sabato 31 luglio 2010

FANTASMI MENEGHINI

Poveri fantasmi! A Milano non hanno mai avuto vita facile. Il frastuono non aiuta l’ascolto dei rumori tipici del loro repertorio: passi felpati e catene che strisciano in soffitta, sospiri tenebrosi, pianti di fanciulla, incomprensibili parole sussurrate sono sovrastati dal primo motorino che passa, dai clacson o dalle sirene antifurto lasciate incustodite nel cuore della notte. Ci si mette pure l’inquinamento luminoso a impedire il manifestarsi diafano degli ectoplasmi che forse vorrebbero ancora spaventarci ma, poveretti, non ci riescono più. Diverso quando la città notturna era buia e silenziosa, quando la nebbia permeava di mistero i passi di chi ci camminava alle spalle e, perché no, quando le osterie dispensavano con generosità barbera e gutturnio, spiriti da sempre amici di fenomeni paranormali. A Milano le apparizioni spettrali «moderne» si registrano a partire dal 1930. Quasi sempre sull’asse Porta Vittoria-XXII Marzo-Mecenate, e cioè nella zona d’attrazione del vecchio Ortomercato dove si verificò la più consistente immigrazione di piccoli commercianti dal superstizioso Sud. Gli annali riportano le prime apparizioni di fantasmi entro i confini della parrocchia di Santa Maria del Suffragio. Lo scrittore Domenico Porzio parla anche di un «fantasma di Taliedo», zona compresa tra le vie Mecenate, Ungheria e Salomone. Siamo nel primo Dopoguerra e pare che l’entità amasse passeggiare vestito da aviatore dagli stabilimenti della Caproni fino al capolinea del tram in piazza Ovidio. In quel periodo appariva spesso anche il cosiddetto «Vecchione» della Senavra, nome di un ex ritiro spirituale dei Gesuiti che si trovava all’altezza del civico 50 di corso XXII Marzo. Il Vecchione «si metteva alle spalle di chi dopo mezzanotte passava lungo il prato dove ora sorge il monumento a Giuseppe Grandi e seguiva il viandante con rumore di zoccoli caprini finché questi non si decideva a buttare per terra una monetina». I primi rotocalchi parlano anche di raccapriccianti avventure erotiche vissute dai giovani con una misteriosa dama, formosa e provocante, nei pressi del Castello Sforzesco. Negli Anni Sessanta c’era ancora qualche anziano che si ricordava di lei, ovvero dell’entità di via Paleocapa, detta anche la «Dama Nera». Appariva di sera nei pressi del parco Sempione col volto coperto da un velo, seduceva il passante e prima di sparire nel nulla si scopriva il volto che in realtà era un teschio. La superstizione le diede anche un nome: Bianca Maria Scappardone, vedova di Ermes Visconti vissuta, pare molto allegramente, nel Cinquecento. Ma la tradizione popolare annovera anche fantasmi più recenti. Un classico restano le apparizioni scaligere della contralto spagnola Maria Malibran (1808-1836) riportate con incredula bonarietà da qualche quotidiano a partire dagli anni Sessanta. Con le sue silenziose passeggiate nei sotterranei del teatro fino al soppalco e da qui verso la ribalta, lo spettro avrebbe terrorizzato operai e musicisti in più di una occasione. Alla Malibran poi si sarebbe aggiunto anche il fantasma di Maria Callas. Prima che si trasformasse nell’odierna Chinatown, anche la zona Sarpi ebbe il suo spirito inquieto. Si racconta fosse lo spettro di un monaco che appariva in vesti lacere in zona Monumentale, inveendo contro la corruzione e la dissolutezza della società moderna. Invece in via Aldini, a Quarto Oggiaro, un’entità indefinita e dispettosa avrebbe ancora oggi l’abitudine di attraversare la strada proprio al sopraggiungere di macchine e moto, facendo inchiodare i conducenti per poi sparire nel nulla. Nella caotica e distratta metropoli, forse sopravvive ancora un pizzico di attenzione e di rispetto per i fantasmi. Emblematico che 13 anni fa alla Sergio Bonelli Editore ci fu la costituzione del «Dylan Dog ghost hunting Club», un sodalizio di cacciatori di spettri. «Null’altro che una trovata pubblicitaria - dice oggi Mauro Boselli, sceneggiatore, creatore del fumetto Dampyr nonché artefice del club -. Ma dovemmo chiudere il club in fretta per via delle centinaia di lettere che ci segnalavano apparizioni e infestazioni: una valanga cartacea alla quale non riuscivamo a star dietro».

venerdì 30 luglio 2010

NUOVE SCOPERTE IN AUSTRALIA

Squali preistorici con sei branchie, ruvetti giganti, sciami di crostacei e molte altre specie marine finora sconosciute sono state scoperte a 1400 metri di profondità al largo delle costa nordest dell'Australia. L'equipe di ricerca dell'università del Queensland, guidata dal neurobiologo Justin Marshall, ha usato attrezzature ad alta tecnologia per filmare in profondità nella barriera corallina detta Osprey Reef, 350 km a nordest di Cairns, con cineprese telecomandate sensibili alla luce di minima intensità, poggiate sul fondo marino. Tra le riprese di maggiore interesse, quelle del nautilo, un cefalopode che occupa una grande conchiglia a spirale, considerato uno dei 'fossili viventì. «Osprey Reef, è un'area del Mar dei Coralli di alto valore per la biodiversità, ed è quindi della massima importanza identificare gli ecosistemi e le specie che la abitano in profondità, dove non giunge la luce del sole», ha detto Marshall alla radio Abc. «Semplicemente non sappiamo che vita vi sià laggiù, e le nostre cineprese ora possono registrare le attività e i comportamenti nella più grande biosfera dell'Australia, le profondità marine». Secondo Marshall la ricerca potrà portare a nuove scoperte scientifiche. Sarà possibile studiare il funzionamento degli occhi e dei cervelli primitivi in un mondo senza luce, e questo aiuterà i neuroscienziati a comprendere meglio la vista umana. «Molte delle conoscenze su come le cellule nervose funzionano e comunicano è partita dalla ricerca sulle cellule nervose giganti dei polipi e di altri cefalopodi», ha spiegato. «Ora stiamo tornando a questi modelli originali, sia per il loro interesse intrinseco, sia per comprendere meglio i disturbi cerebrali che portano a condizioni come l'epilessia».

giovedì 29 luglio 2010

LA DEFORESTAZIONE SCATENA LA MALARIA

Non è facile stabilire una relazione tra incidenza delle malattie e cambiamenti ambientali, ma gli scienziati dell'Università del Wisconsin, ne sono certi: la deforestazione in Amazzonia è legata da un aumento dell'incidenza della malaria. Il rapporto, pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases CDC, combina le informazioni dettagliate sull'incidenza della malaria in 54 distretti sanitari brasiliani, e li compara alle immagini satellitari ad alta risoluzione che riportano l'abbattimento nella foresta amazzonica, dimostrando che lil taglio della foresta tropicale aumenta l'incidenza della malaria quasi del 50 per cento. "Sembra che la deforestazione sia uno dei fattori ecologici iniziali nell'innescare una epidemia di malaria", spiega Sarah Olson, dell'Istituto Nelson (Centro per la sostenibilità e l'ambiente globale) e autore principale del rapporto. L'abbattimento delle foreste tropicali, sostengono Olson e Jonathan Patz, dell'Università del Wisconsin (School of Medicine and Public Health), crea condizioni che favoriscono la diffusione della zanzara Anopheles darlingi, che trasmette il parassita della malaria e ne è vettore primario in Amazzonia. "Il paesaggio deforestato, con spazi più aperti e pozze d'acqua parzialmente soleggiate, sembra fornire l'habitat ideale per questa zanzara" aggiunge Olson, facendo notare che la Anopheles darlingi ha preso il posto di altri tipi di zanzare che preferiscono foresta e che sono molto meno incline a trasmettere la malaria. "Questo studio completa il nostro precedente lavoro, che si era incentrato sulla quantità di zanzare che trasportano la malaria - spiega Patz - nel corso di ricerca svolte nell'Amazzonia peruviana, abbiamo dimostrato una correlazione tra larve di questa zanzara e i siti acquatici di riproduzione negli habitat disturbati in seguito al taglio della foresta". Il nuovo studio dell'Università del Wisconsin si focalizzata su 54 distretti sanitari brasiliani nell'angolo di Amazzonia brasiliana al confine col Perù, confrontando i dati sulla salute della popolazione raccolti nel 2006 da ricercatori brasiliani. Questi dati sono stati confrontati con le immagini satellitari ad alta risoluzione dei cambiamenti di copertura forestale, rilevando un forte legame tra la salute umana dei cambiamenti e modifiche anche relativamente piccoli del paesaggio forestale. "In questi 54 distretti sanitari, un cambiamento del 4 per cento della copertura forestale è stato associato a un aumento del 48 per cento di incidenza della malaria - osserva Olson - I dati sanitari utilizzati nello studio sono della massima qualità e così la risoluzione spaziale. A differenza dei precedenti studi, questo ci ha permesso di zoomare, e focalizzare le aree in cui la gente è più esposta alla malaria e di escludere zone in cui è meno esposta". I distretti sanitari studiati dal team sono tipici di molte migliaia di distretti sparsi per il Brasile e la regione amazzonica. Dal 2001, il Ministero della Salute brasiliano ha monitorata la diffusione della malaria in oltre 7.000 distretti. In Amazzonia, la deforestazione, spiega Olson, si verifica per lo più lungo i fiumi, vera spina dorsale del sistema dei trasporti della regione, e di lì si diffonde. Il nuovo lavoro, sostiene Patz, mostra come la deforestazione e il disboscamento contribuisca alla dinamica della malaria lungo il limite degli insediamenti. "Nel 2006, la provincia che comprende questi distretti sanitari è stata tra le primi cinque per incidenza della malaria - spiega Patz - Anche dopo aver incluso altri dati, come l'accesso alle cure sanitarie o di altri fattori, i punti di maggiore incidenza della malaria hanno continuato a figurare in parallelo la distruzione della foresta pluviale". La conclusione dello studio, spiegano Olson e Patz, è che la protezione della foresta tropicale può proteggere la salute umana molto più di quanto si pensasse. "Le pratiche di gestione del territorio possono permettere interventi utili a ridurre i fattori di rischio malaria". Patz e Olson ritengono che il nuovo lavoro fornisca un modello che potrebbe essere utilizzato per rintracciare spazialmente fattori di rischio ambientale legati all'incidenza della malaria, che infetta circa 500.000 brasiliani ogni anno. "La tecnologia c'è. I dati sanitari sono a disposizione. Se dotati di semplici i telefoni cellulari, gli ambulatori sparsi in ogni angolo del paese potrebbero raccogliere dati per l'intera regione amazzonica". Lo studio è stato finanziato dalla National Aeronautics and Space Administration.
Fonte: Salva le Foreste http://www.salvaleforeste.it/
Il sito dell'Università del Wisconsin http://www.news.wisc.edu/18173

