domenica 30 maggio 2010

VIVA CANADA

Oltre 200 mila esemplari di foca potrebbero essere uccisi per salvaguardare la pesca dei merluzzi.
Per ora si tratta solo di un'ipotesi ma gli ambientalisti canadesi sono già sul piede di guerra: secondo uno studio commissionato dal ministero della pesca, 220 delle 300 mila foche grigie che vivono sull'isola di Sable rischiano lo sterminio. Per salvare dalle loro fauci i merluzzi che popolano le acque al largo del porto di Halifax, sulla costa est del Canada, il "massacro", come lo definiscono i 'media' canadesi online, è é una delle opzioni previste in uno studio dello scorso anno che le autorità avevano commissionato per placare i pescatori stanchi di rientrare con le stive mezze vuote per mancanza di pesce. Secondo il programma, che la stampa canadese presenta con un misto di orrore e riprovazione, almeno 100 mila foche andrebbero eliminate nell'arco dei primi 12 mesi. L'uccisione delle altre 120 mila sarebbe invece ripartita nell'arco dei quattro anni successivi. "Se si cominciano a uccidere le foche per salvare i merluzzi mettiamo in moto un circolo vizioso che non finirà più - ha obbiettato Mark Butler, del Centro di azione ecologico di Halifax - la pesca d'altra parte ha già fatto i suoi danni, sottraendo cibo a predatori come gli squali e quindi mettendo varie specie a rischio". Altri ecologisti hanno sottolineato come l'uccisione di un numero così elevato di capi porrebbe gravi problemi di smaltimento. Nel rapporto, tuttavia, si è pensato anche a questo: le foche uccise sarebbero bruciate e le loro ceneri disperse nell'Atlantico. Un portavoce del governo canadese ha detto che non è stata presa ancora nessuna decisione e che l'alternativa potrebbe essere la sterilizzazione di circa 16 mila foche femmina in modo da bloccare la crescita esponenziale di una colonia che, nell'arco di 50 anni, è passata da 20 mila a oltre 300 mila unità. L'isola di Sable è una delle riserve naturali più ricche e suggestive del Canada e le autorità stanno pensando di farne un parco nazionale

sabato 29 maggio 2010

FUMATORI: VAFFANCULO !

SE GETTIAMO UNA CARTA IN TERRA CI GUARDANO MALE, MA GETTARE UNA SIGARETTA E' UNA COSA NORMALISSIMA. PERCHE'????
Raccolta differenziata per le cicche di sigaretta, pericolose per ambiente e salute quanto i rifiuti industriali: è la proposta lanciata dagli esperti dell' Enea, che in un convegno a Roma hanno presentato i primi dati sugli inquinanti che vengono dispersi nell'ambiente con i 195 milioni di cicche di sigaretta gettati via dove capita ogni giorno in Italia (per un totale di 72 miliardi l'anno). Si calcola che le cicche gettate via nel mondo dagli 1,5 miliardi di fumatori siano 4,5 milioni di miliardi ogni anno, pari a 845 mila tonnellate. Complessivamente contengono 7.800 tonnellate di agenti chimici pericolosi. Le cicche sono anche i rifiuti più comuni nel mare: nel Mediterraneo, per esempio, rappresentano il 40% dei rifiuti, contro il 9,5% delle bottiglie di plastica, l'8,5% dei sacchetti di plastica, il 7,6% delle lattine di alluminio.
PROBLEMA VOLUTAMENTE DIMENTICATO - «Il problema è sempre esistito, ma è stato volutamente dimenticato», osserva Carmine Ciro Lombardi, fra gli autori dello studio con Giuliana Di Cicco e Vincenzo Zagà, della Ausl di Bologna. «Finora si è ignorato - aggiunge - che anche le cicche contengono sostanze tossiche». Ma adesso per la prima volta i componenti nocivi contenuti nelle cicche vengono elencati e misurati considerando che i 13 milioni di fumatori italiani consumano 15 sigarette al giorno. Ecco le principali sostanze :
- Nicotina: con le cicche se ne disperdono nell'ambiente 324 tonnellate l'anno. Sono noti i suoi effetti come insetticida ed è tossica anche per gli animali acquatici. Ingerire la nicotina contenuta in poche decine di cicche può uccidere un uomo adulto e ingerire una sola cicca può causare in un bambino problemi respiratori fino alla paralisi.
- Polonio 210: è un elemento radioattivo e cancerogeno. Quello contenuto nelle cicche disperse nell'ambiente ogni anno ha valori di radioattività pari a 1.872 milioni di bequerel (Bq).
- Composti organici volatili: sono prodotti con la combustione e si calcola che i 50 milligrammi di queste sostanze prodotte fumando una sigaretta restino per metà nel filtro. Perciò le cicche gettate via in un anno disperdono 1.800 tonnellate di composti come benzene, formaldeide, acetone e toluene.
- Gas tossici: i principali sono acido cianidrico e ammoniaca e con le cicche se ne riversano complessivamente ogni anno nell'ambiente21,6 tonnellate. L'ammoniaca, spiega Lombardi, viene aggiunta al tabacco allo scopo di far aumentare la disponibilità di nicotina«.
- Catrame e condensato: il primo è un noto cancerogeno e il condensato comprende una grande quantità di composti, come idrocarburi policiclici aromatici, benzopirene e metalli.
- Acetato di cellulosa: è contenuto nel filtro e le 12.240 tonnellate che ogni anno finiscono nell'ambiente non sono biodegradabili. È una materia plastica che dà origine a composti pericolosi per gli animali acquatici, in particolare possono danneggiare l'apparato riproduttivo dei pesci.

venerdì 28 maggio 2010

E' TUTTO UN TAGLIA E POTA

Le potature selvagge effettuate, a volte, in maniera del tutto ingiustifacata a danni di molti alberi nelle nostre città producono danni anche all’avifauna che li abita. E’ l’allarme lanciato dalla LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) in un dossier eloquente in cui, tra foto e dati, viene mostrato lo scempio che spesso queste pratiche, quando effettuate senza il necessario criterio, producono sull’ambiente circostante. La potatura non serve ad allungare la vita vegetativa della pianta, né a migliorarne lo stato vegetazionale anzi, se fatta senza competenza e spinta agli estremi, può portarla a morte. Ed anche quando le piante non risentono apparentemente di danni immediati, cessano per alcuni anni di esplicare la funzione per la quale sono state messe a dimora: fare ombra, rendere più salubre l’ambiente e ingentilire il paesaggio. L'Italia si è aggiudicata la maglia nera in Europa su queste tematiche. In particolare è interessante il raffronto tra quanto accade ne belpaese e a Berlino dove, per decidere sulla potatura di ogni singolo ramo, è necessario non solo adire l’autorità responsabile per la protezione della natura ma anche fornire un’adeguata giustificazione all’atto (ad esempio pericolosità per il traffico o i pedoni).

giovedì 27 maggio 2010

ARMA LASER

Come nei film di fantascienza, per la prima volta un missile e’ stato distrutto in volo da un’arma laser montata su un Boeing 747. Lo ha reso noto il Pentagono. Il test e’ stato effettuato questa mattina in California nell’ambito di un programma di ricerca gestito dalla Missile Defense Agency (MDA). Il congegno laser, prodotto dalla Northrop Grumman, e’ stato montato su un Boeing 747 modificato. Il sistema di puntamento e’ stato prodotto dalla Lockheed Martin. La Missile Defense Agency ha dimostrato l’uso potenziale di energia diretta per la difesa dai missili balistici: un Airborne Laser Testbed (ALTB) ha distrutto con successo un missile balistico, afferma un comunicato del Pentagono. E’ stata la prima intercettazione letale di un missile balistico a carburante liquido con laser partito da una piattaforma volante, afferma il comunicato. Il Pentagono aveva gia’ fatto un test analogo nello scorso agosto ma in tale occasione il raggio laser aveva solo centrato il bersaglio senza distruggerlo. Un Boeing 747 modificato, con a bordo l’arma, era decollato dalla Base Area Andrew (nel Maryland) usando sensori a raggi infrarossi per ‘puntare’ un missile bersaglio lanciato dalla California. Stavolta il laser ha distrutto il missile ‘nemico’. L’uso rivoluzionario di energia diretta e’ di grande interesse per la difesa anti-missile - afferma il comunicato del Pentagono - per la sua capacita’ potenziale di attaccare bersagli multipli alla velocita’ della luce, con una portata di centinaia di chilometri e per giunta a costo basso rispetto ad altri sistemi.

mercoledì 26 maggio 2010

IN C..... ALLA BALENA

Possono gli escrementi di balena salvare il mondo? Secondo un gruppo di scienziati australiani la risposta è sì. Le feci dei cetacei sarebbero un ottimo fertilizzante naturale dell'oceano in grado di contribuire a combattere il surriscaldamento globale, consentendo all'Oceano Antartico di produrre più piante di superficie in grado di assorbire molta anidride carbonica. La ricerca condotta dalla Australian Antarctic Division invita ad utilizzare gli escrementi naturali delle balene sulla superficie delle acque per fertilizzare il terreno sottostante. Gli escrementi dei cetacei risultano essere ricchi di ferro, permettendo all'intero eco-sistema di assorbire più carbonio nelle profondità delle acque. La soluzione secondo gli scienziati sarebbe dunque quella di aumentare la popolazione delle balene in modo da incrementare anche la "produzione" fertilizzante. Il ferro è un micronutriente limitato nell'Oceano Antartico, ma recenti esperimenti hanno dimostrato che l'aggiunta di ferro solubile nelle acque di superficie contribuisce a promuovere hytoplankton tanto necessari proliferazione di alghe. Il ferro è contenuto nelle alghe nelle acque superficiali, dove le piante crescono, ma c'è una pioggia costante di particelle ricche di ferro che cadono nelle acque profonde. Quando i plancton mangiano le alghe e successivamente vengono ingeriti dalle balene, il ferro finisce negli escrementi ed i livelli di ferro aumentano anche nelle acque di superficie dove sono maggiormente necessari. Ancora non è chiaro però quante feci ci vorrebbe, non ci resta che smettere di uccidere questo splendido e indifeso mammifero.

