Tokai si è portata in testa sin dalla partenza avvenuta il 24 ottobre, e nonostante una foratura a 200 km dalla meta ha tagliato il nastro di arrivo, con una velocità media di circa 100 km/ora. I contendenti più vicini, l’olandese Nuna V e l’americana Infinium dell’università del Michigan, erano ad oltre due ore di distanza e dovendo fermarsi per la notte non raggiungeranno il traguardo fino alla mattina del 29 ottobre. L’exploit giapponese mette fine alla dominazione degli olandesi dell’università di Delft, vincitori delle scorse quattro edizioni e detentori del record del rally con una velocità media di 102,75 km all’ora nel 2005. A competere sono 38 team di ricerca di università, istituti tecnici e imprese di 17 nazioni, tra cui Australia, Svizzera, Germania, Belgio e Turchia. Si corre ogni giorno dalle 8 alle 17: i conducenti debbono fermarsi a campeggiare dovunque si trovino all’ora di arresto, per ripartire la mattina.

IL CANALE DI SUEZ

Il canale di Suez f progettato da un italiano, l'ingegere Luigi Negrelli di Fira di Primiero in Trentino, pioniere della storia della ferrovia e accreditato progettista in tutta Europa. Egli sviluppo' gia' nel 1847 un progetto per il "taglio" dell'istmo di Suez che fu poi, dopo anni di traversie, quello definitivamente approvato. Nel 1858 il Negrelli, gia' nominato Direttore Generale di tutti i lavori del canale e membro del consiglio di amministrazione, al momento di tornare in Egitto dovette rinunciare per motivi di salute. Mori' a Vienna mentre Ferdinando de Lesseps portava a termine il progetto passano alla storia. Il canale fu inaugurato nel 1869. La realizzazione fu un'impresa epica, durata dieci anni, inizialmente con lo scavo manuale da parte di grandi masse di lavoratori. A differenza di Panama, non c'erano dislivelli tra le acque messe in comunicazione e non fu quindi necessario costruire delle chiuse. Al momento della conclusione dei lavori nel 1869, il canale era largo 44 metri e profondo 5, con un percorso di 152 chilometri. Oggi e' largo 190 metri e la sua profondita' e' stata portata a 12 metri nel 1967 e poi agli attuali 17. Il percorso totale e' oggi di 195 chilometri e richiede circa 15 ore di navigazione ad una velocita' massima di 14 nodi. Il traffico e' organizzato in convogli verso le due direzioni ad orari prefissati. E' obbligatoria la presenza a bordo di ogni nave di un pilota esperto del canale. Una nave di stazza media paga oggi un pedaggio di circa 125 mila dollari americani. Un pedaggio molto salato che permette pero' di guadagnare moltissimo tempo invece di circumnavigare l'Africa. Il pasaggio a Suez risulta sempre essere comunque una conveniente scorciatoia, le teriffe sono compensate dai notevoli risparmi di carburante, di stipendio dei marinai e di navigazione del carico.

martedì 21 dicembre 2010

LA FATTORIA DELL'AUTOSUFFICIENZA

Soprattutto negli ultimi tempi, in Italia sempre più persone si stanno orientando verso un tipo di agricoltura che non danneggi l’ambiente, un modo di costruire ad alta efficienza energetica e sostenibile, e un uso razionale dell’energia che ha fatto sì che molti (soprattutto per business) si sono buttati nel mondo delle energie alternative. Nonostante questo però, i centri dove poter mettere in pratica tutte queste cose sono ancora pochi; così come sono pochi quelli che si occupano di permacultura. Il libro Introduzione alla permacultura di Bill Mollison e il viaggio in Germania all’EUZ hanno fatto crescere in me il desiderio di contribuire a portare anche in Italia un grande esempio di progettazione in permacultura che potesse essere di spinta per le istituzioni che stanno pensando di orientarsi verso un programma più ecologico e per i privati e professionisti che vogliono imparare a vivere nel rispetto della natura. Così nel gennaio del 2009 ho acquistato 68 ettari di pratopascolo e bosco abbandonati da circa un decennio. Un posto bellissimo, facilmente raggiungibile in automobile (a 3 km di strada asfaltata dall’uscita della superstrada E45), sito nella Comunità Montana dell’Appennino Cesenate nel Comune di Bagno di Romagna, ben soleggiato perché esposto a sud-est, ricco di acqua perché provvisto di proprie fonti e di biodiversità perché non coltivato da anni. Grazie alla collaborazione con esperti quali John Button e Sergio Abram e al prezioso aiuto di Elena Parmiggiani, nella primavera del 2010 abbiamo cominciato la la concretizzazione della fattoria. Un ettaro e mezzo ospita già 40 varietà antiche di meli della Val di Non, oltre a diverse varietà di frutti di bosco, varie specie di alberi da frutto e 600 metri di siepe ricca di piante fra le quali il biancospino, la pyracanta, l’olivello spinoso, il nocciolo, poncirus, berberis e sorbi. Sono anche stati installati i primi nidi per uccelli e presto saranno realizzati i primi swales (i canali per trattenere l’acqua), stagni e terrazzamenti. Entro l’estate contiamo di avere già una piccola struttura in legno dove potranno essere svolti i primi corsi, soprattutto di progettazione, in modo che chiunque vorrà, potrà contribuire con idee e intuizioni alla realizzazione della fattoria dell’autosufficienza. Il mio sogno è che, con il tempo, si possa avere anche in Italia, come nel resto d’Europa, un grande centro di raccolta dati del settore legato all’autosufficienza, che possa essere una vetrina e di risalto per tutte le realtà che stanno intraprendendo questa strada e una spinta per le istituzioni che salvo rare eccezioni sembrano non accorgersi ancora del fermento provocato dalle persone che si sono stancate di mangiare cibi avvelenati, di respirare aria inquinata, bere acqua sporca ecc. Vorrei che in futuro la fattoria diventasse un luogo che possa essere un esempio pratico e non solo teorico di come si può fare agricoltura in un altro modo, dove i contadini – e non solo loro – possano rendersi conto che è possibile assecondare gli ecosistemi che esistono già in natura con minori sforzi e maggiori risultati. Un grande parco di sistemi per la produzione di energia e calore dal sole, dall’acqua, dal vento e dalla terra. Un insieme di costruzioni eco-efficienti il meno impattanti possibili in legno, paglia, pietra ecc. a confronto con pregi e difetti in risalto. Una grande scuola aperta a tutti dove le cose prima si studiano poi si mettono in pratica, e dove i migliori insegnanti di tutto il mondo possano essere ospitati per tenere i loro seminari. Un luogo che permetta di unire sempre più le varie associazioni, scuole, iniziative ecc. per dargli maggiore forza in Italia e nel mondo. Tutto questo vuole essere la fattoria dell’autosufficienza.

lunedì 20 dicembre 2010

AGENTI ALLERGICI DELL'ALCOOL

Le persone che soffrono di allergie ed asma, possono patire seriamente, ben più che un normale mal di testa, gli effetti di una bevuta eccessiva di vino e alcoolici, perchè questi possono scatenare una serie di disturbi legati agli agenti allergenici presenti nell’alcool. E’ quanto sostiene un’importante associazione di allergologi statunitensi della American Academy of Allergy, Asthma & Immunology’s Public Education Committee. Secondo gli esperti non è l’alcol stesso a produrre la reazione ma gli ingredienti contenuti, tra i quali l’anidride solforosa e la presenza di leviti ed additivi. Tra le reazioni allergiche più probabili l’orticaria, le eruzioni cutanee, l’arrossamento della pelle, broncospasmi e respiro affannoso, questi ultimi in special modo ricorrenti nelle persone affette da asma. L’anidride solforosa si sviluppa naturalmente durante la produzione di vino e può causare reazioni allergiche, provocando gli stessi effetti che ha sulle persone allergiche che lo assumono negli alimenti dove è impiegato come conservante, come in alcuni prodotto da forno, nei condimenti, nei succhi di frutta ed in diversi cibi in scatola. Anche l’istamina, che nell’alcool può venire generata dai batteri e dai lieviti presenti, è un agente allergenico riconosciuto, e tra i suoi effetti può provocare naso chiuso, prurito, lacrimazione agli occhi ed un peggioramento dei sintomi dell’asma. Secondo gli esperti i sintomi sono più evidenti nel vino rosso che nel vino bianco, ed anche la birra può causare fenomeni allergici a causa dei suoi ingredienti, come i cereali, orzo, frumento, mais e segale con cui è prodotta.