mercoledì 28 luglio 2010

VUOI PATIRE LE PENE DELL'INFERNO? FELTRE D'ESTATE E FELTRE D'INVERNO

Con diecimila comitati spontanei di ragazzi come quello che si oppone alla speculazione edilizia a Feltre, l'Italia cambierebbe in pochi giorni. "Si chiama Altanon il nuovo “mostro” da 57mila metri cubi cemento che il consiglio comunale di Feltre (Belluno) ha approvato lo scorso 8 febbraio. Il progetto di lottizzazione, avviato nei primi anni ‘90 e realizzato solo parzialmente, prevede la costruzione di tredici edifici alti fra i 15 e i 18 metri nell’ultima grande area libera strategica a ridosso del centro città di Feltre. Fra la stazione ferroviaria e il centro città sorgerà un’immensa colata di cemento che andrà a cancellare completamente il cono visuale sulla cittadella storica. A rimpiazzarlo sarà lo skyline di una settantina di nuovi appartamenti (a fronte di oltre mille case vuote o sfitte nel territorio comunale) e migliaia di metri quadri di spazi commerciali, che metteranno in ginocchio attività del centro e negozi delle frazioni. Ma sul progetto, ripreso e portato avanti a spada tratta dall’amministrazione leghista guidata dal sindaco-senatore Gianvittore Vaccari, pendono ben tre ricorsi al T.A.R. del Veneto, da parte dell’associazione commercianti, del Comitato No Altanon (sezioni di Feltre di Wwf e Italia Nostra, Comitato Pra’ Gras e gruppo Facebook “No agli scempi architettonici a Feltre”) e di una decina di cittadini. Quella del ricorso è l’ultima strada che possono percorrere cittadini e comitati oppositori, che da un anno e mezzo conducono una battaglia contro la speculazione edilizia. La mobilitazione, nata spontaneamente sul web in un gruppo di Facebook grazie a un gruppo di ragazzi, ha portato trecento persone al consiglio comunale di approvazione del progetto, per la prima volta così affollato di gente e ripreso dalle videocamere dei cittadini. Il Movimento Cinque Stelle di Belluno-Feltre ha intervistato Riccardo Sartor, membro del Comitato No Altanon."
È possibile contribuire al ricorso al TAR del Comitato No Altanon (costo complessivo di € 5.000) con una donazione sulla carta Postepay numero 4023 6005 7478 3330, intestata a Lucio D’Alberto, membro del Comitato.
FONTE: beppegrillo.it

martedì 27 luglio 2010

BANCHE ARMATE

Unicredit, Deutsche Bank e Intesa San Paolo: sono le prime tre banche nella classifica dei 10 istituti di credito più coinvolti nel 2007 nell'export di armi. Secondo la relazione annuale dell'Unità per le Autorizzazioni dei Materiali di Armamento del ministero degli Esteri (Uama) alla Presidenza del consiglio, le banche italiane l'anno scorso hanno fatto da intermediarie per un giro d'affari di 1 miliardo e 224 milioni di euro. Sui conti bancari di Unicredit sono transitati più di 183milioni di euro (pari al 14,96%) degli export autorizzati (in base alle legge 185 del 1990) dal Governo italiano alle imprese che producono armi. Dalla Deutsche Bank sono passati 173milioni di euro (14,20%) e da Intesa San Paolo oltre 144 milioni (11,81%). Le altre banche armate sono: Citibank (84 milioni di euro, 6,86%), Banca Nazionale del Lavoro (63milioni, 5,21%), Abc International (58milioni, 4,74%), Cassa di Risparmio di Bologna (53 milioni, 4,38%), Bnp Paribas (48 milioni, 3,95%), Hsbc Bank (27milioni, 2,22%) e Commerz Bank (26milioni, 2,20%). Dalla relazione dell'Uama alla Presidenza del Consiglio emerge anche che fra i paesi, non Nato, in cui le aziende italiane hanno esportato più armi figurano Pakistan (471milioni di euro), Malaysia (119milioni di euro), Iraq (84milioni), Arabia Saudita (65milioni) e Libia (56milioni). Nel 2007 l'export italiano di armi è stato pari a 2 miliardi e 369 milioni di euro (nel 2006 era pari a 2 miliardi e 192mila euro): solo il 53,3% verso paesi della Nato e dell'Unione europea. La relazione completa è sul sito www.governo.it/presidenza/ucpma. Il rapporto del presidente del Consiglio sui 'lineamenti di politica del governo in materia di esportazione, importazione e transito dei materiali d'armamento' nel 2007 presentato oggi a Palazzo Chigi mostra un aumento delle esportazioni di materiali di armamento, al netto delle operazioni Intergovernative, del 9,4%. Delle 1391 autorizzazioni all'esportazione, le 1037 definitive, "per le quali e' previsto il corrispettivo regolamento finanziario", sono pari a 2.369.006.383 di euro. Fra le esportazioni autorizzate emergono "l'importante commessa" verso il Pakistan (il 20% del totale pari a 471 milioni di euro) per sistemi di difesa antiaerea di punto e le commesse per pattugliatori ed artiglierie navali per la Turchia.
Fra gli esportatori primeggia, come volume finanziario, l'MBDA ITALIA con oltre il 18,49% , pari a circa 442,9 mln. di €, seguita da:
INTERMARINE con il 10,22%, pari a circa 244,8 mln. di €;
FINCANTIERI con il 7.99%, pari a circa 191,6 mln. di €;
AGUSTAWESTLAND con il 7,93%, pari a circa 190,0 mln. di €;
OTO MELARA con il 7,0%, pari a circa 167,65 mln. di €;
GALILEO AVIONICA con il 6,72%, pari a circa 160,99 mln. di €;
AVIO con il 5,97%, pari a circa 143,1 mln. di €;
IVECO con il 4,48%, pari a circa 107,3 mln. di €;
ALENIA AERMACCHI con il 3,98%, pari a circa 95,3 mln. di €;
ORIZZONTE Sist. Nav. con l'2,48%, pari a circa 59,4 mln. di €.
Per quanto attiene, invece, ai Paesi principali destinatari delle autorizzazioni alle esportazioni definitive di materiale d'armamento, il Pakistan si attesta nell'anno 2007 al primo posto con l'19,91%, pari a circa 471,6 mln. di € con 30 autorizzazioni, seguito da:
FINLANDIA con il 10,59%, pari 250,96 mln. di €;
TURCHIA con il 7,37%, pari a circa 174,57 mln. di €;
REGNO UNITO con al 5,98%, pari a 141,77 mln. di €;
STATI UNITI con il 5,81%, pari a circa 137,72 mln. di €;
AUSTRIA con il 5,05%, pari a 119,72 mln. di €;
MALESIA con il 5,04%, pari a 119,28 mln. di €;
SPAGNA con il 5,02%, pari a circa 118,84 mln. di €;
IRAQ con il 3,55%, pari a circa 84,0 mln. di €;
FRANCIA con il 3,48%, pari a 82,39 mln. di €.

lunedì 26 luglio 2010

DIETA MEDITERRANEA L'ANTICANCRO


Seguire la dieta mediterranea puo' ridurre il rischio di ammalarsi di cancro allo stomaco, secondo uno studio spagnolo. "Questi risultati si uniscono alle prove gia' raccolte che dimostrano che la dieta mediterranea riduce il rischio di tanti tipi di cancro. Occorre incoraggiare le persone a seguire un'alimentazione ricca di frutta, verdura e pesce", affermano il Dr. Carlos A. Gonzalez del Catalan Institute for Oncology di Barcellona e i colleghi. La dieta tradizionale dei Paesi come l'Italia e la Grecia produce molti benefici per la salute, sottolineano i ricercatori spagnoli sull'American Journal of Clinical Nutrition, non solo la protezione contro i tumori. L'equipe di Gonzalez ha tuttavia cercato un approccio specifico, cercando i benefici in particolare per il cancro allo stomaco, la seconda maggiore causa di morte per cancro nel mondo. Per capire se la dieta possa proteggere contro la malattia, i ricercatori hanno analizzato i dati dello studio europeo sul rapporto tra alimentazione e cancro chiamato European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition (EPIC), condotto su 485.044 uomini e donne dai 35 ai 70 anni in 10 Paesi europei. L'adesione alla dieta mediterranea veniva misurata su una scala da uno a 18. Il punteggio maggiore era assegnato a chi seguiva perfettamente i dettami dell'alimentazione mediterranea: tanta frutta e verdura, legumi, pesce, cereali e olio d'oliva, con pochi latticini e poca carne rossa. Nel corso del follow-up, durato nove anni, 449 partecipanti allo studio si sono ammalati di cancro allo stomaco. E' cosi' emerso che le persone che seguivano piu' da vicino la dieta mediterranea avevano il 33% di probabilita' in meno di ammalarsi rispetto alle persone con il punteggio piu' basso. Il rischio di cancro allo stomaco scendeva del 5% per ogni punto in piu' sulla scala che misurava l'adesione allo schema dell'alimentazione mediterranea.

domenica 25 luglio 2010

VERGOGNOSA FAR OER



TUTTO QUESTO E' ASSOLUTAMENTE ASSURDO, BRUTALE E RACCAPRICCIANTE, E' NECESSARIO CHE QUALCUNO FACCIA QUALCOSA PER FERMARE QUESTO POPOLO INCIVILE. ODIO QUESTA GENTE CON TUTTE LE MIE FORZE.

Un banco di 236 piccoli cetacei della specie dei globicefali sono stati uccisi in maniera crudele, nonostante siano protetti, in una spiaggia delle isole danesi Faroe. La denuncia della cruenta strage di questi animali, detti anche delfini pilota, è stata diffusa dall’organizzazione ambientalista Sea Shepherd. La mattanza, (ATTENZIONE: le immagini sono molto crude e potrebbero urtare la vostra sensibilita...potreste iniziare ad odiare questo popolo anche voi) riferisce un comunicato dell’organizzazione che fornisce anche foto e video, è avvenuta nella cittadina di Klaksvik e ha riguardato i globicefali (in inglese: pilot whales) considerati protetti dalla ”Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa” del 1979, la cosiddetta ”Convenzione di Berna” firmata anche dalla Danimarca. Le immagini sono state riprese da un attivista della Sea Shepherd che è riuscito a spacciarsi per uno studente svedese di cinematografia. Il metodo di uccisione dei cetacei viene definito ”crudele” perché prevede lo spiaggiamento degli animali ed il taglio della spina dorsale con coltelli: la morte, sottolinea l’organizzazione ambientalista nella nota, è ”lenta ed estremamente dolorosa” e puo’ durare anche quattro minuti. Le foto mostrano globicefali decapitati o sventrati e dall’attivista, Peter Hammarstedt, ha raccontato di aver visto ”piccoli estratti dal ventre della madre morta e lasciati a marcire sugli scogli”.

sabato 24 luglio 2010

IL CRATERE DI KAMIL

Lo hanno chiamato cratere di Kamil ed é stato provocato da un meteorite che nonostante le piccole dimensioni è riuscito a penetrare nell'atmosfera terrestre praticamente intero creando un cratere che misura 45 metri di diametro. A descrivere su Science questo cratere scoperto nel sud dell'Egitto è un gruppo di ricerca italo-egiziano coordinato dall'Italia con Luigi Folco del Museo Nazionale dell'Antartide dell'università di Siena. Contrariamente a quanto sostengono alcuni modelli, spiega Folco, questo cratere "ci dimostra che anche meteoriti metallici di piccole dimensioni, in questo caso dal diametro di 1,3 metri, possono entrare nell'atmosfera terrestre senza frantumarsi" e ciò, secondo lo studio, rappresenta un pericolo precedentemente sottovalutato. Identificato grazie alle immagini di Google Earth, il cratere, prosegue l'esperto, è caratterizzato dalla distribuzione dei detriti a forma di raggiera, che lo rende unico perché strutture come queste sono ben visibili soltanto sui corpi planetari del Sistema Solare privi di atmosfera, sulla Terra, invece tali strutture sono erose dagli agenti atmosferici. La distribuzione a raggiera dei detriti è restata pressoché intatta a causa dell'età giovane del cratere che secondo gli scienziati si sarebbe formato dopo che il Sahara egiziano è entrato in fase di iperaridità, circa 5000 anni fa. "La straordinaria conservazione del cratere - sottolinea Folco - ci permette di studiare gli effetti di un impatto dovuto a un meteorite di questa natura e dimensione e a valutare i rischi da impatto di questi corpi celesti". Diversamente dai meteoriti non metallici che tendono a esplodere a mezz'aria, sembrerebbe, aggiunge, che i meteoriti metallici non si frantumino nel 35% dei casi, cadendo sulla Terra interi.

