domenica 14 marzo 2010

REGIONE DISTRUZIONE

La Regione Piemonte ha deciso di produrre il 20% del proprio fabbisogno energetico da fonti rinnovabili. Come vuol farlo? Attraverso la distruzione dei boschi. Per produrre energia saranno utilizzati ogni anno 2,2 milioni di metri cubi di legname, secondo le pazzesche norme della nuova Legge forestale regionale (L.R. 4/2009). Una legge in totale conflitto con le disposizioni di sostenibilità delle Risoluzioni approvate nelle Conferenze Ministeriali sulla protezione delle foreste in Europa. La Legge Attila/Bresso è stata approvata in modo bipartisan (e come poteva essere altrimenti?) sia dal PDL che dal PDmenoelle. In pochi anni parte dei boschi del Piemonte scompariranno, sia quelli pubblici che quelli privati. Infatti, secondo un comunicato del WWF: "Attraverso il meccanismo della gestione provvisoria associativa (L.R. 4/2009, art. 18), in Piemonte il taglio del bosco oggi può venir eseguito senza darne comunicazione diretta al proprietario. Se il proprietario vuole conservare il bosco, tocca a lui rincorrere le amministrazioni che ne deliberano il taglio e opporvisi; se non fa nulla si trova il bosco tagliato! La legna gli sarà pagata al valore reale di mercato, ma chi poi la utilizzerà come biomassa ne otterrà la supervalutazione, drogata grazie ai soldi pubblici, di cui si è detto sopra". I boschi sono un bene prezioso e sempre più raro, la quota pro capite di boschi dal 1861, anno della nascita dell'Italia, è dimezzata. I boschi dovrebbero essere trasmessi alle generazioni future. Distruggere i boschi per produrre energia elettrica è diseconomico, oltre che criminale. Il legno infatti ha un basso contenuto energetico CE, pari a circa un quarto di quello del gasolio. Perché la Regione Piemonte ha approvato una legge CONTRO la proprietà privata, CONTRO l'ambiente e CONTRO l'economia? Secondo il WWF: "La risposta sta in un sistema di incentivi eccessivi, che non ha eguali in altre Nazioni europee e non è accompagnato da un adeguato corollario di limitazioni. Manca la valutazione dei costi ambientali dell’attività, che dovrebbe essere, al contrario, vincolante nei processi decisionali. Ciò che ci si prepara a fare è una grossa speculazione economica, con effetti ambientali devastanti. Francesi, svizzeri e austriaci, nostri vicini lungo l’arco alpino, pur utilizzando i boschi regolarmente, non si sognano di produrre corrente elettrica da biomasse forestali, ma si limitano a sfruttare intelligentemente i residui di lavorazione del legno a fini termici. Se strapagassimo, al prezzo attuale del legname da opera, il legno che si progetta di bruciare in Piemonte in un anno, arriveremmo alla cifra di 58 milioni di euro. Nell’attuale mercato “drogato”, per utilizzare quello stesso legno e produrre energia, l’Amministrazione Pubblica verrà a spendere una cifra estremamente più elevata, che nessuno ha calcolato (o reso noto), ma di cui possiamo aver percezione se consideriamo le dichiarazioni rese dalla Regione: negli ultimi 5 anni sono stati destinati 300 milioni di euro per promuovere l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili e, entro il 2013, sono previsti investimenti nel settore che raggiungeranno il miliardo di euro. Il dato è riferito alla generalità delle fonti rinnovabili, ma considerato che la Regione vuole ottenere il 60% dell’energia da biomasse forestali, è automatico che il grosso degli investimenti vada a finire in tale comparto. Per citare solo un esempio di voce di spesa correlata, si consideri che per le pratiche forestali in Piemonte è prevista la realizzazione di 2.000 chilometri di NUOVE STRADE FORESTALI e altrettanti Km necessitano di opere di manutenzione. Sono i soldi del cittadino, che sborsa per il kWh da biomasse circa il triplo del suo valore reale e che paga gli investimenti pubblici che sostengono la cosiddetta filiera del legno attraverso vari canali e organismi competenti: FESR, FAS, Fondo Sociale, Piano di Sviluppo Rurale (che finanzia agli agricoltori le centraline) Consorzi forestali, IPLA, UNCEM, Assessorati alla montagna e foreste, ecc..".
Ci stiamo autodistruggendo in silenzio. Siamo una razza in estinzione. Chi avesse ancora cuore e voce scriva una mail alla presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso: presidente@regione.piemonte.it