TU SAI CHE IO SO CHE TU SAI


Nessuno ti conosce meglio di Google. Se pensavi di usare quella home page colorata come un diario segreto, ti sbagliavi. Le idee politiche, i gusti letterari, cinematografici, sessuali, la religione, le passioni, la banca dove incassi lo stipendio e le e-mail che mandi a tua moglie e alla tua amante. Google sa tutto, perfino dove sei. Lo sa perché ti spia attraverso un buco della serratura gigantesco, fatto di siti internet, software e cookies (piccoli file testuali usati, fra l’altro, per “tracciare” l’attività di chi naviga). Dopo di che ti scheda: il tuo profilo rimane conservato per un anno e mezzo in un database infinito, ramificato in 450mila server sparsi nel pianeta. Lo rivelano due inchieste di Repubblica e del Wall Street Journal. Il motivo di tutto questo? Il modo migliore per fare soldi è vendere pubblicità, la pubblicità migliore è quella che ti conosce. Il problema del target non esiste più, in qualsiasi sito tu vada troverai inserzioni di prodotti e servizi che ti calzano a pennello. Lo chiamano "behavioral advertisement": violento, invadente, dannatamente efficace. Il percorso è stato lungo. Per anni Google resiste alla tentazione di usare metodi aggressivi nella raccolta di dati a fini pubblicitari, ritenendo che possa rivelarsi un boomerang a livello d'immagine. Ma il rapido emergere di concorrenti abituati a tracciare l'attività online degli utenti, per poi rivenderne gli identikit, costringe Google a cambiare politica. A poco a poco i due fondatori, Sergey Brin e Larry Page, si convincono della possibilità di sfruttare l'enorme quantità di dati a loro disposizione senza per questo fare un torto agli utenti. "I fondatori ritengono in questo modo di poter migliorare l'esperienza degli utenti sul web - sostiene Alma Whitten, capo del Privacy Council dell'azienda - ciò che va bene per il consumatore, va bene per l'inserzionista". In verità, il signor Page ci mette parecchio ad abbandonare le sue posizioni: fino all'ultimo continua a professare il "contextual targeting", che consiste nel pubblicizzare su una pagina web un prodotto coerente con l'argomento trattato nella pagina stessa. Risultato: fino al 2006 Yahoo massacra Google sul mercato della pubblicità online. I top-manager di Mountain View non si danno pace e nel 2007 riescono a far acquistare all'azienda la DoubleClick, impresa regina della pubblicità visuale su Internet. Più di tre miliardi di dollari per far amare i cookies a Mr. Page.
Finalmente Google inizia a istallare i ‘file spioni’ sui pc dei suoi utenti, ma ancora per qualche mese evita di usarli. Nuove resistenze dai vertici. Stavolta non da Page, ormai convertito, ma da Brin. Nel corso di un meeting leggendario fra i dipendenti di Mountain View, i due tycoon arrivano a urlarsi in faccia. Alla fine prevalgono le ragioni della ‘pubblicità personalizzata’. Il servizio parte a marzo del 2009, riservato a un ristretto gruppo di facoltosi inserzionisti. Se per anni il sito più potente è stato quello con il maggior numero di visitatori, oggi non è più così: il vero leader è quello con il database più ricco. E Google è invincibile. Non solo ha il maggior numero di account schedati, ma anche il maggior numero di informazioni per singolo utente. Nel 2009 l'azienda ha vinto la medaglia d'oro per il fatturato, con 23,7 miliardi di dollari. Più del triplo dei guadagni di Yahoo, medaglia d'argento. Ma la minaccia più seria per Google non viene dagli altri motori di ricerca; il vero nemico è Facebook. Il social network più importante della rete è in grado di vendere pubblicità con target dettagliatissimi dei suoi utenti (più di 500 milioni di persone). Bisogna correre ai ripari: Google sta già progettando il suo nuovo servizio di social network. Non solo, l'azienda di Mountain View intende copiare da "Facebook" anche qualcosa di più specifico, il bottoncino "Mi piace". Chiunque abbia un profilo in rete lo conosce, anche se di solito lo considera un particolare insignificante, un quadratino su cui cliccare distrattamente per comunicare a qualche centinaio di amici cose come "mi piace il crème caramel", "mi piace lady Gaga". Non è una sciocchezza, ma una vera e propria miniera d'oro. Riuscite ad immaginare quali formidabili profili da "behavioural advertisement" si possano creare con informazioni del genere? In ogni caso, l'attentato alla nostra privacy non è mortale. Esiste perfino un margine di discrezione. Ad esempio, Google non utilizza i dati raccolti da uno dei suoi servizi per inseguirvi con pubblicità personalizzate in qualsiasi angolo sperduto del Web. E' vero, se avete un account Gmail, Google non si fa problemi a ficcare il naso in quello che scrivete e che ricevete, ma solo per spiattellarvi la pubblicità più azzeccata la prossima volta che aprirete la stessa pagina di Gmail.
Non è questa una gran consolazione e Google lo sa, per questo si affretta ad assicurare che "la maggior parte" delle informazioni raccolte non sono associate all'utente tramite il nome, ma attraverso un codice numerico. Si fa fatica a capire quale dovrebbe essere la parte rassicurante: anche se compariamo sotto forma di numeri, in realtà il nostro anonimato è lasciato al buon cuore di chi ci controlla. Per risalire al nostro nome non ci vuole davvero un hacker; basta un nostro accesso in Facebook o nella posta elettronica e il gioco è fatto. Com’era prevedibile, la rete è piena di post in difesa di Re Google. Si dice che nel mondo di internet i dati che ti riguardano non sono di tua proprietà finché non ti preoccupi di proteggerli. In effetti, un modo per impedire ai siti di “tracciarti” esiste, ma scoprire quale si è lasciato alla tua abilità. L’obiezione più ragionevole è però quella che pone l’accento sui rapporti economici: se siti come Google, Facebook o Yahoo non avessero fatto pubblicità personalizzata, non avrebbero mai avuto i milioni di dollari necessari a sviluppare i servizi di cui tutti noi oggi godiamo. Una contropartita c’è, quindi. Ma il punto è che la maggior parte degli utenti non aveva compreso di dover dare qualcosa in cambio. E’ facile prendersela con l’insipienza di molti frequentatori del Web: navigare senza sapere cos’è un cookie - si dice - è come iniziare a fumare senza sapere che fa male. Peccato che sui pacchetti di sigarette sia almeno scritto a caratteri cubitali che “il fumo uccide”, mentre sotto il logo colorato di Google nessuno ha mai specificato “ti sta guardando”.

ATTENZIONE AI CIBI AFFUMICATI

Cibi affumicati a rischio: secondo l'ultimo rapporto dell'Autorita' europea per la sicurezza alimentare (Efsa) molti degli aromi utilizzati per dare il gusto dell'affumicatura potrebbero essere cancerogeni. Primo indiziato, l'aroma conosciuto dagli esperti con il nome di 'AM 01' che si ottiene dal legno di faggio. In questo caso l'analisi dell'Efsa parla di "possibile genotossicita'" e di "effetti mutageni sul Dna delle cellule", fattori che sostanzialmente provocano il cancro. L'Efsa ha esaminato 11 tra i piu' comuni aromi utilizzati in Europa per l'affumicatura di carni, pesce e formaggi e ha dichiarato che per la maggior parte si tratta di sostanze con livelli di tossicita' vicini a quelli considerati pericolosi. In particolare, l'analisi ha determinato che due sugli 11 aromi sono sicuri, otto preoccupanti, uno sotto controllo e uno non valutabile per la mancanza di dati sufficienti. Partendo dai dati delle analisi Efsa la Commissione europea stilera' a breve un elenco di prodotti considerati sicuri. Gli aromatizzanti per affumicature sono solitamente aggiunti agli alimenti per dare loro il gusto di 'affumicato' in alternativa al fumo tradizionale. Klaus-Dieter Jany, presidente del Panel Efsa sugli aromi, ha spiegato che "il gruppo ha basato le sue conclusioni sui dati limiti attualmente disponibili e sulle stime di apporto di queste sostanze". Le preoccupazioni riguardano quegli aromi per cui questo apporto potrebbe avvicinarsi a livelli nocivi per la salute. Tuttavia, ha puntualizzato l'esperto, "cio' non significa necessariamente che le persone che consumano questi alimenti siano a rischio, poiche' si prendono in considerazione stime superiori al reale consumo".

