martedì 16 novembre 2010

UNA MINACCIA D'ORO

"Lottiamo per proteggere la nostra Sierra La Laguna. È una riserva di biosfera riconosciuta dall'Unesco patrimonio dell'umanità e la vogliono distruggere. Una miniera d'oro a cielo aperto, ecco cosa vogliono ricavare dal cuore del nostro paradiso, non curandosi del fatto che si tratti di un'attività altamente inquinante che metterà in pericolo l'intero ecosistema della regione. L'acqua sarà contaminata e la salute dell'uomo messa a rischio". A raccontare il dramma che sta vivendo la regione messicana dove sorge il pueblo mágico Todos Santos, municipio La Paz, stato di Baja California Sur, è Elena Moreno, del gruppo ecologista Agua vale mas que oro e che insieme ad altri gruppi di pressione sta tentando di sollevare un polverone legale, politico e mediatico intorno a questo scempio che sta per iniziare. "La cosa rischia di scapparci di mano, abbiamo solo 45 giorni per riuscire a evitare che sia firmato l'ultimo permesso dalla Semarnat, che è l'ente che dovrebbe controllare che tutto sia in regola. Il governatore dello stato di Baja california Sud sta facendo pressione per l'approvazione del progetto, dato che ovviamente ci sono in ballo tanti, anzi, troppi interessi. Abbiamo bisogno di tutti, affinché l'attenzione della comunità internazionale costringa questa gente a rispettare le regole", aggiunge Alessandra Ugolini, che da anni vive a Todos Santos e che si è buttata anima e corpo in questa causa. Ma andiamo per gradi. La compagnia Paredones Amarillos, sussidiaria della statunitense Vista Gold, ha ormai finito la fase dell'esplorazione nell'area che pare ricca di oro e ora sta solo aspettando di ottenere il permesso federale per iniziare a trivellare, estrarre, distruggere e avvelenare la preziosa terra messicana. E' solo questione di giorni. Ma gli abitanti non ci stanno e si sono organizzati in gruppi di pressione per evitare quella che considerano una vera e propria condanna a morte, nonostante il governo dello stato lo definisca un grande affare, che creerà posti di lavoro diretti e indotti. "Utilizzeremo tutti gli strumenti giuridici in nostro possesso - ha spiegato Pedro Zapata Morales, coordinatore dell'organizzazione Agua de Niparajá - affinché il progetto venga cancellato, compresa la dichiarazione Onu del 1994, che considera la riserva di biosfera patrimonio dell'umanità". Un patrimonio che presto sarà attraversato da cianuro, arsenico, acido solforico e metalli pesanti, che lo manderanno letteralmente in fumo, trasformandolo in lingotti purissimi e in guadagni altisonanti per pochi eletti: le multinazionali. Per estrarre quaranta tonnellate d'oro, l'impresa produrrà undicimila tonnellate di scarti che innaffieranno i boschi di pini e di querce e le 86 specie differenti di piante autoctone che lo caratterizzano. E in dieci anni, 58,7 ettari di quel terreno unico al mondo, principale fonte di acqua dolce dell'intera Baja California Sud, saranno sostituiti da un enorme cratere senza vita, equivalente a 54 campi da calcio. E le falde acquifere di Todos Santos, El Carrizal e La Paz, a cui attingono migliaia di persone, diverranno veleno. "I costi ambientali e sociali del progetto sono molto alti e i benefici minimi - precisa Zapata Morales - visto che quell'oro estratto arricchirà un manipolo di stranieri". E quindi, dito puntato contro le autorità ambientali, dato che è a causa di una loro "svista" che alcune zone del bosco sono state catalogate come "aree destinate a speciale utilizzo", e quindi aggredite dalle multinazionali. Ad arrivare, per prima, fu la canadese Echo Bay, che riuscì a ottenere una concessione e a far approvare lo studio di impatto ambientale. Era il 1997, da allora i permessi sono passati alla statunitense Vista Gold, che ha sede a Denver, Colorado e che attraverso la Paredones Amarillos gestirà la miniera. Almeno che qualcosa non cambi. Paredones Amarillos, dal canto suo, promette di prendersi cura dell'ambiente, di monitorare e rimediare i possibili danni e di investire il più possibile per chiudere la miniera in tempi brevi. Ma la gente non ci sta: "Per tutti noi, più costi che benefici", ripetono, visti i soli trecento posti di lavoro per dieci anni, e dato il bisogno di personale specializzato che sicuramente sarà preso da fuori. Niente in confronto ai danni, alle difficoltà che creerà all'agricoltura organica certificata, al bestiame e all'attività ecoturistica di Todos Santos, unico villaggio magico di Baja California Sud. E tutte le rassicurazioni su un progetto di estrazione sicuro e a basso impatto sociale non scalfiscono la paura e la rabbia degli abitanti di questo paradiso. Anche perché, se il prezzo dell'oro banalmente diminuisse e il progetto diventasse insostenibile, l'azienda non ci penserebbe due volte ad andarsene. E tutto quello scempio diventerebbe un dramma nazionale, dato che rimediare a quel punto spetterebbe solo al Messico, un paese ancora schiavo delle dinamiche capitaliste, con una legge sulle miniere a dir poco lasciva e a esclusivo vantaggio delle multinazionali.

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