venerdì 23 luglio 2010

INCUBO MEDUSE

Da 6-7 anni continuano ad aumentare e, insieme, aumenta la diversità biologica: a favorire l’arrivo, puntuale, ogni estate delle meduse ci si mettono le condizioni climatiche sempre ”migliori”, la trasformazione del Mediterraneo in una succursale tropicale, e la ‘’sovrapesca”. Tanto che in questi giorni nell’alto Tirreno, tra Liguria e Toscana dove la situazione è più allarmante, se ne vedono sciami affacciarsi fino a riva. Le ripercussioni di questa invasione si avvertono sulla pesca, sul turismo e sulla salute. Non ha dubbi l’esperto di meduse, Ferdinando Boero, del dipartimento di biologia marina dell’università del Salento, che all’Ansa racconta il progetto di ‘’scienza dei cittadini” messo a punto grazie alla semplice osservazione delle meduse nei nostri mari. ”Ricevo un centinaio di segnalazioni al giorno – spiega Boero – per i bambini è diventato quasi un gioco, come andare a vedere i leoni allo zoo”. Il gioco marino dell’estate 2010 si chiama “Occhio alla medusa”, la seconda edizione estesa a tutto il Mediterraneo della campagna “Jellywatch 2010″ (un progetto del Ciesm, la Commission internationale pour l’exploration scientifique de la mer Mediterranee di cui e’ presidente il principe Alberto II di Monaco). Anche se le meduse, osserva l’esperto, ‘’stanno bene con qualsiasi temperatura dell’acqua” – ci sono, infatti, anche quelle artiche – ”un’ondata di calore potrebbe, per le nostre latitudini, fungere da amplificatore” di condizioni ideali. E la tendenza ‘’sulla base degli ultimi 6-7 anni” in virtù della ”tropicalizzazione del mar Mediterraneo” a causa dei cambiamenti climatici è di ”aspettarcene sempre di più” con ”una crescita anche della diversita’ biologica” di quelle specie che ”amano il calore delle acque tropicali”: in questo modo, e non soltanto per le meduse, ”il nostro bacino sta diventando un crocevia biologico” delle rotte di questi animali marini provenienti dall’oceano Indiano attraverso il canale di Suez o dall’Atlantico. L’espansione delle meduse trova, però, un’ipotesi di correlazione ”nella diminuzione dei pesci” sia per la sovrapesca che per ”la perdita di spazio ecologico” che, invece, le meduse, in quanto ”predatori e competitori”, riescono ”a guadagnare”. Il riscaldamento globale, rileva Boero, si può inserire – anche se servirebbero delle ricerche scientifiche – ”tra le cause concomitanti della fioritura di alghe” nei nostri mari. In Italia l’sos si concentra su enormi sciami di Velella avvistati nel mar Ligure, preso di mira per un gioco dovuto alle correnti marine, dove hanno colorato la battigia di blu dopo lo spiaggiamento ”tipico” di maggio-giugno. La loro presenza indica un ambiente in buone condizioni. Più giù, nel Tirreno centrale, sono comparsi mucchi ”in grandi quantita”’ di Pelagia, la medusa piu’ urticante del Mediterraneo, mentre dalle coste adriatiche arrivano segnalazioni di grandissime quantita’ di Aurelia, innocua e ”bella da osservare”. In queste settimane eè stata poi segnalata la ‘caravella portoghese’, la Physalia, che – dice Boero – ”non è una medusa ma un sifonoforo galleggiante molto urticante e dalle punture dolorosissime”. Anche quest’anno, da rarità mediterranea (l’ anno scorso si era fatta vedere in Corsica e Toscana), è giunto da Malta fino al Mar Ligure con esemplari dai tentacoli lunghi anche 20 metri in grado di pungere a distanza dal corpo principale. Dopo l’evasione dal mar Nero, nel 2009 fece la sua prima apparizione e anche quest’anno è tornata lungo le nostre coste la medusa killer di pesci, ma innocua per l’uomo, la Mnemiopsis leidy: in realtà uno ctenoforo, non una vera e propria medusa ma simile per consistenza gelatinosa e trasparenza che si nutre di uova e larve di pesci, che ha preso di mira ”in modo massiccio la Laguna di Orbetello dove potrebbero esserci ripercussioni per la pesca”. E quando si dovesse esser punti da una medusa urticante, Boero suggerisce rimedi istantanei come ‘’spargere sabbia bollente sulla puntura e rimuovere i tentacoli con una carta di credito, usandola come fosse un rasoio”.
FONTE: BLITZ QUOTIDIANO

giovedì 22 luglio 2010

LA BALENA SALTATRICE

Una coppia che stava facendo una gita in mare con uno yacht al largo di Città del Capo, in Sudafrica, deve essersela vista brutta quando una giovane balena, che si era avvicinata a loro, ha compiuto un salto ricadendo rovinosamente sulla barca. Ma l'incidente è finito bene perché la barca era di metallo e non è affondata, nessuno si è fatto male e anche il cetaceo, a quanto pare, se l'é cavata con delle escoriazioni. Ralph Mothes e la fidanzata Paloma Werner, in gita con la fidanzata sulla barca, che stava navigando fra Robben Island - l'isoletta dell'ex prigione di Nelson Mandela - e Blouberg, racconta ai media sudafricani di aver osservato la balena per mezz'ora. Poi l'animale ha cominciato a tuffarsi fuori e dentro l'acqua dirigendosi proprio verso di loro. "Ho pensato: non può essere in rotta di collisione con noi". Invece al terzo o quarto salto - le balene si esibiscono spesso accanto o davanti alle imbarcazioni - è piombata sullo yacht, portandosi via l'albero e sfondando il tetto della cabina e le paratie. Quindi é scivolata via "lasciando sulla barca un po' di pelle e di grasso", raccontano i due al Cape Times. "Grazie a Dio (la barca) era in acciaio. Se fosse stato di fibra di vetro ora saremmo storia, dice Paloma. "Siamo fortunati a essere ancora vivi", chiosa Ralph. Il Cape Times dice che ora le autorità per l'ambiente e il turismo stanno indagando per capire se il cetaceo era stato molestato. Un operator di una società di navigazione di Città del Capo che organizza gite di avvistamento di balene e delfini dice di aver notato in precedenza la stessa balena molestata da due imbarcazioni che le puntavano dritti contro.

mercoledì 21 luglio 2010

L'UOMO DELLA SCATOLA

E' morto ieri a 85 anni in una casa di riposo di Melbourne David Warren, inventore della 'scatola nera', che registra le conversazioni in cabina di pilotaggio e i dati degli strumenti. Warren, a cui era stato detto inizialmente dalle autorità australiane che la sua invenzione era inutile, nel 1957 aveva venduto il prototipo a una compagnia britannica. Solo nel 1976 l'Organizzazione internazionale aviazione civile (Icao) l'avrebbe adottata come congegno standard su scala globale. La biografa di Warren, Janice Peterson Witham, ha detto al quotidiano The Age che le lezioni apprese dalla scatola nera recuperata dopo i disastri aerei hanno salvato innumerevoli vite, identificando gli errori umani e i guasti tecnici. Nel 1934, quando Warren aveva 9 anni, il padre morì in un incidente aereo. Chimico di professione, nel 1953 aveva lavorato nei laboratori di ricerca aeronautica e aveva partecipato alle indagini sui disastri dei primi aerei jet Comet. I test avevano dimostrato che il carburante non era la causa, e Warren concluse che un registratore a nastro nella cabina di pilotaggio avrebbe fornito indizi vitali. Nel 1957 Warren costruì un prototipo usando un registratore a prova di incendio e di urto, ma i colleghi e le autorità australiane non riconobbero alcuna utilità all'idea. Fu un dirigente aereo britannico, in visita in Australia, a restare ammirato dell'invenzione e a invitarlo a Londra, dove una compagnia locale cominciò a fabbricare il congegno.

DAVID E IL PLASTIKI

È atteso per domenica 25 luglio nella baia di Sydney il catamarano Plastiki, composto di bottiglie di plastica recuperate dal mare, dopo un viaggio 4 mesi e circa 10 mila miglia nautiche, da San Francisco attraverso il Pacifico. Lunedì mattina il catamarano ha dovuto essere rimorchiato dalla guardia costiera australiana in acque riparate al largo del Queensland, in previsione di una violenta tempesta, ma dovrebbe ripartire già martedì pomeriggio e non si prevedono ritardi nel proseguimento. Il catamarano di 20 metri, costruito con 12.500 bottiglie e un nuovo materiale totalmente riciclabile detto Seretex,è un’iniziativa del rampollo della famiglia Rothschild, David de Rothschild (nella foto), che intende sensibilizzare il grande pubblico sui problemi dell’inquinamento degli oceani, in gran parte causato da contenitori e buste di plastica. Il nome Plastiki è ispirato alla famosa spedizione del 1947 del Kon-Tiki, la zattera usata dall’esploratore norvegese Thor Heyerdahl per attraversare l’Oceano Pacifico dal Sud America. L’equipaggio di sei persone, tra cui lo stesso Rothschild, ha visitato gli stati-arcipelago di Kiribati, Samoa occidentale e Nuova Caledonia per parlare ai locali dei rifiuti di plastica, e ha osservato direttamente l’inquinamento dell’oceano, confermando la rilevanza della missione. ‘Dopo 120 giorni in mare siamo molto eccitati all’idea di raggiungere Sydney, una citta’ con una lunga storia di cura e di protezione dell’ambiente marino”, scrive de Rothschild nel sito web del Plastiki. ”Speriamo che gli abitanti verranno in massa per vederci arrivare. Insieme consegneremo uno spettacolare messaggio in bottiglia!”
FONTE: BLITZ QUOTIDIANO

martedì 20 luglio 2010

ESTINZIONE IMMINENTE

La tecnica è sempre la stessa: i bracconieri narcotizzano il rinoceronte, gli tagliano il preziosissimo corno con una motosega e poi lasciano morire l’animale. Una specie che rischia l’estinzione. L’ultimo esemplare è stato abbattuto mercoledì scorso, nel Kruger Park, la più grande riserva naturale in Sudafrica. Era una femmina, l’ultima nel suo branco. La sua morte è solo l’ultimo episodio di una carneficina che dura da anni e rischia di far scomparire i rinoceronti, sia bianchi che neri, dal continente africano. Secondo una recente conferenza del comitato Cites (Convenzione sul commercio internazionale delle specie protette) la caccia illegale dei rinoceronti ha raggiunto nel 2010 il suo massimo storico: basti pensare che nel 1970 si contavano 65 mila esemplari tra rinoceronti bianchi e neri e oggi ne sono rimasti appena 18 mila. Il corno di rinoceronte, però, è un oggetto molto ricercato: in Cina e Vietnam viene usato in medicina, in Medio Oriente è utilizzato per fabbricare preziosi manici per pugnali. E il traffico di corni di rinoceronte è molto fruttuoso: secondo un esperto italiano, Davide Bomben, un chilo di corno di rinoceronte può valere fino a 20.000 dollari.

lunedì 19 luglio 2010

LE LORO IDEE CAMMINANO CON NOI

Una marcia e una veglia notturna sono state organizzate in via D'Amelio a Palermo, per ricordare, a diciotto anni dalla strage mafiosa, il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta. Dopo appena 57 giorni dalla strage di Capaci, dove morì Falcone, il 19 luglio 1992, alle 16,58 un'auto imbottita con cento chili di tritolo fece tremare ancora una volta Palermo. La città non si ferma e in questo modo reagisce anche all'ennesimo episodio di violenza, che sabato ha portato ignoti a distruggere la statua del magistrato insieme a quella del collega e compagno di avventura Giovanni Falcone, lasciate in ricordo delle due vittime di mafia a piazza Politema. I manifestati sono arrivati cantando "Bella ciao" e stringendo in mano l'ormai nota agenda rossa, per ricordare quella, simile, da cui Borsellino non si separava mai e di cui si sono perse le tracce subito dopo l'eccidio. Un centinaio circa, non molti, presenti alla manifestazione: "Colpa del caldo - spiega Rita Borsellino, eurodeputato e sorella del magistrato - ma prima di dire che Palermo volta le spalle a Paolo Borsellino bisogna aspettare che si concludano tutte le numerose manifestazioni organizzate da un cartello di associazioni e farne un bilancio". L'arrivo dopo due ore di marcia, mentre è già iniziata la polemica politica. "Almeno in occasione di anniversari che appartengono all'intero Paese, la sinistra dovrebbe avere il buon gusto di spegnere le sirene della propaganda" dice Francesco Pasquali, coordinatore nazionale dei Giovani del Pdl. Mentre l'Idv attacca il guardasigilli Angelino Alfano: "Grave e immotivata la sua assenza". Da oggi, infine, due carabinieri sorvegliano le statue di Falcone e Borsellino riaggiustate e tornate al loro posto, in via Libertà a Palermo. Oggi al ministero della Giustizia si terrà una messa privata di suffragio. Il fratello del giudice Borsellino, Salvatore, intanto, prevede una svolta nelle indagini sulla strage.