domenica 19 dicembre 2010

BREVI AMBIENTE

ITALIA: Dopo il punteruolo rosso, un altro nemico mette in pericolo la vita delle piante italiane: è la cocciniglia della corteccia (Mastucoccus feytaudi). Originaria della Francia, arrivata in Italia probabilmente con le merci e gli imballaggi dall’estero, questo piccolissimo insetto (misura appena due-tre millimetri) ha la sua preda nel pino marittimo (Pinus pinaster). Di questa pianta colonizza la corteccia del tronco, dei rami e delle radici che affiorano dal terreno, ne succhia la linfa, emette tossine e in pochi anni ne provoca la morte. Molti boschi sarebbero già stati colpiti. Lo dimostrano gli ingiallimenti e arrossamenti anomali, la perdita di resina, la caduta eccessiva di aghi: sono questi, infatti, i sintomi di un pino malato. E in questi casi “l’unica soluzione è abbattere le piante e creare fasce di isolamento del parassita, e sostituire le specie con essenze diverse”, spiega Nazzareno Belleggia alla Stampa. Con un decreto del governo la lotta alla cocciniglia è diventata obbligatoria. Si spera, in questo modo, di spegnere sul nascere i primi focolai. E che non succeda quello che è già successo ai castagneti, decimati da decenni, o ai platani, distrutti in gran numero dal cancro rosso.

ITALIA: Anidride carbonica: nemico per l’atmosfera, ma “amico segreto” per le rose. Uno studio rivela un nuovo possibile “eco-riutilizzo”per il biossido di carbonio: crisantemi, orchidee e rose, nutriti in particolari serre con aria arricchita di anidride carbonica, crescono fino al 30 per cento più veloce del normale. In Olanda molte serre commerciali, già da un po’ di tempo, sono state integrate con emissioni di Co2, ma ora la novità risiede nella provenienza di questi gas. Fino a poco fa gli operatori, come si legge su un articolo del New Scientist, bruciavano appositamente gas naturale con l’unico scopo di generare anidride carbonica per alimentare le serre. Da oggi invece il Paese, noto a tutto il mondo per la bellezza dei propri fiori, lancia una nuova sfida: riutilizzare i gas di scarico delle raffinerie di petrolio. Un’idea innovativa che sviluppata potrebbe servire, non solo per la coltivazione di fiori, ma per la creazione di intere città alimentate con l’aiuto dei gas di scarico. In questa ottica, affermano i ricercatori, “la Co2- spazzatura” (27 miliardi di tonnellate rilasciate ogni anno solo dall’attività umana) potrebbe tramutarsi addirittura in un vero tesoro: oltre all’alimentazione delle serre, nel mondo scientifico si parla per esempio di trasformare la Co2, con l’utilizzo di particolari microalghe, in oli che possono essere trasformati in biodiesel, o di generare nuove fonti di energia per le centrali elettriche riutilizzando una parte delle loro stesse emissioni. “E’ da tempo che abbiamo smesso di pensare alla Co2 unicamente come un fattore inquinante e considerarla come una risorsa preziosa”, ha commentato Gabriele Centi, chimico presso l’Università di Messina.

AUSTRALIA: La Gunns Limited, principale impresa forestale della Tasmania, ha annunciato che non abbatterà più le foreste naturali. La Gunns, che è il principale esportatore mondiale di trucioli di legno, gestirà soltanto piantagioni. Negli anni passati, la Gunns Limited è stata oggetto di aspri conflitti, ed ha recentemente perduto importanti battaglie legali contro gli attivisti ambientalisti, mentre è cresciuta la richiesta di prodotti più responsabil da parte dei clienti giapponesi. L'Estrange, nuovo manager della Gunns, ha dichiarato che "la maggior parte della popolazione australiana è con le organizzazioni ambientaliste non governative. Operare nelle foreste naturali non è più parte del nostro futuro". Il gruppo ambientalista australiano Chip Busters (l'acchiappa-trucioli) ha annunciato che concentrerà la propria attenzione su altre operazioni, come quelle della South East Fibre Exports a Eden. Il portavoce del gruppo, Noel Plumb, sostiene che le autorità dovrebbero sostenere il passaggio piantagioni. "E 'fondamentale che i nostri parlamentari locali si impegnino, e che venga utilizzata parte dei 20 milioni di dollari già stanziati per la ristrutturazione industriale - ha detto - Il taglio delle foreste naturali non è sostenibile". Gira però la voce che il gruppo cartario Asia Pacific Resources International Limited (APRIL) vorrebbe mettere le mani sulle piantagioni della Guns, valutate attorno al miliardo di dollari. A conternderle ci sono la Asia Pulp & Paper (APP), la Nine Dragons, la Hunan Tiger Paper e la Chenming.

BIPOLARISMO NELL' INFANZIA: ATTENZIONE ALLA NUOVA PANDEMIA

Nell’arco di dieci anni, il numero di bambini a cui è stato diagnosticato il disturbo bipolare si è moltiplicato di 40 volte. Un vero e proprio boom di diagnosi e, di conseguenza, di farmaci. Eppure questo disturbo non può essere definito una “malattia psichiatrica”. E allora, perché così tante prescrizioni di psicofarmaci per i piccoli? Boom di diagnosi psichiatriche negli Stati Uniti! In soli dieci anni il numero di ragazzi etichettati affetti da disturbo bipolare si è moltiplicato di 40 volte. A stabilirlo è uno studio del New York State Psychiatric Institute, recentemente pubblicato dalla rivista Archives of general Psychiatry. Le vittime sono soprattutto i bambini tra i 2 e i 5 anni e nella metà dei casi viene prescritto un antipsicotico come Zyprexa, Seroquel o Risperdal. Nonostante, secondo i dati forniti dell'FDA, vi siano stati 45 bambini morti a causa di questi psicofarmaci e 1328 segnalazioni di effetti collaterali, continuano a essere somministrati a bambini in età prescolare. Si calcola che siano già stati prescritti a un bambino di 2 anni ogni 3000. Eppure il disturbo bipolare non è una malattia: non esistono esami per diagnosticarlo; è un comportamento, caratterizzato da fasi euforiche alternate a fasi depressive. L'ambiente e l'alimentazione potrebbero avere un peso determinante su simili manifestazioni; perché allora prescrizioni tanto facili su milioni di bambini? Non sono fatti del tutto nuovi, perché è qualcosa che abbiamo già visto con la sindrome da deficit di attenzione e iperattività o moltissime altre fantasiose "malattie" psichiatriche”. L'industria farmaceutica e il suo entourage psichiatrico è alla costante ricerca di nuove strade per generare profitto. Questo porta inevitabilmente alla creazione, sempre crescente, di nuovi pazienti, da fidelizzare a vita. Campagne di marketing, martellanti, ci convincono sempre più che questi "farmaci" sono necessari per cancellare qualunque comportamento indesiderato, come si fa sulla memoria di un computer. Ma i bambini non sono in grado di valutare i rischi di un antipsicotico e quando sono grandi... ormai è troppo tardi.

sabato 18 dicembre 2010

VIA LA CICCIA CON L' ACAI BERRY?


