venerdì 20 aprile 2012

EUROLANDIA CHA CHA CHA


Il giorno dopo l’intervento shock di Beppe Grillo sulla fuoriuscita dell’Italia dall’euro e il ripudio del debito Repubblica riprende un editoriale di Paul Krugman, originariamente pubblicato dal NY Times, titolandolo “L’Europa può salvarsi se si libera dall’euro”. Una scelta molto forzata, visto che il pezzo originale si chiamava “Il suicidio economico dell’Europa”.

Paul Krugman è un premio Nobel assurto a fama mondiale da quando ha iniziato a scrivere editoriali sul New York Times. Grazie alla sua attività pubblicistica Krugman è diventato il più autorevole intellettuale liberal degli Stati Uniti, posizione rafforzata dalla sua credibilità accademica in campo economico. Krugman rivendica la sua formazione keynesiana, ed è sempre stato critico con risposte economiche “liberiste” alla grande crisi iniziata con il crollo di Lehman Brothers. In particolare l’editorialista del NY Times ha sempre criticato le politiche troppo restrittive delle banche centrali, e la cosiddetta teoria dell’austerità espansiva – rivendicata spesso da Giavazzi e Alesina sul Corriere della Sera – che postula una ripresa economica basata su tagli di spesa pubblica. Krugman ritiene invece che sia necessario l’esatto contrario per colmare il gap di output causato dalla recessione. Una visione prettamente keynesiana che contesta l’impostazione ideologica che ha caratterizzato le politiche economiche degli ultimi decenni, anche quelle implementate in questi anni di Lesser Depression. Come sottolinea spesso Krugman, nel lungo periodo Keynes è sempre vivo. E’ sicuramente vero che il premio Nobel per l’economia sia il primo, e più autorevole, esponente nel dare una legittimità alla fuoriuscita dall’euro come risposta alla crisi. Ma Krugman, nell’articolo intitolato “Il suicidio economico dell’Europa”, evidenzia in realtà un paradosso. Le politiche dell’austerità di marca tedesca, ovvero la Berlino di Angela Merkel e la Francoforte della BCE, sono così disastrose che condurranno l’Europa alla catastrofe. Ecco perché tanto vale ragionare anche su una fuoriuscita dalla moneta unica, che sarebbe ugualmente catastrofica, come nota con vis polemica l’accademico di simpatie democratiche. Krugman non è nuovo a prese di posizioni molto forti e provocatorie. Questo stile l’ha reso famosissimo, amato dai suoi fan così come disprezzato dai suoi detrattori. Anche con Obama l’editorialista del NY Times era stato molto critico, perché aveva aspramente contestato la sua proposta di stimolo economico, da lui giudicata come ampiamente insufficiente. Per valutare le critiche di Krugman bisogna inoltre anche considerare che l’economista ha criticato la formazione della moneta unica sin dalla sua nascita. Secondo lui l’euro non avrebbe potuto sopravvivere a contrazioni economiche molto marcate, perché si sarebbero ripetute le crisi dei paesi in via di sviluppo che avevano la loro valuta agganciata al dollaro. Per Krugman l’euro è una moneta troppo apprezzata per i paesi in crisi, che avrebbero bisogno di una svalutazione competitiva per rilanciarsi e aggiustare i loro prezzi reali ai livelli più bassi determinati dalla recessione. Questo non è possibile per l’area euro, e la strategia deflazionaria perseguita dall’austerità, soprattutto in fase di non crescita a livello mondiale, aumenta il costo reale del debito, una situazione di strangolamento dei paesi in crisi. La descrizione di Krugman si è oggettivamente dimostrata piuttosto corretta se si valuta quanto successo in Grecia o in Spagna, ha sempre contestato la narrazione tedesca della crisi, ovvero che la recessione nell’area euro fosse stata generata da un eccesso di debito negli anni recenti. Una narrazione che è forse pertinente per l’Italia, ma che certo non vale molto per la Spagna, che fino al 2007 aveva raggiunto un avanzo di bilancio. Per Krugman sarebbe essenziale ridurre l’attuale deficit delle partite correnti all’interno dell’area euro, che favorisce gli Stati del Nord e penalizza quelli del Sud, tramite interventi pubblici che possano rilanciare la crescita nelle aree economicamente depresse. Un trasferimento di risorse tipico degli Stati Uniti e che caratterizzò il New Deal di Roosevelt. Altrettanto essenziale sarebbe per Krugman modificare i compiti della BCE, che non dovrebbe contrastare solamente l’inflazione ma stimolare anche la crescita e l’occupazione. Simili tesi sono riprese nel programma di François Hollande, mentre mancano in Beppe Grillo. La vera tesi dell’economista è dunque che senza una vera alternativa l’Europa rischia il crollo, e che per salvare l’intera costruzione della UE questa svolta si deve palesare velocemente.

Fonte: Giornalettismo

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