martedì 25 maggio 2010

LA RUSSIA COMPERA LA LETTONIA

Prima della sua dissoluzione, l’Unione Sovietica era circondata da una costellazione di città fantasma, trasformate in basi militari o in centri di ricerca d’importanza strategica che nessuna mappa segnalava. Skrunda-1, per esempio, costruita negli anni settanta nella Lettonia orientale, ha rivestito per anni un ruolo di fondamentale importanza per l’Urss, essendo una delle principali basi d’intercettazione radar dei missili intercontinentali. Da Skrunda dipendeva la sicurezza di Mosca. “Era da qui che partivano le informarzioni su eventuali attacchi statunitensi”, scrive El País. Prima di essere definitjvamente abbandonata, nel 1999, la città aveva raggiunto i cinquemila di abitanti e oggi, a vent’anni di distanza dal crollo sovietico, torna in mani russe, stavolta con metodi capitalisti. Ironia della sorte, infatti, il governo lettone, per uscire dalla crisi economica, ha promosso un piano di privatizzazione per accumulare capitale e attirare investimenti internazionali. Skrunda è stata quindi messa all’asta e venduta per 2,2 milioni di euro alla società russa Aleksejevskoe- Serviss. L’agenzia statale responsabile della vendita ha dichiarato di non conoscere le intenzioni dell’acquirente ma solo che quest’ultimo dovrà rispettare le leggi del paese, e la notizia non è stata accolta favorevolmente in Lettonia. Il paese, come tutte le ex repubbliche sovietiche, guarda al proprio passato comunista come a una ferita ancora aperta. È significativo per esempio il fatto che 350mila persone residenti in Lettonia, cioè il 15 per cento della popolazione, non abbiano la cittadinanza lettone perché, in quanto russe o figlie di russi, rifiutarono di sottoporsi agli esami di lingua e storia richiesti per ottenerla.

lunedì 24 maggio 2010

IL SENTIERO OCCULTO DEL POTERE

Molti interrogativi riguardo ai grandi capovolgimenti della storia qui trovano inquietanti risposte. I documenti raccolti da svariati ricercatori sono ormai in grado di dimostrare come un super-governo ombra, diretto dall’alta finanza internazionale, coordina da tempo le azioni e i programmi dei nostri rappresentanti di ogni colore politico per realizzare disegni di dominio assoluto, di globalizzazione. Si tratta di ciò che la massoneria ama eufemisticamente definire “Nuovo Ordine Mondiale”, un piano secolare che contempla la concentrazione di tutte le risorse del pianeta nelle mani di una infima élite di superbanchieri. Solo conoscendo i retroscena e gli obiettivi delle società occulte a cui sono appartenuti e appartengono tutt’ora tutti i maggiori protagonisti della storia possiamo provare a comprendere realmente il passato, il presente, e forse anche il nostro futuro. Un’analisi dettagliata e approfondita del vero ruolo esercitato dalle società segrete nel corso della storia. Un libro esplosivo che fa finalmente luce su eventi epocali, come i conflitti mondiali, il terrorismo internazionale e la nascita delle grandi ideologie. È solo fantapolitica, come amano farci credere le versioni ufficiali?
Ecco uno spezzone tratto dal film "The International" che vi fara' pensare.

domenica 23 maggio 2010

BIODIVERSITA', GLI ANIMALI CHE LA ROVINANO

Gli animali giocano un ruolo di fondamentale importanza nel mantenimento dei delicati equilibri del nostro ecosistema. Come per l’uomo però, anch’essi possono perdere la loro eco-sostenibilità diventando pericolosi per l’ambiente. Questo accade quando gli equilibri della natura subiscono delle alterazioni. Vediamo più da vicino dieci specie animali dal forte impatto ambientale. Non deve sorprende che gli elefanti abbiano un forte impatto sul nostro ecosistema sono, infatti, gli animali terrestri più grandi e potenti al mondo. Per la ricerca del cibo perlustrano territori molto estesi, lasciando evidenti tracce del loro passaggio: rompono rami, sradicano cespugli e abbattono interi alberi: consumano ogni giorni circa 150 kg di vegetale. Normalmente proprio grazie alla vastità delle aree di alimentazione, la natura riesce a risanare i danni causati dal loro passaggio. Quando però l’uomo ci mette lo zampino, con le recinzioni, con i terreni coltivati, invadendo gli spazi vitali e restringendo la “libertà” di questi splendidi animali, ecco che anche il comportamento più naturale, quale la ricerca di cibo, può radicalmente cambiare un paesaggio.
Ricordate che l’Esodo (Es10,1-20) rievoca le 10 piaghe che flagellarono l’Egitto, tra queste terribile fu l’ottava: l’invasione delle cavallette, che ancora oggi hanno un potere devastante. Gli sciami possono coprire centinaia di chilometri quadrati (fino a 500 km al giorno) e sono composti da miliardi di cavallette. Una vera e propria piaga che si manifesta alla presenza di particolari condizioni e che porta le locuste, generalmente solitarie ad aggregarsi con i propri simili. Sono le piogge particolarmente intense causate da anomalie climatiche a fare da veicolo a questi insetti. Uno sciame di medie dimensioni può rapidamente spogliare interi campi di vegetazione consumando in un giorno una quantità di cibo pari a quella di 2.500 persone. Come combattere questo flagello? Fino ad oggi sono stati usati dei pesticidi molto dannosi anche per altre specie d’insetti ed è per questo che la Locust information service della Fao, sta sperimentando in alcune aree, il metarhisium, un fungo che potrebbe rappresentare un’eco-pesticida per le cavallette.
Stella flagello di barriera, le rosse stelle marine (Acanthaster planci) di grandi dimensioni prendono il nome dalle lunghe e velenose spine che ricoprono interamente il loro corpo. Sono prevalentemente notturne e vivono in prossimità delle formazioni coralline nutrendosi dei polipi e del cenosarco delle madrepore. Quando la specie si riunisce in gruppi con più di venti esemplari, è in grado di mettere a durissima prova l’ecosistema della barriera corallina. Ogni individuo è, infatti, in grado di distruggere dai cinque ai 10 m2 di barriera in un anno. Si ciba dei coralli adulti e inibisce la crescita dei più giovani. Il sovrappopolamento che ha caratterizzato la specie negli ultimi dieci anni sembra essere dovuto a tre cause scatenanti: l’inquinamento, la diminuzione dei suoi predatori a causa della pesca come il Charonia tritonis, un mollusco gasteropode, ed infine il suo ciclo vitale e riproduttivo estremamente veloce. Secondo la Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite, l'allevamento intensivo dei bovini è responsabile del 18% dei gas serra. I bovini emettono una grande quantità di metano attraverso rutti e flatulenze. L'allevamento dei bovini è anche responsabile della deforestazione nel mondo, in particolare nella foresta Amazzonica. Condizionato dalla crescente domanda alimentare da parte dell’uomo, il bestiame in molte regioni del mondo pascola in modo intensivo, riducendo drasticamente la biodiversità.

La carpa comune si alimenta nei fondali, sradicando e disturbando la vegetazione sommersa e alterando l’ambiente in cui vive. Sono particolarmente dannose quando sono introdotte in un ambiente estraneo diventando una specie estremamente invasiva. Gli Stati Uniti e l’Australia spendono ogni anno milioni di dollari per tenere sottocontrollo la popolazione di carpe comuni. Anche le capre possono essere causa di profonde ripercussioni sull’ambiente soprattutto nelle zone di cui non sono originarie. Sono erbivori voraci che mangiano con un gusto la gariga e la vegetazione in genere, trasformando interi boschi in praterie se non vengono controllate. Il problema è diventato molto rilevante in Australia, così come in altre isole in cui l’uomo ha importato degli esemplari di questi animali. Le capre sono creature robuste e sono in grado di tornare facilmente a un’esistenza selvatica.
I rospi delle canne (Bufo marinus) sono in assoluto la specie di anuri più invasiva e infestante esistente al mondo. Lo sanno bene in Oceania, ai Caraibi e negli Stati Uniti. Ironia della sorte, la specie è stata introdotta per l’eradicazione dei parassiti agricoli e nel processo è diventata essa stessa parassita dell’ambiente. Originari dell’America meridionale sono veramente pericolosi per la fauna autoctona, poiché il loro veleno è tossico per gli uccelli, i mammiferi, i pesci, i rettili e per ogni creatura che cerca di cibarsene.
I coleotteri della corteccia (Coleoptera Scolytidae), o scolitidi, scelgono di riprodursi in legni morti o marcescenti, ma varie specie (tra cui il coleottero del pino di montagna del Nord America occidentale) sono note per attaccare e uccidere piante vive. Intere parti di foresta possono essere distrutte se attaccate da gruppi numerosi di coleotteri. Gli scolitidi possono essere portatori di malattie per i malcapitati alberi, come nel caso del coleottero dell'olmo americano che trasmette la malattia dell'olmo olandese.
I ratti sono animali di grande successo. Veri e propri conquistatori in grado di colonizzare velocemente ogni nuovo territorio. Un esempio di tale capacità è stata l'introduzione dei ratti neri su Lord Howe Island, un piccolo habitat nel Mar di Tasmania, dove gran parte della fauna presente è stata spazzata via dai ratti invasori. I roditori possono essere portatori di malattie ed epidemie e una popolazione numerosa può causare ingenti perdite di cibo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
Di tutti gli animali presenti sulla terra, gli esseri umani sono i più distruttivi: quelli con il più alto impatto sull’ambiente. Di solito è l'uomo il responsabile dei maggiori squilibri dell’ecosistema quali il riscaldamento globale, l’estinzione di molte specie animali e vegetali, l'eccessivo sfruttamento della terra e dei mari, la sovrappopolazione e l’industria con il suo inquinamento. Per fortuna gli esseri umani sono capaci di rapidi cambiamenti culturali. E rispetto agli altri animali ha pur sempre una scelta e la possibilità di cambiare.
Fonte Greenme

