sabato 5 dicembre 2009

Tonga: un grido d’aiuto per continuare a sopravvivere

Tra le prime case sulla spiaggia e il livello dell’oceano ci sono meno di 30 centimetri. Fra il lusso dei resort creati per osservare il passaggio delle balene e le condizioni di vita dei pescatori è rimasta invece una distanza di secoli anche se il regno di Tonga guidato da ‘King George Tupou V’ non ha mai subito colonizzazioni ma solo l’alternata benevolenza di un sovrano disponibile a distribuire in prestito perpetuo un pezzo di terra a tutti gli abitanti. Siamo dall’altra parte del mondo ma anche in un altro mondo.
A ‘Ha’ apai’ (Arcipelago di Tonga Sud Pacifico) si arriva con piccolissimo aereo che non porta più di 11 persone a viaggio ,dopo un volo di 29 ore da New York . Simote Mahe 43 anni il funzionario del ministero dell’ambiente che la domenica suona in chiesa con la sua rock band, ci aspetta con una jeep bianca e un’ unica condizione: chiede mezzo pieno di benzina perché il suo ufficio da mesi non ha più budget e il carburante costa 3 dollari al litro, il triplo di Manhattan. La prima visita è sulla costa nord, completamente corrosa. Con l’alta marea l’acqua entra ormai tutti i giorni nella modesta cucina di David Kelepi 34 anni, una moglie e quattro figli. Le stime degli scienziati parlano di un oceano che cresce di 6,8 millimetri l’anno: 2 centimetri ogni 3 anni. “Mi hanno offerto un pezzo di terra un poco più indietro – spiega David che quando non pesca fa anche il carpentiere e aggiusta barche – ma la mia casa non ha le ruote e io non ho i soldi per costruirne un’altra . Aspetterò coi piedi bagnati che l’assicurazione finanzi quello che ha promesso. Ho cominciato ad avere paura del mare…. Anche se qui la vita è tranquilla spesso vado a dormire con l’ incubo… “. Mark, il suo bambino più piccolo gioca nudo e indisturbato con un piccolo maialino nero sulla spiaggia-cortile mentre la moglie e due vicine di casa, anche loro con “lo sfratto dell’oceano”, stanno intrecciando sotto un portico i fili di una grande ‘tapa’, un tessuto da cerimonia fatto con le cortecce di mongrovie, da vendere al mercato. Gli abitanti di Tonga, di Ha’Apai o delle 200 isole dell’arcipelago, alti ,massicci e orgogliosi, col più elevato tasso di laureati di tutto il Pacifico, fotocopia dei maori, (centomila abitanti in tutto il regno, ma più della metà vivono all’estero) sanno che anche con l’’effetto serra’ non moriranno di fame perché negli ‘orti’ concessi dal re e dai feudatari , cetrioli, patate , cocomeri continueranno a crescere anche senza irrigazione, e il mare rimane generoso, ma essendo circondati da vulcani attivi come ‘Koe’ e da faglie che scuotono la terra in continuazione, temono piuttosto di finire sott’acqua lentamente o di essere travolti prima o poi da un’onda anomala come quella che alcuni mesi fa ha spazzato via mezzo stato di Tuvalu solo a un’ora di aereo più a nord. Fatalismo e rassegnazione non sono limiti di questi ’sudditi’ del ventunesimo secolo legati mani e piedi al funzionamento dei generatori a petrolio, che hanno celebrato per una settimana nel 2008 l’incoronazione del nuovo re davanti alla reggia di legno bianca con i tetti rossi. I tongani con una sola donna in parlamento ’schiacciati’ tra Samoa e Polinesia , accettano ancora di rimanere governati per classi ‘nobili’, ‘ceto medio’ e ‘popolo’, anche se fermenti di un crescente malessere sono esplosi nei disordini del 2006 che hanno messo a fuoco la capitale, ma scoprire che di sera e nel fine settimana, le chiese di ogni confessione diventano i luoghi più allegri e affollati del regno, autorizza a pensare che il bisogno di una spiritualità religiosa da queste parti sia quasi importante come la battaglia per il contenimento a 1,5 gradi del riscaldamento terrestre che l’Aosis sta combattendo in vista di Copenaghen. “Stiamo lanciando una grande campagna di sensibilizzazione e di educazione tra la gente – ci dice il neo ministro dell’ambiente Lord. Ma’afu Tukuiaulahi imparentato con la famiglia reale che si presenta per l’intervista in giacca e cravatta ma con sotto il tradizionale gonnellino – Io vengo dal comando delle forze armate, ho studiato a West Point e quando mi hanno offerto il ministero mi sono detto “clima che cosa?” Non avevo realizzato quanto fosse importante e urgente creare consapevolezza tra la nostra gente… Nessuno ad esempio ha la cultura dei rifiuti. Con l’arrivo dei commerci plastica e lattine non sono più biodegradabili. L’oceano non è in grado di assorbirli e se si bruciano il danno è ancora più pesante… Dobbiamo cambiare in fretta” E’ bastato che un gruppo di volontari neo zelandesi decisi a salvare questi paradisi del silenzio, guidati da Emily Penn, una ragazza di 22 anni , organizzasse a fine ottobre una giornata di raccolta di rifiuti collettiva in musica sulle spiagge di 10 villaggi di ‘Ha’apai’, che oltre alla festa sono riusciti a mettere nei container più di 30 tonnellate di materiale nocivo lanciando contemporaneamente la prima vera campagna ecologica. “Oltre al clima abbiamo in cantiere un’altra grande riforma politica- spiega Lord Ma’afu – Se passa la legge, dal 2010 pur rimanendo Tonga una monarchia, non sarà più il re ma il parlamento a scegliere il primo ministro e la casta dei nobili non avrà più la maggioranza. Con i finanziamenti internazionali dal 2013 contiamo di avere il 50% dell’energia prodotta da fonti rinnovabili come il sole e il vento e punteremo sull’olio di cocco per i biocombustibili” Tra spiagge , preghiere , coralli, sporcizia e tsunami insomma anche nel piccolo regno sperduto nel Pacifico dove l’ambasciata cinese è più grande del palazzo reale, Pechino sta sfidando a distanza Washington. Col cambio di Hong Kong nel 1997 (quando i passaporti tongani venivano venduti tra i 40 e i 60.000 dollari l’uno), i cinesi hanno già piantato le prime bandierine regalando un grande stadio per il rugby , chilometri di muri di roccia contro le erosioni dell’oceano e centinaia di migliaia di sacchetti per costruire in fretta barriere di sabbia. Adesso sono il gruppo straniero più grande e con più business. L’America invece, in queste isole con la guida a destra e senza semafori, ha risposto coi mormoni. Quì non rappresentano soltanto una grande organizzazione missionaria, ma dirigono e controllano le migliori scuole private che offrono “educazione gratuita” a condizione che gli studenti una volta diplomati ripaghino il “debito” lavorando per qualche anno come “predicatori” per la chiesa di Salt Lake City. “La comunità europea e altri organismi internazionali – dicono Luisa Tuiafitu e Talo Fulivai dirigenti del piccolo dipartimento del ‘climate change’ – ci hanno fatto diversi regali costruendo impianti per monitorare il livello dell’oceano , pannelli solari e opere pubbliche, ma il nostro enorme problema è la manutenzione. Non abbiamo i mezzi e quando qualche strumento si blocca non possiamo aggiustarlo e diventa subito ruggine….”

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