Acai berries è un frutto che cresce nella giungla azzonica. Dal principio che entrò in scena qualche anni fa, da personaggi televisivi famosi, Acai Berries sono diventati molto popolari in tutto il mondo, chiamata “Super Food.” Questo piccolo chicco di acai e pieno di proprietà nutritive e antiossidantidel Sud America, apprezzato dai suoi indigeni per benefici per la loro salute. Questa bacca piccola è la dimensione di un chicco d’uva, un pollice o così di diametro, con un seme nella parte interna, e la polpa proprio come un chicco d’uva. Acai Berries crescono sugli alberi di palma in grandi mazzi chiamati pannocchie, questi possono contenere centinaia di bacche di acai insieme. Queste piccole bacche sono veramente buoni da degustazione, e sono usate spesso con i pasti e con bevande, con I native del Sud America. Uno dei tanti motivi che le bacche di Acai sono famose e’ per le proprietà antiossidanti è che essi contengono. Gli antiossidanti sono utilizzati dal corpo umano per eliminare gli accumuli tossici nel nostro sistema, che proviene dalla nostra vita quotidiana. Quando il nostro sistema è introdotto a questi antiossidanti, migliora immediatamente; cominciamo a eliminare l’accumulo tossici nel nostro sistema, che proviene dalla nostra vita quotidiana. Quando queste tossine vengono rimosse, il sistema immunitario migliorerà notevolmente nella lotta contro le malattie e migliorare la qualità complessiva della vita. Acai berries posessa il contenuto più alto di qualsiasi alimento antiossidante trovato sulla Terra che si può consumare. Molti benefici sono stati associati con l’uso regolare di acai berries. Studi vengono condotti ad applicare questo alimento contro il cancro e antiaging (ringiovanire). L’antiossidante trovato negli chichi di acai vengono accreditati per aiutare molte malattie fisiche, la rimozione di radicali liberi, l’abbassamento del colesterolo, aiutando il sistema cardiovascolare, aumento del metabolismo, perdere chili, più energia, e molti altri. Da tutti gli utilizzi che acai berries e’ famosa, quel che risalta e’ la pulizia del colon, oppure pulizia intestinale, dovuta al fatto che le bacche di acai sono ricchi di fibra. Una dieta giusta, e l’aiuto di acai berries ogni giorno, ti puoi sbarazzare di tutto il cibo non digerito, che è bloccato nel vostro intestino dal principio della prima visita a un fast food ristorante. Acai berries sono molto bravi a questa pulizia intestinale, questo frutto può realmente pulire il tratto intestinale, eliminando cibo non digerito. Potrai visualizzare immediatamente i risultati e benefici di questa pulizia intestinale.dalla perdita di qualche chilo, una pancia piatta, l’aumento di energia, la pelle piu’ giovane e un beneficio complessivo per la qualità della vita.

Notizia del News7 Australia

venerdì 17 dicembre 2010

NUOVE SPERANZE PER LA LOTTA AL CANCRO

I risultati della ricerca oncologica dimostrano che negli ultimi 30 anni il cancro è diventato sempre più una malattia curabile e che il 40% dei tumori può essere prevenuto conducendo una vita sana e sottoponendosi a visite ed esami di diagnosi precoce. Lo scorso 5 novembre, in occasione della tredicesima Giornata nazionale per la ricerca sul cancro, Umberto Veronesi ha illustrato i risultati ottenuti dalla ricerca oncologica negli ultimi 30 anni. Veronesi, che ha tenuto una lectio magistralis al Convegno “L’oncologia nel terzo millennio” tenutosi di Firenze, ha dichiarato che ”non siamo ancora alle soglie della risoluzione finale del problema cancro, ma ci stiamo avvicinando”. “Non sempre, ma molto di più rispetto al passato, di tumore si riesce a guarire – sia tra gli uomini, sia tra le donne”. Veronesi ha affermato che, oltre alle terapie innovative e agli strumenti tecnologici in costante miglioramento, il tassello fondamentale che negli ultimi 30 anni ha permesso di ottenere ottimi risultati nella lotta al cancro è stata la campagna di prevenzione, che ha fatto prendere consapevolezza ai cittadini sui fattori di rischio tumori e sull’importanza della diagnosi precoce. La diagnosi precoce ha fatto sì che molta gente intervenisse in tempo utile e sconfiggesse la malattia, a differenza di 30 anni fa quando era difficile convincere una donna a fare la mammografia. “Oggi sappiamo - ha proseguito Veronesi - che i big killers possono essere scoperti precocemente. Anticipando la diagnosi le cure sono ridotte, gli organi sono conservati e le amputazioni sono quasi sparite”. Altri fattori che incidono sulla crescente guarigione dal cancro sono i nuovi piani oncologici, che prevedono un uso più ampio delle risonanze magnetiche (favorendo così la diagnosi precoce), la ricerca sulle cellule staminali tumorali, al fine di trovare il modo di intervenire efficacemente ed eliminare il rischio di recidive, e l’uso progressivo della chirurgia robotica, che consente di effettuare manovre di altissima precisione e rapidità, utilizzando strumenti che non traumatizzano la muscolatura del paziente. Ma la vera novità nella lotta al cancro, sempre secondo Veronesi, è che si riduce il numero delle scacchiere su cui si gioca la partita: da due a una sola, poiché le attività dei laboratori di ricerca e dei luoghi di cura si unificano. Inoltre, nella partita entra una nuova figura professionale: il clinico molecolare – l’oncologo del futuro – che divide il suo impegno fra il laboratorio di ricerca e il reparto di diagnosi e cura, oppure fra il laboratorio di ricerca e la sala operatoria. Anche se la strada da percorrere è ancora lunga, “negli ultimi 30 anni – ha proseguito Veronesi – abbiamo fatto più progressi che nei tre secoli precedenti”. Il cancro è diventato sempre più una malattia curabile e il 40% dei tumori può essere prevenuto conducendo una vita sana e sottoponendosi con regolarità a visite ed esami di diagnosi precoce. L’immagine scelta per presentare la tredicesima Giornata nazionale per la ricerca sul cancro, infatti, ha come protagonista la luce che illumina solo la parola “CURABILE”, lasciando in ombra le lettere “IN”. Questa icona rappresenta molto bene la sintesi del principio che sta alla base della ricerca scientifica oncologica e conferma la speranza concreta che il cancro diventi sempre più curabile.

giovedì 16 dicembre 2010

FOTOVOLTAICO SPARY

Sarà commercializzato entro il 2016 il primo spray fotovoltaico, una nuova e rivoluzionaria tecnologia per lo sfruttamento dell’energia solare. L’annuncio arriva dall’Università degli Studi di Leicester, in Inghilterra, e dall’azienda norvegese Ensol. E’ stata proprio questa società a brevettare il prodotto che, per il momento, è soltanto un prototipo: una sottilissima pellicola in grado di attirare le radiazioni solari. L’idea è basata sull’utilizzo di particolari nanoparticelle metalliche, dalle dimensioni ridottissime di 10 nm, compattate in un sottilissimo strato di materiale trasparente che potrà essere steso tramite spray o, addirittura, dipinto sulle superfici piatte. Decisiva per raggiungere l’obiettivo della commercializzazione dello spray sarà la collaborazione con il dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Leicester. Il punto di partenza sarà costituito dalla progettazione di un dispositivo sperimentale composto da queste “cellule” fotovoltaiche attive, delle dimensioni di 16 cmq, poste su diversi substrati di vetro comune. Sarà questo apparato ad essere sottoposto a test per verificare il grado di assorbimento dei raggi solari e il loro tramutarsi in energia pulita. Ad occuparsi del progetto sarà un team di studiosi guidato da Chris Binn, professore di Nanotecnologia presso l’università inglese. L’obiettivo sarà quelli di migliorare le prestazioni del prodotto, rispetto a quello attualmente in sperimentazione, di almeno il 20%. Uno dei vantaggi dello spray fotovoltaico, secondo le prospettive dei ricercatori, sarà la possibilità di ricoprire con esso non solo pareti o tetti di edifici, ma anche le superfici di vetro, come per esempio, le finestre. In questo modo un’abitazione, per esempio, potrebbe essere trasformata in un edificio totalmente autosufficiente dal punto di vista energetico. Secondo Chris Binn, ulteriori utilizzi del prodotto potrebbero essere legati anche allo sviluppo degli aerei ad impulsi solari, in modo da rendere i loro voli privi di emissioni di CO2. Ma anche l’economicità dell’applicazione sarà un fattore di non secondaria importanza per questo prodotto che potrebbe anche avere un’efficacia maggiore rispetto alle altre tecnologie già presenti sul mercato.

mercoledì 15 dicembre 2010

PAURA DI VOLARE?

Le sconcertanti confidenze di alcuni piloti americani: poco sonno, tante ore di volo e pranzi che fanno slittare le partenze...