sabato 22 maggio 2010

IL SIGNOR MEZZOUOMO PENG





Nella vita tendiamo a lamentela spesso di ciò che è o perché non abbiamo qualcosa. Nonostante siamo persone libere siamo scontenti la meta' del tempo che trascorriamo in vita. Le persone grasse dicono," voglio essere magro". Le persone magre dicono," voglio essere più grasso". I poveri vogliono essere ricchi e il ricco non e' mai soddisfatto di ciò che ha. Ora, ditemi cosa dovrebbe dire il signor Peng Shuilin che è alto solamente 78 centimetri. Peng e' nato nella Provincia di Hunan in Cina. Nel 1995 si trovava a Shenzhen per lavoro, camminava per la strada quando, attarversando, un camion il cui autista aveva perso il controllo lo ha investito. Le fratture e le lacerazioni nella parte bassa del corpo sono risultate irreparabili. Per salvargli la vita i chirurghi hanno dovuto amputare il corpo all'altezza dei fianchi. All'epoca dell' incidente Peng aveva 37 anni, ha trascorso quasi due anni nell'ospedale in Shenzhen, subendo una serie imprecisata di operazioni per riparare e riassettare gli organi vitali. Durante la fisioterapia si e' allenato cosi' tanto che le braccia hanno sviluppato una forza incredibile. Ha avuto una enorme forza d'animo e non si e' lasciato andare di fronte all'orrore di quanto gli era accaduto. Peng ha stupito tutti e dopo una decina di anni e' anche tornato a camminare grazie all'ingegno e all'aiuto dei medici del Centro di Ricerca di Riabilitazione di Pechino, i quali hanno progettato una ingegnosa e sofisticata imbragatura chiamata tazza-armadio. Un bossolo che praticamente avvolge quel che resta del suo corpo, con alla base due gambe bioniche. Oggi Peng dirige un supermercato che ha ironicamente chiamato "il negozio del mezzo uomo". E' diventato un esempio per tutti coloro che hanno subito amputazioni. A chi si lamenta Peng dice semplicemente "lei ha i piedi, io no"....."lei ha appena incontrato un uomo che non ha piedi"...... La sua vita è un'azione di perseveranza, un trionfo dello spirito umano di prevalere l'avversità estrema.



La prossima volta che ci vogliamo lamentare di qualcosa fermiamoci solo per un attimo e pensiamo al signor Peng..... Allora!? I nostri sono veri problemi?

venerdì 21 maggio 2010

I SIGNORI DEL RATING

Con i loro voti hanno messo ko la Grecia e inguaiato la Spagna. Sono le agenzie che stilano le pagelle delle Nazioni. L'indirizzo è 250 Greenwich Street a due passi da Ground Zero. Qui al ventesimo piano del grattacielo di Moody's il visitatore è accolto da una targa d'oro: "Credito. La fiducia dell'uomo nell'uomo". Arturo Cifuentes, ex dirigente di Moody's, la pensa diversamente. Oggi definisce "una vergogna il modo in cui le agenzie di rating stabiliscono le loro pagelle sul credito, i voti di solvibilità". Eric Kolchinsky, anche lui manager pentito di Moody's, pronuncia la parola "frode". Frank Raiter che ha lavorato per Standard&Poor's parla di "oligopolio che accumula profitti grazie al ruolo di arbitri". Delle e-mail circolate dentro Standard&Poor's descrivono il rapporto tra quest'agenzia e la Goldman Sachs come "la sindrome di Stoccolma". Cioè la complicità che si stabilisce tra ostaggio e rapitore. Quelle comunicazioni interne, dai contenuti esplosivi, le ha scoperte il Senato di Washington nell'indagine appena avviata sulle agenzie di rating. Un'altra e-mail di Standard&Poor's ammette che "certi numeri noi li massaggiamo prima di divulgarli". Questa "è gente che distribuisce passaporti falsi", secondo Paul McCulley di Pimco, il più grande fondo d'investimento mondiale in titoli di Stato. Eccoci nell'universo delle agenzie di rating. Screditate, vituperate per il ruolo infame che hanno avuto nell'ultima crisi finanziaria. E tuttavia più potenti che mai. È bastato mercoledì il declassamento del debito pubblico spagnolo da parte di Standard & Poor's per far cadere l'euro, precipitando i mercati nella sfiducia. Fino a costringere Barack Obama a intervenire di persona su Angela Merkel, per convincere la Germania a togliere i veti sul salvataggio della Grecia. "E' inaccettabile - protesta il governatore della banca centrale austriaca Ewald Nowotny - che il destino dell'Europa dipenda dal giudizio di un'agenzia di rating". Il destino dell'Europa? E non solo quello. Pierre Cailleteau, il grande guru di Moody's che ha l'ultima parola nelle pagelle sui rating "sovrani" (i voti di solvibilità dei debiti pubblici) lunedì 15 marzo fece tremare il Tesoro di Washington. Quel giorno Cailleteau annunciò che gli Stati Uniti si stavano "avvicinando a un declassamento" del debito pubblico. E' dal 1949 - il primo anno in cui queste pagelle si applicarono ai Treasury Bond americani - che la solvibilità di Washington sta a quota "Aaa", il voto massimo. Cailleteau fece sobbalzare Obama. "E' un dogma della fede", commentò quel giorno il New York Times, che il governo degli Stati Uniti abbia la massima solidità. Un declassamento non significa l'anticamera della bancarotta, soprattutto nel caso dell'America. Ma quasi automaticamente fa salire i rendimenti necessari per collocare buoni del Tesoro sul mercato. Quindi aumenta il costo del debito pubblico, in una situazione già delicata per gli equilibri di bilancio. Chi mai ha dato questo potere smisurato al signor Pierre Cailleteau della Moody's? "In breve - dice l'economista Lawrence White della New York University - la risposta è: i governi stessi". Sorprendente. Perché queste agenzie sono società private a scopo di lucro. John Moody inventa i primi rating nel 1909 con un'applicazione limitata. Il suo "Manual of Railroad Securities" è un annuario delle 200 compagnie ferroviarie americane, a ciascuna delle quali corrisponde un giudizio sulla solidità di bilancio. Una guida per i risparmiatori americani del primo Novecento che vogliono investire in obbligazioni ferroviarie. L'idea piace, la imita nel 1916 Standard Company (poi fusa con Poor's), quindi Fitch negli anni Venti. Viene allargata ad altre categorie di obbligazioni. Dopo il crac di Wall Street del 1929, l'authority americana di vigilanza sulle banche (Comptroller of the Currency) nel 1936 per limitare la speculazione ordina che gli istituti di credito comprino solo obbligazioni dotate di un "voto d'investimento". Cioè un rating. E' il timbro ufficiale di un regolatore sul potere delle tre sorelle. Che aumenta ulteriormente negli anni Settanta quando l'organo di controllo della Borsa americana, la Sec, riconosce le tre agenzie come "Nationally Recognized Statistical Rating Organizations". Ne fa gli arbitri della salute finanziaria. Da quel momento per la loro influenza è un crescendo irresistibile. Via via che si sviluppano i mercati finanziari globali, qualsiasi azienda che voglia piazzare sul mercato un'obbligazione per finanziarsi, va in cerca di quel "voto" magico. Perché molte categorie di investitori per legge possono comprare solo titoli che abbiano un rating. E' vero per le banche: dai rating dei titoli che possiedono in bilancio, dipende quanto capitale devono accantonare per sicurezza. E' vero per compagnie assicurative, fondi pensione. Tutti gli investitori istituzionali che manovrano grandi volumi di capitali, nell'acquistare obbligazioni si tutelano verso la legge esibendo "l'etichetta" che Moody's, Standard & Poor's e Fitch incollano su quei titoli. Compresi i titoli del debito pubblico. Così le tre sorelle diventano di fatto la massima autorità nel giudicare perfino gli Stati sovrani, misurano la fiducia che bisogna avere nella loro capacità di ripagare i debiti. Pochi sanno cosa accade "in cucina", finché le e-mail segrete e le confessioni degli ex manager pentiti disvelano un panorama di incompetenza, collusione, conflitti d'interessi.
Oggi che i governi si accorgono di aver creato un "mostro", non è facile tornare indietro. Tutti sono alla mercè dei rating. Il procuratore generale della California Jerry Brown accusa Moody's di "distruggere questo Stato". A New York la minaccia di un declassamento da parte di Moody's costringe il governatore a licenziare insegnanti e tagliare fondi agli ospedali. Nel maggio 2009 la minaccia che Standard&Poor's tolga una "a" alla Gran Bretagna, ha fatto precipitare del 3% in poche ore la Borsa di Londra. Eppure la credibilità delle tre sorelle è infangata nella crisi del 2008. Non è solo sindrome di Stoccolma, ma vera e propria corruzione, quella documentata dallo studio legale Grais & Ellsworth nella bancarotta di Lehman. "Dietro compenso, le agenzie di rating sceglievano i titoli tossici che la banca collocava sul mercato e poi a quei titoli davano loro il voto". Le "triple a" si sprecavano, anche se dietro quelle obbligazioni c'erano crediti irrecuperabili legati ai mutui subprime. "Il 93% dei titoli che nel 2006 ebbero il rating Aaa - denuncia il premio Nobel dell'economia Paul Krugman - in seguito sono stati declassati al rango junk, spazzatura". Un altro economista, Sylvain Broyer, accusa le tre sorelle di andare al rimorchio dei mercati: nelle bolle speculative regalano voti alti a tutti, quando arriva la paura i rating crollano e amplificano le ondate di vendite. Perciò oggi lo stesso direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, invita a "non credere ciecamente al verdetto delle agenzie di rating". Per quanto riguarda i titoli del debito pubblico, c'è chi propone che sia la Banca centrale europea a dare i rating. Col rischio però di esporre la Bce a tremende pressioni da parte dei governi membri dell'Eurozona. E il piccolo risparmiatore si fiderebbe a comprare Bot, se il rating fosse oggetto di negoziati fra gli Stati? Quella targa d'oro sulla "fiducia dell'uomo nell'uomo" nel grattacielo Moody's oggi sembra una beffa crudele. Delegittimate, inquisite, le agenzie di rating continuano però a macinare profitti favolosi. La sola Moody's ha un margine di utile del 37%. Per istinto gregario, conformismo e paura, investitori e governi sono in loro ostaggio, le vere vittime della sindrome di Stoccolma.