ACQUA GRATIS SOLO PER IL VATICANO

Dal 1929 lo stato italiano si fa carico della dotazione di acqua per lo Stato Vaticano: 5 milioni di metri cubi d’acqua. Per le acque di scarico, CdV (Città del Vaticano) utilizza Acea, ma non paga le bollette. Perché? Perché considera Acea "straniera" e quindi non la riconosce. Nel ’99 Acea si quota in borsa e ha bisogno di soldi per il bilancio. Lo Stato Italiano cosa fa? Prende soldi dalle finanziare per tappare i buchi. Con la finanziaria 2005 stanzia 25 milioni di euro per dotare il Vaticano di un sistema di acque proprie. Acea continua però a lamentare i debiti. Finisce che lo Stato assicura allo stato pontificio la dotazione d’acqua richiesta (1059 once all’anno) con carattere di gratuità (come disposto dai patti lateranensi). Ad oggi quindi, il debito ammonta a circa 52 milioni di euro. Lo Stato ha pagato, Acea ha tollerato, il cittadino ’normale’ si vede, invece, (se moroso) sigillare il contatore. Nei Paesi poveri si imbracciano i fucili per una goccia d’acqua potabile, nei Paesi ricchi la si privatizza comprando a poco prezzo le fonti e rivendendo in bottiglie un "prodotto" che è un bene primario. Non è ora che questo stato straniero che è il Vaticano ne riconosca il valore (oltre che i debiti?).

domenica 18 luglio 2010

FUGA PER LA VITTORIA

Scappare dai tribunali e dalla legge ad ogni costo? Lodo Alfano, Lodo Alfano Bis, Lodo Costa, processo breve, ddl intercettazioni, riforma della Consulta, ritocco del concorso esterno? Basta, siamo stanchi e c'è da chiedersi, citando Cicerone, per quanto tempo ancora questo novello Catilina abuserà della nostra pazienza. Forse sarebbe saggio che qualcuno proponesse veramente un Lodo, ma per salvare il paese da Berlusconi. Qualche idea me la sono fatta e in osservanza alla prassi inaugurata dal governo, lo chiamerei "Lodo de Magistris". Pochi punti da definire insieme e non serve nemmeno cambiare la Costituzione, perché approvato in sua difesa, e se anche ci fosse un referendum, credo passerebbe con grande consenso. La proposta di fondo è questa: garantiamo a Berlusconi la possibilità di lasciare l'Italia senza conseguenze. Non c'è trucco e non c'è inganno: solo il bisogno di ritornare ad essere una nazione democratica e civile. Un volo di Stato - sembra gli piacciano tanto - con annesso Apicella e magari una graziosa signorina. Destinazione? Consigliamo le isole Cayman, che risultano affini persino ad uno dei tanti soprannomi che si è conquistato con anni di (dis) onorevole carriera: il caimano. Sarebbe per lui un modo per ritrovare, magari, anche qualche vecchio capitale messo in salvo all'estero. E se si annoia? Qualche cavallo e stalliere di fiducia li potrebbe trovare anche lì. Ci permettiamo di suggerire una sola accortezza: che non si chiamino Vittorio e non frequentino Marcello. Il rischio infatti è che anche alle Cayman la storia si ripeta: coppole e appalti nelle isole esotiche sarebbero indigeribili. Carta e tv liberate potranno riprendere a fare il loro dovere: informare sui fatti, gli stessi che da anni cerca di occultare perseguitando i giornalisti anche se pongono solo domande, cioè fanno il loro mestiere, ovviamente quelli che sopravvivono all'infezione dell'autocensura preventiva. Il Parlamento tornerebbe al proprio compito perché svincolato dalla sua agenda giudiziaria che oggi detta i temi, anzi il tema alle istituzioni: le necessità giudiziarie del fuggitivo da garantire prima di quelle degli italiani. La magistratura non più costretta agli assaliti quotidiani potrebbe dedicarsi senza timore alla missione che le spetta e le mafie non si sentirebbero più di poter spadroneggiare indisturbate. Per le casse dello Stato il guadagno sarebbe altissimo, per non parlare di quello dell'etica pubblica. Finito l'inquinamento di tutti gli ambiti economici e mediatici, il mercato finalmente alleggerito dalla cappa del suo conflitto di interessi, forse riprenderebbe a girare normalmente. E le somme ritrovate, anche con una lotta all'evasione certa, potrebbero essere investite nella formazione e nell'istruzione: una sorta di 8 per mille dell'antibelusconismo. Ma soprattutto noi non sentiremo più quel mantra che riecheggia dai contesti internazionali alle riunioni riservate e che vuole comunisti, bandiere rosse, manette impazzite accanirsi contro un solo uomo. Finalmente in questa patria liberata non ci saranno più scudi fiscali e lodi ad personam, decreti razzisti e leggi fondamentaliste, emendamenti che ridanno alle mafie ciò che lo Stato ha tolto loro. E noi? Noi semplicemente torneremo ad essere un paese normale, degno dell'Europa e della civiltà democratica. Fantascienza? Forse. Sicuramente la stessa a cui ci ha abituati con le sue dichiarazioni e le sue azioni politiche surreali: diciamo degne di un altro pianeta, se esiste.

sabato 17 luglio 2010

ORO NERO D'ABRUZZO

Che l’Abruzzo venga trivellato per ricavare oro nero piace all’industria, ma meno ai cittadini. A sette chilometri dalla spiaggia di Ortona potrebbe presto nascere una piattaforma petrolifera, per il progetto Elsa2 della Vega Oil. La società controllata dalla canadese Cygam ha spostato le sue mire sulla regione dei Parchi sulla scia dell’ipotesi già ventilata da altri colossi, come Eni, Petroceltic, Medoilgas. WWF e Legambiente a febbraio hanno pubblicato un dossier che rivela che circa la metà del territorio abruzzese, che comprende l’80% della popolazione, è coinvolta in richieste e permessi di ricerca per l’estrazione di idrocarburi. Sembra proprio che la Regione abbia scoperto un amore per le sue risorse del sottosuolo, come spiega il Rapporto Annuale 2008 del Dipartimento dell’Energia. Gli ambientalisti chiedono una moratoria, i sindaci della costa si appellano al referendum, i cittadini hanno chiamato esperti e docenti universitari per smontare la Vega Oil: il problema maggiore è di natura ambientale e si chiama desolforizzazione, tra gli scarti c’è l’idrogeno solforato, che è nocivo. Lo stop delle attività di trivellazione scade alla fine di dicembre e i gruppi anti-petrolio stanno affilando le armi.

venerdì 16 luglio 2010

DARVAZA: LA BOCCA DELL'INFERNO

Siamo nel deserto del Turkmenistan. E’ davvero uno dei luoghi che evoca immagini apocalittiche. Largo 60 metri e profondo 20, non è il risultato di attività vulcanica o dell’impatto con la terra di un meteorite. Tale cratere fu opera, negli anni 50′, dei Sovietici che, in piena Guerra Fredda, cercavano fonti di gas naturale in quella zona e in zone limitrofe. Da allora il cratere brucia senza sosta proprio a causa di questi gas. Anche alcune specie di animali avvicinandosi al cratere rimangono disorientati, al punto che, come raccontano i testimoni, moltissimi vengono inghiottiti dal cratere finendo abbrustoliti. La notte, questo buco di fuoco emette una luminosità molto intensa, che rende il cratere visibile da molti chilometri di distanza. Inutile dire che per gli uomini, il calore emanato è talmente potente che ci si può avvicinare solo per alcuni minuti.

giovedì 15 luglio 2010

UN PASSATEMPO COME UN'ALTRO

Un consigliere comunale di un paese svizzero vicino al lago di Neuchatel organizzava orge «per passare il tempo». Scoperto da un giornalista, non ha tentato di negare e non ha invocato complotti e si è dimesso senza fare tante storie. Fabien Richard, consigliere del comune dell'Udc (Unione democratica di Centro) di Yverdon, sul lago di Neuchatel, in Svizzera, aveva una passione per le «gang bang» (incontri erotici cui partecipano diversi uomini e una donna) e non ne faceva mistero, tanto che le organizzava senza nascondersi dietro pseudonimi, ma dando agli interessati anche il numero di telefono che utilizzava come consigliere. Fino a ieri, perché dopo le rivelazioni del quotidiano elvetico Le Matin è stato costretto a dimettersi. L'ultima orgia - stando a quanto riferisce l'edizione domenicale di Le Matin - l'avrebbe organizzata per domenica dalle 14 alle 20 nella sauna di un club privato a Recherswil, nel cantone Soletta. Protagonista Vanessa, una ragazza contattata via internet, che aveva accettato di «arrotondare lo stipendio», secondo quanto ha raccontato Richard a un giornalista di Le Matin che si era finto interessato all'orgia per smascherare l'attività del consigliere. Richard, dopo aver saputo che la stampa aveva scoperto tutto, non ha voluto smentire nulla, ma ha presentato le dimissioni da consigliere e da dirigente del partito. La quota di partecipazione alle orge di Richard, per gli uomini, era di 300 franchi (225 euro circa), mentre la donna ven iva pagata con 1.000 franchi (750 euro circa). «Vanessa è un'amica - ha spiegato Richard - non è una professionista ma una ragazza che vuole arrotondare per arrivare a fine mese». Sul sito internet dove pubblicizza i suoi "eventi", l'ex consigliere ha scritto: «Gang bang con Vanessa, calda libertina di 25 anni, bruna, magra, bel seno, rasata. Sesso a volontà». La prostituzione in Svizzera non è un reato e il sesso a pagamento è legale. Secondo quanto ha spiegato il capo della polizia di Soletta, le gang bang di Richard erano perfettamente legali, se c'era il consenso della donna. E infatti, nel suo lavoro di organizzatore di orge, il consigliere non si nasconde e a chi lo interrogava sulla compatibilità delle "gang bang" con i valori sostenuti dal suo partito, ha replicato: «È un passatempo come un altro». Il consigliere, che si è guadagnato il soprannome di "Mister Sicurezza" per aver voluto a tutti i costi l'installazione di telecamere nella piazza della stazione di Yverdon, ha poi spiegato che gli apparecchi «sono per i delitti» e che la videosorveglianza esiste anche nei club che frequenta.