sabato 13 marzo 2010

SINESTESIA


La sinestesia è un fenomeno percettivo cioè riguarda il nostro modo di interrogare la realtà e di ricevere informazioni. Le sensazioni sono possibili perché il nostro organismo è predisposto a ricevere informazioni sotto forma di energia proveniente dal mondo esterno. La sensazione, che è propedeutica alla percezione, è possibile perché esistono nel nostro corpo dei “rilevatori di energia” che le scienze hanno chiamato sistemi sensoriali. Ogni sistema sensoriale è sensibile a una determinata forma di energia fisica. I nostri atti mentali, verbali e fisici hanno origine nella mente. Ogni volta che avviene un contatto fra gli organi di senso e gli oggetti esterni — come le forme visibili, gli odori, i suoni, i sapori e le sensazioni tattili — all’interno del corpo nasce una sensazione, da cui si originano reazioni che sono causa di nuove azioni. L’informazioni o stimoli presenti in natura sono molteplici o infiniti; l’uomo non è in grado di riceverli tutti, rischierebbe di rimanerne schiacciato, ma nel corso della sua evoluzione ha selezionato solo quelli utili alla sopravvivenza della specie. Nel tempo i sensi si sono specializzati a ricevere solo un determinato stimolo o energia (determinate frequenze sonore, onde di un certo tipo, alcune particelle chimiche). Ogni organo lavora separatamente raccoglie l’informazione che attraverso i nervi arriva al cervello dove avviene l’elaborazione. Tutte le informazioni sensoriali procedono dai recettori periferici, attraverso il sistema limbico (che funge da sistema di smistamento dati), fino a raggiungere la corteccia cerebrale. Come tutti sappiamo ogni informazione sensoriale viene elaborata in zone della corteccia differenti (es. le informazioni visive sono elaborate nella corteccia occipitale, mentre quelle auditive in quella temporale). In realtà la situazione sarebbe più complessa ma poco ci interessa approfondire in questa sede. Quello che invece è interessante è che, dopo una prima elaborazione corticale, l’informazione sensoriale unimodale viene inviata alle aree associative, tra cui quella situata nel sistema limbico. Il sistema limbico è quell’area del cervello direttamente coinvolta nella genesi delle emozioni e nei processi di memoria. E’ possibile dunque ipotizzare che ogni volta che io percepisco uno stimolo visivo questa percezione nel momento in cui giunge al sistema limbico attivi un circuito sottocorticale (e quindi inconscio) che associa il mio stimolo visivo ad altre informazioni sensoriali precedentemente memorizzate? Ovviamente questo varrebbe per tutti gli stimoli provenienti dalle altre modalità sensoriali.
LA SINESTESIA CONSISTE NEL COLLEGAMENTO DEI SENSI
Forse non siamo allenati a prestare attenzione a questi aspetti della nostra vita mentale. Può darsi che tutti noi viviamo quotidianamente esperienze simili ma non ce ne rendiamo neanche conto perché non siamo attenti ai segnali del nostro corpo. Un altro problema è che nella nostra società il vedere spesso corrisponde con il sapere e non ci si da il permesso di conoscere attraverso altri sensi. E pensare che invece tutti noi ci sviluppiamo attraverso una fase senso-motoria e tattile-cenestesica (Piaget) prima di sviluppare quella visiva. Noi creiamo la nostra mappa del mondo attraverso altri sensi e poi subentra la vista che tutto cancella. Paradossalmente è corretta l’affermazione che “la vista ci rende ciechi”. Ci rende sicuramente ciechi rispetto a tante altre informazioni sensoriali.
LO STUDIO
Lo studio della sinestesia è complesso e molto articolato. Il termine nasce alla fine dell’ Ottocento e trova luogo di diffusione e legittimità scientifica in Francia e in Inghilterra , per indicare un fenomeno percettivo umano molto particolare che riguarda l’incontro tra i vari sensi. Proprio in questo periodo nasce la psicologia sperimentale che inizia a dedicarsi a questa manifestazione percettiva che in sostanza esplicita interconnessioni tra i sensi. Theodore Flournoy (1854-1920) è tra i primi a studiare il fenomeno fornendo una rassegna sistematica: Un certo individuo, ad esempio, esperisce regolarmente una impressione di rosso quando sente il suono a. Un altro, pensando a un numero, non può impedirsi di figurarselo sempre come un punto determinato dentro una certa curva. Un terzo concepisce involontariamente il mese di febbraio sotto forma di un triangolo. Per un quarto il lunedì è un uomo abbigliato di blu. E così di seguito, senza che sia possibile scoprire nelle esperienze passate dell’individuo la causa di associazioni tanto barocche (Flournoy, 1893, p. 1). Il termine sinestesia deriva dal greco sin = συν (attraverso) estesia = αισθησίσ (percezione) ed indica una contaminazione dei cinque sensi nella percezione del percepibile. Più semplicemente indica quelle situazioni in cui una stimolazione uditiva, olfattiva, tattile o visiva è percepita come due eventi sensoriali distinti ma conviventi. Nella sua forma più blanda è presente in molti di noi, basta pensare a quelle situazioni in cui il contatto o la presenza di un odore o di un sapore ci evoca un’altra reazione sensoriale (la vista della frutta che viene percepita anche come sapore) ed è dovuta spesso al fatto che comunque i nostri sensi, pur essendo autonomi, non agiscono in maniera del tutto isolata e distaccata dagli altri. C’è da dire che la parola sinestesia nel tempo ha assunto diverse accezioni.Una è quella che abbiamo definito sopra, intesa nella sua accezione tecnica di sindrome nella quale “ la stimolazione di un senso fa scattare automaticamente una percezione in una seconda modalità senza che questa sia stata stimolata direttamente”. Nell’Ottocento era indice di una forma deviante, una sindrome, genetica o acquisita, che caratterizza un numero ristretto di persone. Da molti considerata come una patologia. Nel Novecento continua in parte questa definizione del termine sinestesia , grazie anche alla psicologia cognitivista e comportamentista che hanno accantonato il problema perché ritenuto privo di fondamento scientifico. Solo negli ultimi vent’anni lo studio sulla sinestesia dà segni di ripresa, oggi è soprattutto la neuroscienza ad affrontare il problema. Un filone di ricerca indente la sinestesia come caratteristica specifica dell’uomo. La ricerca di Marco Mazzeo ( Storia naturale della sinestesia. Dalla questione Molyneux a Jakobson, Quodlibet, 2005) ad esempio avanza un’ipotesi estrema: che la sinestesia costituisca un tratto essenziale della natura umana, che ci distingue dalle altre forme viventi sia a livello percettivo che linguistico. La questione Molyneux potrebbe essere così la prima pietra di una nuova scienza dell’umano ancora da costruire. Herder riconosce nelle capacità sinestetiche uno degli spartiacque fondamentali tra ambiente animale e mondo umano; Mazzeo sottolinea il fatto che la specie umana sia quella più sinestetica all’interno del regno animale, in quanto la meno specializzata e la più generica e che lo scarto tra animali umani e non umani sia di natura percettiva e prelinguistica: gli Homo sapiens prima di qualsiasi attività verbale sono già in grado di effettuare trasferimenti sinestetici più complessi degli altri primati. Inoltre, costitutivo della nostra specie è un carattere di cronica immaturità (neotenia) che garantisce una plasticità biologica tale da consentire una ristrutturazione sensoriale ripetuta nel corso dell’ontogenesi. Mazzeo indaga più da vicino i rapporti tra sinestesia e linguaggio sottolineando l’importanza della parola per la percezione, come già messo in evidenza precedentemente da Leibniz e Diderot. Qui, però, la fondazione non è più a senso unico: sia la parola rafforza e amplia la tipologia delle connessioni sinestetiche, sia, viceversa, è la sinestesia che si pone come la condizione di possibilità stessa del linguaggio. E il luogo privilegiato in cui emerge il legame tra sinestesia e linguaggio è individuato nell’elemento creativo della metafora.
Segnalato da Thomas T. (Alessandria)

venerdì 12 marzo 2010

CHE FINIMONDO

I calendari dei Maya finisce il 21 dicembre 2012. Per molti sarà la fine del mondo, delle peggiori. In più tempeste magnetiche, un misterioso pianeta, l'inversione dei poli... Che cosa c'è di vero in queste voci?

20 dicembre 2012. Per quel giorno non prendete appuntamenti. Non affannatevi per i regali di Natale. Tutto inutile. Quel giorno sarà l’ultimo. Poi il mondo finirà, in grande stile: eruzioni vulcaniche, tsunami, tempeste magnetiche, uragani devastanti, radiazioni dallo spazio, la comparsa di un fantomatico pianeta scateneranno l’apocalisse. Questo è quanto prevedono centinaia di siti, qualche decina di libri, una serie di trasmissioni televisive che su questa profezia strabiliante hanno fatto valanghe di denaro e avvinto gli appassionati del mistero. Ma è vero? Cosa c’è alla base della convinzione che nel 2012 il mondo finirà? Ecco i principali eventi prospettati:
1. Il 20 dicembre 2012 si concluderà il ciclo del “lungo Computo” del calendario Maya.
2. Il giorno successivo a tale data, ci sarà il solstizio d’inverno e il Sole si troverà in una rara posizione: allineato con il centro della Via Lattea, un evento che non si ripete da 26mila anni.
3. Nel 2012, inoltre, l’attività solare avrà un picco e ci aspettano tempeste solari in grado di paralizzare la nostra società.
4. Il polo nord e il polo sud potrebbero invertirsi.
5. Il 21 dicembre 2012 un pianeta misterioso (pianeta X, o Nibiru) la cui orbita è aldilà di Plutone si scontrerà con la Terra.
6. Il vulcano di Yellowstone negli USA erutterà nuovamente… con effetti catastrofici.
7. Alcuni scienziati russi hanno scoperto che il sistema solare è entrata in una nube spaziale che sta stimolando e destabilizzando il Sole e le atmosfere dei pianeti.
Ma non basta. I profeti di sventura aggiungono a tutte queste cause anche la lettura esoterica della Genesi (il primo libro della Bibbia) e dello Yi Jing (il libro dei mutamenti dell'antica Cina). Passando, ovviamente, anche attraverso le profezie di Nostradamus e le piramidi di Giza.
Cosa c'e' di vero intorno a queste teorie di catastrofe c’è qualche aspetto di verità e scientificità o c’è soltanto un business molto remunerativo?