WELCOME TO TIJUANA

Appeso, come monito, lungo un ponte della vecchia autostrada che dal Messico porta agli Stati Uniti. Livido, nudo e senza organi genitali. Un tipico regolamento di conti tra bande di Narcos. Così le autorità locali hanno ritrovato qualche mese fa il corpo martoriato di Rogelio Sanchez, un funzionario corrotto dello Stato messicano della Baja California che - secondo la polizia - vendeva patenti falsificate ai corrieri della droga di Tijuana. Sono quasi quattordici mila le persone uccise in regolamenti di conti mafiosi lungo il confine da quando il presidente Calderon ha lanciato, nel dicembre 2006, una campagna nazionale di polizia contro la violenza dei narcos. Molti poliziotti e funzionari locali - spesso corrotti - sono stati uccisi nei pressi delle loro case o - come nei gangster movies - all’interno degli abitacoli delle proprie auto. Il corpo senza vita di Sanchez - che abitava a Tijuana è solamente uno dei tanti. Welcome to Tijuana!!!!!

giovedì 20 maggio 2010

QANTAS RICICLA LE POSATE MONOUSO

Cosa ne pensereste se sulla linea del vostro aereo le posate che in realtà dovrebbero essere monouso fossero già state usate? Secondo il Daily Telegraph australiano, la compagnia aerea Qantas riutilizzerebbe più e più volte le posate di plastica. Altro che "usa e getta", alcuni collaboratori delle società fornitrici del catering di bordo hanno svelato che le laverebbero almeno trenta volte. Una persona che lavora proprio per una di queste società avrebbe raccolto delle testimonianze da chi prepara ogni giorno il pasto per 50mila passeggeri, solamente per i voli nazionali. Qantas ovviamente nega: "Non è assolutamente vero che coltelli e forchette vengono lavati e rilavati per 30 volte di fila. Al massimo vengono lavati solamente tre volte, dipende dallo stato di usura". Le posate usa e getta, che sono proposte solamente ai viaggiatori della classe economy, perchè in business si usano quelle in acciaio, "sono robuste e ben pulite", afferma il portavoce della compagnia aerea che difende la politica di riciclo. Un fornitore, che per primo ha denunciato la politica della Qantas, allora ha ironizzato: "Perché no, magari potrebbero riutilizzare le metà dei panini che vengono lasciati e così risparmiare anche in quello..."

mercoledì 19 maggio 2010

5 MAGGIO 2010 NASCE UN NUOVO GRUPPO TEATRALE A SYDNEY, GLI EMIGRATTORI


ECCOCI QUI', CI PRESENTIAMO:

ANNALISA MANCINI
Nata a Roma il 13 febbraio 1978, da madre australiana e padre italiano. Nel 1990 si trasferisce a Sydney con la famiglia. Il teatro e l’arte dell’interpretazione l’hanno sempre affascinata fin da quando era bambina. E’ solo nel 2009 che Annalisa ha la grande occasione per far avverare il sogno di recitare. Non si lascia scappare l' opportunita’ di esibirsi su un palcoscenico ed entra a far parte della Compagnia Teatrale Italiana di Sydney e recita brillantemente nel ruolo di una contessa benefattrice in Caviale e Lenticchie, commedia egregiamente diretta dal sempre brillante Annibale Migliucci. Annalisa entra a far parte degli Emigrattori come socio fondatore della compagnia. Da lei ci si aspettano altre brillanti performance negli anni a venire.... su dai smettetela con le vostre battutine!!!!

LUIGI MARIANI
Nasce a Bologna il 22 Aprile del 1982 dall’incontro di due persone straordinarie; lì vive fino al ’95, anno in cui deve trasferirsi a Milano per il lavoro del padre. Nel 2000 si diploma presso il Liceo Classico San Raffaele; il baco del millennio non arriva, in compenso un baco esistenziale lo porta a lasciare i suoi cari per tornare al borgo natio, dove frequenta l’università. Ottenuta la laurea in legge nel 2005, comincia a collaborare con una personalità politica, diventa giornalista e chiude la pratica forense prima che la professione forense si chiuda su di lui. Nel 2006 la svolta: un baco mai visto prima gli si insinua nella mente, nel cuore, per non lasciarlo più. Ottobre 2007: ed è subito Sydney. Luigi ha numerose esperienze di recitazione, inizia la sua carriera all’eta di 13 anni collaborando con vari teatri amatoriali. A Sydney recita grazie alla Compagnia Teatrale Italiana nel 2008 nella parte di Renzo ne I Promessi Sposi e in Caviale e Lenticchie del 2009. E’ socio fondatore del nuovo gruppo teatrale.

ALESSANDRO MAREMONTI
Nato il 12 Giugno 1972 a Peschiera Borromeo in provincia di Milano. Fin da giovane eta’ cerca di mettersi in mostra almeno tra parenti e amici, facendo imitazioni (a pagamento ovviamente) di Beppe Grillo, Mike Bongiorno e Paolo Villaggio. Le risate e gli applausi di questo suo primo pubblico gli fan capire che quella potrebbe essere la strada da seguire tant’e’ che all’eta’ di 5 anni quando gli chiedono che cosa vorrebbe fare da grande, lui risponde “l’Attore”. Ovviamente la famiglia e’ molto piu’ realista e quindi finisce con andare al liceo. A 17 anni mentre si trova in vacanza in un villaggio in Sardegna gli si presenta l’opportunita’ di una vita. Gli viene proposto il ruolo di pomodoro nell’esilarante sketch “I tre pomodori e la merda” (almeno hanno fatto fare la merda a qualcun’altro!) che gli procura una certa fama all’interno del villaggio stesso. Sempre in cerca di una carriera artistica, si ricicla cantante ed insieme a tre amici fonda il gruppo degli Scrapers. L’unico vero motivo per cui lo fanno cantare e’ solo per il fatto che scrive buona parte dei testi e perche’ nessun altro vuole fare brutte figure. Capito che con la musica non potra’ andare da nessuna parte e non becca neanche le ragazze, decide di mettere la testa a posto e accetta l’impiego in banca. Nel 2000, dopo aver capito che non vuole assolutamente morire bancario, decide di lasciare Milano ed emigra in Australia. Dopo aver ottenuto la certezza che non verra’ cacciato dal paese, si rilassa e comincia a cercare il modo di ritornare sulle scene. Grazie ad un fortunato incontro con Annibale Migliucci, capomastro della Compagnia Teatrale Italiana, supera brillantemente il provino (“Tu vuoi recitare? Si mi piacerebbe ma non l’ho mai fatto. Ok ci vediamo settimana prossima, tu sarai Ligurio!”) riesce ad ottenere una parte ne “La Mandragola”. E’ il 2007 e il successo ottenuto lo sprona a continuare e infatti l’anno seguente lo troviamo ancora sulle scene, questa volta nella parte del perfido Don Rodrigo nell’adattamento di Lo Castro de “I Promessi Sposi”. Sembra destinato a prendere sempre di piu’ le redini della CTI quando dopo un diverbio con il Migliucci, viene invitato a lasciare la compagnia teatrale e anche a fondarsene una sua (Migliucci dixit). Prendendo il consiglio al volo, dopo un’intensa campagna acquisti convince altri 2 compagni di sventure a lasciare la CTI e a fondare la compagnia teatrale “Gli Emigrattori” che appunto nasce sotto buoni auspici nel 2010. Come ama ripetere ci dovrebbe essere un sottotitolo dopo il nome Gli Emigrattori ossia “…per potere recitare, siamo dovuti emigrare!”

ROBERTO TRAMARIN
nasce ad Alassio (SV) il 27 Aprile del 1966, dopo aver girovagato un po per il nord d’ Italia nel 1999 si trasferisce in Australia. La prima esperienza come attore avviene durante il suo viaggio di nozze nel lontano…. lasciamo perdere le date! Viene scritturato dal capo villaggio e si esibisce sul palco caraibico per le due settimane della vacanza. L’esperienza e’ stata bella tanto che rimane in lui la voglia di volerci riprovare. Il tempo passa e gli eventi non gli consentono di inseguire il sogno del grande attore. E’ un trascinatore e gli amici sono le vittima predestinate dei suoi scherzi. I bambini lo adorano perche’, essendo anche lui un po bambino, li fa divertire con le sue imitazioni e i suoi giochi improvvisati. La moglie dira’ di averlo sposato perche’ la faceva ridere, ma non si capisce la vera natura di questa battuta.... lasciamo perdere di nuovo!. Nel 2008 viene trascinato dall’amico Maremonti ed entra a far parte della Compagnia Teatrale Italiana, si rituffa cosi’, a distanza di molti anni, su un palco di teatro impersonando come prima esperienza australiana un Bravo di don Rodrigo nella versione comica de i Promessi Sposi e successivamente in Caviale e Lenticchie (2009), in entrambe le commedie riscuote un discreto successo. Decide di lasciare la CTI e di seguire altri amici in una nuova avventura, e’ uno dei soci fondatori del Gruppo Teatrale Gli Emigrattori.