mercoledì 14 luglio 2010

ITALIANI: CAFONI E MALEDUCATI. ECCO COME CI VEDONO I TURISTI STRANIERI A CASA NOSTRA

Urla e schiamazzi per strada, motoscafi che arrivano quasi in spiaggia, acquascooter che sfrecciano sottocosta, radio ad alto volume, spintoni e ressa continua e un'incredibile ignoranza delle lingue estere. Ecco il peggio dell'Italia secondo 7 turisti stranieri su 10 che hanno scelto il Bel Paese come meta delle loro vacanze. Almeno secondo uno studio, promosso dalla rivista Vie del Gusto in edicola nei prossimi giorni, condotto su 1.350 turisti stranieri (in maggior parte inglesi, tedeschi e Usa), a cui e' stato chiesto un parere sulla loro vacanza in Italia. Approfonditi corsi di bon ton e galateo, infarinatura di inglese, tedesco e francese e una frenata sui prezzi: queste le richieste degli stranieri per tornare a trascorrere le ferie in Italia. A rovinare le loro vacanze, infatti, sono l'incivilta' e la maleducazione (61%), l'impossibilita' di comunicare nella loro lingua (75%) e i prezzi talvolta troppo esagerati (47%). Nonostante il 57% affermi che non si tratta del primo soggiorno in Italia e il 41% ammetta di scegliere lo Stivale almeno una volta ogni 3 anni, non mancano infatti le lamentele che spingono i turisti stranieri a non ritornare sicuramente (4%) o molto probabilmente (24%). Ma uno su tre tornera' sicuramente. L'Italia e' visitata ogni anno da oltre 30 milioni di turisti stranieri; scelgono il sud (24%), le isole (23%) e il centro Italia (21%) in egual misura, e sono alla ricerca di tranquillita' e relax (71%), divertimento (57%) e cibo gustoso (49%). A rendere speciale, infatti, il loro soggiorno in Italia, sono l'amore tutto tricolore per la tradizione e la genuinita' (78%), la generosita' e il calore della gente (67%), l'enogastronomia (51%) e le bellezze paesaggistiche (49%).

martedì 13 luglio 2010

LORO NON SCRIVONO, VOI FATELA GIRARE

Ieri mi ha telefonato l'impiegata di una società di recupero crediti, per conto di Sky. Mi dice che risulto morosa dal mese di settembre del 2009. Mi chiede come mai. Le dico che dal 4 aprile dello scorso anno ho lasciato la mia casa e non vi ho più fatto ritorno. Causa terremoto. Il decoder sky giace schiacciato sotto il peso di una parete crollata. Ammutolisce. Quindi si scusa e mi dice che farà presente quanto le ho detto a chi di dovere. Poi, premurosa, mi chiede se ora, dopo un anno, è tutto a posto. Mi dice di amare la mia città, ha avuto la fortuna di visitarla un paio di anni fa. Ne è rimasta affascinata. Ricorda in particolare una scalinata in selci che scendeva dal Duomo verso la basilica di Collemaggio. E mi sale il groppo alla gola. Le dico che abitavo proprio lì. Lei ammutolisce di nuovo. Poi mi invita a raccontarle cosa è la mia città oggi. Ed io lo faccio. Le racconto del centro militarizzato. Le racconto che non posso andare a casa mia quando voglio. Le racconto che, però, i ladri ci vanno indisturbati. Le racconto dei palazzi lasciati lì a morire. Le racconto dei soldi che non ci sono, per ricostruire. E che non ci sono neanche per aiutare noi a sopravvivere. Le racconto che, dal primo luglio, torneremo a pagare le tasse ed i contributi, anche se non lavoriamo. Le racconto che pagheremo l'i.c.i. ed i mutui sulle case distrutte. E ripartiranno regolarmente i pagamenti dei prestiti. Anche per chi non ha più nulla. Che, a luglio, un terremotato con uno stipendio lordo di 2.000 euro vedrà in busta paga 734 euro di retribuzione netta. Che non solo torneremo a pagare le tasse, ma restituiremo subito tutte quelle non pagate dal 6 aprile. Che lo stato non versa ai cittadini senza casa ,che si gestiscono da soli, ben ventisettemila, neanche quel piccolo contributo di 200 euro mensili che dovrebbe aiutarli a pagare un affitto. Che i prezzi degli affitti sono triplicati. Senza nessun controllo.Che io pago ,in un paesino di cinquecento anime, quanto Bertolaso pagava per un'appartamento in via Giulia, a Roma. La sento respirare pesantemente. Le parlo dei nuovi quartieri costruiti a prezzi di residenze di lusso. Le racconto la vita delle persone che abitano lì. Come in alveari senz'anima. Senza neanche un giornalaio. O un bar. Le racconto degli anziani che sono stati sradicati dalla loro terra. Lontani chilometri e chilometri. Le racconto dei professionisti che sono andati via. Delle iscrizioni alle scuole superiori in netto calo. Le racconto di una città che muore. E lei mi risponde, con la voce che le trema. "Non è possibile che non si sappia niente di tutto questo. Non potete restare così. Chiamate i giornalisti televisivi. Dovete dirglielo. Chiamate la stampa. Devono scriverlo." Loro non scrivono voi fatela girare".
Grazie Andrea B. - Sydney

lunedì 12 luglio 2010

I MIEI PRIMI MILLE GIORNI

Batte a meraviglia da quasi 950 giorni e si avvicina a grandi passi al traguardo dei mille. È un gioiello in poliuretano del peso di 160 grammi, concentrato di altissima ingegneria che non conosce rigetto e quindi non ha richiesto terapia immunosoppressiva. Instancabile meccanismo perfetto, con il suo ticchettìo accompagna i giorni e le notti di Pietro Zorzetto. Jesolano, 55 anni, nel 2007 fu protagonista di un vero e proprio trapianto di cuore nel Centro di Cardiochirurgia Vincenzo Gallucci dell'Ospedale di Padova. Via il suo muscolo cardiaco stanco e malato, dentro CardioWest, perfetto fac-simile di quello vero. Per scaramanzia Zorzetto non aveva mai voluto raccontarsi. Lo fa adesso, che il traguardo dei mille giorni è vicino. Un passato nella ristorazione, da due anni e mezzo catapultato nella storia della medicina, incrocia le dita e confessa quasi con ritrosia: «Sto bene, diciamo che mi sono abituato, adattato ad accogliere dentro di me questo cuore, ottimo, eccellente». Sorride quest'uomo, una moglie, un figlio e una nipotina pressochè coetanea del «suo» CardioWest. «La mattina mi alzo, esco, faccio una passeggiata veloce di un'ora, sempre, con il bello e con il cattivo tempo. A conti fatti, sono un uomo fortunato». Ringrazia, il signor Pietro, il destino amico che gli ha dato una seconda chanche. «Questo mio è un tempo regalato, così si dice. Prima ero preso davvero male, grazie a Dio sono arrivato a Padova e sono stato sottoposto a quel trapianto innovativo. Tutta la mia riconoscenza ai cardiochirurghi e ai cardiologi, mi hanno seguito tantissimo e continuano a farlo, con professionalità e attenzione». Le sue condizioni cliniche sono giudicate oltremodo buone. «Guardo avanti con fiducia», confida. Era il 6 dicembre 2007 quando il professor Gerosa impiantò lo straordinario marchingegno, un'opera d'arte con un'originalità tutta sua: se si effettuasse una registrazione elettrocardiografica, si scoprirebbe che a una pressione normale corrisponde curiosamente un elettrocardiogramma piatto. Non c'è alcun segnale dell'attività elettrica del cuore perchè non vi è cuore nel torace del paziente. Almeno non un organo biologico, ma un dispositivo meccanico. Una speciale autorizzazione concessa allora dal ministero della Salute, un mix di professionalità, tecnica, attrezzature e la Cardiochirurgia patavina salì di un ulteriore gradino: per la prima volta in Italia venne trapiantato un cuore totalmente artificiale, realizzato in laboratorio, precedentemente impiantato solo in Usa, Francia e Germania. Prima di diventare l'uomo dal cuore «simulato», Zorzetto presentava una gravissima insufficienza cardiaca biventricolare. L'intervento, molto complesso, durò quattordici interminabili ore. Dopo tre settimane le dimissioni, quindi due mesi a Cortina d'Ampezzo, affidato alle cure del dottor Fabio Bellotto, direttore della Riabilitazione cardiologica dell'Ospedale Codivilla Putti, che in questi giorni l'ha nuovamente con sè, per tenere «allenato» quell'organo fantastico. Quattordici posti letto, dirimpetto alle Tofane quattro medici e altrettanti specializzandi provenienti dagli Atenei di Padova e Bari trattano pazienti colpiti da infarto miocardio acuto, sottoposti a intervento cardiochirurgico a Firenze, Siena, Udine, Padova, trapiantati di cuore (vero o parzialmente meccanico). Meccanico al 100% c'è solo lui, Zorzetto, «che io sappia il più longevo del mondo a vivere grazie a CardioWest», spiega Bellotto che guida il centro di riferimento a livello italiano, a 1.300 metri d'altitudine. «Il messaggio che vorrei passasse per le tante persone che si sentono spacciate: non perdete la speranza - incoraggia lo specialista -, grazie ai progressi della scienza medica vi potrebbe aspettare una qualità di vita prima impensabile. Domani è un altro giorno, e potrebbe essere migliore».
FONTE: Il Gazzettino

