venerdì 11 dicembre 2009

Ricerca sismologica in pericolo


Nonostante l’Italia sia il paese europeo più a rischio per vulcani e terremoti, oltre che quello in cui si investe di meno per la ricerca, il governo Berlusconi continua a tagliare fondi e a calpestare ripetutamente le sorti di chi della propria vita fa una missione per il bene pubblico anziché un esercizio di propaganda per meschini interessi privati, come molti dei rappresentanti politici che i cittadini sono costretti a subire loro malgrado. Ai meteorologi evidentemente si preferiscono le meteorine…
Ecco un fresco comunicato dei ricercatori dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia):“Il Collegio di Istituto dell’INGV ha appreso con sorpresa e forte disappunto che una bozza di Decreto-legge datata 29 ottobre 2009 prevede una pesante ipotesi di riordino dell’INGV. Lo scenario delineato nella bozza di D.L. è allarmante: si vorrebbe trasferire, forzosamente e arbitrariamente, l’intero settore del monitoraggio dei terremoti al Dipartimento della Protezione Civile. La separazione tra monitoraggio e ricerca è un gravissimo errore e una palese anomalia a livello mondiale che porterebbe in breve tempo al collasso qualitativo di entrambe le attività. Questa operazione è in totale contraddizione con l’itinerario di riordino degli enti di ricerca già programmato e con il piano di integrazione delle infrastrutture di ricerca nazionali promosso dalla Commissione Europea e condiviso dal MIUR. Il Collegio di Istituto dell’INGV, in rappresentanza della comunità scientifica dell’ente, ha chiesto al Ministro Gelmini e al Sottosegretario Letta un intervento urgentissimo per scongiurare questa eventualità, oltre a un incontro per manifestare direttamente il forte dissenso su tale iniziativa.”
Sul sito dell’INGV è presente una lista di terremoti aggiornata in tempo reale, come si può notare l’Italia è il paese con lo sciame sismico maggiore al mondo, vi sono scosse quotidianamente. Dinanzi ad una situazione simile è criminale, ancor prima che irresponsabile, depotenziare le strutture di ricerca per mere esigenze politiche o economiche.

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