venerdì 26 marzo 2010

INVOLUZIONE PACHIDERMICA

Davanti a un branco di elefanti così numeroso, intento nelle abluzioni quotidiane in una delle pozze del parco, stiamo attanti a non fare il minimo rumore. Non dobbiamo disturbarli. Soltanto dopo alcuni minuti, però, ci rendiamo conto che tutti gli individui del branco, giovani e adulti, hanno la stessa e inattesa caratteristica: nessuno esibisce le zanne. È un'immagine strana, decisamente innaturale, considerando che nell’immaginario collettivo sono proprio le zanne a rappresentare l'elefante. Eppure, sempre più spesso, nei parchi africani accade di incontrare pachidermi privi dei mitici denti. Nell'Addo Elephant National Park, in Sud Africa, poi, la percentuale si avvicina al 100%. Per capire questo puzzle biologico è fondamentale conoscere la storia del parco. Agli inizi del 1900 la regione dell'Eastern Cape era una roccaforte per gli elefanti, ma in breve tempo il diffondersi dell'agricoltura estensiva alterò l’habitat in modo irrimediabile. Un solo cacciatore professionista nell'arco di un anno sterminò 120 esemplari, soprattutto i più belli e i più forti. Fortunatamente, prima che il massacro fosse totale, il governo decise di preservare gli ultimi 11 superstiti, istituendo nel 1931 l'area protetta Addo. E da allora la popolazione degli elefanti è lentamente cresciuta, fino a 450 individui su un'area protetta di 164 mila ettari, che sarà presto estesa a 360 mila. Una ricerca dell'Università di Port Elizabeth ha scoperto che, quando una popolazione subisce una drastica riduzione, va incontro all’«effetto a collo di bottiglia». Questo comporta a sua volta una deriva genetica, vale a dire un cambiamento evolutivo indipendente dalla selezione naturale. Così si assiste al prevalere di un carattere che in passato era geneticamente recessivo. In questo caso, appunto, la mancanza delle zanne. L’altro interrogativo, però, riguardava le femmine: perché quasi tutte sono interessate dal «fenomeno»? E’ noto che le zanne crescono costantemente nell'arco della vita dell'elefante e la loro dimensione determina la posizione gerarchica degli individui all'interno del branco. La femmina con il paio di zanne più grandi, di solito, diventa la matriarca e gioca un ruolo determinante nella scelta delle altre femmine. Sono proprio le sue grandi zanne ad attirare i cacciatori di trofei e, ogni volta che una «leader» viene uccisa, un altro individuo - ma di rango inferiore - deve prenderne il posto. Questa nuova matriarca avrà zanne sicuramente meno sviluppate o potrebbe addirittura esserne priva. Una volta che l'equilibrio genetico viene alterato, il processo continua e sconvolge il vecchio equilibrio. Ecco perché, di recente, il South Africa National Parks - l'ente sudafricano per i parchi - ha deciso di introdurre nell'Addo un gruppo di individui provenienti dal Parco Kruger nel tentativo di rinnovare il «pool» di Dna. Ma non si tratta di un compito semplice. L’assenza di zanne, infatti, è un fenomeno sempre più diffuso in tutta l'Africa: nel Parco del Nord Luangwa, in Zambia, la percentuale tocca il 38%, mentre nel Queen Elizabeth National Park, in Uganda, la percentuale è già del 15%. Tassi notevoli, se si considera che, di norma, la «cifra» naturale si attesta intorno al 2%. Non è un caso trovare questi esemplari soprattutto nelle aree di confine dei Paesi più segnati da disordini politici e guerriglia, in cui è più forte il bracconaggio delle popolazioni locali, quasi sempre scatenato per pure ragioni di sopravvivenza. Ma c’è anche la caccia al trofeo, mai veramente passata di moda tra i ricchi occidentali: sono disposti a spendere anche decine di migliaia di euro per poter tirare una fucilata a qualche animale. E a fare il resto ha provveduto la recente riapertura della commercializzazione legale dell'avorio decisa dalla «Cites», la convenzione internazionale che regolamenta il commercio di fauna e flora in pericolo di estinzione. A raccontarmelo è Kerri Rademeyer, direttrice dell'organizzazione «Conservation Lower Zambesi» (www.conservationlowerzambezi.org): solo nel 2008 sono state ritrovate 45 carcasse di elefanti, uccisi dai bracconieri all'interno del Parco Nazionale Lower Zambesi, in Zambia. La facilità di accesso e l'impossibilità da parte dei rangers di monitorare l'area per mancanza di automezzi permette a piccoli «commandos» di scegliere in tutta tranquillità gli esemplari con le zanne più grandi e di abbatterli. La strage, quindi, è in pieno svolgimento. Un esempio è il caso di Nairobi. Il Kenya wildlife service ha bloccato all'aeroporto un maxi-carico di 61 zanne del peso di 532 chili, che stavano per prendere il volo per Bangkok. Il tempo sembra essere tornato indietro. Ricomincia una battaglia che sembrava essere stata vinta già negli ormai lontani Anni 80.

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