Con il boom delle compagnie low cost, prendere un aereo è diventato comune quanto salire su un treno. Eppure, volare ha ancora aspetti poco noti. Alcuni preferiremmo non conoscerli, altri ci aiuterebbero a volare in modo più sereno. Per scoprirli, il Reader’s Digest ha interrogato diciassette piloti americani, gli ha fatto domande a bruciapelo su procedure di sicurezza, abitudini di controllo dei velivoli e ritardi inspiegabili. Quello che hanno risposto potrebbe, nel bene e nel male, cambiare il vostro modo di volare. Alcune confidenze sono così controverse che alcuni intervistati hanno chiesto l’anonimato. Ad esempio, un capitano di una compagnia nazionale ha rivelato: “Sono sempre costretto a viaggiare con meno carburante rispetto alla quota che mi farebbe sentire perfettamente sicuro”. Pare che molti operatori preferiscano viaggiare con la benzina appena sufficiente per il viaggio, senza considerare imprevisti che potrebbero costringere (succede) i piloti ad atterrare in aeroporti alternativi. Molti ritardi sembrano inspiegabili. L’aereo c’è, il tempo è perfetto, l’aeroporto non è affollato. In quei casi è spesso colpa di un panino: “Non calcolano il tempo di cui abbiamo bisogno per mangiare, per questo ogni volta che andiamo a prendere qualcosa, finiamo con il fare tardi”, ha confidato un altro anonimo pilota. Per non parlare delle orribili notti di sonno in alberghi sporchi, dai letti scomodi e in quartieri rumorosi. Nessuno vorrebbe farsi portare in giro da un comandante assonnato. Eppure spesso accade anche questo. Vi fidereste di un pilota che ha condotto un velivolo per sedici ore consecutive senza mai ricevere il cambio? Eppure è quello che succede in molti voli degli Stati Uniti. “Abbiamo gli stessi orari massacranti di un camionista. Con la piccola differenza che lui può fermarsi a ogni piazzola di servizio. Noi, per quanto possiamo essere stanchi, dobbiamo tirare dritto”. “Un aereo è come un’altalena, il posto più stabile dove sedersi è sempre verso il centro”. Il consiglio di Patrick Smith, uno dei pochi che hanno dato il permesso ai giornalisti di Reader’s Digest di usare il nome, è di accomodarsi sempre vicino l’ala se si desidera un volo tranquillo. Chi vuole respirare l’aria più fresca, invece, si deve sedere nelle prime file. L’aereo è rimane uno dei mezzi di trasporto più sicuri. Quando gli chiedono quale sia stato il suo viaggio più spaventoso, Jack Stephan risponde sempre: “Un trasferimento in bus dall’aeroporto di Los Angeles all’albergo”. E se proprio volete fare un complimento a un comandante, parlate sempre di un buon atterraggio: “E’ quella la parte più difficile del nostro lavoro” secondo Joe D’Eon.
FONTE: yahoo viaggi

martedì 14 dicembre 2010

ARTRITE: L'AIUTO DALLA CURCUMA

Per gli amanti delle spezie, e non solo, è in arrivo una nuova ricerca scientifica che pare dimostrare come supplementi di curcumina - il principio attivo della curcuma – anche a dosi molto basse possano aiutare ad alleviare il dolore e aumentare la mobilità nei soggetti affetti da osteoartrite. Per onor d’informazione è bene sapere che lo studio, pubblicato su “Panminerva Medica”, è stato condotto per la Indena S.p.A, una azienda italiana specializzata in prodotti naturali. Ed è proprio la nota azienda a dichiarare che è «la prima volta che la curcumina mostra un’efficacia clinica a basse dosi». Per l’esperimento è stato utilizzato un complesso di curcumina addizionato con la Fosfatidilcolina estratta dalla soia e somministrato a pazienti affetti da osteoartrite (OA) del ginocchio. Tale supplemento è stato chiamato Meriva. Per lo studio sono state reclutate 50 persone suddivise poi in due gruppi. Tutti e due gruppi hanno continuato la terapia medica consigliata dal loro medico curante, ma soltanto un gruppo ha ricevuto anche la supplementazione del complesso di curcumina nella dose di 1 grammo al giorno. Di questo complesso, solo 200 milligrammi erano di curcumina. A detta dei ricercatori questo dosaggio è lievemente più alto della normale assunzione di curcumina nella dieta tradizionale indiana. I partecipanti sono stati fatti camminare su un tapis roulant a una velocità di 3 km/ora con un’inclinazione del 10%, sia prima che dopo la cura. Durante l’esecuzione veniva anche registrato il livello di dolore accusato e dopo quanti metri erano costretti a fermarsi. Inoltre, sono stati riportati anche i sintomi comuni dell’OA registrati attraverso un questionario sviluppato dalla Western Ontario and McMaster Universities (WOMAC). Infine, per rendere più sicuro lo studio, è stata controllata la proteina C reattiva (CRP) considerata un marker dell’infiammazione e valutata mediante nefelometria laser. I risultati ottenuti a fine trattamento sono stati incoraggianti: dopo novanta giorni le persone che avevano assunto curcumina avevano mostrato un 58% di diminuzione del punteggio WOMAC e una maggiore resistenza ai tapis roulant: da 76 metri iniziali fino a 332 metri a termine cura. Anche attraverso la CRP sono stati mostrati miglioramenti evidenti. Essa è diminuita da 168 ± 18 a 11,3 ±. 4.1 mg/L

Il gruppo di controllo, invece, non ha evidenziato cambiamenti significativi: 2% nel punteggio WOMAC, da 82 m a 129 m nel test tapis roulant, e da 175 ± 12,3 a 112 ± 22,2 mg / L.
«Questi risultati mostrano che la Meriva è clinicamente efficace nella gestione e nel trattamento dell’artrosi e suggerisce che la stabilità maggiore e il migliore assorbimento di curcumina indotta da complessazione con fosfolipidi ha rilevanza clinica e getta le basi per studi più ampi e prolungati», hanno concluso i ricercatori. Insomma, possiamo cominciare ad aggiungere della curcuma alla nostra dieta, e se poi il nostro medico curante ritiene che i supplementi siano efficaci, aggiungere anche questi.
FONTE: Product-evaluation registry of Meriva, a curcumin-phosphatidylcholine complex, for the complementary management of osteoarthritis ;
Panminerva Medica 2010; 52
Autori: G. Belcaro, MR Cesarone, M. Dugall, L. Pellegrini, A. Ledda, MG Grossi, S. Togni, G. Appendino

lunedì 13 dicembre 2010

LE PIETRE CHE CAMMINANO

Le pietre si trovano nel Racetrack ("pista da corsa”), il letto di un lago asciutto nella Valle della Morte, e rappresentano un fenomeno che sconcerta gli studiosi fin dagli anni Quaranta del Novecento. Benché si ritenga che le pietre si muovano alla stessa velocità di un uomo in cammino, nessuno le ha mai viste in movimento. Gli studi condotti in passato hanno escluso che la gravità o i terremoti possano essere annoverate fra le cause degli spostamenti. Ora però uno studio condotto dal Goddard Space Flight Center della NASA sembra avvalorare l'ipotesi che, durante l'inverno, le pietre possano scivolare su piccoli "collari” di ghiaccio. Secondo Cynthia Cheung, primo ricercatore del progetto, questi si formerebbero attorno alle rocce quando l'acqua scende dalle colline circostanti e si ghiaccia sul letto del lago. Più acqua che scorre potrebbe consentire alle pietre di "galleggiare”. Una squadra composta da laureandi e dottorandi si occupa di studiare i dati prodotti da minuscoli sensori posti sotto la superficie del suolo per monitorare i flussi dell'acqua. È stato così scoperto che i sensori registrano temperature di congelamento in marzo, le quali fornirebbero le circostanze adatte alla formazione dei collari di ghiaccio. Cionostante, la teoria dei collari di ghiaccio è tutt'altro che consolidata, sottolinea Cheung: "Le difficili condizioni dei vari microclimi del deserto comportano che ogni roccia possa essere mossa da una forza diversa, e potrebbe esserci più di un'ipotesi che spiega gli spostamenti".

