Grande festa a Paragominas, città dell'Amazzonia brasiliana, dove si svolgono ogni anno i Giochi degli "indios". Quest'anno, circa 600 indigeni del Brasile di 29 gruppi etnici differenti prendono parte alla decima edizione dei Giochi. I concorrenti delle diverse "nazioni" indigene si dipingono il corpo con colori variopinti e competono in specialità come tiro alla fune, getto della lancia, cerbottana e calcio. Nel complesso circa mille atleti in costume, che si disputano anche quest'anno l'ambìto trofeo amazzonico. Nella lista della discipline si trova di tutto: dal già citato Xikunahity, allo Yawalaptis, la corsa con il tronco (pesa 50 chilogrammi), dal tiro con arco, all'Uka Uka, una specie di lotta tradizionale, dalla gara di velocità a quella di cerbottana. Ma c'è anche un torneo di calcio, nei tre stadi di Marabá e gare di lancio del giavellotto, canottaggio, tiro alla fune, nuoto e corsa campestre. Antiche tradizioni sportive locali si intrecciano con le nostre discipline olimpiche. L'iniziativa non ha solo un significato sociale, cioè rinsaldare la convivenza tra le varie tribu locali, un tempo assai belligeranti. Questi gagliardi indigeni hanno ormai capito che il loro folklore rende bene (tra gli sponsor ci sono aziende come Origem e Bosch) e che le gare richiamano migliaia di turisti da tutto il mondo, a cui rifilare centinaia di souvenir. Dal 1996, anno della prima edizione dei «Jogos», le gare sono diventate il pretesto per un'autentica celebrazione dalla ricca cultura tribale brasiliana, che si esprime soprattutto nei costumi. Particolarmente multicolori, quest'anno, gli indios dello Xingú, mentre il clan dei Bororo è stato il più applaudito. I Kaiapó hanno incantato con l'uso artistico dell'azzurro e del rosso, gli indios Matis, venuti dalla frontiera tra Brasile e Perú, gli unici ad usare ancora solo la cerbottana per colpire la selvaggina, si sono invece presentati con il naso forato da un legno, conchiglie nelle orecchie, intrecci floreali sul petto, sono. Una specie di carnevale, per noi occidentali, per loro una riserva di simboli anche religiosi. La prima edizione delle Olimpiadi degli Indios si svolse in Goiana otto anni fa, su iniziativa di un indo di Mato Grosso, di nome Tirana, e furono promosse dal ministro dello sport Edson Arantes do Nascimento, meglio conosciuto nella platea del calcio come Pele. L'importanza sociale di questa iniziativa è innegabile. Per più di cinque secoli, dopo l'arrivo dei Portoghesi, gli indigeni sono stati vittime di stermini e violenti scontri con i bianchi. I rapporti sono poi molto migliorati, finchè la costituzione brasiliana, nel 1988, ha sancito i diritti civili anche per gli appartenenti alle tribù. Attualmente la popolazione indigena ha raggiunto i 400 mila individui e rappresenta circa il 12% della popolazione brasiliana. Ed ecco che ora hanno anche la possibilità di assurgere a un'improvvisa celebrità sportiva, chiaramente a livello locale, «non saremo degli ottimi atleti» ha dichiarato Celso Suruì, capo della tribù dei Suruì «ma partecipiamo a queste celebrazioni per continuare a vivere». In palio ci sono medaglie per i vincitori di ogni disciplina, ma «gli atleti indigeni hanno cura di condividere la vittoria con i loro fratelli, quando salgono sul podio, non lo fanno per collezionare pezzi di metallo» ha dichiarato Bekwaj Kayapo, leader dell'omonima tribù. Questo si che e' un autentico spirito sportivo.
giovedì 5 novembre 2009
"Jugos Indigenos do Brasil", le Olimpiadi degli indigeni
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2 commenti:
Che bello il Brasile.... quanta Saudades..ciao Roby!!
SN THOMAS finalmente l'ho visitato ora vatti ad ascoltare barbecue.........ammiro la sportivita'........ma se le fanno da soli 10 anni vuol dire ke le hanno copiate dalle olimpiadi originali giusto???
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