AFRA OCCHIONI
Per riassumere la sua vita si potrebbe dire che e' una giramondo. Nata a Cagliari nella bellissima Sardegna il 12 Giugno del 1978 ha iniziato fin da piccola a girare il mondo. Ha vissuto prevalentemente in Medio Oriente e ritrovato un po’ di stabilita’ negli ultimi anni del liceo quando la famiglia si e’ straferita a Padova, dove e' rimasta fino al completamento della carriera universitaria. E’ proprio all’Universita’ che ha incontrato la sua dolce meta’. La svolta e’ avvenuta nel Dicembre 2005 quando si e’ sposata ed e’ partita alla volta dell’Australia, terra d’origine del marito. Fin da piccola ha avuto la passione per quelle che sono le arti ed in particolar modo il teatro. Dalla sceneggiatura, alla coreografia alla recitazione si e' sempra divertita a dare sfogo alla creativita’ come alter ego della sua vita quotidiana. Per quanto riguarda l' esperienza Australiana, tutto e’ nato dalla grande amicizia con Roberto Tramarin. Dopo l'esperienza con la “vecchia guardia” gia’ presente sul territorio, ovvero la CTI, ha avuto l’onore di essere stata invitata a far parte di questa nuova avventura degli Emigrattori, che vuole condividere questa passione per la recitazione con la frizzante ed energetica nuova realta’ italiana e non, presente a Sydney

emigrattori@gmail.com
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martedì 18 maggio 2010

ISOLA IN VENDITA ALLE BAHAMAS

L’arcipelago di Exuma, alle Bahamas, si compone di molte isole private. Una di queste, nota come Cave Cay, è in vendita a 110 milioni di dollari. Si tratta di un paradiso circondato dalle acque, con porto turistico, pista di atterraggio per i piccoli aerei e diversi edifici. Totalmente autosufficiente, con acqua e luce alimentata da generatori diesel, dispone di spiagge incontaminate, vegetazione lussureggiante e piccoli rilievi. Il proprietario potrà destinare ad uso personale una grande casa sul punto più alto della distesa, godendo di un incredibile panorama a 360 gradi. Fra i piani di sviluppo all’orizzonte c’è la creazione di un resort di prima classe, con club house e ristorante, marina, negozio e spazi ricettivi. Molti i personaggi famosi che posseggono gli atolli vicini: David Copperfield, Johnny Depp, Faith Hill, Tim McGraw e il sempre più squattrinato Nicolas Cage.
Fonte MAVAFFANCULP


lunedì 17 maggio 2010

PRONTI AL SUICIDIO?

La popolazione umana raddoppia ma gli animali diminuiscono di un terzo, per effetto di un degrado dell’ambiente che va dalla deforestazione dell’Amazzonia alla diminuzione dell’acqua dolce nei laghi fino al collasso degli ecosistemi delle barriere coralline: è questa la tesi contenuta nell’ultimo rapporto dell’Onu sulla biodiversità destinato ad essere la base dell’agenda del summit internazionale in programma a Nagoya, in Giappone, nel mese di ottobre. «Per affrontare le cause della perdita di biodiversità - scrive il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon nell’introduzione al rapporto - bisogna dare maggiore priorità alla sua tutela quando si adottano decisioni in tutti i settori della vita economica». La diminuzione di forme di vita di flora e fauna viene infatti indicata dal «Global Biodiversity Outlook 3» come il risultato di cinque processi convergenti: l’aumento di popolazione che porterà nel 2050 il Pianeta ad avere almeno 9 miliardi di abitanti, il sovrasfruttamento delle risorse naturali, l’inquinamento dell’atmosfera causato dalle emissioni di gas nocivi, lo spostamento di specie dai luoghi tradizionali e l’accelerazione dei cambiamenti climatici. Flora e fauna si trovano all’incrocio di questi fenomeni, pagando un prezzo molto alto. «Stiamo perdendo biodiversità ad un ritmo mai visto nella Storia, il tasso di estinzione di specie è mille volte più alto del normale» afferma Ahmed Djoghlaf, segretario esecutivo della Convenzione sulla diversità biologica che è in corso a Nairobi, in Kenya. Declinando nel dettaglio tale valutazione numerica si scopre che la minaccia di sparire dalla faccia della Terra incombe sul 21 per cento dei mammiferi, il 30 per cento degli anfibi, il 12 per cento dei volatili, il 17 per cento degli squali e il 27 per cento dei coralli, come si evince dalla «lista rossa» che è stata redatta dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn). Fra le specie più colpite vi sono gli uccelli presenti nelle regioni agricole dell’Europa, che sono diminuiti del 40 per cento a causa dello sviluppo industriale, e i volatili marini, ridottisi del 44 per cento per effetto soprattutto dei cambiamenti climatici. Il fenomeno dello «spostamento delle specie» lontano dai loro luoghi naturali è una delle conseguenze della perdita di biodiversità: l’avvistamento di una balena del Pacifico di fronte alle coste di Israele è solo la cartina tornasole di un fenomeno molto ampio, come dimostra il rapporto sulle «Specie aliene in Europa» che ne enumera oltre 11 mila, dalle oche canadesi alle trote di ruscello, dai ranuncoli delle Bermuda alle cozze zebrate, sottolineando come sono gli «invertebrati terrestri e le piante terrestri» a provocare i maggiori danni ad un’ecosistema che gli è estraneo.

«Se il mondo stesse perdendo l’equivalente in azioni sui mercati finanziari saremmo di fronte ad un panico dilagante come ad una risposta rapida da parte dei Paesi più ricchi - commenta Bill Jackson, vicedirettore dell’Iucn - ma la scelta di ignorare i danni alla biodiversità avrà nel lungo tempo un prezzo più alto di quello che il Pianeta può permettersi di pagare».

L’atto d’accusa nei confronti delle maggiori economie è contenuto nella parte iniziale del rapporto: «Sono ceche di fronte al grande valore che hanno le diversità di animali, piante e altre forme di vita per il funzionamento del nostro ecosistema, dall'acqua dolce al suolo, dagli oceani all’atmosfera». La tesi di fondo è che «perdita di biodiversità e cambiamenti climatici sono interconnessi» e devono essere «affrontati con pari priorità dai leader politici» incominciando con l’estendere la superficie delle 130 mila aree protette che al momento coprono circa il 13 per cento della superficie della Terra e il 6 per cento degli Oceani. Per Ban Ki-moon si tratta di «un’emergenza legata anche al rischio di carenze alimentari» perché l’effetto della diminuzione negli ultimi 35 anni del 30 per cento delle specie di mammiferi pone le nazioni di fronte allo scenario di «una progressiva diminuzione dei pesci e delle terre fertili» con la conseguenza di «far aumentare i prezzi del cibo» con effetti pesanti da un punto di vista economico soprattutto per i Paesi meno sviluppati. «La Natura è una grande catena e il declino di specie come il tonno rosso, le tigri, il tricheco del Pacifico o la farfalla monarca pone rischi per l’intero Pianeta» aggiunge Stuart Butchard, analista del Centro di studio dell’Onu sulla conservazione dell’ambiente. Si terrà a Bonn, dal 31 maggio all’11 giugno, la sessione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico (Unfccc). L’incontro nasce con lo scopo di intensificare le negoziazioni prima della conferenza mondiale sul clima in programma a Cancun, in Messico, a dicembre. La Convenzione è un trattato ambientale, attualmente riconosciuto da 194 Paesi, che punta alla riduzione delle emissioni dei gas serra.

domenica 16 maggio 2010

HOBBIT VISSE UN MILIONE DI ANNI FA

Lo indica una nuova datazione di utensili usati da uno dei più piccoli ominidi adulti mai trovati. Il misterioso uomo primitivo alto un metro e soprannominato Hobbit, i cui resti furono scoperti nel 2003 nell'isola indonesiana di Flores, vi ha vissuto per almeno un milione di anni, se non due milioni, e non 'soltanto' 880 mila anni come finora calcolato. Lo indica una nuova datazione di utensili usati dalla creatura dalle lunghe braccia e cervello piccolo, uno dei più piccoli ominidi adulti mai trovati nella documentazione fossile, che furono scoperti da scienziati australiani guidati dall'archeologo Mike Morwood dell'università di Wollongong, che descrive i risultati nell'ultimo numero della rivista Nature. Finora le più antiche prove dell'esistenza dell'ominide, o Homo floresiensis, erano utensili di pietra datati 880 mila anni fa, trovati da Morwood con i resti di elefanti nani detti stegodonti e di altri animali, a Mata Menge, 40 km a est della caverna di Liang Bua, dove furono scoperti i resti dell'Hobbit. Gli utensili ora datati sono stati trovati a Wolo Sege, a circa 1 chilometro da Mata Menge, insieme con fossili di stegodonte, tartaruga gigante e draghi di Komodo, e sono identici ai primi utensili. I resti di ominide trovati nella caverna sono stati datati fra 95 mila e 17 mila anni fa e sono gli unici finora scoperti. La nuova datazione degli utensili, scrive Morwood, fa risalire la loro presenza a oltre un milione di anni fa, "ma l'età dei primi di essi a Flores potrebbe facilmente essere il doppio". "Il dibattito è ora su quale fosse realmente l'antenato dell'Homo floresiensis", aggiunge.

sabato 15 maggio 2010

UNA POPPATA AL GIORNO .....