NOMIGNOLI DEL CALCIO



Banali, divertenti, comuni, incredibilmente ingegnosi. I soprannomi nel mondo calcio hanno una loro precisa ragion d'essere. Se al bar o nelle trasmissioni tv qualcuno nomina Pinturicchio, Pupone, o Divin Codino ognuno sa cogliere il riferimento. Se però si menziona il "Toro di Sora", "Tatanka" o "Apache", anche i più esperti calciofili forse rischiano di vacillare nelle loro certezze. Per la cronaca si tratta rispettivamente di Pasquale Luiso, Dario Hubner e di Carlos Tevez.
In realtà l'usanza di caratterizzare con un nickname il giocatore è tipica del mondo dei tifosi e risale agli albori del calcio. Il nomignolo indica la provenienza (Il cigno di Utrecht- Marco Van Basten), il modo di festeggiare (L'arepolanino- Vincenzo Montella) o molto più spesso le caratteristiche tecniche (Fantantonio-Antonio Cassano) o fisiche del calciatore (La bestia-Julio Baptista, Il sindaco-Marco Osio, El Panteron-Marcelo Zalayeta ).
Il mondo dei fumetti e della fantasia ha popolato anche l'immaginario giornalistico. Così Massimo Ambrosini per traslato è diventato l'Aresnio Lupin del centrocampo, Pluto dal mondo di Disney è passato a indicare Aldair, Papero è lo stigma distintivo di Alexandre Pato. Dal mondo dei cartoon arriva anche Capitan Futuro, intuizione azzeccata per ribatterzzare Daniele De Rossi, il capitano per antonomasia a Roma è Francesco Totti, l'Ottavo Re di Roma, secondo la vulgata dello speaker romanista Carlo Zampa.
Anche nei campionati esteri c'è l'abitudine di contrassegnare con un soprannome i beniamini delle squadre. José Mourinho si autodenominò in Inghilterra nella sua prima conferenza stampa inglese Special One. Roy Makaay, attaccante dal gol facile è conosciuto come El Pistolero, Messi come El Pulce, Higuita come lo Scorpione.
Insomma, con un pizzico di fantasia gli idoli del pallone possono essere umanizzati e resi ancora più simpatici. Provate a mettere alla prova le vostre conoscenze?
Per gli esperti di calcio (ma anche per i profani) ecco un elenco dei soprannomi di calciatori e allenatori italiani e stranieri.

Adriano l'Imperatore
Albertini Demetrio Il metronomo
Aldair Pluto
Altobelli Spillo
Ballotta Nonno
Balotelli Super Mario
Baresi Franco El Picinin
Batistuta Mitragliatrice viola ; batigol ; re leone
Beckembauer Kaiser
Beckham Spice Boy
Bergomi Lo zio
Bersellini Sergente di ferro
Bonaldi e Blisset gli Squali
Boniek Il bello di notte (o Zibì)
Boninsegna Bonimba
Boniperi Marisa
Butragueno el Buitre
Cabrini Bell'antonio
Cafù Marcus Il pendolino
Cassano Peter Pan ; el Buttero
Causio Franco Il Barone
Cerezo Tira e Molla
Charles il gigante buono
Chimenti Zucchina
Chinaglia Long John
Costacurta Billy ; Vibrazioni dell'anima
Cruz el Jardinero
Cudicini/Yashin il ragno nero
Cuper el hombre vertical
David villa el Guaje
Davids Pitbull
De Angelis il Pibe de Pedaso
Del Piero Alex Pinturicchio ; Godot
Del Vecchio Il cammello
Di Livio Soldatino
Di stefano Saeta Rubia
Dida (Nelson de Jesus Silva) La Pantera Nera ; Baghera
Donadoni the normal one
Edmundo o Animal
Emerson Puma
Eusebio la pantera nera
Evani Chicco
Falcao Paulo Roberto Il divino o l'ottavo re di Roma
Figo paso doble
Furino Giuseppe Furia
Gascoigne Gazza
Gattuso Ringhio ; Rino ; Braveheart
Gentile Claudio Gheddafi
George Best the Beatle
Giannini Il principe
Gilardino Alberto Gila, Aladino, Bobaz di Biella
Gourcuff Yoann Le petit Zizou (Il piccolo Zizou)
Graziani Ciccio
Grimi Leo Leandro Damian El Conejito ; Jesùs
Gullit Tulipano nero
Hagi Gheorghe il Maradona dei Carpazi
Herrera il mago
Higuita el Loco
Inzaghi Superpippo ; Velociraptor ; Alta Tensione
James Calamity
Jankulovski Marek Janku
Jimenez el Mago
Kaka' il bambino d'oro ; Lo smoking bianco
Kaladze Kakhaber Zanna Bianca ; Guerriero di Samtredia
Klinsmann Pantegana
Koeman Rambo
Leonardo L'artista
Lima Duracell
Lombardo Popeye
Lopez el Piojo
Lorenzi Benito Veleno
Luiso Pasquale Il Toro de Sora
Makaay el Pistolero
Maldini Paolo Il Capitano
Mancini e Vialli I gemelli del gol
Manfredini Piedone
Maradona el Pibe do oro
Marcelo Salas el Matador
Mario Basler Supermario
Mark Hateley Attila ; Bomba H
Massaro Provvidenza
Materazzi Matrix
Maxwell Conte Max
Mido Il pizzettaro
Montella l'aeroplanino
Morini Francesco Morgan
Nedved Furia Ceca
Nela Hulk
Ortega El Burrito
Osio il sindaco
Owen Golden boy
Pandiani el Rifle
Panucci El Grinta
Pelè o Rei
Peruzzi Tyson
Pierce Psyco
Platini le Roi
Prati Pierino la peste
Pruzzo Il bomber
Ravanelli Penna Bianca
Recoba el Chino
Rivera Gianni Golden boy
Ronaldo il Fenomeno ; Ronie
Samuel The wall
Savicevic il Genio
Scoglio il Professore
Seedorf Clarence Pantera ; Effetto Serra
Serginho Concorde
Simeone el Cholo
Sivori Faccia sporca
Sosa el Pampa
Tardelli Marco Schizzo
Tassotti Mauro Dialma
Toldo Toldone
Tommasi L'anima Candida
Torres el Niño
Torricelli Falegname
Totti Il bimbo de oro ; er pupone
Tovalieri Il Dottore Socrates
Van Basten Marco Il Cigno di Utrecht
Veron la Bruja
Vierchowood lo Zar ; il russo
Vieri Bobogol
Voeller Tedesco volante
Zebina La Gazzella
Zenga l'uomo ragno
Zola Magic box

domenica 12 dicembre 2010

PRENDI IL VIZIO DI RESPIRARE

Secondo le osservazioni satellitari, tra il 2000 e il 2005, la copertura forestale del pianeta di copertura si è ridotta del 3,1 per cento. Le più colpite sono state le foreste boreali - foreste più settentrionali - che da sole hanno segnato circa un terzo di questa perdita, secondo i dati pubblicati dagli Annali dell'Accademia statunitense delle scienze (PNAS). La perdita delle foreste totale tra il 2000 e il 2005 è stato stimato a 1.011 mila chilometri quadrati. Le foreste boreali, che rappresentano il 26,7 per cento della copertura forestale del pianeta, hanno mostrato la maggiore contrazione in questo periodo, perdendo il 4 per cento della propria estensione, ossia hanno coperto da sole il 34,7 per cento della perdita forestale registrata nel periodo in questione. Gli autori del rapporto, un team di studiosi delle università statunitensi del South Dakota State e dello Stato di New York, attribuiscono agli incendi la risponsabilità di cerca due terzi della perdita di foresta boreale. Le foreste tropicali umide, che coprono 11.500 mila chilometri quadrati e rappresentano il più grande superficie boschiva del mondo, hanno perso il 2,4 per cento del loro copertura durante il periodo preso in esame, pari al 27 per cento della perdita complessiva. Le foreste tropicali nelle regioni aride, estese su 7.130 mila chilometri quadrati, pari al 21,8 per cento della superficie forestale mondiale, si sono ridotte del 2,9 per cento, coprendo il 20,2 per cento del totale perdita di copertura forestale.

sabato 11 dicembre 2010

LO SAPETE PERCHE'?



SI VOTA CON LA MATITA?
Non solo sono incancellabili (o per meglio dire, siccome al suo interno non c'è solo grafite ma anche un colorante derivante dall'anilina per cancellare il segno bisognerebbe abraderlo ma la scheda nel caso sarebbe inutiluzzabile dopo) come ti è stato detto, ma sono proprietà dello Stato e pertanto chi se ne impossessa anche distrattamente puo' essere punito con una multa da 103 a 309 euro. Il Presidente di un seggio è tenuto a custodirle e deve restituirle in egual numero alla fine delle elezioni. Anche se una matita si consuma, il Presidente non puo' buttarla ma deve riconsegnare il mozzicone della matita. I voti non espressi con la matita copiativa sono nulli. Tale sistema è stato adottato in tutte le tornate elettorali italiane fin dal referendum monarchia/repubblica del 2 Giugno 1946. E' preferibile alla penna perchè quest'ultima lascia un segno che puo' essere visto dall'altro lato della scheda. Oltretutto anche se sulla scheda il simbolo di un partito è nero e l'elettore non fa una croce molto grande tanto che la croce è interamente contenuta nel simbolo e quindi quasi invisibile ad occhio nudo, con la matita copiativa lo si vede ugualmente in controluce, infatti ha un riflesso violaceo. La matita è fatta in modo che se si sovrappongono più schede quando si vota sulla prima non rimanga un segno su quelle sottostanti.





