Nell'Amazzonia ecuadoriana la compagnia italiana AGIP circa vent'anni fa ha iniziato a sondare il cosiddetto blocco 10 (200.000 ettari) al fine di estrarre petrolio. I negoziati con la comunitá indigena, che, secondo la legge ecuadoriana detiene il titolo di proprietá della selva storicamente abitata, hanno portato, una quindicina d'anni fa, a un compromesso che permetteva alla compagnia di estrarre il greggio in cambio di investimenti che permettessero di sviluppare il territorio locale. Spinte dalla promessa di una pioggia di soldi e di formazione tecnica per la realizzazione di infrastrutture, molte comunità acconsentirono. Peacereporter ha incontrato Darìo, un dirigente della comunità Villano Paparaua, nel cui territorio si svolge la trivellazione Agip, per raccogliere la sua testimonianza. "Tutto iniziò quando lo stato ecuadoriano scoprì l'esistenza di grandi quantità di petrolio leggero sotto il territorio di Villano, nel cosiddetto Bloque 10. Nell'arco di vent'anni la zona ha perso le proprie caratteristiche e si è trasformata. Diversamente da quanto richiede la prassi, i diritti petroliferi non sono stati concessi ad alcuna compagnia ma sfruttati per forma diretta dallo stato ecuadoriano. Quest'ultimo ha firmato contratti di servizio ai fini estrattivi con compagnie straniere, come la Arcoriente e l'italiana AGIP OIL. Dopodichè, Agip, comprando la maggioranza delle azioni di Arcoriente, ha assunto il pieno diritto di sfruttamento del territorio, nonostante questi continuino ad appartenere, formalmente, a Petroecuador. La presenza di Agip ha causato gravi impatti sociali e culturali, portando le comunità locali ad una sorta di sudditanza dal denaro e dalle decisioni della compagnia, rimanendo poveri sul proprio territorio. Negli ultimi dieci anni le conseguenze ambientali derivanti dallo sfruttamento sono emerse in tutta la loro gravità. Esiste uno studio secondo il quale si sono estinte specie endemiche locali. La presenza della compagnia petrolífera ha poi causato una pericolosa migrazione interna: migliaia di persone, attratte dalle nuove prospettive di lavoro, si sono riversate a Villano, danneggiando ulteriormente il delicato ecosistema della selva amazzonica. Con ogni probabilità sono stati effettuati sversamenti nel fiume di acque reflue non trattate. La moria di pesce, la presenza di schiuma di colore verde, i forti olezzi hanno portato la comunità locale ad approfondire a denunciare l'attività inquinante della Agip alle autorità dello stato. Ulteriore allarme per la comunità il fatto che il contratto tra lo stato ecuadoriano e la compagnia italiana sia formalmente cessato, pur continuando l'attività estrattiva con una proroga di cui non è possibile rintracciare ufficialità. Gli appelli inascoltati hanno spinto i Paparaua ad aprire, a fine 2009, un giudizio per danni ambientali contro l'Agip presso il tribunale di Puyo per svariati milioni di dollari. Analogamente la comunità chiede conto della continuazione della trivellazione: si parla infatti di tre nuovi pozzi, senza previa consultazione degli abitanti, in contrasto con quanto stabilito dalla costituzione ecuadoriana. La poca trasparenza nei rapporti tra Agip, concessionario di lavori di estrazione, e il governo dell'Ecuador, che sfrutta i diritti economici, non permette di individuare il reale responsabile dell'inquinamento ambientale, generando un continuo scaricabarile. Le denunce e le manifestazioni degli anni passati in difesa del territorio sono addirittura sfociate in una denuncia per "terrorismo" di Agip contro trenta famiglie indigene. Inchiesta misteriosamente sparita dalla cronaca, in cui gli imputati non hanno la minima idea dei risultati del giudizio. In questi anni l'azienda italiana ha ricavato notevoli utili dallo sfruttamento ma le promesse non si sono avverate. I soldi e lo sviluppo promesso sono rimasti sulla carta. Si parla di somme di denaro somministrate regolarmente ai dirigenti indigeni e agli opportunisti di turno per controllare le proteste e limitare gli investimenti. Molti denunciano che i dirigenti firmatari dei compromessi con la compagnia siano stati "comprati" dalla stessa. Troppe volte alcuni dirigenti "corrotti" sono stati visti in lussuosi alberghi e a bere alcolici a spese della compagnia. Pertanto, alcuni giovani indigeni hanno costituito un soggetto giuridico associativo per la difesa della comunità, cercando di sostituirsi alla dirigenza inefficace dell'associazione Assodir di cui Agip stessa aveva sollecitato la costituzione, debilitando e dividendo il fronte indigeno preesistente. Malversazioni, appropriazioni di fondi destinati alla comunità hanno caratterizzato questa associazione. Oggi gli effetti secondari dell'intervento occidentale, quali aver causato divisione nell'organizzazione indigena, alcolismo, contaminazione del suolo e conseguente povertà per mancanza di alternative sono elementi di cui le nuove generazioni chiedono conto. C'è effettivamente stato un accenno di sviluppo. La gente pero' non si è resa conto di aver pagato con la propria cultura, di aver perso la capacità di vivere la Natura. In un certo senso è corretto dire che ci siamo impoveriti tutti, perché ci è stato tolto il bene più prezioso che avevamo, un patrimonio tramandato a voce per secoli".
giovedì 8 aprile 2010
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