L’assassinio di donne, bambini e uomini indigeni disarmati, la distruzione di case, coltivazioni e allevamenti e i bombardamenti indiscriminati sui campi di rifugiati, avvenuti in Guatemala all’inizio degli anni ottanta, furono ordinati direttamente dal presidente de facto Ríos Montt. È quanto emerge dai documenti militari resi pubblici dall’istituto di ricerca indipendente National security archive (Nsa), della George Washington University. Il documento, che finora era stato tenuto segreto dal governo guatemalteco, è stato presentato il 2 dicembre da Kate Doyle, la direttrice del Proyecto Guatemala dell’Nsa, di fronte all’Audiencia nacional, il tribunale spagnolo che ha messo sotto processo Montt e altri ex funzionari governativi con l’accusa di genocidio. Tra il 1960 e il 1996, più di 200mila guatemaltechi furono assassinati e molti altri fatti sparire nell’ambito dell’Operación Sofía, l’operazione antiguerriglia portata avanti dall’esercito. Il periodo di maggiore violenza è stato quello del biennio 1982-83, quando i militari sterminarono circa 440 comunità maya. I documenti pubblicati, che includono mappe, piani operativi, comunicazioni tra gli ufficiali e rapporti sugli esiti delle operazioni, disegnano, secondo Doyle, “un quadro molto chiaro. Emerge chiaramente la volontà di causare danno e sofferenza alle comunità indigene, così come il fatto che gli ordini provenivano dai vertici militari e politici. L’esercito considerava le comunità indigene come nemici da annientare nell’ambito della lotta al comunismo”.
giovedì 10 dicembre 2009
Un colpevole per i massacri dei Maya
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