lunedì 4 gennaio 2010

ESPERANTO CHE QUALCUNO SE L'IMPARI

E' passato un secolo e mezzo, eppure due milioni di persone in circa 120 paesi parlano la lingua del Paese che non c'è. A crearla fu Ludwik Lejzer Zamenof, un medico oculista polacco di fine Ottocento, che si preoccupò di trovare un linguaggio global, che facesse parlare tutti, in tutto il mondo. E' una lingua viva, dunque, nonostante quello che si potrebbe pensare di un idioma costruito a tavolino. E anche in Italia, nonostante il nostro illustre passato linguistico, l'esperanto gode di ottima salute. In particolari circostanze la Rai trasmette in esperanto su onde corte, via satellite e via internet, e il sito esperanto.it, che gode di buon successo, è solo uno dei canali di comunicazione attraverso il quale gli esperantisti italiani si tengono in contatto. Sono parecchi anche i giovani che si avvicinano alla lingua "universale" nata in Europa. Sul sito della Gioventù Esperantista Italiana è addirittura possibile iscriversi a un corso gratuito via email. Per la sua diffusione su vasta scala, internet non può che essere un alleato. Non a caso, attraverso il web l'esperanto ha iniziato a vivere una seconda giovinezza: grazie anche a YouTube, Facebook, Twitter o Wikipedia, l'idioma ha potuto raggiungere un pubblico ancora più ampio. Una lingua facile. Nato per essere utilizzato come seconda lingua e non per sostituire gli idiomi etnici, l'esperanto fu creato da Zamenhof con una semplicità fonetica, morfosintattica e lessicale che ne permettesse un rapido apprendimento e un facile impiego. A ogni suono corrisponde una sola lettera e a ciascuna lettera un solo suono. Non esistono consonanti doppie, non esiste differenza tra vocali aperte e chiuse, l'accento cade sempre sulla penultima sillaba, le regole grammaticali sono appena 16 e senza eccezioni. Più d'un esperantista ha chiesto di riconoscere all'idioma di Zamenhof la dignità di lingua tra tutte quelle utilizzate in Europa, partendo dal presupposto che in alcuni contesti questa lingua potrebbe rappresentare un comodo passepartout linguistico, semplice da imparare e facile da utilizzare. Si pensi alla proposta di legge del gennaio 2009 dell'europarlamentare slovena Ljudmila Novak, che ha richiesto l'introduzione dell'esperanto quale lingua comune.

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