Grazie all’isolamento geografico, il paese è un paradiso di biodiversità. Ma la pressione demografica e l’instabilità politica accelerano il saccheggio delle sue preziose risorse.
Il “viale dei baobab”, vicino a Morondava, è area protetta dal 2007, ma è anche l’unico tratto sopravvissuto di una fitta foresta abbattuta per fare spazio ai campi coltivati. Il Madagascar è la quarta isola del mondo per superficie (585 mila chilometri quadrati). Sebbene tutte le isole abbiano una loro biosfera unica, il Madagascar (che si è separato dall’Africa circa 165 milioni di anni fa) è un caso a sé: circa il 90 per cento della flora e della fauna sono endemiche, e non si trovano in nessun altro luogo del pianeta. Lo spettacolo extraterrestre di enormi baobab con i tronchi a forma di carota, di spettrali lemuri, e di intere “foreste” di alti pinnacoli di pietra può far sgranare gli occhi anche al più navigato dei viaggiatori. Ma questa bellezza unica e indimenticabile va a braccetto con la disperazione quotidiana della popolazione. I malgasci, principale gruppo etnico dell’isola, hanno un modo di dire a dir poco eloquente: “meglio morire domani che morire oggi”. Il malgascio medio vive con circa un dollaro al giorno. E dato che la popolazione del Madagascar, più di 20 milioni di abitanti, cresce del tre per cento ogni anno - uno dei tassi di crescita più alti di tutta l’Africa - il contrasto tra la ricchezza della terra e la povertà dei suoi abitanti aumenta di giorno in giorno. Per questo motivo gli ambientalisti, allarmati, hanno definito il Madagascar un punto caldo della biodiversità.
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