È risaputo che bere latte fa bene, ma quando si tratta di quello materno i benefici che ne possono derivare per l’organismo sono decisamente straordinari. Un’equipe di studiosi dell’Università di Göteborg, esaminando le sostanze chimiche contenute nel latte materno, ha individuato alcuni elementi capaci di contrastare 40 tipologie di tumore. Nel mirino dell’indagine una sostanza denominata “Human Alpha-lactalbumin Made Lethal to Tumour cells o Hamlet” che, afferma il coordinatore della ricerca, Roger Karlsson, “è prodotta dall’unione dell’alfa-lattalbumina del latte con l’acido oleico che si trova nello stomaco dei bambini, quindi l’allattamento al seno è legato a una diminuzione del rischio di tumori nei neonati”. La scoperta consentirebbe di testare nuove terapie curative per le persone affette da neoplasie. Per dimostrare l’efficacia della molecola individuata, l’equipe ha condotto alcuni esperimenti su individui colpiti da tumore alla prostata, evidenziando un miglioramento significativo delle condizioni del paziente in soli 5 giorni. La difficoltà, sottolineano gli esperti, “è far arrivare la molecola direttamente nel sito dove è presente il tumore. Stiamo progettando una serie di altri esperimenti sull’uomo, che dovrebbero iniziare al più presto”. La molecola infatti è capace di distruggere in breve tempo e con ottimi risultati le cellule infette, tramite un processo chiamato apoptotico. L’idea dei ricercatori è quella di realizzare un farmaco ad hoc contenente un concentrato della benefica sostanza da somministrare direttamente nella zona tumorale del paziente, magari attraverso l’assunzione di un pillola o tramite iniezioni locali del siero.

venerdì 14 maggio 2010

RISCHIO LEUCEMIA PER IL NIGER

La falda acquifera contaminata per milioni di anni. Livelli di radioattività nelle strade di Akokan 500 volte superiori ai valori normali nell’area. Metalli radioattivi venduti nei mercati locali. E’ uno dei costi nascosti del nucleare: il prezzo ambientale pagato dall’Africa all’estrazione dell’uranio. La denuncia è contenuta in un rapporto di Greenpeace. Nel novembre scorso l’associazione ambientalista, in collaborazione con il laboratorio indipendente Criirad e la rete di ong Rotab, ha effettuato uno studio del territorio attorno alle città minerarie di Arlit e Akokan, in Niger, per misurare la radioattività di acqua, aria e terra intorno. E’ qui che opera Areva, l’azienda francese leader mondiale nel campo dell’energia nucleare, la stessa società con la quale il governo Berlusconi e il ministro Scajola hanno stretto l’accordo per costruire quattro centrali atomiche in Italia. “In quattro su cinque campioni di acqua che Greenpeace ha raccolto nella regione di Arlit, la concentrazione di uranio è risultata al di sopra del limite raccomandato dall’Oms per l’acqua potabile”, si legge nel rapporto. “In 40 anni di attività sono stati utilizzati 270 miliardi di litri di acqua contaminando la falda acquifera: saranno necessari milioni di anni per riportare la situazione allo stato iniziale”. Anche nelle polveri sottili, che entrano in profondità nell’apparato respiratorio, la concentrazione di radioattività risulta aumentata di due o tre volte. Areva sostiene che nessun materiale contaminato proviene dalle miniere, ma Greenpeace ha trovato diversi bidoni e materiali di provenienza mineraria al mercato locale a Arlit, con un indice di radioattività fino a 50 volte superiore ai livelli normali. Gli abitanti del luogo usano questi materiali per costruire le loro case. “Per le strade di Akokan, i livelli di radioattività sono quasi 500 volte superiori al fondo naturale”, continua lo studio. “Basta passare meno di un’ora al giorno in quel luogo per essere esposti nell’arco dell’anno a un livello di radiazioni superiore al limite massimo consentito”. L’esposizione alla radioattività può causare problemi delle vie respiratorie, malattie congenite, leucemia e cancro. Nella regione i tassi di mortalità legati a problemi respiratori sono il doppio di quello del resto del Niger. Areva sostiene che nessun caso di cancro sia attribuibile al settore minerario. Greenpeace chiede uno studio indipendente intorno alle miniere e nelle città di Arlit e Akokan, seguita da una completa bonifica e decontaminazione. I controlli devono essere messi in atto per garantire che Areva rispetti le normative internazionali di sicurezza nelle sue operazioni, tenendo conto del benessere dei suoi lavoratori, dell’ambiente e delle popolazioni circostanti. “Nella situazione attuale comprare da Areva il combustibile per le centrali nucleari che il governo vuole costruire significherebbe finanziare i disastri ambientali e sanitari in Niger”, commenta Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace.

giovedì 13 maggio 2010

INCONTATTATI SEMPRE PIU' IN PERICOLO

Nuove ricerche scientifiche asseriscono che la zona più ricca in biodiversità di tutta l’America del Sud è una vasta area dell’Amazzonia ecuadoregna e peruviana. Ciò nonostante, questa regione, in cui abitano alcuni degli ultimi popoli isolati rimasti al mondo, è gravemente minacciata dallo sfruttamento minerario e petrolifero. Lo studio, pubblicato in PLoS ONE, stabilisce che numerose regioni situate nell’Ecuador orientale e nel Perù settentrionale sono eccezionalmente ricche di anfibi, di uccelli, di mammiferi e piante. Gli autori deplorano anche il fatto che le compagnie petrolifere operino o stiano per operare nel 79% di questa zona. “Sfortunatamente, nella regione la più ricca in biodiversità dell’America del Sud sono compresi i Lotti petroliferi 39, 67, 121, 123 e 129” ha dichiarato Matt Finer dell’organizzazione Save America’s Forests, uno degli autori del rapporto. La Repsol -YPF opera nel Lotto 39 mentre la Perenco nei Lotti 67 e 121. La Perenco ha già scoperto vasti giacimenti di petrolio mentre Repsol è ancora in fase esplorativa. Queste nuove ricerche forniscono le basi scientifiche per l’implementazione di raccomandazioni e policy tra cui il blocco di nuove attività petrolifere e il veto di costruire strade a Yasuni (in Ecuador), oppure promuovere la creazione di aree in cui siano proibiti progetti di sviluppo su larga scala nella vicina regione vicina nel nord del Perù” si legge nel dossier. L’organizzazione nazionale degli Indiani dell’Amazzonia peruviana, AIDESEP, ha fatto appello ai tribunali peruviani per far cessare le attività estrattive nella regione. L’organizzazione ha anche presentato una protesta al massimo organismo in materia di diritti umani dell’America Latina, la Commissione Inter-Americana per i Diritti Umani.

mercoledì 12 maggio 2010

PLAZA DE MAYO, PER NON DIMENTICARE

Il 24 marzo del 1976 le Forze Armate rovesciarono il governo costituzionale nella Repubblica Argentina attraverso un colpo di stato. Da quel momento il regime militare che si autodefinì "Processo di Riorganizzazione Nazionale" portò avanti una politica basata sul terrore. La sparizione, forma predominante attraverso la quale venne esercitata la repressione politica, colpì 30.000 persone di tutte le età e condizione sociale che furono sottomesse alla privazione della propria libertà e alla tortura, e tra loro centinaia di bambini sequestrati con i propri genitori o nati nei centri clandestini di detenzione dove vennero condotte le giovani in stato interessante. La quantità di sequestri di bambini e giovani in stato interessante, il funzionamento di centri di maternità clandestini (Campo de Mayo, Escuela de Mecanica de la Armada, Pozo de Banfield, etc. Etc.), l'esistenza di liste di famiglie di militari in "attesa" di una nascita all'interno di questi centri clandestini e le dichiarazioni degli stessi militari dimostrano l'esistenza di un piano predeterminato, non solo fondato sul sequestro di adulti, ma anche sull'appropriazione indebita di bambini. I bambini rubati come "bottino di guerra" furono registrati come figli legittimi dagli stessi membri delle forze repressive, abbandonati in qualche luogo, venduti o lasciati in istituti come creature senza nome N.N. In questo modo li fecero sparire annullandone l'identità, privandoli della possibilità di vivere con le famiglie e di tutti i loro diritti e della loro libertà. L'Associazione Civile Nonne di Piazza di Maggio è una organizzazione non governativa che ha come obiettivo fondamentale quello di localizzare e restituire alle famiglie legittime tutti i bambini sequestrati e spariti a causa della repressione politica, creando le condizioni affinchè non si ripeta mai più una così terribile violazione dei diritti dei bambini, esigendo allo stesso tempo una punizione per tutti i responsabili. Niente e nessuno ci ha fermato nella ricerca dei figli dei nostri figli. Attività investigative si alternavano a visite quotidiane ai Tribunali dei Minori, Orfanotrofi, Casa Cunas e allo stesso tempo realizzavamo indagini specifiche sulle adozioni avvenute all'epoca. Ricevevamo anche, e continuiamo a ricevere, le denunce che il popolo argentino ci invia, forma di collaborazione nell'attività di localizzazione dei piccoli. Questo è il risultato dell'attività di sensibilizzazione e presa di coscienza della comunità. Al fine di localizzare i bambini scomparsi le Nonne di Piazza di Maggio lavorano su quattro livelli: denunce e reclami alle autorità governative, nazionali ed internazionali, richieste giudiziarie, richieste di collaborazione dirette al popolo in generale ed indagini o ricerche personali. In questi anni di drammatica ricerca senza pause siamo riusciti a localizzare 80 bambini scomparsi. Per il proprio lavoro l'Associazione si avvale di staff tecnici composti da professionisti in campo giuridico, medico, psicoloico e genetico. Ognuno dei bambini ha una causa aperta nella Giustizia alla quale si aggiungono le denunce che via via si ricevono con il passare del tempo e che conformano elementi probatori che determinano la loro vera identità e quella dei responsabili del loro sequestro o del loro possesso illecito. Per assicurare in seguito la validità degli esami del sangue abbiamo implementato una Banca di Dati Genetici, creata con la Legge Nazionale N. 23.511, dove sono presenti le mappe genetiche di tutte le famiglie che hanno bambini scomparsi. Lavoriamo per i nostri bambini e per i bambini delle generazioni che verrano per preservare la loro identità, le loro radici e la loro storia, pilastri fondamentali dell'intera identità collettiva.