giovedì 11 marzo 2010

LA VITA SESSUALE

Benché meno longevo, il maschio ha una vita sessuale più lunga della donna, infatti gli uomini a 55 anni mediamente hanno ancora 15 anni di attività sessuale davanti a sé, mentre le coetanee meno di 11 anni. Inoltre quando un 55enne è in buona salute, può aggiungere altri 5-7 anni ai 15 che gli 'spettano' di default, mentre lei al massimo ne aggiunge 3-6. Lo rivela uno studio condotto all'Università di Chicago e pubblicato sul British Medical Journal, che ha introdotto la misura 'speranza di vita sessualmente attiva'. L'uomo vive meno ma ha un'aspettativa di vita sessuale lunga, per esempio un 30enne ha un'aspettativa di vita sessuale di 35 anni, mentre vivrà in media altri 45 anni, quindi solo gli ultimi 10 anni saranno senza sesso. Una 30enne, invece, ha quasi 31 anni di vita sessuale davanti a se e una speranza di vita di 50 anni, di cui, quindi, 19 'asessuati'. La magra consolazione per le donne, fa notare l'autore del lavoro, Stacy Tessler Lindau, è che a loro il sesso non sembra mancare affatto. Lo studio si è basato su questionari sulla propria vita sessuale somministrati a 3000 adulti tra 25 e 74 anni e a 3000 adulti tra 57 e 85 anni. Sono gli uomini i più interessati, oltre a quelli che praticano di più, probabilmente con donne più giovani, visto che le coetanee pensano ad altro. Infatti lo studio conferma che gli uomini tendono a sposare donne più giovani, vivono meno delle donne e pensano di più al sesso. Ma la ricerca rivela anche che mentre il 72% degli uomini tra 75 e 85 anni ha una partner, meno del 40% delle coetanee ha un compagno. Inoltre solo metà delle donne di 75-85 sessualmente attiva giudica la sua vita sessuale soddisfacente e solo l'11% delle donne in quella fascia d'età riferisce di pensare abitualmente al sesso o di essere interessata ad esso. E' emerso anche che il 57% dei maschi di 57-85 anni che non vivono con una compagna risulta interessato al sesso, contro appena l'11% delle donne. Insomma, i maschi vivono meno ma si danno più da fare, almeno stando i loro racconti; mentre la donna rinuncia, senza rimpianti, giunta a una certa età.

mercoledì 10 marzo 2010

OSCAR AL DOCUMENTARIO CHE DENUNCIA LA STRAGE DEI DELFINI IN GIAPPONE

Qualche tempo fa scrissi di un luogo in Giappone dove il mare e' rosso. Oggi è un buon giorno per i delfini, per i cetacei in generale, per la protezione dell’ambiente. Il premio Oscar per il miglior documentario è infatti andato a “The Cove” di Louie Psihoyos e Fisher Stevens, una pellicola già vincitrice del premio del pubblico al Sundance festival e altri quarantacinque premi internazionali. Suo protagonista è Ric ‘O Barry, un ex addestratore di delfini che dopo il suicidio di una delle sue delfine preferite che si lanciò fuori dalla vasca pur di farla finita con la vita in cattività, diventò un eco-attivista pro delfini e si impegnò nel boicottaggio dei parchi acquatici. Girato con le tecniche del giornalismo investigativo, “The Cove” ha suspence e potenza, ed è capace di muouvere all’indignazione per la mattanza dei delfini condotta ogni anno da una comunità di pescatori giapponesi, quella di Taiji, a sei ore di auto da Tokio, dove storicamente da settembre a marzo vengono catturati migliaia di delfini e balene pilota, alcuni vengono venduti agli acquari per essere tenuti in cattività mentre centinaia di altri vengono macellati. Sino al 2003 la caccia era quasi sconosciuta fuori dal Giappone e solo una denuncia della Sea Sheper Society la rivelò al mondo. Arrivarono giornalisti, arrivato cineasti e tutto fu più difficile per i pescatori di delfini. Dopo il film “The Cove” e la compagna di idnignazione che ne è scaturita l’associazione dei pescatori e la città di Taiji hanno annunciato lo scorso primo di settembre che non macelleranno piu gli animali catturati e si limiteranno a catturare “solo” 100 bottlenose dophins e 50 pilot whales. In realtà la cifra era limitata alla prima caccia della stagione, che si è appena conclusa con la cattura di 2300 dei 20 mila delfini e piccoli cetacei legalmente cacciati ogni anni in Giappone. Un massacro insensato. La riduzione della pesca è già un piccolo passo in avanti, ma l’Oscar attirerà altra pubblicità non gradita e renderà ancora piu difficile la campagna di cattura dei delfini. Al punto fa farla diventare, ci auguriamo, moralmente insostenibile.
Potete trovare il trailer di The Cove QUI
Il sito del film lo potete invece trovare QUI

NON E' POI COSI' RADON

Il Radon è un gas radioattivo, con forte emissione di particelle alfa, prodotto dal decadimento nucleare dell’Uranio che, in quantità variabili, si trova in quasi tutte le rocce, in quasi tutti i terreni e nelle acque. La presenza di Radon è, quindi, garantita un po’ ovunque in Natura. Essendo elettricamente neutro e chimicamente inerte, ha una grande mobilità: può muoversi e diffondersi anche lontano dalla zona di produzione. La sua distribuzione e la sua migrazione è controllata direttamente dal terreno: terreni permeabili o fratturati favoriscono una sua veloce fuoriuscita dal sottosuolo. All’aria aperta, il Radon si disperde rapidamente e non raggiunge quasi mai valori pericolosi. Diventa, invece, un problema quando si accumula all’interno degli edifici: il cosiddetto Radon indoor. È il contatto quotidiano con il Radon, dovuto al fatto che trascorriamo l’80 - 90% della giornata in ambienti chiusi e perfettamente isolati, a rappresentare un rischio per la nostra salute; rischio proporzionale alla sua concentrazione in aria e al tempo trascorso negli ambienti chiusi. Quando si parla di inquinamento da Radon e rischio sanitario, si fa riferimento in particolare ai suoi “figli” e alla loro inalazione. In particolare il Polonio 214 e il Polonio 218, se inalati, si depositano nei polmoni e qui decadono in pochissimi minuti irradiando, con particelle alfa, le cellule dell’apparato respiratorio, distruggendo il DNA e aumentando il rischio di tumore polmonare. La principale sorgente di Radon è il terreno sottostante la nostra abitazione, ma può essere liberato anche da alcuni materiali da costruzione e trasportato dall’acqua e dal metano. La concentrazione di Radon indoor è più alta se l’abitazione si trova su un terreno granitico o vulcanico; vicino a vulcani attivi o spenti, su terreni ricchi di tufo; se le sue fondamenta poggiano direttamente sul terreno; se comunica direttamente, mediante botole, scale e canne fumarie, con locali interrati o seminterrati non ben areati; se è stata costruita utilizzando argille contenenti alluminio, granito, tufo, porfido, basalto, pietre laviche, pozzolane; oppure cementi di origine pozzolanica, gessi chimici, ceramiche o cementi prodotti con scorie di alto forno o con materiali contaminati, legnami provenienti dall’Est Europa. In Italia le pietre ad alto rischio radioattivo sono la lava del Vesuvio, la pozzolana, il peperino del Lazio e il tufo della Campania. Il Radon viene aspirato dall’edificio per “effetto camino”: può rimanere imprigionato al suo interno e accumularsi in concentrazioni pericolose La concentrazione decresce con l’altezza dal suolo (sono più inquinati i piani interrati e semi-interrati, in generale quelli al di sotto del terzo piano) e varia in base alle condizioni meteorologiche (pressione, temperatura suolo - aria, vento, pioggia). Il trasporto del Radon all’interno di un edificio avviene per “effetto camino” dovuto alla differenza di pressione tra l’esterno e l’interno: si creano dei moti convettivi che risucchiano il Radon all’interno. Differenze di temperatura, e quindi di pressione, tra i vari piani dell’edificio fanno sì che il Radon da quelli più bassi arrivi a quelli più alti. Questa depressione aumenta d’inverno a causa del riscaldamento, anche di stufe e camini; aumenta nel caso di aerazione assente o insufficiente, di correnti ascensionali all’interno di canne fumarie, di sistemi di aspirazione in bagno e in cucina. “Aspirato” dall’edificio, si infiltra attraverso le fessure – anche microscopiche – presenti nei pavimenti e nei muri, le giunzioni tra pavimenti e pareti. Inoltre, qualsiasi parte dell’edificio penetri nel terreno, costituisce un potenziale punto d’infiltrazione: le condotte dell’acqua e del gas, le condotte della fognatura, serbatoi interrati per la raccolta dell’acqua piovana, le condutture di piccolo diametro dei cavi elettrici. Lo stesso scavo delle fondamenta può cambiare completamente la situazione nel sottosuolo ed aumentare il rischio radioattivo. Una volta nell’edificio, può rimanervi “imprigionato” a causa di finestre e porte a tenuta stagna, pareti non traspiranti, mancanza di aerazione naturale.

