Dalla Terra è sparito il silenzio. Molti animali terrestri, e non solo i mammiferi marini, sono in difficoltà a causa dell’inquinamento acustico prodotto dalle attività umane. Il rumore arriva perfino nei parchi nazionali, perfino in Amazzonia: interferisce con le attività degli animali e può essere una concausa del declino della biodiversità. Un articolo dedicato all’ormai ubiquitaria diffusione del rumore e al suo effetto sul comportamento degli animali è uscito sulla rivista scientifica Trends in Ecology and Evolution. Solo il riassunto è di libero accesso, ma il tema è stato ripreso dalle Bbc News. E’ soprattutto il traffico a farsi sentire anche nelle zone più selvagge del pianeta. Traffico navale e aereo; traffico su strade e ferrovie che circondano le aree protette. Molti animali hanno un udito ben più raffinato del nostro: e sono abituati al silenzio. Secondo la ricerca, il rumore prodotto dalle attività umane è udibile per oltre un quarto della giornata nella metà di 55 siti presi in esame all’interno dei parchi nazionali statunitensi. In 12 di questi siti c’è rumore per mezza giornata. Il rumore può interferire con la caccia dei gufi e dei pipistrelli. Sovrasta i richiami nuziali delle raganelle. Spinge gli uccelli che abitano nelle aree urbane a cantare in modo diverso dai loro consimili residenti in campagna: è diventato famoso un merlo che canta come la sirena di un’ambulanza. In Amazzonia, poi, gli insettivori terrestri – che localizzano le prede con l’udito – evitano ormai di cacciare nelle aree in cui sono state costruite strade. Per questo lo studio pubblicato su Trends in Ecology and Evolution suggerisce la necessità di gestire le aree protette in modo tale da tenerle al riparo anche dal rumore.
domenica 31 gennaio 2010
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