martedì 11 maggio 2010

ANCHE IL MESTIERE PIU' ANTICO DEL MONDO VA AI MONDIALI

“Mi aspetto un mucchio di sterline e dollari, poi, dopo i Mondiali, mollo tutto”. Tshepiso ha solo 23 anni, ma fa la prostituta da sei. Ha cominciato per mantenere suo fratelllo più piccolo, le avevano detto che era un mestiere facile, per il quale non servivano titoli di studio. E così si è adattata. Come lei sono in molte ad aver aspettato con curiosità quali squadre avrebbe riservato loro il sorteggio dei Mondiali 2010. Tshepiso e altre giovani donne come lei lavorano a Rustenburg in una strada divisa come ai tempi dell’apartheid: una parte per gli xhosa, una per gli indiani e una per i bianchi. Ecco dunque le prostitute a tempo determinato per gli amanti del pallone. Per quanto possa apparire bizzarra, l’idea, proposta dalla polizia sudafricana in vista dei prossimi Mondiali del 2010, sta facendo proseliti in quello che, Blatter permettendo, sarà il primo Paese africano ad ospitare la Coppa del mondo di calcio. Durante la manifestazione sportiva migliaia di ragazze, tolte dalla strada, sarebbero ospitate in strutture legali e protette, pronte a soddisfare gli appetiti sessuali dei tifosi e a rimpinguare le casse del Tesoro sudafricano perennemente in bolletta. La proposta, fatta propria da una schiera di parlamentari decisi a convertirla in legge, parte dal presupposto che la domanda di sesso a pagamento schizzerà alle stelle con l’arrivo dei tifosi, come già successo nella precedente edizione in Germania. Perché quindi non legalizzare quello che accadrebbe comunque, come hanno dichiarato i vertici della polizia locale? Secondo le forze dell’ordine, il provvedimento permetterebbe alle prostitute di lavorare in un ambiente più sano e protetto, riducendo così i casi di violenza sessuale in un Paese dove ogni 26 secondi viene stuprata una donna. Mentre la polizia potrebbe concentrarsi sulla sicurezza dei tifosi. L’idea ha suscitato un vespaio di polemiche tra le associazioni cristiane, timorose che il provvedimento sia una specie di cavallo di Troia per la legalizzazione totale della prostituzione, senza contare il possibile aumento del tasso di sieropositivi nel Paese, già oltre il 20 percento. A rimanere perplessa è anche l’ala più nazionalista del Parlamento, secondo cui l’offerta di lavoro riverserebbe in Sudafrica orde di giovani ragazze provenienti dai Paesi circostanti (Zimbabwe soprattutto) in cerca di facili guadagni. Ma un portavoce dell’International Organization for Migration, l’agenzia che monitora i flussi di migranti in tutto il mondo, ha riferito a Panorama.it che gli stessi timori avevano accompagnato la legalizzazione della prostituzione in Germania prima dell’ultima Coppa del mondo. In realtà, l’aumento del flusso di lavoratrici del sesso provenienti dai Paesi dell’est, che si temeva avrebbero invaso il Paese, è stato trascurabile. Le più deluse sono le attiviste per i diritti delle donne. “Vogliamo che la prostituzione sia legalizzata, ma non a tempo”, fa sapere a Panorama.it un’arrabbiata Carrie Shelver, coordinatrice dell’associazione People Opposing Women Abuse, che difende i diritti delle donne. “Altro che proteggere la salute delle donne, così si soddisfa solo la voglia di divertirsi dei clienti. La revisione delle leggi in materia sessuale va a rilento da anni, e ora per un evento internazionale dovremmo approvare una cosa del genere? Per noi è inaccettabile”. Ma i promotori del provvedimento vogliono andare fino in fondo. Hanno ancora un mese di tempo per trasformare il Sudafrica nel paradiso del sesso a pagamento.

lunedì 10 maggio 2010

I CINQUE ANIMALI MARINI PIU' PERICOLOSI

Non lasciatevi ingannare dalle sembianze apparentemente innocue, non si tratterà dei 'classici' squali e alligatori ma sotto il mare si nascondono creature altrettanto pericolose. Ecco i posti dove trovarle..o evitarle.


1. Caravella portoghese o Bluebottle - Oceano Pacifico e Indiano
Sembra una medusa dalla forma strana, composta da una sacca galleggiante di circa 15 cm e da tentacoli lunghi trenta centimetri, ma in realtà la 'Caravella portoghese' è formata da una colonia di polipi. Sui tentacoli sono presenti dieci tipi di veleni diversi, per alcuni dei quali non è stato ancora trovato l'antidoto. Il rischio di incontri ravvicinati con la Caravella è più alto nelle regioni tropicali e sudtropicali anche se l'estate scorsa ne erano state trovate alcune persino nelle acque del Mediterraneo.



2. Riccio fiore - Indopacifico occidentale
Questo riccio di mare è tanto bello quanto letale. Sembra quasi un anemone o un 'bouquet di mare' formato da 'fiorellini' bianchi e rosa, ma è dotato di un veleno che può essere mortale se si viene punti dai suoi aculei. Di solito vive nelle baie e nelle lagune dell'Oceano Indiano occidentale, ma attenzione perchè avvistarlo non è sempre facile, a volte infatti si ricopre con pezzetti di corallo e detriti per mimetizzarsi nel fondale marino.


3. Polpo dagli anelli blu - Barriera corallina australiana
Questo polpo, di una bellezza fuori dal comune grazie agli 'anellini' blu che ne decorano il mantello, ha una caratteristica che lo rende uno degli animali più pericolosi del mondo: il suo morso velenoso può essere letale, provocando la paralisi progressiva della vittima. Anche se è difficile che il polpo attacchi se non infastidito, meglio stare molto attenti se si va a fare una nuotata vicino alla barriera corallina australiana o nelle acque dell'Oceano Pacifico occidentale.

4. Vespa di mare - Australia settentrionale
La più pericolosa delle meduse è lei, la Chironex Fleckeri, meglio conosciuta come 'Vespa di mare'. Veloce e con tentacoli 'velenosi' che arrivano fino a tre metri di lunghezza, può provocare la morte di una persona solamente con una 'carezza'. Pericolosa al punto da aver mietuto in un anno, nelle acque dell'Australia settentrionale, più vittime degli squali bianchi. Anche se esiste un antidoto al suo veleno è sempre meglio fare attenzione quando ci si concede un tuffo nelle acque australiane.


5. Pesce pietra - Mar Rosso e Indo-Pacifico
Le escrescenze che ricoprono il corpo di questo pesce lo fanno sembrare simile a una roccia, cosa che gli permette di mimetizzarsi senza problemi nei fondali marini rocciosi o tra i coralli. La sua arma di difesa 'segreta' è però un veleno letale, che fuoriesce dai suoi aculei quando viene toccato e può portare alla morte se non viene prontamente somministrato l'antidoto.

domenica 9 maggio 2010

COME SCUSI?

E’ molto frequente che i bambini bilingui non vogliano parlare la lingua in cui si sentono meno sicuri, con grande frustrazione dei genitori. Questo però è un fenomeno molto comune, di fronte al quale non bisogna assolutamente preoccuparsi ne’ tantomeno reagire con irritazione. Adesso vedremo i 7 motivi piu’ comuni per questo rifiuto e i 7 metodi piu’ efficaci per superarlo. Innanzi tutto va chiarita la differenza tra bilinguismo attivo (di chi parla -e magari legge e scrive- due lingue), e bilinguismo passivo (di chi capisce una seconda lingua ma non la parla). Il bilinguismo passivo non va affatto sottovalutato, essere in grado di capire una seconda lingua è gia’ un ottimo traguardo, soprattutto in considerazione del fatto che spesso la seconda lingua diventa facilmente attiva nel giro di pochi giorni quando si creano le condizioni giuste, tipicamente un viaggio nel paese d’origine. Comunque puo’ essere utile cercare di capire perchè cio’ accade e come si potrebbe cercare di stimolare il bambino.
Tante possibili ragioni per rifiutarsi di parlare una lingua:
1.il bambino fa una scelta molto pragmatica, cioè si serve delle lingua che conosce meglio e in cui gli risulta piu’ semplice esprimersi, e dobbiamo ammettere che come ragionamento non fa una grinza…
2.il bambino fa una scelta affettiva, cioè la decisione di parlare o meno una lingua diventa un modo per esternare sentimenti per una persona, magari mostrando di preferire la lingua parlata da una persona a cui è molto legato
3.i bambini non vogliono sentirsi diversi, vogliono uniformarsi, e questo può portarli anche a rifiutare di parlare una lingua che li distingue dagli altri
4.sempre perchè non vogliono sentirsi diversi, i bambini non vogliono essere messi in mostra come bilingui. Ripetute richieste di esibire le proprie doti linguistiche di fronte ad altri potrebbero ottenere l’effetto opposto e spingerli e chiudersi e rifiutare una delle due lingue
5.puo’ succedere che una lingua abbia una connotazione meno prestigiosa di un’altra, o addirittura che possa identificare un gruppo sociale – per esempio gli immigrati – i bambini sono molto sensibili a queste cose già in tenera età
6.forse la seconda lingua è entrata a far parte della vita del bambino di recente, per esempio perchè la famiglia si è trasferita. In questo caso ciò a cui si assiste piu’ che un rifiuto di parlare è un “periodo silenzioso”. Durante il periodo silenzioso i bambini sono superimpegnati nell’incamerare informazioni e imparare, piu’ o meno come fa un neonato che passa il primo anno della sua vita ad ascoltare e solo poi comincia a parlare. Questa è una fase dell’apprendimento normale e attivissima, anche se nulla traspare all’esterno i bambini sono impegnatissimi!
7.se sono presenti persone che non parlano la seconda lingua i bambini potrebbero non volerle escludere, questo è un sentimento molto nobile che va apprezzato
Cosa fare per stimolare il bambino a parlare la seconda lingua?
1.continuare a parlare nella seconda lingua! Ci sono tanti motivi diversi per cui un bambino potrebbe ostinarsi a non parlare, ma e’ sempre consigliabile non smettere di parlarla. Continuando a parlare nella lingua minoritaria si permette al bambino di continuare ad imparare questa lingua, anche se inizialmente solo in modo passivo. Come si è detto il passaggio da bilinguismo passivo a attivo può avvenire facilmente, basta che qualcosa o qualcuno lo inneschi, quando ciò avviene però il bambino inizia a parlare e ad esprimersi in modo anche complesso molto velocemente, perchè ha già a disposizione tutti gli strumenti per farlo.
2.creare occasioni per frequentare altri bambini che parlino la stessa lingua con i quali possa giocare
3.capire esattamente cosa spinge il bambino a rifiutare una lingua è essere già a metà dell’opera. Se è inibito dal fatto di non sapersi esprimere, si cercherà di esporlo di piu’ alla seconda lingua perchè impari piu’ in fretta, se è un problema di relazioni familiari, si cercheranno di sciogliere i nodi con i mezzi ritenuti piu’ opportuni, se si tratta di un problema di prestigio sociale, si cercherà di proporgli dei modelli di riferimento positivi nella lingua e cultura opportuna, se è un problema di opportunita’, si puo’ cercare di creare situazioni in cui è necessario parlare la seconda lingua, per esempio portandolo a trovare i nonni nel paese d’origine, etc. etc.
4.in ogni caso, evitare sempre di forzare il bambino e metterlo sotto pressione. Il bilinguismo deve essere un fenomeno molto naturale, e ogni persona puo’ avere tempi e modi diversi, creare delle situazioni di disagio e mettere il bambino in difficolta’ non aiuta nessuno.
5.armarsi di tanta pazienza, tanta comprensione, tanta determinazione. E avere tanta fiducia, il vostro bambino potrebbe non parlare come e quando vorreste, ma cio’ non toglie che vi capisce ed e’ bilingue, e al momento opportuno ve ne ringraziera’ di cuore.
6.associare la lingua ad attivita’ che il bambino ama in particolar modo, come uno sport o un hobby
7.condividere la propria esperienza con altre famiglie, per non arrivare a sentirsi isolati e scoraggiati quando in realta’ questo e’ un fenomeno davvero molto comune.