domenica 11 luglio 2010

L'UOMO SERPENTE

Nel momento della resa dei conti manca l’uomo che li può chiudere: Rob Rensenbrink, il nome con cui l’Olanda ha archiviato un ciclo di gloria senza vincere nulla. Rob, uomo serpente, nel 1978 ha centrato il palo nell’ultimo minuto buono per diventare campioni nella finale persa con l’Argentina. L’occasione si ripresenta solo 32 anni dopo. Senza di lui. Non si trova, è scomparso, si è nascosto perché tanto la sua storia non si può aggiustare, comunque vada domani. Poteva essere l’idolo di una nazione, poteva essere Mario Kempes e invece è il simbolo di un successo abortito. Un rimpianto ambulante. Amsterdam lo ha cercato per invitarlo alla festa post finale, la Fifa lo voleva tra gli ospiti, una radio olandese ha messo su una maratona stile «Chi l’ha visto» in cui non ha raccolto che bufale. Lo davano barricato in una casa affacciata sul canale senza ingresso via terra, in Belgio, dove ha giocato per tutta al carriera, in Francia sotto falso nome, ogni pista si è persa nell’assurdo. L’uomo serpente non c’è, non ne vuole sapere e pazienza se la generazione Sneijder ha detto di giocare anche per lui. Rob con questa finale non c’entra e l’Olanda dovrà farsene una ragione. Rensenbrink era un talento timido, dicevano che fosse come Cruijff senza però un minimo di fiducia in se stesso. Lo chiamavano uomo serpente perché era un contorsionista e mandava in bambola gli avversari. Il pallone lo seguiva sempre. Fa il suo esordio in Oranje proprio nel 1974, in uno dei due Mondiali da favola con finale da incubo. Allora non doveva essere titolare, è entrato in campo grazie a una delle tante risse «dutch»: Johan Cruijff litiga con Piet Keizer e il ct Rinus Michels cambia l’attacco. Rensenbrink fa bella figura e il carattere introverso lo aiuta. Crujiff non si sente minacciato e dà il meglio. In semifinale l’uomo serpente si fa male, il tecnico lo rischia con la Germania, ma lui non sta in piedi. Esce alla fine del primo tempo. Pazienza, non è il suo Mondiale, ha tempo. Con l’Anderlecht vince (i campionati prima del 1974, le coppe prima del 1978), ai Mondiali argentini è pronto per essere protagonista però il ruolo non gli piace. Segna e si defila, firma persino il gol numero mille della Nazionale (in una partitaccia contro la Scozia) e quando arriva in fondo, davanti all’Argentina, è l’alterego di Kempes. Cinque reti (4 su rigore), esperienza, attenzione: è il momento di passare alla dimensione mito. Va in vantaggio l’Argentina (proprio Kempes), pareggia l’Olanda (Nanninga), poi tocca a lui. La palla buona arriva nel momento migliore, 90’, numero tondo che chiama la perfezione. Tutto tornerebbe: l’Arancia meccanica, la squadra del calcio totale sta per prendersi la rivincita sul destino, sta per oscurare il 1974 e Krol serve Rensenbrink, libero e solo davanti alla porta. Rob prende il palo in pieno e guarda il pallone rimbalzare mentre sta sdraiato a terra. Mentre sta già fuori. L’Argentina di Kempes vince 3-1 ai supplementari, l’Olanda di Rensenbrink torna all’agonia. Eterna incompiuta. Rob gioca ancora qualche partita, si trasferisce in America, chiude la carriera in Francia e mette via quel che gli serve per poter stare alla larga dal pallone. Non diventa tecnico, né dirigente, neanche spettatore. Però fino a due anni fa è sempre stato disponibile a ripetere frasi come: «Per l’Olanda continuerò a prendere il palo per tutta la vita», «Meno di 5 centimetri e avrei modificato la storia del calcio», «Se avessi segnato avrebbero annullato il gol, doveva vincere l’Argentina». Stavolta sta zitto e lontano. Non farà da boa per l’Olanda che vuole girare al largo dal passato e cambiare finale. Quel gol mancato se lo è lasciato alle spalle: che la Nazionale di oggi trovi la sua strada. Non c’è bisogno di guardare indietro.

sabato 10 luglio 2010

AMICI PER L'ETERNITA'

Il mito di Fausto Coppi continua a fornire capitoli interessanti a una leggenda senza confine e senza tempo. Sabato scorso è stato esaudito il desiderio del giornalista francese Andrè Mèline che negli ultimi anni della sua vita aveva chiesto ai suoi eredi e agli italiani il privilegio di essere seppellito accanto al campionissimo. Mèline era diventato grande amico di Fausto Coppi dopo averlo conosciuto durante il suo lavoro di giornalista. Oltralpe Coppi è ancora popolarissimo nessuno però, era mai arrivato a chiedere l’onore di essere seppellito accanto al campionissimo. Lo ha fatto Andrè Mèline, ottuagenario giornalista che anni fa era stato nominato cittadino onorario di Castellania perché all’epoca in cui venne costruito il mausoleo dove oggi riposano Fausto e Serse Coppi aveva aperto una sottoscrizione in Francia per contribuire alle spese. E così uno degli ultimi desideri espressi in vita è stato esaudito a Castellania, dove l’urna con le ceneri del giornalista francese è stata tumulata nella tomba di famiglia dei Coppi, in un loculo messo a disposizione da Vittorio Coppi.
FONTE: Il Piccolo

venerdì 9 luglio 2010

GOLFO DEL MESSICO: UNA BOMBA ECOLOGICA AD OROLOGERIA

Oltre 27 mila pozzi di petrolio e di gas sono nascosti nella dura roccia sul fondo del Golfo del Messico, un campo minato ambientale che è stato ignorato per decenni. E nessuno, nè l’industria, nè il governo, sia accerta che non vi siano perdite, a quanto rivela un’inchiesta dell’Associated Press ripresa da The Huffington Post. I più vecchi questi pozzi sono stati abbandonati alla fine degli Anni Quaranta, il che solleva il sospetto che molte chiusure ermetiche si stiano deteriorando. L’inchiesta condotta dall’AP ha trovato zone di particolare preoccupazione su 3.500 dei pozzi abbandonati, quelli che il governo federale definisce ”temporaneamente abbandonati”. Le norme riguardanti i pozzi temporaneamente abbandonati prevedono che le compagnie presentino piani per il riutilizzo o la chiusura definitiva nel giro di un anno. Ma queste norme vengono eluse, e oltre mille pozzi sono rimasti nelle loro incomplete condizioni per oltre un decennio. Tre quarti dei pozzi temporaneamente chiusi ermeticamente sono stati abbandonati per un anno, e molti altri dagli Anni Cinquanta e Sessanta, nonostante che le chiusure per i pozzi temporaneamente abbandonati non sono così sicure come per quelli chiusi. Un terribile esempio del danno potenziale viene dal pozzo sotto la piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, che stava per essere chiuso temporaneamente quando esplose il 20 aprile. Secondo dati di fonti governative, la sola BP ha abbandonato 600 pozzi nel golfo. Vi sono ampie ragioni per preoccuparsi per tutti i pozzi, quelli chiusi temporaneamente e permanentemente, perchè, scrive l’AP, l’esperienza dimostra che quei pozzi, almeno quelli in terra, spesso hanno perdite. I pozzi sono chiusi sott’acqua più o meno come lo sono in superficie, e sia gli uni che gli altri hanno le stesse possibilità di guastarsi. Gli esperti dicono che questi pozzi possono incrementare la loro pressione, e ‘’svegliarsi” al pari di un vulcano. Quel che è ancor più preoccupante, per quanto riguarda i pozzi sottomarini, è che anni di pressione e di acqua marina, possano aver causato corrosioni e indebolimenti delle strutture.

giovedì 8 luglio 2010

L'ALBUME RIPARATORE

Sviluppata una toppa fatta di albume d'uovo, per riparare i danni al sacco amniotico che circonda i feti in via di sviluppo. La nuova tecnica, sviluppata dagli scienziati del Baylor College of Medicine di Houston, Texas (Stati Uniti), e' stata testata con buoni risultati con una serie di esperimenti con liquido amniotico in laboratorio. "Il sacco amniotico protegge il feto durante il suo sviluppo nell'utero materno", ha spiegato il ricercatore a capo dello studio Ken Moise, che ha descritto la nuova tecnica sull'American Journal of Obstetrics & Gynecology. "Esso si puo' danneggiare spontaneamente - ha continuato - ma spesso puo' capitare che si rompa in seguito a un intervento di amniocentesi, durante il quale viene estratto del liquido amniotico per effettuare test genetici". Sfruttando le proprieta' elastiche e adesive dell'albume, Moise ha utilizzato le uova di gallina per riparare la membrana amniotica danneggiata in laboratorio con due sole applicazioni. "Questa tecnica e' stata gia' sviluppata da noi con successo per riparare buchi in palloni e condom", ha spiegato Moise. "Il principio alla base e' lo stesso. Abbiamo in questo caso - ha proseguito - aggiunto degli antibiotici per prevenire il rischio di infezioni". "A differenza di altre tecniche di riparazione del sacco amniotico del passato, questa sembra molto promettente", ha concluso. .