Quando intervenire?

Non esiste una concentrazione “sicura” al di sotto della quale la probabilità di ammalarsi è nulla; esistono solo livelli di riferimento al di sotto dei quali il rischio è considerato accettabile. Al di sopra, si raccomanda l’intervento. Non è possibile eliminare del tutto il Radon dalla nostra abitazione. Anche all’aria aperta esiste una concentrazione, seppur bassa, di Radon dell’ordine di 5-10 Bequerels/mc: vuol dire che avvengono 5-10 disintegrazioni nucleari ogni secondo, in ogni metro cubo d’aria. Esiste una forte sinergia tra Radon e fumo di sigaretta. Il Radon è la seconda causa di tumore polmonare dopo il fumo. La prima per i non fumatoriI più recenti studi epidemiologici hanno dimostrato che il rischio di tumore polmonare è alto anche a livelli di concentrazione indoor medio - bassi, inferiori a 200 Bq/mc. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda, di conseguenza, di non superare i 100 Bq/mc (rapporto 2009: WHO – Handbook on indoor Radon).

Come si rileva e si misura il Radon indoor?
La prima cosa da fare se si abita o si lavora in edifici sospetti, è quella di misurare gli ambienti. Le misurazioni devono coprire un intero anno solare poiché i valori del Radon sono variabili nell’arco della giornata e dell’anno. Ci si può rivolgere ad esperti qualificati; oppure, con una piccola spesa (circa 100€ inclusa l’analisi di laboratorio), si può acquistare un kit per la misurazione fai da te. Il dispositivo per la misurazione, il dosimetro, è molto piccolo ed è dotato di un materiale sensibile alle radiazioni alfa: queste, attraversandolo, imprimono una “traccia” indelebile. Va posizionato nell’ambiente che si vuole monitorare e, al termine dell’esposizione, va restituito per l’analisi.
Come si elimina
Una volta accertata la presenza di Radon, si può diminuirne la pericolosità con una serie di azioni di rimedio: depressurizzazione del terreno, aerazione degli ambienti, aspirazione dell’aria interna specialmente in cantina, pressurizzazione dell’edificio, ventilazione forzata del vespaio, impermeabilizzazione del pavimento, sigillatura di crepe e fessure, isolamento di porte comunicanti con le cantine. I costi di bonifica, in base alla concentrazione di gas e alla struttura dell’edificio, possono variare da 500 a 3000 €. Il metodo più efficace ed immediato – ma provvisorio e, d’inverno, dispendioso – per liberarsi del gas è aerare correttamente: le finestre devono essere aperte almeno tre volte al giorno per dieci minuti, iniziando dai locali posti ai livelli più bassi; la chiusura, invece, deve iniziare dai piani più alti, per limitare l’effetto “camino”.
Prevenzione per nuove costruzioni
Il problema è differente per gli edifici nuovi. Una semplice prevenzione può ridurre il rischio e limitare i costi: intervenendo già in fase di predisposizione dei piani urbanistici e, soprattutto, di progettazione degli edifici. I dosimetri per Radon, a tracce o ad elettrete, sono dispositivi piccoli, economici e innocui. La misurazione deve coprire un intero anno solare: di notte e di inverno i valori sono più altiÈ indispensabile, ad esempio, monitorare il terreno anche dopo lo scavo delle fondazioni, isolare l’edificio dal suolo mediante vespai o pavimenti galleggianti ben ventilati, impermeabilizzare i pavimenti e le pareti delle cantine con guaine isolanti, evitare collegamenti diretti con interrati o seminterrati, isolare le canalizzazioni degli impianti, usare materiali non sospetti: sabbia, ghiaia, calce sono quasi sempre innocui; così come la pietra calcarea, il gesso naturale, il legno, il cemento puro e quello alleggerito. Chi abita o lavora al di sotto del terzo piano, anche nelle regioni meno inquinate, può chiedere informazioni alle ASL locali o alle Arpa regionali. Non tutte però sono ancora in grado di dare una risposta. Nell’attesa di un’analisi accurata e di un’eventuale bonifica: smettete di fumare e aprite spesso le finestre.
Grazie a: Luca T. (Sydney)

martedì 9 marzo 2010

DONNA BARBUTA NON SEMPRE PIACIUTA

Matrimonio cancellato perché la sposa, sollevato il niqab, il velo nero che copre il volto, si è rivelata strabica e barbuta: l’episodio è accaduto a Dubai dove un ambasciatore arabo si è rivolto al tribunale per ottenere l’annullamento della promessa di nozze e un risarcimento per danni morali. Lo riferisce il quotidiano Gulf News. Il diplomatico, del quale non sono state rese note le generalità, ha sostenuto di essere stato raggirato dalla madre della sposa che aveva fornito a sua madre le foto di un’altra figlia. Nel matrimonio tradizionale arabo infatti i primi approcci e accordi vengono combinati dalle madri dei potenziali fidanzati prima e sposi poi. L’uomo aveva incontrato la promessa sposa in sporadiche occasioni durante le quali lei era rimasta celata dietro il niqab, scostandolo dal volto solo parzialmente. Il giorno delle nozze ha però dovuto sollevarlo, rivelando le imperfezioni. Il giudice che ha esaminato il caso ha concesso l’annullamento dell’unione ma non la restituzione di regali e gioielli (per un valore di circa 100.000 euro) donati alla donna durante il fidanzamento.