Fonte: http://bilinguepergioco.com/



Grazie: Luca T. (Sydney)

sabato 8 maggio 2010

IL VULCANO PIU' PROFONDO

Si chiama Black Smoker, “fumatore nero” ed è il vulcano sottomarino più profondo del mondo. Lo ha scoperto una spedizione britannica a 5.000 metri di profondità nella fossa di Cayman, la catena montuosa che si estende a 7.600 metri sotto il livello del mare, fra la Giamaica e le Isole Cayman. Non emette lava, ma acqua bollente, a una temperatura talmente elevata (250-300°C) da poter fondere senza problemi il piombo. Anche la pressione dell’acqua che circonda il vulcano è impressionante: 500 volte più forte della normale pressione atmosferica. Il Black Smoker è stato individuato grazie al robot sottomarino AutoSub6000, progettato dagli ingegneri del National Oceanographic Center (Noc) di Southampton e telecomandato dalla superficie da un gruppo di scienziati ospitati a bordo della nave di esplorazione oceanica James Cook. In seguito, è stato utilizzato un altro veicolo sottomarino, chiamato HyBIS, per filmare i ritrovamenti. “È stato come esplorare la superficie di un altro mondo - ha detto Bramley Murton, il geologo del Noc, che ha teleguidato il dispositivo – i colori arcobaleno delle acque e l’azzurro fosforescente dei tappeti di microbi che le ricoprivano, non assomigliavano a niente che avessi già visto”. Il “fumatore nero” non è l’unica sorgente di questo tipo a essere stata scoperta, i primi esemplari del genere sono stati individuati tre decenni fa nel Pacifico; la maggior parte di essi si trova però a profondità molto inferiori, attorno ai 3.000 metri. Nei pressi del vulcano, gli scienziati hanno scoperto l’esistenza di numerose creature degli abissi, degli esseri che sembrano sfidare, con la loro sopravvivenza in un ambiente così ostile, le regole stesse della biologia. Lo staff del progetto ritiene perciò che studiando le forme di vita che vivono a queste profondità, si possano ricavare indizi su come ha avuto inizio la vita sulla Terra e addirittura sulla possibilità di vita su altri pianeti, dove esistono condizioni ambientali simili. L’esplorazione del vulcano, condotta all’interno di un progetto di studio del Consiglio per le Ricerche sull’Ambiente Naturale del Regno Unito, continuerà fino al 20 aprile; l’equipaggio condividerà le sue scoperte postando foto e video sul sito Internet del progetto del progetto di espolarazione marina.

venerdì 7 maggio 2010

VAMPIRI IN NUOVA ZELANDA

Un attacco vampiresco in piena regola. Un uomo ha denunciato di essere stato aggredito da tre giovani che successivamente lo hanno morso per succhiargli il sangue. L’episodio è accaduto in Nuova Zelanda, in un'anonima notte di febbraio: nessuna luna piena, la cornice è molto meno “romantica”. I tre ragazzi tornavano da una festa e stavano camminando lungo le vie buie di Mount Victoria, cittadina a pochi chilometri dalla capitale Wellington, quando è avvenuto l’attacco. James Phillip Brooks, 22 anni, e Xenia Georgiana Borichevsky, 19, sono comparsi davanti al giudice, ma non hanno chiarito i contorni dell’oscura vicenda. «Quell’uomo aveva colpito la mia ragazza: ero arrabbiato con lui. Poi ho visto la mia fidanzata e il mio compagno di stanza che lo mordevano e io ho fatto lo stesso». Il giovane, volto punteggiato da numerosi piercing e taglio di capelli alla moicana, ha però negato di aver succhiato il sangue della vittima: «Vi sembro un vampiro? Non mi nascondo quando c’è la luce del giorno», ha replicato sarcasticamente al giudice. Alla richiesta di altre spiegazioni i due novelli Nosferatu - il terzo ragazzo non si è presentato in tribunale - non hanno fornito motivazioni credibili. Negli ultimi anni si è registrato un revival della “cultura vampiresca”. Sull’onda di successi editoriali e cinematografici come la saga di Twilight, si sono diffuse subculture attratte dalla figura del vampiro. Make-up "cadaverici" e look gotici sono sempre più diffusi negli Stati Uniti e in Europa, ma difficilmente queste persone raggiungono l'estremo di mordere qualcuno e succhiargli il sangue.
Fonte http://www.stuff.co.nz/dominion-post/local/3662250/Vampire-attack-on-Wellingtons-Mt-Victoria

EVITANDO AIR FRANCE, ECCO PERCHE'

C’è qualcosa di grave che non va sull’ A330 e così Airbus ed Air France sborsano altri 3 milioni di euro per riprendere le ricerche del jet misteriosamente precipitato nell’Oceano Atlantico la notte del 1 giugno 2009 mentre volava da Rio de Janeiro a Parigi con 228 persone a bordo. Preoccupazione e timori soprattutto tra gli equipaggi Air France – secondo quanto Affaritaliani.it ha appreso a Roma da fonti francesi – che hanno cominciato ad accusar malanni pur di non volare sull’A 330 in quella rotta, tra l’altro non di rado teatro di forti turbolenze. Preoccupazione che starebbe cominciando a farsi strada a Fiumicino pure tra piloti ed assistenti di volo dei due vecchi A 330 della nuova Alitalia ereditati da Air One e di quelli nuovi in corso di consegna. E’ così troppo importante per la casa costruttrice e per la stessa compagnia tentar di far piena luce su cosa avvenne quella tragica notte a bordo dell’A 330. Il bireattore intercontinentale A 330 costituisce per Airbus, infatti, uno straordinario successo commerciale. In linea con le maggiori compagnie mondiali. Da qui l’importanza di fugare ogni dubbio circa affidabilità e la sicurezza del velivolo che se non chiariti potrebbero decretarne un prematuro declino. Le ricerche del relitto, sospese dopo alcuni mesi dalla tragedia, sono riprese il 3 maggio scorso. La BEA, l’organismo francese per la sicurezza dell’aviazione civile che conduce l’inchiesta tecnica sull’incidente, ha annunciato da Parigi che questa campagna durerà presumibilmente fino al 25 maggio “per levare le ultime incertezze”. Oltre ai rottami del velivolo si cerca di localizzare le scatole nere che registrano i parametri di volo e le conversazioni dei piloti in cabina di pilotaggio. Sin dalle prime ore dopo il disastro fu accertato che i sistemi di allarme automatici del jet avevano lanciato diversi “avvisi” nel giro di pochi minuti, quando a bordo si era verificata un’ improvvisa anomalia tanto grave da farlo precipitare in pieno oceano in poco tempo. Una manciata di minuti che hanno costituito una interminabile agonia per equipaggio e passeggeri. La nuova campagna fa seguito alla fasi di ricerca uno e due concluse senza risultati determinanti nonostante i 10 milioni di euro spesi congiuntamente da Airbus e Air France. Pochi, infatti, i resti dell’aereo recuperati e non molti i corpi delle vittime, spesso irriconoscibili per l’incidente e per la permanenza in mare, ma soprattutto nessuna traccia delle scatole nere finite chissà dove sul fondo del mare. “Noi vogliamo veramente trovare queste registrazioni che sono un elemento fondamentale per la prosecuzione dell’inchiesta - dichiara il direttore del BEA Jean-Paul Troadec - e poiché non le abbiamo individuate nella zona inizialmente delimitata per le ricerche riteniamo che è possibile trovarle in zone periferiche più a nord, o più ad ovest”. “Dopo i calcoli di un Comitato scientifico – aggiunge - si pensa che le registrazioni possano essere in prossimità di un rettangolo scelto appunto in questa terza fase. C’è comunque una piccola zona dai fondali molto accidentati, proprio al centro di quanto già delimitato, che non ci pare sia stata oggetto di una indagine affidabile. Abbiamo buone possibilità di trovare le scatole nere, ma non siamo in grado di dire quando. Anche se gli strumenti hanno smesso di lanciare i segnali automatici necessari per la loro localizzazione”. Indiziati della causa del fatale crash del 1 giugno sono gli indicatori di velocità degli Airbus A 330 che avrebbero fornito false indicazioni ai piloti proprio in prossimità di una forte turbolenza, inducendoli in errore e provocando così eccezionali sollecitazioni che avrebbero portato alla distruzione in volo dell’aereo. Un’anomalia, quella degli indicatori di velocità degli Airbus A 330, che avrebbe provocato in alcuni casi seri problemi anche a velivoli di altre compagnie