mercoledì 7 luglio 2010

DITTATURA TERAPEUTICA

Il metodo Di Bella per la cura del tumore: il Convegno tenutosi a Bologna l'8 maggio 2010 cerca di fare il punto della situazione. L’8 Maggio presso l’Aula Magna dell’Università di Bologna si è tenuto un incontro tra i medici e i farmacisti che attuano il Metodo Di Bella con lo scopo di fare il punto della situazione. Io non c'ero, ma da quanto emerso risulta chiaro che è in atto una vera e propria dittatura terapeutica con il controllo, da parte di chi sta ai vertici, di tutto il mercato farmaceutico. Interessante la testimonianza di un oncologo neo-pensionato che ha fatto luce su come si svolge l’assurdo protocollo nei reparti di oncologia del nostro Paese e le intimidazioni cui sono sottoposti i medici che non si attengono scrupolosamente a tale protocollo. I medici che hanno scelto di esercitare la loro professione per curare le persone dal cancro (non è così scontato purtroppo che tutti abbiano questa finalità) non possono rimanere inermi nel constatare il pressoché totale fallimento da parte dell’oncologia ufficiale (che impiega la chemioterapia) pertanto cercano di percorrere altre strade. Secondo dati scientifici ufficiali, documentati e verificabili, non quelli mediatico-televisivi, oggi la guarigione degli ammalati oncologici nei tumori solidi, è indissolubilmente, unicamente e interamente legata al successo della chirurgia, ma questo dato è totalmente censurato nelle statistiche oncologiche diffuse al pubblico. Una delle massime e più note riviste scientifiche, "Lancet", ha pubblicato tempo fa uno studio sui tumori broncopolmonari inoperabili dal titolo Treatment of inoperabile carcinoma of bronchus firmato da Laing, Berry, Newman. Un gruppo molto importante di pazienti fu trattato con chemioterapia, un altro gruppo identico di controllo è stato trattato solo con farmaci palliativi; questi ultimi pazienti hanno avuto una mediana di sopravvivenza oltre che doppia rispetto a quelli che hanno fatto la chemio. Ma il dato non è pubblicizzato. Quando organizzano le giornate della vita e questue varie non informano la gente di questi dati, il messaggio al pubblico è molto diverso. Secondo il più ampio e noto studio clinico (condotto su 220.000 pazienti, per 14 anni, e in tutte le forme più frequenti di tumore) pubblicato da Morgan G. e AA The contribution of cytotoxic chemotherapy to 5 year survival in adult malignancies sulla prestigiosa rivista oncologica "Clin. Oncol" il 16 dicembre 2004 (8): 549-60: la chemio su 100 ammalati di tumore, consente a due, di sopravvivere 5 anni, e all’1% 10 anni. È bene evidenziare che secondo un criterio internazionalmente condiviso, al di sotto del 30% di risultati una cura si ritiene inutile. Per l’entusiasmante risultato di una sopravvivenza del 2,3% a 5 anni, lo Stato Italiano spende il 32,37% dell’intera spesa farmaceutica (Rapporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco, Registro farmaci oncologici sottoposti a monitoraggio, Rapporto 2007, p. 5). Il fatturato annuale in Italia della chemio è di 1.341 milioni di euro su 4.142,6 di spesa complessiva per i farmaci. La chemio rappresenta pertanto il 32,37% della spesa di farmaci, anche se su cento ammalati consente solo al 2,3% di raggiungere i 5 anni, dopo di che, Lopez, su “GacMed Mex" (1998, marzo-aprile, 134 (2): 145-5) ha accertato che metà dei pazienti, sopravvissuti a cinque anni, nel lungo termine muore per tumore. È documentata anche l’inaccettabile percentuale di mortalità da chemio denunciata da un’agenzia della Reuters Healt (Wesport, CT 2001-05-17): Unexspected high mortality rated associated with chemoterapy regimen (“Non ci si aspettava un tasso di mortalità così elevato associato ai protocolli chemioterapici...”). Il dato è confermato dalla pubblicazione di Gerrard ["Br. J. Cancer", 1998, giugno 77 (12) 281-5] con l’11% di decessi, non causati dal tumore ma unicamente da chemioterapia in alcuni protocolli oncologici relativi a malattie linfoproliferative. L'autore dell'articolo ha avuto modo di parlarne nei convegni e di scrivere un articolo (ved. Scienza e Conoscenza n. 27) sul Metodo dello scomparso professor Luigi Di Bella, ma da poco ha appreso la reale grandezza di questo meraviglioso uomo, che a suo tempo era stato anche proposto per il Premio Nobel, (a breve potrete leggere nella sua biografia che sta per essere pubblicata, anche la vicenda del Nobel). Da diversi anni a continuare l’opera del professore è suo figlio, il dottor Giuseppe di Bella, insieme al fratello Adolfo. C'e' da ammirare molto il dottor Giuseppe Di Bella il quale ha il grande merito di aver reso inattaccabile scientificamente il Metodo messo a punto da suo padre (pubblicando sulle riviste internazionali i risultati della sua applicazione); è una persona di grande umanità e umiltà, disposto ad ascoltare e a confrontarsi con i colleghi (perché sempre a differenza dei molti, crede nella sinergia che porta a migliorare continuamente). Le pressioni che riceve continuamente sono davvero troppe da parte di coloro che temono di dover ammettere che il vecchio professore ci aveva visto giusto. Quali altri motivi ci potrebbero essere per un tale accanimento? Perché un libero cittadino non può scegliere come curarsi? L’azione mediatica volta a screditare il Metodo presso l’opinione pubblica è stata creata magistralmente, come sapete, con quella assurda farsa che è stata la sperimentazione del 1998 ad opera del ministro Bindi. Ancora oggi, gli attacchi più virulenti, vengono (non a caso) da quei giornali finanziari così contigui alle multinazionali, come Il Sole 24 Ore. Perché impedire che i prodotti del MDB vengano dispensati dal Servizio Sanitario Nazionale costringendo i pazienti a pagare cifre così elevate da indurli a desistere dal continuare la terapia, oppure costringendoli ad andare all’estero per curarsi? Perché è stato posto un divieto ai medici che lavorano in ospedale di prescrivere i farmaci del Metodo di Bella qualora i pazienti lo richiedano? Il 16 Gennaio scorso si è tenuto nella Repubblica di San Marino un interessantissimo Congresso dal titolo “Terapia Biologica nelle malattie neoplastiche e degenerative”. Il Congresso ha voluto, oltre alla presentazione di dati scientifici e clinici, lanciare un segnale, informare documentare e sensibilizzare sul crescente, inarrestabile e avvilente asservimento della medicina al profitto, nell’inerzia e nella totale disinformazione della gente, tenuta all’oscuro da un controllo capillare e da una censura ferrea dell’informazione. Alcuni giornalisti che hanno assistito al Convegno hanno scritto gli articoli, ma i direttori li hanno regolarmente cestinati. Lo stesso dicasi riguardo al Convegno di Milano del 2005. La censura ferrea sul Metodo Di Bella è di una evidenza clamorosa! Si è arrivati al punto che il medico non può prescrivere mutualisticamente, una serie di prodotti essenziali per la vita del paziente neoplastico, costretto a spese insostenibili, dopo aver pagato come contribuente il diritto alle erogazioni di farmaci essenziali per la sua vita. Non solo, ma ultimamente al medico libero professionista [non inquadrato in enti pubblici, e pertanto soggetto alle linee terapeutiche imposte da commissioni ministeriali di carica politica] viene fatto divieto di prescrivere anche a pagamento e su ricettario libero professionale, farmaci essenziali e spesso urgenti per la vita come i fattori di crescita dei globuli rossi o dei globuli bianchi, che può prescrivere unicamente il medico inquadrato o convenzionato secondo linee ministeriali. La Repubblica di San Marino era l’unico luogo dove la Terapia Di Bella veniva erogata gratuitamente. Due settimane dopo il congresso, è stata rapidamente organizzata una conferenza del professor Veronesi a San Marino. Oggi il Metodo Di Bella non è più erogato dal governo di San Marino ed è venuta meno in questa Repubblica la collaborazione di qualche illustre personalità che aveva dato disponibilità a sostenere il MDB. Se l’obiettivo reale dei circoli di potere che gestiscono la medicina e il cancro fosse la ricerca di un’efficace terapia del cancro, e non il costante incremento del fatturato delle multinazionali, non si imporrebbero da parte di commissioni ministeriali di carica politica, linee guida e prontuari vincolanti e in gran parte inefficaci. Questa dittatura terapeutica umilia la libertà del medico di prescrivere secondo scienza e coscienza, disattende e ignora in gran parte le evidenze scientifiche reperibili nelle banche dati medico scientifiche mondiali, il Giuramento di Ippocrate, il Codice Deontologico formulato dalla Conferenza Internazionale di Helsinki sull'etica medica, la Codificazione Internazionale della Medicina Basata sull’Evidenza (EBM, pubblicata da Rosemberg sul "British Medical Journal"). Il medico non solo può, ma ha il dovere morale, umano, professionale, di applicare in ogni singolo caso e circostanza, il farmaco meno tossico e più efficace, e nessuno Stato, Commissione, Comitato, Agenzia, politico o burocrate ha il diritto di impedirlo. Questa dittatura terapeutica ignorando una parte rilevante delle indicazioni cliniche certificate dalla ricerca, vanifica quella ricerca stessa di cui ciarlano continuamente e ossessivamente per questue di finanziamenti, e che poi ignorano creando una grave ed evidente frattura tra ricerca e clinica. Ci sono indubbiamente altri modi per curare il cancro (come ho dimostrato al primo Convegno di Medicina Integrata del 2006) ma il Metodo Di Bella è, secondo me, uno dei migliori e ritengo vada sostenuto in tutti i modi.
Riferimenti utili
Nella sezione "in evidenza" del sito www.metododibella.org in prima pagina, sono scaricabili tutti gli atti del congresso di S Marino e i video.
Su You Tube cliccando "Metodo Di Bella" compaiono una serie di video, il più interessante dei quali è l'intervista al professor Peter Freybergh, eminente ricercatore e clinico, noto a livello internazionale, sulle basi scientifiche e le indicazioni cliniche del MDB.
Per comprendere la strategia delle varie commissioni ministeriali, la creazione di "Prontuari e Linee guida" vincolanti per i medici, è utile leggere l'articolo di Marcia Angell La verità sulle Case Farmaceutiche.
FONTE http://www.disinformazione.it/

martedì 6 luglio 2010

ARRIVA IL GEMELLO ROSA DEL VIAGRA

Un farmaco nato come antidepressivo, si è infatti rivelato efficace per riaccendere la libido nelle donne. Al centro dello studio c’è la flibanserina, una molecola che in tre separati studi clinici si è rivelata in grado di potenziare la libido in un gruppo di donne afflitte da scarso desiderio sessuale. Secondo i ricercatori dell’University of North Carolina a Chapel Hill, diretti da John Thorp, il farmaco ha tutte le potenzialità per diventare un `Viagra per lei´. La flibanserina «era un antidepressivo mediocre. Ma alcuni astuti osservatori - racconta Thorp - hanno notato che aumentava la libido negli animali di laboratorio e in soggetti umani. Così abbiamo condotto trial clinici multipli. Le donne afflitte da un disordine del desiderio sessuale ipoattivo che l’hanno assunto, hanno riportato significativi aumenti del desiderio e della soddisfazione sessuale». Insomma, «è essenzialmente un farmaco simile al Viagra* per le donne», prosegue lo studioso, «dal momento che per lei il calo del desiderio è il problema sessuale più comune, come la disfunzione erettile per l’uomo». Gli studiosi, che hanno presentato oggi i risultati al Congresso della Società europea per la medicina sessuale a Lione (Francia), hanno raccolto dati di alcuni studi clinici condotti in Usa, Canada ed Europa. Un totale di 1.946 donne dai 18 anni in poi, non in menopausa, è stato randomizzato per ricevere il farmaco o un placebo per 24 settimane, con controlli prima, durante e dopo il trattamento. I ricercatori hanno testato differenti regimi terapeutici, scoprendo che 100 milligrammi al giorno è la dose più efficace. Questo dosaggio è «associato al maggior aumento del desiderio sessuale e dei rapporti soddisfacenti rispetto al placebo» nelle pazienti. Risultati che, secondo Thorp, «aprono a un nuovo approccio per il trattamento farmacologico dei problemi sessuali» femminili, che nel tempo «potrà rivelarsi efficace e senza effetti collaterali». Il trial è finanziato da Boehringer Ingelheim Pharmaceuticals, che produce la flibanserina.

lunedì 5 luglio 2010

CONTINUANO A PISCIARCI IN TESTA E A DIRCI CHE PIOVE, E NOI!?

QUESTO POST DOVREBBE ESSERE ARCHIVIATO SOTTO LA VOCE MITI E LEGGENDE, SI PERCHE' SE I POLITICI E LORO AMICI E FAMIGLIARI POSSONO FARE QUEL CHE VOGLIONO CON I SOLDI DEI CITTADINI SENZA CHE NESSUNO ABBIA NULLA DA RECLAMARE ALLORA QUESTI SIGNORI SONO DEI MITI. SE AD UNA QUALSIASI CASSA DI UN NEGOZIO IL COMMESSO SBAGLIA A DARCI IL RESTO (IN MENO) CI ADIRIAMO COME ANIMALI SELVATICI, AI POLITICIO CHE CI RUBANO ANCHE LE MUTANDE PERMETTIAMO TUTTO...................... CI PISCIANO IN TESTA E DICONO CHE PIOVE...ITALIANIIIIII!!!!!!!!!
ALTRO CHE DUCE, NEANCHE LUI BASTEREBBE A RISANARE QUESTA MELMA ODOROSA........... ITALIANI AUGURI!