ACIDO FOLICO IN GRAVIDANZA


I supplementi di acido folico sono raccomandati a tutte le donne che programmano una gravidanza, e anche nei primi mesi di gestazione, ma assumerlo fino alla fine della gravidanza potrebbe avere un effetto collaterale poco desiderabile: il bambino ha un piu' alto rischio di sviluppare l'asma. Lo sostiene uno studio australiano pubblicato dall'American Journal of Epidemiology, il primo che colleghi l'uso dell'acido folico nella madre alla fine della gravidanza al rischio di asma del figlio. Proprio perche' e' il primo studio da cui emerge un dato del genere, i ricercatori sottolineano che occorre cautela per il momento nel dare nuove indicazioni alle donne incinte. Nuove ricerche saranno chiamate a confermare o confutare questi dati. Soprattutto, resta fermo che l'uso dell'acido folico prima e all'inizio della gravidanza e' fondamentale per la salute del bambino. Un adeguato livello di acido folico nel periodo del concepimento, infatti, aiuta a ridurre il rischio di alcuni difetti congeniti nel cervello e nella spina dorsale (difetti del tubo neurale). Gli esperti consigliano alle donne di prendere 400 microgrammi di acido folico al di' poco prima del concepimento e nel primo trimestre della gravidanza, il periodo critico in cui possono formarsi difetti del tubo neurale. Il nuovo studio non contraddice queste indicazioni, sottolinea il coordinatore, dottor Michael Davies, della University of Adelaide in Australia. Tuttavia, poiche' l'acido folico e' necessario solo nel primo trimestre, e' necessario capire se assumerlo anche dopo puo' essere di beneficio o di danno alla mamma e al bambino, aggiunge. Nel nuovo studio, Davies e colleghi hanno misurato l'incidenza dell'asma in piu' di 400 bambini le cui madri erano state seguite fin dall'inizio della gravidanza. Poco meno del 12% dei bambini aveva sviluppato l'asma entro i 3 anni di eta', e la stessa percentuale aveva l'asma a 5 anni. I ricercatori australiani hanno scoperto che i bambini le cui madri assumevano l'acido folico dopo la 30esima settimana di gravidanza avevano un 25% di probabilita' in piu' di soffrire d'asma a 3 anni rispetto ai bambini le cui mamme non prendevano piu' quei supplementi a fine gravidanza. Erano anche piu' alte le probabilita' che i sintomi dell'asma continuassero fino ai 5 anni. Non c'erano invece collegamenti tra l'assunzione di folato nella madre e il rischio di asma nel figlio: il folato e' la forma naturale dell'acido folico, che si trova in alimenti come fagioli e lenticchie, succo di arancia, noci e verdure a foglia verde, per esempio gli spinaci. Questo significa, secondo Davies, che le donne dovrebbero seguire una dieta sana per tutta la gravidanza, assumendo sempre cibi ricchi di folato. Non e' chiaro invece perche' i supplementi di acido folico alla fine della gestazione possano collegarsi con l'asma nei figli. Secondo Davies e' possibile che questa sostanza alteri l'attivita' dei geni che regolano il sistema immunitario nel tessuto polmonare, rendendolo piu' vulnerabile alle reazioni allergiche. Poiche' il sistema immunitario del feto si sviluppa alla fine della gravidanza, l'acido folico preso in quelle settimane potrebbe influire sul futuro rischio di asma del bambino. Per ora e' un'ipotesi e Davies sottolinea l'importanza di condurre nuovi studi per avvalorare, o smentire, questa tesi.

venerdì 10 dicembre 2010

MAR MORTO, IL PUNTO PIU' BASSO

Il Mar Morto e' il punto piu' basso sulla Terra, a -422 metri al di sotto del livello del mare. E' uno dei luoghi finalisti per essere inserito nelle Nuove Meraviglie della Natura. Il livello dell'acqua e' in diminuzione a causa della scarsita' di piogge e dell'abbassamento del fiume Giordano che scorre dal Libano attraverso la Valle del Giordano, per poi alimentare il Mar Morto. Le proprieta' dell'acqua, dei fanghi e dei sali sono note da millenni e oggi questi luoghi accolgono ancora milioni di turisti da tutto il mondo per una vacanza rilassante e curativa.

Il punto più basso della terra è il Mar Morto. Il Mar Morto è un grande lago salato, al confine tra Israele e Giordania, e il bacino situato nel punto più basso della Terra. È un lago terminale, cioè che non ha emissari, ed è alimentato dalle acque del Giordano. Il grado di salinità è assai più elevato rispetto a quello degli oceani e impedisce quasi ogni forma di vita. Sono infatti presenti solo microrganismi, alghe e un'unica specie di gamberetto; ci sono però ricche riserve di minerali. Nei documenti storici il Mar Morto è indicato con vari nomi: Mare Salato, Mare Aggressivo e Mare del Destino. Il Mar Morto, nella Palestina, al confine tra lo stato di Israele e la Giordania, costituisce il punto più basso esistente al mondo, trovandosi a circa 395 metri al di sotto del livello del mare.
Il Mar Morto è un mare praticamente privo di emissari; è un lago terminale che per migliaia di anni ha ricevuto le acque del fiume Giordano e di altri corsi d'acqua minori, come il fiume Arnon, ed una grande quantità di sorgenti grandi e piccole.
Il viaggio da Amman verso il Mar Morto è di 55 km. Sulla strada una pietra indica: "Livello del mare", ma il Mar Morto vero e proprio può essere raggiunto soltanto dopo un'ulteriore discesa di 400 m al di sotto di questo segnale. Il mare e privo di vita per l'alta concentrazione di sali e minerali. Tale concentrazione è dovuta a due fondamentali motivi:
- perchè per migliaia di anni le acque ricche in sali, asportati dalle rocce e dai suoli, del Giordano e degli altri corsi d'acqua sono state convogliate nel bacino;
- perchè il Mar Morto, trovandosi a quasi 400 metri al di sotto del livello marino, non presenta emissari e tutte le acque in arrivo vengono progressivamente concentrate. Inoltre, le perdite per la forte evaporazione dovuta al clima caldo e arido e le scarse precipitazioni hanno col tempo favorito la concentrazione di una enorme e caratteristica quantità di sali.

