domenica 18 ottobre 2009

Terra di tutti, cinema contro corrente


Terra di tutti film festival è un'occasione di dibattito e riflessione su tematiche scomode
“Un Festival per fare un'informazione diversa e dare voce a quanti vengono dimenticati dai circuiti cinematografici tradizionali”. Così Jonathan Ferramola, direttore artistico della rassegna, descrive il Terra di tutti film festival, organizzato dal Cospe e dal Gcv, due organizzazioni non governative italiane, attive con diversi progetti di sviluppo e cooperazione nel Sud del mondo. In programma a Bologna, Terra di tutti vuole far luce e dare risonanza a temi che spesso vengono trascurati o dimenticati. “Questa terza edizione - spiega Ferramola – ha riscosso un successo che non ci aspettavamo. Abbiamo raccolto film, documentari e cortometraggi da quindici Paesi diversi. Si tratta di materiale sconosciuto, povero, di pellicole girate da coloro che vivono in prima persona le vicende che raccontano”. E' il caso, ad esempio, di La breccia, un film che narra la storia di un piccolo paese del Senegal alle prese con i progetti di una multinazionale che mettono a repentaglio l'equilibrio idrologico della zona. Gli abitanti, tra cui l'autore della pellicola, si trovano a fare i conti con problemi prima sconosciuti in grado di danneggiare in maniera definitiva il loro habitat naturale. “Attraverso le immagini – continua Ferramola - vorremmo aprire spazi di discussione e di dibattito per quella che noi chiamiamo l'educazione alla cittadinanza globale”. Le distanze tra i continenti vanno accorciandosi, siamo chiamati a diventare cittadini del mondo e ad avere una maggiore conoscenza di quello che ci circonda. Dall'idea di un'educazione globale deriva proprio la scelta di concentrare l'attenzione su argomenti come lo sviluppo sostenibile, l'ambiente, la condizione delle donne nei Paesi del Sud del mondo, i diritti dell'infanzia, l'immigrazione. Temi che secondo gli organizzatori della rassegna cinematografica nella nostra società spesso vengono affrontati in maniera superficiale o comunque distaccata. La mancanza di un'informazione che sia veramente espressione di tutti, anche dei più deboli, torna a farsi sentire. ”Terra di tutti - dice ancora Ferramola – vuole fare un'informazione diversa, libera. Siamo convinti che i film e i documentari possano essere un potente mezzo di denuncia se ben utilizzati, molto più efficace di tante petizioni o documenti”. E dopo un viaggio nel mondo attraverso l'occhio dei registi, domenica Terra di tutti ci riporta in Italia, per l'esattezza in Emilia Romagna, con Il mio nome è Emmanuel. Un documentario-reportage per raccontare la vicenda di Emmanuel Bonsu, lo studente ghanese, scambiato per uno spacciatore e brutalmente picchiato dai vigili urbani di Parma nel settembre del 2008. Le immagini del volto tumefatto di Emmanuel hanno sconvolto l'opinione pubblica e portato all'apertura di un'inchiesta che per ora ha causato la sospensione dei sette agenti responsabili. "Ci sembrava doveroso – conclude Ferramola – dopo aver offerto una panoramica sulle problematiche nelle diverse nazioni, fare una riflessione anche sull'Italia che, come mostra la vicenda di Emmanuel, vive un momento buio”. La violenza verso il giovane ghanese, picchiato solo a causa del colore della sua pelle, ci riporta indietro nel tempo e mostra tutta la contraddizione della nostra società che non esita ad utilizzare la forza nei confronti di chi non può difendersi.

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