lunedì 8 marzo 2010

SALVIAMO L' ELEFANTE E IL TONNO

Daranno una mano per la protezione del tonno rosso proposta dagli europei in cambio di un sostegno per la difesa dei loro elefanti, altrimenti potrebbero essere costretti a votare contro. Questa la proposta avanzata da 23 paesi africani all’Ue in vista della prossima riunione della Convenzione sul commercio internazionale di specie di flora e fauna selvatica minacciate di estinzione, in programma dal 13 al 25 marzo a Doha, nel Qatar. Il divieto di commercio del prezioso avorio sarà infatti uno dei temi caldi della riunione, insieme a quello del tonno rosso. Tanzania e Zambia, scrivono in una lettera i 23 Paesi africani, propongono di riclassificare le loro popolazioni di elefanti, che rappresenterebbe il primo passo per una ripresa del commercio. E il gruppo di Paesi africani contrario, che include Kenya, Etiopia e Nigeria, manifesta preoccupazione per la possibilità che alcuni Stati membri dell’Ue possano appoggiare la proposta di Tanzania e Zambia. In gioco ci sono i 23 voti africani a favore dello stop al commercio mondiale del tonno rosso proposto dall’Ue. L’obiettivo dell’iniziativa dei Paesi africani è ora quello di avere il sostegno compatto dei 27 Paesi UE....speriamo in bene che questa sia solo una delle molte cooperazioni salvaguardia nel tempo a venire.....

domenica 7 marzo 2010

IL MAGICO RACCONTO DELLA FESTA HOLI

Altro che San Valentino! E’ Holi la vera festa dell’amore, della passione, della gioia, della fratellanza: e del colore. Si tratta dell’Holi Festival, una festa celebrata soprattutto nella parte orientale dell’India e in Nepal ai primi di marzo, all’insegna della gioia di vivere e del trionfo del bene sul male. Marzo è il mese della luna piena, come per il calendario gregoriano. Si chiama il mese di “Phalgun” ed è anche il preludio alla primavera. Pertanto chi desidera recarsi in questo bel Paese si affretti a prenotare il viaggio, in modo da poterla sperimentare di persona. Holi è una ricorrenza annuale molto antica. Si dice che esistesse già diversi secoli prima di Cristo, festeggiata da tutti gli ariani. All’inizio era incentrata principalmente su rituali svolti da donne sposate, per il benessere e la felicità delle loro famiglie. Si trovano riferimenti anche nelle sculture e pareti dei templi antichi. Un pannello del sedicesimo secolo rinvenuto in un tempio di Hampi, capitale della Vijayanagar, mostra proprio una scena tipica di Holi in cui è raffigurato un principe circondato da principesse che gli versano del liquido colorato nella coppa reale. In un dipinto del 1755 si vede il sovrano che danza: nel centro c’è una vasca riempita di acqua colorata. Infatti è una festa dove il colore è il tema centrale. Tutti si abbracciano, si baciano, cantano, ballano, suonano, per testimoniare che in questo giorno particolare si deve dimenticare qualsiasi sentimento di animosità: per far trionfare l’amore. Lo spirito del male si chiama Holika, un diavolo che viene simbolicamente bruciato a notte fonda in un falò, alla fine dei festeggiamenti. Il termine Holi significa “brucia”. La conclusione è che, ancora una volta, il bene avrà vinto sulle forze maligne. La legna per ardere viene raccolta nelle settimane precedenti la festa; anche il cibo per i banchetti viene preparato con un certo anticipo. Durante il giorno di Holi le persone si gettano addosso secchi di vernice colorata, divertendosi parecchio. I partecipanti girano per le città e i villaggi con i volti pitturati di svariati colori, fra cui domina il rosa ( con cui dipingono persino gli animali domestici), il rosso vivo, il verde ed il blu cobalto. Vengono anche organizzati incontri e manifestazioni culturali. Si vanno a trovare parenti ed amici per scambiarsi dolci e doni. Alla parata (e alle secchiate! ) partecipano non solo i bambini e gli adulti ma anche gli anziani. I colori si acquistano in alcuni mercati dove si possono trovare tante miscele speciali e persino vernici profumate. Per tutti i prezzi e le finanze; d’oro e d’argento per i più ricchi. La vita è colorata, questo è il motto della festa di Holi. E lo scopo? Danzare, divertirsi, godere; e amarsi gli uni con gli altri. Le donne sciolgono i capelli, gli uomini le corteggiano e “fanno i pazzi”. Si intrecciano nuove amicizie e nuovi rapporti. Ai bambini è permesso di gettare ai passanti… palloni colorati riempiti d’ acqua; e anche di bagnarli da lontano con pistole che sembrano missili; i pickkaris. Nella tradizione Holi non possono mancare gustosi piatti che vengono serviti ovunque; anch’essi rigorosamente all’insegna del colore. Una gioia per la vista ed il palato. Si tratta di ricette esotiche fra cui alcune bevande inebrianti. Attenzione quindi di domandare prima che cosa contengono: perchè alcune sono una vera e propria bomba! Per esempio il Bhang, che è una bevanda a base di foglie fresche e fiori di maryuana, con latte, mandorle, cannella, chiodi di garofano, zenzero, acqua di rose. E l’hot Buttered Bhang il quale contiene, oltre alla maryuana…anche vodka, burro e miele. Si dice che gli effetti di questa miscela si facciano sentire nel giro di pochi minuti… I doni sono molto importanti in questa occasione proprio perchè simbolo di amore, fratellanza, gaudio e unione. Si vendono anche libri che danno consigli a riguardo, affinchè la scelta diventi personale, su misura; gradita e speciale per la persona a cui è destinata.Anche fra vicini di casa è usanza scambiarsi scatole di tipici dolcetti locali; per indicare la volontà di instaurare o mantenere buoni rapporti di vicinato. I sari sono i più graditi. Ce ne sono di tutti i tipi e per tutte le tasche. Anche di stoffe e ricami preziosissimi. Per i ragazzi si può scegliere fra una vasta gamma di colorati Kurta-pigiama. Generalmente viene confezionata in scatole designer da tenere in casa come oggetto di arredamento. Cestini colmi di essenze e persino di ammorbidenti profumati per il bucato a mano ed in lavatrice. L’importante è che il dono “emetta una vibrazione positiva” e “testimoni l’affetto ed il rispetto per il destinatario”. Dovremmo seguire tutti l’insegnamento dalla tradizione Holi, festeggiando con gioia il mese di luna piena che annuncia l’arrivo della primavera ed il risveglio della natura dopo il torpore invernale. Allora…donne, scioglietevi i capelli, tingeteli di tinte calde, acquistate un vestito coloratissimo! E voi, uomini, coraggio….osate un pizzico di pazzia! Poi affrontate con un po’ più di filosofia e fatalismo le tante preoccupazioni che spesso vi levano il sorriso. In poche parole, seguite il motto della bellissima tradizione indiana Holi “la vita è colorata”, vivendola allegramente, per quanto è possibile: e soprattutto in pace, amore ed armonia con se stessi ed il resto del creato.

sabato 6 marzo 2010

E VOI PENSATE DI ESSERE SFIGATI?