Ora va forte Shanghai. Dopo la missione ufficiale del governo - seicento partecipanti - non c'è assessore regionale o sindaco che non stia progettando il suo viaggio all'Expo 2010. A Sassuolo, in provincia di Modena, ne è nato uno scontro: l'opposizione di centrosinistra attacca la giunta per non aver coinvolto gli industriali della ceramica. L'assessore calabrese Antonio Caridi, che ci è appena stato, invece è entusiasta: "È una vetrina imperdibile per il nostro artigianato artistico". Ma viste le esperienze del passato viene da chiedersi: quanto rendono le missioni istituzionali degli enti locali all'estero? E quanto costano? La conquista di Dubai da parte delle imprese valdostane, per esempio, non c'è mai stata. E negli alberghi di Saint Vincent o di Courmayeur di emiri non se ne sono visti. Peccato: la delegazione della Regione Valle d'Aosta partita nel 2006 alla volta della capitale del Golfo arabo, ci credeva davvero. Un mese fa l'opposizione ha chiesto cos'abbiano prodotto le visite organizzate dalla giunta regionale - tra le quali anche una missione in Bielorussia che, anticipando di tre anni un'analoga polemica contro Berlusconi, passò per una "legittimazione del dittatore Lukashenko" - e hanno scoperto che il risultato è: zero. Anzi: il ritmo delle esportazioni per il Giappone - altra meta dei viaggi - fa registrare, ogni anno, un continuo calo. I risultati per l'Expo 2010 saranno gli stessi delle missioni valdostane? E quanti sono i viaggi che governatori, assessori e consiglieri regionali (e poi ci sono i comuni, le province, le università...) fanno ogni anno in giro per il mondo? Soprattutto: servono a qualcosa? Nessuno si è mai preoccupato di rispondere. Eppure le trasferte costano tanto alle casse pubbliche: un'uscita da oltre cento milioni di euro all'anno che non è stata contemplata tra i tagli della manovra finanziaria.
I COSTI
Le missioni dei consiglieri regionali e della giunta piemontese, per esempio, sono costate, nel 2009, 267mila euro. I lombardi ne hanno spesi 240mila, ai quali vanno aggiunti i 200mila spesi dal presidente, la sua giunta e i suoi "sottosegretari" nonostante, spiegano dal Pirellone, negli ultimi anni ci sia stato un rallentamento: "Si è preferito puntare su poche missioni all'anno mirate su progetti di particolare peso". Se poi si estende il calcolo alle missioni nel territorio regionale, i rimborsi salgono a 3,6 milioni. In Liguria un dossier del Pdl calcola che tra il 2006 e il 2007 siano stati spesi 2,8 milioni di euro per missioni (comprese quelle dei dipendenti): i viaggi degli assessori (in Cina, Canada, Uruguay, Brasile e Russia) sono costati 400mila euro. Spende tanto anche la ricca provincia autonoma del Trentino: nel 2005 le spese di missione della giunta ammontavano a 226mila euro, l'anno dopo sono lievitate a 332mila euro. E ai dipendenti sono andati 193mila euro per acquistare 750 biglietti aerei. Tra le regioni che viaggiano di più figurano la Campania e il Lazio ma soprattutto la Sicilia: nel 2009 le spese per viaggi all'estero o in Italia sono costate alle casse pubbliche 450mila euro, con un incremento costante negli anni (nel 2006 erano 309mila) e casi clamorosi come quello di Giuseppe Gennuso, del Movimento per l'Autonomia, che è riuscito a trascorrere 122 giorni fuori dalla sua regione per svolgere 45 missioni istituzionali. Ogni pretesto è buono per arrivare negli Stati Uniti, meta tra le preferite: se Nino Strano, assessore al Turismo, va a Miami Beach per promuovere un festival di cinema (aprile 2010), Francesco Scoma, assessore nella giunta Cuffaro, è stato a New York (febbraio 2006) per un progetto d'inserimento lavorativo delle persone con disabilità: intento nobile, ma non si poteva fare tutto in Sicilia? Nella Grande Mela, del resto, Scoma ci è tornato tre anni dopo per il Columbus Day, accompagnato da altri due consiglieri regionali e dall'immancabile delegazione del governo regionale. Ma non ci sono solo gli States: dall'Australia al Marocco - senza trascurare Verona per il Vinitaly - non c'è destinazione dimenticata nell'intento ufficiale di promuovere la regione. La provincia di Siracusa, invece, intrattiene rapporti con l'Uzbekistan. Ma tutto questo peregrinare istituzionale ha prodotto un incremento di visitatori? Sembra di no. Uno studio di Confturismo ha rivelato, nel 2007, quanto poco rendano le politiche di promozione turistica siciliane: pur avendo speso un miliardo e seicento milioni di euro (tre volte di più del Veneto), le presenze, nel primo semestre, erano in calo dell'1,7 per cento. Nel 2009 il calo è stato del 7 per cento, con una punta del 12 per cento per quanto riguarda gli stranieri.
TUTTI A SHANGHAI
Ma gli assessori con le valigie, quasi mai obbligati a esporre, al ritorno, un bilancio delle loro spedizioni, sembrano vivere in un eterno presente. Oggi le delegazioni lucane o milanesi che partono per Shanghai prospettano mirabolanti performance per le loro economie. Domani nessuno verificherà i risultati. Per ora a guadagnarci è la Fiera di Milano, che ha vinto l'appalto per l'allestimento dei padiglioni, prendendo soldi, oltre che dal governo, anche dalle Regioni (la Puglia, per esempio, ha stanziato 550mila euro, di cui 100 per la quota di adesione al padiglione italiano e 150 per l'allestimento di una mostra). Per l'esposizione universale cinese si era prenotato, già a novembre, anche un gruppo di consiglieri regionali lombardi, ma Stefano Zamponi, dell'Italia dei valori, ha bloccato tutto: "Siamo a fine legislatura, potrebbero non essere rieletti. Che utilità avrebbe il loro viaggio?". Non è riuscito però a fermare la delegazione del Comune di Milano, formata da quattro consiglieri della maggioranza e tre dell'opposizione, partita a maggio alla volta di Shanghai dove è previsto un nuovo gruppo di assessori e consiglieri comunali. Il sindaco Letizia Moratti ha dato forfait. Non dovrebbe mancare, invece, il governatore lombardo Roberto Formigoni. Fino a ottobre, quando la fiera chiuderà i battenti, il lavoro delle agenzie di viaggio convenzionate sarà febbrile: dall'Emilia Romagna alla Sardegna, dalla Basilicata alla Toscana, quasi tutte le Regioni stanno prenotando i loro voli o l'hanno già fatto. L'assessore alla Cultura di Trento è andato a premiare i vincitori di un concorso canoro, i lucani hanno portato il pane di Matera. Una delegazione è arrivata anche dalla Repubblica di San Marino. Ma quella, almeno, non pesa sulle casse italiane.
LE INCHIESTE
E chi garantisce che le missioni abbiano realmente finalità istituzionali? A sindaci e consiglieri, molto spesso, bisogna credere sulla parola. A volte, però, tocca ai magistrati mettere il naso sulle spese a piè di lista. Gianluca Rinaldin, ras del Pdl a Como, dove è stato rieletto a furor di popolo, è a processo per corruzione e truffa. Tra i capi d'imputazione figurano viaggi in Brasile, Lapponia e New Jersey. Viaggiava molto Piergianni Prosperini, l'ex assessore al Turismo che ha patteggiato 3 anni e cinque mesi per corruzione: le sue missioni spaziavano dalla Russia all'Eritrea, dove secondo i pm gestiva anche un traffico d'armi. A Potenza è imputato l'ex presidente della commissione Lucani all'estero, Rocco Curcio, un passato nel Pci-Pds: era andato a spese della Regione in Australia restandoci dieci giorni in più. Memorabile anche la "missione istituzionale" del 2005 di Flavio Delbono, ex sindaco Pd di Bologna, a Città del Messico per un convegno ai tempi in cui era vicepresidente della Regione: in realtà era con la sua compagna di allora, Cinzia Cracchi, in un villaggio turistico dello Yucatan. Finse di aver perso il biglietto e si fece rimborsare 1.480 euro per "indennità di missione". Delbono è stato, tra i consiglieri regionali emiliani, tra quelli che hanno speso di meno nell'ultima legislatura. I recordman sono altri, come Giuseppe Villani, del Pdl, che ha speso 25mila euro per andare dall'Argentina al Cile, o come il socialista Paolo Zanca, 33mila euro per puntate a New York, Taiwan, Zwolle, in Olanda, Rotenburg e Santiago. Il Cile è la meta preferita degli amministratori emiliani, presenti in delegazione anche nei giorni del terremoto. Da qualche anno, l'Emilia - come altre regioni - ha riallacciato i rapporti con una comunità emigrata più d'un secolo fa nello Stato sudamericano e da allora è un via vai di sindaci e assessori. È nata una consulta degli emiliani nel mondo, presieduta da Silvia Bartolini - la candidata a sindaco di Bologna sconfitta da Giorgio Guazzaloca nel 1999 - che negli ultimi tre anni è costata quasi tre milioni di euro.

LA POLITICA ESTERA DEI GOVERNATORI
Il vero globetrotter è il lombardo Roberto Formigoni: dal 1995, quando è stato eletto per la prima volta, ha guidato 49 missioni all'estero. Da Calcutta a Hanoi, il governatore ha girato mezzo mondo. Spesso, per raccogliere consensi per la candidatura di Milano all'Expo 2015, e almeno a questo la "politica estera" del governatore è servita. Ma cos'è rimasto, nella Storia, del suo incontro con Fidel Castro? E le affollate delegazioni regionali al Columbus Day di New York? Quella del 2004 avrebbe dovuto attrarre turisti per i Mondiali di Sci in Valtellina. Ma nelle valli di Sondrio non si è mai registrato un incremento dei visitatori americani. Ciò nonostante la Regione non manca un'edizione della manifestazione dedicata a Cristoforo Colombo che nel 2008 è costata alla Regione 170mila euro. Semmai Formigoni ha inaugurato una stagione di relazioni internazionali che ha avuto molti emuli tra i presidenti di Regione, ognuno dei quali ha scoperto una sua "vocazione" estera, dalla "mediterraneità" di Nichi Vendola - Montenegro, Albania, Istria, Egitto, Macedonia, Bosnia - allo slancio "adriatico" del marchigiano Mario Spacca. Il molisano Michele Iorio adora gli Stati Uniti dove va (l'ultima volta a febbraio) "per esportare in Molise le preziose esperienze nel settore dell'accoglienza turistica". Iorio è un assiduo del National Prayer Breakfast, un incontro di preghiera che ogni anno si svolge a Washington promosso da un'associazione conservatrice evangelica. E a nulla sono valse le proteste del consigliere Pd Michele Petraroia secondo il quale è inutile la presenza di un governatore a "un evento privato, teoricamente di mera spiritualità, organizzato da una potente lobby fondata da esponenti americani di estrema destra che hanno intrattenuto affari con i dittatori di mezzo mondo".
I RISULTATI
Ma come distinguere i viaggi inutili da quelli che un senso invece ce l'hanno? A Margherita Cogo, assessore alla Cultura della provincia autonoma di Trento, sono state rimproverate le tante missioni all'estero (Parigi, Praga, San Pietroburgo, Pechino) alle quali ha partecipato. Servivano davvero a promuovere il Mart, il museo di arte contemporanea di Rovereto? I viaggi agostani dell'assessore campano all'emigrazione Alfonsina De Felice (a Johannesburg e a New York) creeranno legami duraturi? Marco Mutinelli, docente universitario esperto d'internazionalizzazione, è severo: "Servono solo le missioni settoriali, con Paesi che possono essere rilevanti come partner economici, sapendo bene su cosa puntare. Ma in Italia manca un coordinamento, tutti si muovono in ordine sparso, diversamente dai Land tedeschi". Gli enti locali, aggiunge, non sono interessati a misurare i risultati di queste missioni. "Noi l'abbiamo proposto più volte. Invano. Si scoprirebbe, per esempio, che le missioni in Canada delle delegazioni calabresi non hanno prodotto investimenti". Le esportazioni calabresi in Canada, nel 2009, sono diminuite del 33 per cento, riducendosi a 4,4 milioni di euro. Incidono per l'1 per cento sul totale dell'export regionale.
SENZA LIMITI
Tutto fa "missione istituzionale". Un gemellaggio tra ospedali (Tunisi-Vimercate, in Brianza, ospite la "sottosegretaria" lombarda Antonella Maiolo) o un seminario alla "Scuola di studi politici di Mosca", che però si è svolto a Bari e a Matera (Enzo Lucchini e Giampiero Borghini, consiglieri lombardi Pdl, giugno 2009). Esiste un tetto alle spese e al numero dei partecipanti? Parrebbe di no: a una missione istituzionale in Catalogna della provincia di Trento hanno partecipato, nel 2007, sette consiglieri, riuscendo a spendere 18mila euro. Che tipo di controlli svolge la Corte dei conti? A volte non entra nelle valutazioni sull'utilità dei viaggi: sono "valutazioni non consentite stante l'autonomia funzionale del consiglio regionale in materia", recita una sentenza che tuttavia ha portato, a febbraio, alla condanna di Lucio Multari, potente ex dirigente regionale campano. Nel 2003 aveva organizzato un viaggio al solito Columbus Day, facendo lievitare la spesa iniziale da 35mila a 70mila euro e portando a 13 il numero dei partecipanti, tra i quali anche il presidente del consiglio, Bruno Casamassa, dell'Udeur. Nel 2008, però, la Corte dei conti ha condannato in appello dieci ex amministratori e funzionari del comune di Meda, in provincia di Milano, assolti in primo grado: "Le attività di carattere internazionale, già intuitivamente richiedono una unitarietà di intenti e una visione strategica d'insieme, incompatibili con il livello comunale", motivano i giudici contabili, aggiungendo che "le stesse regioni devono passare per il necessario coordinamento statale". Dove erano andati gli assessori? Guarda caso, proprio a Shanghai.

FONTE: LA Repubblica