Sono un paradiso con la barriera corallina più intatta al mondo, un arcipelago di poco più di 63 chilometri quadrati vietato a tutti. Anzi, non proprio a tutti: vietato ai suoi precedenti abitanti e dato in uso esclusivo alle forze armate statunitensi. Soltanto ai velisti che incrociano nell'Oceano Indiano, a circa un migliaio di chilometri a Sud delle Maldive, è oggi concesso di sorprendersi della bellezza delle isole Chagos, un gruppo di atolli e isolette territorio britannico. Dal 1966 l'arcipelago è disabitato, tranne per la più grande delle isole, Diego Garcia, che ospita la base statunitense dalla quale partono la maggior parte delle operazioni per Iraq e Afghanistan. Prima dell'arrivo degli americani sulle isole vivevano circa 4mila persone, in maggioranza discendenti da creoli arrivati qui dalle Mauritius, che vivevano di pesca e, in seguito, dello sfruttamento dell'olio di palma da cocco. Alla fine degli anni Settanta gli abitanti delle Chagos furono arbitrariamente deportati per lasciare spazio alla base americana. Molti di loro andarano alle Mauritius, altri hanno cambiato la loro vita di deportati in emigranti, scegliendo la Gran Bretagna per sopravvivere e per combattere la battaglia sul ricnoscimento del loro diritto a tornare. Proprio da Londra arriva oggi la loro ultima denuncia: sulla pressione di gruppi ambientalisti la Gran Bretagna ha fatto delle Chagos il più grande parco marino protetto al mondo. Una mossa, secondo i chagossiani, che non fa che ostacolare ulteriormente il loro ritorno sulle isole, perché, argomentano, pesca e sfruttamento delle risorse saranno totalmente vietati, il che significa loro non avrebbero di che vivere. Da una parte la battaglia ambientalista, dall'altra quella dei diritti umani. Le rivendicazioni dei chagossiani arriveranno alla Corte europea, ultima ratio dopo la sentenza di una corte britannica, nel 2000, per la quale di vera e propria deportazione si era trattato, in contravvenzione ai principi della Magna Charta, la fonte principale del diritto inglese. A ben guardare le rivendicazioni dei chagossiani riportano all'attenzione uno dei temi principali delle politiche per la salvaguadia dell'ambiente. In un ecosistema equilibrato uomini, animali e piante dovrebbero poter trovare sostentamento senza sopraffarsi, ma nelle aberrazioni create dall'uomo è sempre quest'ultimo a trarre maggiori profitti a discapito di fauna e habitat. E spesso quando l'uomo cerca di porre rimedio a queste aberrazioni lo fa comunque a scapito di una delle parti, in questo caso i centenari abitanti delle isole. Associazioni come Greenpeace salutano la creazione del parco di 210 chilometri quadrati, come l'atto indispensabile per proteggere un ambiente marino unico che ospita coralli, tartarughe e pesci. Finora questo ambiente è stato protetto dal divieto di accesso alla zona militare americana e i velisti che arrivavano sul posto dovevano comunque chiedere un permesso e pagare una tassa di transito, che non consentiva comunque il pernottamento. Ogni due settimane l'esercito britannico faceva la ronda per verificare che nessuno si fosse anche temporaneamente accampato sulle isole e demoliva qualsiasi cosa assomigliasse a tracce di insediamento. Nell'arcipelago non ci sono perciò strutture turistico di alcun tipo ed è anche questo che ne ha fatto un luogo mitico per gli amanti dle mare, una sorta di Eden il cui accesso è consentito soltanto ad alcuni intrepidi.
mercoledì 28 aprile 2010
IL CHAGOS DELLA DISCORDIA
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