Quel pomeriggio del 12 gennaio la famiglia di Pierre Desarmes e molti dei suoi amici non avrebbero mai immaginato che di lì a poco la loro vita sarebbe cambiata. Pierre è un musicista conosciuto a Port au Prince, capitale di Haiti. Lui con la sua band, i Reggaeton Boys, ha avuto successo e questo li ha portati a vivere in Cile. Per questa ragione quel 12 gennaio non si trovava sull'isola. Ma la sua famiglia era in città, sotto il sole pomeridiano che bruciava l'asfalto. Poi alle 16.53 la natura ha scatenato tutta la sua potenza contro l'isola. Una potenza devastante. Un'espressione di quanto può essere disastrosa la ribellione delle forze sismiche, imprigionate nel sottosuolo del pianeta che sembra solo essere un contenitore per loro. Alle 16.53 il terremoto ha distrutto una città, anzi un'intera nazione, la vita di centinaia di migliaia di persone.. Imprecisato il numero di feriti. Molti dei Desarmes sono rimasti sotto le macerie. E lì sono rimasti per un po' di ore finché qualcuno ha sentito i loro lamenti, ha chiamato aiuto e li ha estratti dalle macerie sani e salvi. Forse un po' acciaccati, sicuramente molto impauriti, hanno visto la morte in faccia in quei minuti. E' solo a quel punto che Pierre ha preso la sua decisione: cercare più contatti possibili e portare la sua famiglia e altre persone via da Haiti, via dai pericoli di una nazione che soccombe sempre e a tutto. In breve, in nove da Port au Prince si sono diretti in Cile, in una bella casa della zona di San Bernardo, con tutte le difficoltà del caso: nessuno dei Desarmes parlava una parola di spagnolo e le differenze culturali e sociali erano fin troppo evidenti. Ma erano salvi. Erano sfuggiti alla furia devastante del terremoto haitiano e potevano finalmente considerarsi salvi. E con una prospettiva rosea per il futuro. Fino a quando mentre dormivano, alle 03.34 di sabato scorso, il mostro non li ha colpiti ancora. Una scossa sismica impressionante, la quinta più potente del secolo, ha svegliato tutto il Paese, distrutto strade e edifici, ucciso più di 700 persone, ferite migliaia e causato almeno 2 milioni di sfollati. "Abbiamo lasciato il disastro haitiano alle nostre spalle pensando di essere al sicuro. Però abbiamo trovato - poche settimane dopo - una situazione peggiore che ci ha fatto rivedere l'inferno" raccontano i Desarmes. "La prima preoccupazione è stata quella di metterci a terra mentre tutto tremava: questa volta, abbiamo pensato, se dobbiamo morire lo faremo tutti insieme". Le ultime 48 ore sono di ordinaria paura. Nessuno ha avuto il coraggio di rimettere piede in casa. Nessuno poi si è nemmeno sognato di andare a dormirci la notte. Un timido tentativo di rimettere il naso all'interno delle mura domestiche è arrivato ieri, durante l'ora di pranzo, quando la famiglia haitiana ha deciso che era il momento di far ritorno a casa. Adesso la palla passa agli esperti perchè come dice Pierre i suoi parenti dopo essere scampati alla morte in due circostanze del tutto uguali, sono psicologicamente provati. Ma il Cile non è Haiti e nonostante la forte intensità del sisma, tutto sembra essere sotto controllo delle autorità. La famiglia di Pierre può tornare a sperare in un futuro migliore. Anche in uno dei paesi con il più alto rischio sismico del pianeta.

venerdì 5 marzo 2010

IL RITORNO DEL CALYPSO

Grazie all’imponente sforzo della Cousteau Society (http://www.cousteau.org/about-us/calypso-restoration), presieduta da Francine Cousteau, la Calypso, la mitica nave del comandante Cousteau, dopo anni di abbandono nei porti è stata restaurata in Bretagna. Non è stato un lavoro semplice né economico (bisogna considerare che lo scafo di questo ex-dragamine è in legno). Per le prime generazioni di subacquei la Calypso ha rappresentato il paradiso: il luogo in cui tutti avrebbero voluto soggiornare. Ora questa mitica nave, co-protagonista di numerosi documentari subacquei, diverrà un’“ambasciatrice del mare” in tutto il mondo. La Calypso ha avuto un passato tormentato: nata come nave da guerra con il nome di J-826, nel 1942, in seguito, con il nome definitivo, servì come traghetto fra Malta e Gozo. Nel 1950 il comandante Cousteau, grazie all’aiuto di Loël Guinness, riuscì ad acquistarla e a trasformarla in nave oceanografica (lunga 43 metri). Nel 1956 fu quasi affondata, per errore, durante il conflitto fra Egitto e Israele. Nel gennaio del 1996 fu gravemente danneggiata da un pontone nel porto di Singapore e alata a terra. Nel giugno del 1997 morì il comandante Cousteau e da quel momento seguì una serie infinita di grane legali fino a quando, nel 2007, la società Equipe Cousteau fu riconosciuta legittima proprietaria della nave e si poté dare avvio all’opera di restauro. Ora la società sorella, Cousteau Society, è alla ricerca di veterani della Calypso per un “misterioso” viaggio inaugurale.

giovedì 4 marzo 2010

IL VINO TIGRATO

In Cina il vino contenente ossa sbriciolate di tigre è più di una normale bevanda alcolica, è una panacea usata per curare una gran quantità di malattie, su tutte artrite e reumatismi. I produttori hanno sempre sostenuto che per farlo vengono usate ossa di animali morti e hanno persino vantato di essere in possesso di un'autorizzazione speciale. La realtà è ben diversa. Ai visitatori dello zoo di Guilin, in Cina, si presenta uno spettacolo angosciante. Tra le 1.500 tigri in cattività (circa la metà di quante ne vivano allo stato brado) ve ne sono molte ferite, emaciate, malate e in ogni caso prossime alla morte. Le guide del parco zoologico cercano di rassicurare i visitatori "cosa volete che facciamo? Sono malate e, per legge, è vietato ucciderle". In realtà stanno aspettando che muoiano e fanno di tutto per rendere il processo il più rapido possibile. Sono stipate in gabbie strette, non viene dato loro da mangiare, in modo che si attacchino l'una all'altra in una lotta, spietata, per la sopravvivenza. Ciò che i visitatori non sanno è che una tigre vale molto più da morta che da viva, 30 chili circa di ossa sono quotati fino a 225mila dollari (165mila euro) e, una volta deceduti, gli animali vengono portati in un centro dove i resti verranno lavorati per ottenere, tra gli altri prodotti, un vino ritenuto pregiato il cui costo di vendita medio è di oltre 200 dollari. Il proprietario del parco, Mr. Zhou, è anche il proprietario dell’azienda in cui viene prodotto il vino. Ogni anno ne vengono immesse sul mercato 200mila bottiglie con una formula commerciale degna delle più raffinate aziende vinicole: una bottiglia invecchiata tre anni costa 68 euro, 105 euro quelle invecchiate sei anni, 210 euro per una di nove anni e c'è anche il prodotto di punta, quello più raro, il cui costo si avvicina ai 680 euro a bottiglia. La redazione del Daily Mail ha contattato l'ufficio vendite di Mr. Zhou scoprendo che chiunque, dietro pagamento di una licenza il cui costo può superare i 500mila euro annui, può diventare distributore del pregiato vino. Nella farmacopea cinese gli organi di tigre hanno diversi scopi, gli occhi sono usati per curare l'epilessia, la bile per sedare le convulsioni, le vibrisse (i "baffi") sono usate per combattere il mal di denti e, cosa ormai risaputa, dal pene si ricava un tonico che dovrebbe donare vigore alla carica erotica. Tutti aspetti che hanno indotto l'uomo ad accanirsi contro questo animale, ormai vicino all'estinzione. La medicina tradizionale è ancora fortemente radicata in Cina, soprattutto a causa del costo più contenuto rispetto a quello della medicina "occidentale". Dopo una prima denuncia dell'EIA (Environmental Investigation Agency), avvenuta nel 2008, è apparso evidente che le autorità di Pechino chiudano entrambi gli occhi davanti a questi orribili commerci, sui quali i produttori cinesi fanno grande pressione affinché vengano definitivamente liberalizzati. Poco più di una settimana fa, il 14 febbraio precisamente, in Cina è iniziato l’anno della Tigre... Altro caso tipico in cui la tradizione presta i propri panni al business perché queste atrocità vengono commesse in onore del denaro, non di certo per tenere in vita la medicina cinese.