HASTA LA VICTORIA SIEMPRE

E’ disponibile su Arcoiris TV un documentario di circa 3 ore sulla vita e sulla morte di Ernesto Guevara de la Serna, l’intellettuale rivoluzionario argentino passato alla storia come Che Guevara. E’ un documentario eccezionale, nel senso più letterale del termine, per più di un motivo. Si tratta prima di tutto di un inedito, uscito miracolosamente dagli scaffali di una sala di montaggio in forma chiaramente incompleta. La pellicola dai colori sbiaditi mostra ovunque il “macinamento” implacabile della moviola, mentre le giunte brutali, i salti di quadro, e il fuori-sincrono quasi costante confermano che si tratti di una copia-lavoro che non ha mai raggiunto la fase di finalizzazione. in un certo senso, questo aspetto “crudo” e irrisolto del materiale filmico, girato nel 1973, rappresenta la perfetta metafora del suo contenuto, una “revoluciòn” latinoamericana che non ha mai visto la luce del giorno. Girato da Roberto Savio, ex-regista della Rai, il documentario è l’unico lavoro conosciuto che raccolga le testimonianze dirette di tutti coloro che furono in qualche modo coinvolti nella cattura ed uccisione di Guevara, avvenuta nel 1967. Naturalmente, l’importanza di queste testimonianze non si limita alla dettagliata ricostruzione dell’evento specifico, ma sta nella lettura complessiva che risulta proprio da questo insieme di testimonianze. Ci si rende conto infatti che nella “piccola” storia di 50 guerriglieri sperduti sulle Ande boliviane … si riflette la storia di un intero continente, della sua oppressione e dei suoi frustrati aneliti di libertà. Il meccanismo che si è mosso intorno a Che Guevara, e che ha portato alla sua cattura ed uccisione, ha replicato nel particolare ciò che avviene in tutto il Sudamerica, a livello macroscopico, da cento anni a questa parte. Stiamo parlando prima di tutto dell’ingerenza continua, asfissiante e onnipresente degli Stati Uniti in tutto ciò che riguarda le faccende interne dei vari stati sudamericani. Ingerenza che naturalmente viene espletata sotto l’egida della più classica ipocrisia di facciata: quando si tratta di capire chi abbia deciso l’eliminazione fisica di Guevara, l’uomo della CIA risponde che “furono decisioni prese dall’Alto Comando della sovrana Repubblica di Bolivia”. Quando invece si tratta di vantarsi per la sconfitta della rivoluzione, agli stessi uomini CIA piace pensare che “senza il loro aiuto difficilmente i boliviani ce l’avrebbero fatta” . La stessa ipocrisia viene replicata a livello locale, operativo: il maggiore Shelton, l’americano incaricato dell’addestramento dei contras boliviani, non riesce a nascondere che “fu proprio il battaglione che da noi aveva ricevuto il massimo dei punteggi a condurre in porto l’operazione contro Guevara”, ma subito sottolinea che loro (i militari USA) “hanno l’ordine di non allontanarsi più di cento chilometri dalla loro caserma, per cui quello che accade sulle montagne è completamente fuori dal loro controllo”. Come se a quei tempi la radio non esistesse ancora. Fu infatti via radio che arrivò l’ordine di eliminare Guevara, dopo una travagliata riunione ad altissimo livello che ebbe luogo a La Paz. Una volta catturato il leader rivoluzionario, infatti, bisognava decidere se tenerlo vivo oppure ucciderlo. La sua morte avrebbe sicuramente significato – come poi è avvenuto – la nascita di un mito internazionale, destinato a durare per decenni, ma metterlo in prigione avrebbe probabilmente creato una serie di problemi immediati non da poco. Il caso Debray, ricordato dai vari intervistati, è significativo. Toccò così ad un giovane sergente dell’esercito boliviano entrare nella piccola scuola del villaggio di La Higuera, dove avevano legato Guevara, per ucciderlo. Guevara lo guardò, capì immediatamente, e gli disse: “Prendi bene la mira, codardo, e non sbagliare il colpo. Ricordati che stai uccidendo un uomo”. Nessuno fino ad oggi conosceva con certezza il nome di quel sergente, mentre la versione ufficiale dava Guevara “morto per emorragia interna e dissanguamento da ferite multiple, dovuto alla mancanza di una pronta assistenza sanitaria”. Gli autori del documentario sono riusciti ad identificare il sergente, che rispondeva al nome di Mario Teràn, e nonostante questi fosse dato ufficialmente per morto due anni dopo, lo hanno anche rintracciato e intervistato. Il segmento, da solo, vale tutto il film. Più in generale, emerge dal documentario come la fine della guerriglia sia stata ottenuta grazie alla “collaborazione attiva” del pueblo. Già sapevamo, dal diario di Guevara, che “la rivoluzione sembra destinata a fallire per mancanza di appoggio popolare”. Oggi possiamo confermare che in tutta la Bolivia regnava il terrore assoluto, dovuto alle continue minacce e pressioni da parte dei militari contro chiunque fosse anche solo sospettato di aver aiutato i guerriglieri. A riprova di questa devastante schiavitù psicologica sta il fatto che, a distanza di sei anni dagli eventi, nessun abitante del paesino in cui Guevara fu catturato ha voluto parlare di fronte alle telecamere. Nemmeno per dire che lo aveva visto da lontano. Soltanto un dottore ha parlato, ma a condizione che l’intervista avvenisse a molti chilometri di distanza dal paese. Uno dei momenti più significativi del film è quando il contadino che ricevette 5.000 pesos per denunciare la presenza di Guevara in paese riceve la stessa identica somma dagli autori del documentario, per essersi fatto intervistare. Mentre conta lentamente quei 5.000 pesos piovuti dal nulla, sembra porsi tutte le domande che la gente del sudamerica si è mai posta nella sua vita: chi comanda davvero? A chi devo obbedire? A chi mi conviene credere? Cosa devo fare, pur di riuscire a mettere in tavola un pezzo di pane per i miei figli? E soprattutto si domanda: sarò mai libero davvero? Il documentario infatti è girato in un momento storico molto particolare, dopo che Salvador Allende fu deposto ed ucciso, in Cile, dal golpe guidato da Augusto Pinochet. Noi conosciamo già, per altri percorsi, la pesante ingerenza degli Stati Uniti nella distruzione del primo progetto reale di socialismo in sudamerica. Quella che forse non conoscevamo è l’opinione di Allende su Che Guevara. Questo breve spezzone, di raro interesse storico, sintetizza al meglio l’argomento di fondo che corre per tutto il documentario: il ruolo effettivo dei partiti progressisti, intesi come “organizzazioni che vogliono realizzare pacificamente il cambiamento politico”, rispetto ai rivoluzionari che invece credono sia necessaria la lotta armata. Sullo sfondo di un panorama politico internazionale che cambiava rapidamente (primo accordo russo-americano sul disarmo atomico, con conseguente dissociazione da parte di Mosca delle attività di guerriglia sostentate da Cuba) è doppiamente triste vedere sia Allende che il segretario del partito comunista boliviano sostenere, più o meno fra le righe, che “Guevara aveva torto, e noi abbiamo ragione”. Avevano torto tutti, a quanto pare, nel senso che le forze dell’imperialismo americano hanno dimostrato, nel corso degli ultimi 40 anni, di essere tranquillamente in grado sia di (far) soffocare nel sangue qualunque rivolta popolare, sia di rallentare a tempo indeterminato quel tipo di crescita civile e culturale, nelle popolazioni locali, che è l’unica via per arrivare in modo stabile alla realizzazione di una società più giusta e progredita.

giovedì 9 dicembre 2010

Zoe Z.E.: l'auto "SPA" elettrica di Renault e Biotherm

Piccola city car, berlina compatta, familiare e furgoncino: ce n'è proprio per tutti. Fedele a quella che è ormai diventata una missione, diffondere l'auto elettrica di massa già nel 2011, Renault al Salone di Francoforte ha sfoderato il suo poker d'assi e si prepara a sfidare il mondo con una nuova campagna di comunicazione dal claim che non lascia dubbi sulle sue intenzioni. "Tutti possono costruire un'auto elettrica. Ma chi saprà costruirla davvero per tutti?" Di certo la Casa francese le basi per farlo le sta già buttando giù da tempo. Le partnership firmate in tutto il mondo con i produttori di energia elettrica, l'accordo con Europcar per far noleggiare auto elettriche, fino alle 4 concept car presentate al Salone Internazionale appena concluso, rappresentano i tasselli del più ampio progetto di fornire soluzioni per una mobilità realmente sostenibile a tutti. Il fiore all'occhiello di questa strategia è proprio la versatile gamma di veicoli elettrici targati Renault Z.E., 4 moschettieri dell'elettrico" che verrnno lanciati sul mercato a partire dal 2011:
Twizy Z.E. Concept: è una piccolissima e innovativa 2 posti disposti "in tandem" che si adatta perfettamente alle esigenze del traffico cittadino grazie ad un propulsore elettrico da 15kW e una coppia di 70 Nm garantisce agilità e ottime capacità di accelerazione paragonabili a quelle di un veicolo a due ruote.
Zoe Z.E Concept: seducente, elegante e sofisticata è invece questa berlina compatta, adatta ad un uso quotidiano che con tre modalità di ricarica rappresenta una novità assoluta anche nella gestione ottimizzata del climatizzatore il quale propone anche funzioni inconsuete come la scelta tra 3 effetti: idratante, detossificante e aromi attivi.
Fluence Z.E. Concept: la familiare elettrica di casa Renault garantisce un'autonomia di 160 km e dispone anch'essa di tre possibilità di ricarica della batteria: "standard" (da 4 a 8 ore), "rapida" (20 minuti) e "istantanea" (appena in 3 minuti) , grazie al sistema esclusivo "Quickdrop".
Kangoo Z.E. Concept: destinato agli operatori professionali e derivato da Renault Kangoo, questo furgoncino elettrico monta una motore da 70 Kw con una coppia di 226 Nm, nonché, una batteria agli ioni di litio.
La prossima mossa del marchio della Losanga all'interno del suo programma di sostenibilità Renault eco² sarà quella di mettere a punto già alla fine del 2009 la Fluence destinata a sostituire la Megane con la volontà di ridurre l'impatto ecologico dell'automobile ad ogni suo ciclo di vita (produzione, utilizzo, riciclo). Una volontà che si concretizza nella proposta di nuove tecnologie per i motori termici e le trasmissioni e un'impegno senza precedenti in tema di motori e veicoli elettrici accessibili al più ampio target possibile. E noi speriamo che lo siano davvero soprattutto nel prezzo.