mercoledì 3 marzo 2010

L'ITALIA HA REGALATO 184 MILIONI DI EURO ALLE DITTE FARMACEUTICHE

L'influenza A è una bufala orchestrata dalle case farmaceutiche, tramite l'Organizzazione mondiale della sanità, per fare miliardi con inutili e per giunta pericolosi vaccini.
Cosa vi avevo detto? Rileggete cosa ho postato in precedenza.
A dirlo non è qualche critico no-global, ma il presidente della commissione Sanità del Consiglio d'Europa, Wolfang Wodarg. Il quale ha anche fatto approvare in Consiglio una dura risoluzione che chiede un'inchiesta internazionale sulla faccenda. "Uno dei più grandi scandali sanitari del secolo". Secondo Wodarg, che nei giorni scorsi ha rilasciato diverse interviste alla stampa europea, il caso dell'influenza suina è stato "uno dei più grandi scandali sanitari del secolo". Le maggiori aziende farmaceutiche mondiali, secondo l'alto funzionario europeo, sono riuscite a piazzare "i propri uomini" negli "ingranaggi" dell'Oms e dei governi mondiali in modo da condizionare le loro decisioni. "Per promuovere i loro farmaci brevettati e i vaccini contro l'influenza - si legge nella risoluzione Wodarg - le case farmaceutiche hanno influenzato scienziati e organismi ufficiali e così da allarmare tutto il mondo: li hanno spinti a sperperare le ristrette risorse finanziari per strategie di vaccinazione inefficaci e hanno esposto inutilmente milioni di persone al rischio di effetti collaterali sconosciuti per vaccini non sufficientemente testati". Come hanno fatto? Semplice. "L'Oms, su indicazione di alcune grandi compagnie farmaceutiche e dei loro scienziati, hanno ridefinito il concetto ufficiale di ‘pandemia' abbassando i livelli di allarme", ha spiegato Wodrag. "Prima, una pandemia, per essere considerata tale, doveva essere non solo estesa a tanti paesi ma anche produrre un numero di decessi superiori alla media. Con la cancellazione di questo secondo criterio, è stato possibile lanciare un falso allarme, costringendo i governi a reagire immediatamente e a firmare contratti milionari di approvvigionamento vaccini con quelle stesse compagnie. E' stata una grande campagna di panico sostenuta da una massiccia operazione di disinformazione che ha procurato enormi guadagni a chi l'ha pianificata, enormi sprechi di denaro pubblico. E - aggiunge Wodrag - elevati rischi per la salute della popolazione a causa della velocità con cui i vaccini sono stati prodotti: alcuni con ingredienti non sufficientemente testati, altri addirittura, come il vaccino della Novartis, creati in bireattori da cellule cancerogene: una tecnica finora mai usata". L'Italia ha regalato a Novartis 184 milioni di euro. Proprio con la Novartis il governo italiano, all'epoca dell'allarme, ha firmato un accordo capestro per l'acquisto di 24 milioni di dosi a un costo di circa 184 milioni di euro. Anche se sono stati somministrate solo 850mila vaccini, le clausole del contratto non prevedono né restituzione mé rimborsi. Un bell'affare di cui possiamo ringraziare l'ex ministro della Sanità, Maurizio Sacconi. O forse sua moglie Enrica Giorgetti, direttore generale di Famindustria.

martedì 2 marzo 2010

LA STRAGE DEL POPOLO MIGRATORE

Si chiamano: canapiglia, codone, marzaiola, moriglione, moretta, fagiano di monte, pernice rossa, combattente, frullino, coturnice…Secondo il Rapporto Birds in Europe II di BirdLife International (testo di riferimento per la Commissione Europea) sono trentaquattro specie protette; minacciate d’estinzione, per ovvie logiche di spazio non possono essere qui tutte enumerate. I rischi per la loro sopravvivenza sono tanti e facilmente prevedibili: distruzione degli habitat di svernamento e alimentazione, contaminazione da metalli pesanti, disturbi antropici, automazione agricola nei siti riproduttivi, uccisioni illegali in primavera, avvelenamenti da infestanti. Lui, invece, si chiama Franco Orsi, senatore ligure del PDL, membro della Commissione permanente ambiente, beni ambientali e territorio, consegnatario di una modifica sulla legge venatoria che, sostanzialmente, rappresenta l’ennesimo attentato alla libertà per il 99% degli italiani, alla difesa dei beni naturali, al futuro delle nostre comunità e al buon senso. Per chi non lo rammentasse, il 2010 appena iniziato è l’anno dedicato alla difesa della biodiversità. Questo nei proclami; in concomitanza, i rappresentanti del Senato, investiti dal popolo che li ha eletti, assecondano i bassi istinti di una lobby minoritaria (pari all’1%) e approvano il sopraccitato DDL. Prima di vagliare l’intelligenza del senatore Orsi, gradiremmo altresì abbozzare a chi ci governa, che la modifica della legge, qualora passasse anche alla Camera dei Deputati, provocherebbe battaglia dura, epocale, a oltranza. L’attuazione di questa vergogna (con l’offensiva sfrontatezza della parte politica che l’ha proposta, cui non va esclusa la razione leghista), semplicemente, non s’ha da fare. Il disegno di legge contempla facilitazioni al possesso delle armi, mira a ridurre a sedici anni l’età minima per possedere armi da fuoco per uso venatorio, elimina l’interesse pubblico alla tutela della fauna, vanificando in questo modo un patrimonio di conoscenze e anni di dure battaglie per mettere in piedi una cultura rispettosa dell’ambiente e del territorio. Consente, inoltre, la caccia sulle vie di migrazione, nelle aree preservate e nei parchi, elimina la categoria delle specie protette e quelle utilizzate nelle cosiddette “attività sportive” o cresciute in allevamento; saranno escluse dalla nozione di fauna, perdendo così ogni tutela e attenzione. Caccia libera quindi a tutto ciò che muove: pappagalli, scoiattoli, ermellini, volpi, lupi, fringuelli, peppole, nutrie, finanche cani e gatti se “molestano”. L’arroganza arriva a colpire con norme punitive le Regioni che osino dichiarare “aree protette” più del 30% del loro territorio e nulla incide sulle peculiarità ambientali del luogo. Se non bastasse, potrebbero essere cassati i limiti della stagione venatoria, (attualmente, tra il 1° settembre e il 31 gennaio), per estenderla da febbraio ad agosto, pertanto, ininterrottamente, senza alcun ritegno verso le attività riproduttive e la stagione delle migrazioni. Tutto questo marasma in delega alle singole Regioni, le quali, come spesso avviene, delibereranno a favore delle lobby affaristiche locali. Ancora, se la nuova proposta estende l’appostamento anche nei mesi estivi, si pensi all’incremento dei gitanti nei parchi, nei boschi o in campagna e al numero sempre crescente d’incidenti di caccia. La lista degli orrori non finisce qui. La legge tollera d’imbalsamare le carcasse degli animali selvatici senza alcuna restrizione (quanti bracconieri s’inventeranno il nuovo mestiere d’impagliatori e faranno salti di gioia), totale liberalizzazione dei “richiami vivi”, una pratica equiparabile a un retaggio medievale e crudele: piccoli uccelli legati per le zampe, che si dibattono per ore, tenuti prigionieri in gabbie ridottissime per attirarne altri e per richiamare l’olfatto dei predatori. Tutte le varietà d’uccelli, cacciabili o non, potranno essere usati alla stregua di “richiami vivi”, peppole, fringuelli, pettirossi…Insomma, il territorio italiano trasformato in un campo di sterminio faunistico, alla mercé di un pugno d’imbecilli che considera la caccia uno “sport” e un “divertimento sano a contatto con la natura”, una specie di far west sregolato per beoti armati di fucili e pallettoni. Contro questa “decisione vergognosa che prende in giro milioni d’italiani” insorgono le associazioni ambientaliste e animaliste: Amici della terra, Animalisti Italiani, Enpa, Fare verde, Greenpeace, Lac, Lav, Legambiente, Lipu, Wwf, perché ci si prepari tutti, insieme, ogni cittadino dotato di buon senso, a una battaglia epocale alla Camera. Ignorati i pareri contrari, dello stesso Ministero dell’Ambiente, dell’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale, delle autorità scientifiche in campo nazionale; dimenticati i pareri negativi delle commissioni competenti della Camera e del governo, del ministro Ronchi che già, in passato, aveva bocciato un emendamento del tutto simile. Furiosa (bontà sua), il ministro Stefania Prestigiacomo: “…Giudico quanto accaduto in aula un grave colpo di mano. Quel testo va ricorretto alla Camera, reintroducendo le garanzie che erano previste specie sulla tutela delle specie protette e di quelle migratorie, che sono il fulcro di quella biodiversità di cui, tra l’altro, quest’anno si celebra l’Anno Mondiale…”. In tema di tutela ambientale, così come recita il Ministero che rappresenta, la Prestigiacomo è stata solennemente sconfessata dalla sua stessa maggioranza. A questo punto, faccia rispettare fino in fondo il valore della sua carica o si dimetta.

lunedì 1 marzo 2010

LA CPORTINA DI FERRO


Altro che Abramovich e gli splendori del Chelsea di Ancelotti. Per i tifosi di calcio russi che aspettano la riapertura in marzo del loro campionato, si prepara una stagione di mediocrità e di amarezze: giocatori di prestigio in fuga all'estero, società divorate dai debiti e in cerca di compratori che non ci sono, almeno due squadre gloriose escluse per motivi economici dalla massima serie. Il tutto in un clima, calcistico, già abbastanza depresso dall'esclusione della nazionale dal mondiale in Sudafrica nonostante l'illusione di un ct di fama, e di lauto stipendio, come l'olandese Hiddink. Colpa della crisi economica che costringe miliardari e oligarchi a occuparsi d'altro, ma anche di una devastante disorganizzazione e di un pessimo ritorno in chiave di diritti televisivi e di pubblicità. Il primo dispiacere è toccato giorni fa ai tifosi del "Moskva", costretto ad annunciare per indisponibilità di mezzi il ritiro dal campionato e di mandare la squadra ad allenarsi a Cipro in attesa degli eventi. Che sono poi eventi già previsti: progressiva liquidazione della rosa a club più fortunati e iscrizione di quello che resta a tornei minori e più accessibili. Un colpo al cuore per i tifosi che annunciano manifestazioni e addirittura scioperi della fame. "Moskva" altro non è che il nuovo nome della gloriosa Torpedo Mosca, la squadra della fabbrica di automobili Zil, che ebbe fama internazionale negli anni 60 e che era tra le più amate anche per motivi politici. Tifare Torpedo o Spartak (squadra di un sindacato operaio) era comunque un prendere le distanza, almeno allo stadio, da quelli che tifavano per organizzazioni molto più governative come il Cska (squadra dell'Armata Rossa), la Dinamo (legata alla polizia). L'attuale proprietaria è la compagnia "Nor nikel", entrata improvvisamente in crisi dopo l'uscita dell'oligarca Mikhail Prokhorov che ha ceduto in blocco il suo pacchetto azionario. stessa fine della ex Torpedo toccherà quasi certamente al Krylja Sovietov di Samara. Ha pochi giorni di tempo per pagare un debito di circa 80 milioni di dollari e ottenere la licenza per l'iscrizione al campionato. Tra gli azionisti c'è la Uaz di Togliattigrad, la fabbrica di automobili impegnata a cercare di uscire da una crisi senza precedenti. Gli appelli dei tifosi, che hanno sfilato lungo il Volga tra striscioni e bandiere, non sembrano commuovere i dirigenti della società che hanno debiti più urgenti da ripianare. Ma anche altrove il panorama è desolante. In un solo anno ad esempio, il patron dello Spartak di Mosca che ha vinto sei campionati in dieci anni, Leonid Fedun, ha visto ridursi da 6,4 a 4,3 miliardi di dollari il suo patrimonio personale. Conseguenza del crollo del patrimonio della Lukoil di cui è vice presidente. Difficile che possa imbastire una campagna acquisti all'altezza delle aspettative dei tifosi. Né si possono aspettare granché i supporter del Saturn (squadra della regione di Mosca). Il loro presidente Sulejman Kerimov, oligarca del petrolio che ha vuto un crollo da 17,5 a 3,5 miliardi di dollari, sta lavorando per una delle cose più offensive per un appassionato di calcio: la fusione con un'altra squadra in crisi, l'odiata rivale del Khimki. Così come si prospettano solo vendite di calciatori e mediocri ambizioni per i colori del Kuban di Krasnodar. Hanno perso di botto lo sponsor più autorevole, l'oligarca più ricco e più vicino al Cremlino, Oleg Deripaska aggravato dalla crisi personale più grande nella lista nera dei disastri economici di quest'anno: da 25,5 miliardi dollari ad appena 3,5. Deripaska ha amicizie e agganci che gli riconsentiranno presto di risalire la china ma di calcio, per qualche anno almeno, non vuole più sapere. Qualcuno ancora tiene, come Edvard Gingher, petroliere anche lui e boss del Cska, o come la Gazprom, che sponsorizza lo Zenit San Pietroburgo di Spalletti. Ma il modello da seguire resta forse quello dei tartari. In Tatarstan infatti il Rubin di Kazan resta la società più forte e non a caso vincitrice degli utimi due tornei. Ufficialmente è di proprietà comunale ma ha un pool di sponsor ancora forti: il gruppo industriale Taife (chimica, edilizia e telecomunicazioni) e soprattutto la Tatenergo, holding elettrico nazionale con sede proprio a Kazan. Giostrando tra uno sponsor e l'altro e amministrando in proprio il denaro senza lasciare alcuna responsabilità diretta ai miliardari distratti tutto sembra funzionare per il meglio e ai tifosi si lascia perfino sperare in successi internazionali in futuro. Agli altri, ormai sintonizzati in massa sul calcio inglese, non resta che cercare qualcosa di russo nelle gesta del Chelsea e, con un po' di sforzo, anche dell'Arsenal che infatti al 25 per cento è di proprietà di Alisher Usmanov, di origini uzbeke, uno degli uomini più ricchi di Russia che come Abramovich ha preferito spendere su mercati più redditizi e in un campionato più competititvo.